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La VOCE ANNO XXIII N°1

settembre 2020

PAGINA D         - 36

Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.
sbugiardato il rapporto del new york times sul 'lavoro degli uiguri. di liu xin e yin yeping da https://www.globaltimes.cn. traduzione di marco pondrelli per marx21.it. con questo articolo il global times ha risposto ad una 'inchiesta' del new york times che denunciava il 'lavoro forzato' nello xinjiang. questa 'inchiesta' è solo l'ennesima montatura figlia dell'isteria anti-cinese. "si tratta di un altro lavoro che intreccia interpretazioni di parte con materiali non verificati", hanno detto gli esperti, in risposta all'"inchiesta" del new york times che ha affermato che gli uiguri dello xinjiang cinese sono inviati a fare maschere facciali contro la loro volontà. i residenti dello xinjiang, gli studiosi e gli addetti ai lavori dell'industria delle maschere facciali raggiunti dal global times hanno affermato che il rapporto è l'ultima versione ipocrita e bugiarda del "lavoro forzato" nello xinjiang, che mira ad attaccare l'industria cinese dei dispositivi di protezione personale. il video è stato pubblicato sullo sfondo di "se indossare una maschera", un metodo che si è dimostrato efficace per prevenire la diffusione del covid-19 in molti paesi, ma che è stato strumentalizzato dai politici statunitensi. gli esperti hanno detto che il rapporto del nyt potrebbe fuorviare gli americani, dando a chi non è d'accordo con l'uso delle mascherine una scusa, complicando la lotta contro il virus negli stati uniti. il video dell'"indagine" del nyt è stato pubblicato domenica. sostiene che mentre le aziende cinesi si affrettano a produrre strumenti per la protezione personale, lo xinjiang sta inviando uiguri e altre minoranze etniche nelle fabbriche. ha rintracciato due aziende nelle province dello hubei e dello jiangxi che hanno dipendenti nello xinjiang ed ha sottolineato che i prodotti delle aziende sono stati spediti negli stati uniti. il video del nyt estrae filmati e immagini per lo più da notizie diffuse dai media locali dello xinjiang, dai giornali come l'hubei daily e da altri media locali dello jiangxi. alla fine del video sono state aggiunte anche immagini di strutture di sorveglianza, un video di quello che sembrava essere il trasferimento dei detenuti e accuse di usare il "lavoro forzato" nello xinjiang per l'industria tessile. "questo è un altro lavoro intrecciato con interpretazioni di parte e materiali non verificati". alcuni media occidentali "trovano" solo materiali che si adattano alle loro previsioni o ai loro scopi", ha detto al global times mao junxiang, direttore esecutivo e professore del human rights studies center alla central south university. tutto ciò allo scopo di diffamare le politiche di riduzione della povertà della cina nello xinjiang, poiché il trasferimento di manodopera in eccedenza nello xinjiang è un modo importante per aumentare i redditi dei residenti locali. i governi locali nello xinjiang stanno offrendo informazioni sull'occupazione, comunicazione e formazione ai residenti che vogliono lavorare al di fuori dello xinjiang. i governanti stanno garantendo ai residenti il diritto al lavoro, ha detto mao. le cosiddette accuse sul lavoro forzato nello xinjiang hanno volutamente trascurato la volontà dei residenti dello xinjiang di lavorare e di perseguire una vita migliore, ha detto zhu ying, vice direttore della national human rights education and training base della southwest university of political science and law, al global times. la scuola di zhu ha condotto un sondaggio nello xinjiang che ha mostrato che la maggior parte degli intervistati è disposta a lavorare al di fuori dello xinjiang, dato che gli stipendi in molte città dell'entroterra sono più alti e i loro figli possono avere un'istruzione migliore. l'"indagine" del nyt non ha mostrato alcuna intervista a nessuno che lavori nelle fabbriche di cui ha parlato. inoltre il global times ha trovato anche i rapporti originali che raccontavano una storia completamente diversa. per esempio il nyt ha notato che gli uiguri sono stati inviati a songzi nello hubei, per lavorare presso l'azienda di forniture sanitarie haixin. il rapporto è stato redatto dal jingzhou daily il 5 dicembre, che ha dichiarato che 132 donne uigure sono arrivate in azienda e vi hanno vissuto felicemente. una ragazza di nome mekrem proveniente da una famiglia povera di moyu, nella prefettura di hotan. il nuovo stile di vita la incoraggia a fare più soldi e ad andare all'università. zhu ha detto che il rapporto attacca l'industria cinese dei dispositivi di protezione personale e spinge gli stati uniti ad aumentare i prezzi delle importazioni o anche a sequestrare le attrezzature con la scusa della "macchia dei diritti umani". i media statunitensi all'inizio di luglio hanno riferito che, i funzionari delle dogane e della protezione delle frontiere degli stati uniti hanno trattenuto una spedizione di quasi 13 tonnellate di parrucche e altri prodotti per capelli, sospettati di essere stati fabbricati attraverso il "lavoro forzato" nello xinjiang. poiché gli stati uniti si trovano ad affrontare una situazione epidemica in peggioramento e un'enorme richiesta di dispositivi di protezione personale, potrebbero prendere misure contro i prodotti cinesi, usando i "diritti umani" ed il "lavoro forzato" come scuse, impadronendosi dei prodotti cinesi e aggredendo le aziende cinesi, ha detto zhu. gli stati uniti stanno politicizzando il business, questo è spudorato ed infondato. dimostra anche l'assoluta ignoranza del senso comune dell'industria delle mascherine, ha detto al global times bai yu, presidente del medical appliances branch della china medical pharmaceutical material association. alcuni funzionari statunitensi pensano che stiamo usando manodopera a basso costo, ma più del 90% delle nostre linee di produzione sono completamente automatizzate e non richiedono molti lavoratori. il costo della manodopera rappresenta solo una piccola frazione del costo di una mascherina, ha detto bai. "gli stati uniti ignorano completamente l'ambiente legale e il sistema di lavoro della cina. il loro modo di pensare sulla produzione e sulla gestione sembra essere bloccato ai giorni della schiavitù nella loro oscura storia". bai ha notato che circa l'80 per cento delle mascherine nel mondo sono di fabbricazione cinese e che prima dell'epidemia erano circa il 50 per cento. abbiamo già fornito miliardi di maschere agli stati uniti. in passato, il governo statunitense non ha chiesto di indossare mascherine perché la fornitura era inadeguata, ma ora è una questione politica se non ne richiedono l'uso. "le fabbriche cinesi non sono particolarmente interessate agli ordini provenienti dagli stati uniti, perché i produttori di mascherine cinesi, soprattutto quelli qualificati per l'esportazione, non devono vendere agli stati uniti, quando possono vendere ad altri paesi senza pregiudizi politici sui fornitori e sui prodotti cinesi. quindi, in questo caso, sono gli stati uniti che vengono a chiederci le mascherine, non noi che chiediamo i loro ordini", ha detto bai. solidarietà con il popolo libanese. nella sera del 4 agosto una tremenda esplosione ha devastato il porto di beirut, la capitale del libano. centinaia di morti e di dispersi, fra cui molti lavoratori portuali, migliaia di feriti, oltre trecentomila sfollati, ospedali distrutti, riserve alimentari distrutte, quattro chilometri quadrati rasi al suolo: una tragedia immane. a momento non è dato sapere la causa dell’esplosione: se si tratta cioè di un criminale attentato perpetrato da forze reazionarie o dal confinante stato terrorista di israele a ridosso della sentenza sull’omicidio dell’ex premier hariri; oppure se si tratta di un incidente con gravissime responsabilità delle autorità che hanno chiuso entrambi gli occhi sul fatto che si siano ammassate per 6 anni migliaia di tonnellate di sostanze esplosive nella zona del porto, a ridosso del centro abitato. sappiamo però che la devastazione di beirut aggrava la situazione del paese che soffre da mesi una profonda crisi economica, sociale e sanitaria, un'acuta polarizzazione politica, con un governo di coalizione incapace di soddisfare le esigenze popolari e una classe borghese parassitaria e corrotta fino alle midolla.
Un paese da sempre sotto la mira delle potenze imperialiste, fin dalla sua nascita. Potenze che hanno interessi strategici nell'area, che bramano per spartirsi le spoglie del paese, approfittando della situazione. Coadiuvate o osteggiate, a seconda della convergenza o concorrenza degli interessi, dalle potenze regionali. Sappiamo che gli “aiuti internazionali” che queste forze oggi promettono al Libano sono solo ulteriori cappi al collo per i lavoratori e il popolo libanese. Esprimiamo condoglianze ai familiari delle vittime e solidarietà al popolo libanese, auspicando che si sollevi unito e si scrolli di dosso il marciume esistente e i vampiri imperialisti, proseguendo e sviluppando l'ondata di proteste che è iniziata lo scorso anno contro la miseria e la disoccupazione, il carovita, la corruzione, la negligenza della classe al potere. La collera popolare va crescendo e prima o poi proromperà con una energia superiore a quella dell'esplosione del 4 agosto per cacciare dal potere i responsabili della crisi libanese ed estromettere dal paese tutte le potenze imperialiste e capitaliste. Coordinamento Comunista Lombardia (CCL) – coordcomunistalombardia@gmail.com Coordinamento comunista toscano (CCT) – coordcomtosc@gmail.com Piattaforma Comunista - per il Partito Comunista del Proletariato d’Italia – teoriaeprassi@yahoo.it M.O. Beirut- promemoria per non cadere presto dalle nuvole-Prima del Covid, assassinato Soleimani e piazze anti sciite. Caro Piero, giro la tua risposta e la tua analisi ad un pò di amici interessati, Enzo Brandi Purtroppo sembra proprio una "rivoluzione colorata" d.o.c. D'altra parte le immediate e sfacciate ingerenze imperialiste non lasciano alcun dubbio sull'eterodirezione di queste manifestazioni. L'obbiettivo è duplice: l'indebolimento di Hezbollah e il controllo stretto del Libano, che, ricordo, è uno dei 7 stati che gli USA avevano deciso di "far fuori" in 5 anni nel 2001. Le cose non sono andate lisce come speravano, ma gli Usa hanno più memoria della mafia e come la mafia non perdonano. Hanno iniziato con un attacco finanziario al Libano e adesso sono passati a una fase successiva. Il vile Macron cerca di ricavare vantaggi da questi giochi torbidi. Noi facciamo i pesci in barile. Erdogan cercherà anche lui di approfittarsene per i sui sogni espansionistici. La crisi incalza e il vecchio centro dominante in (lento) declino si agita sempre di più e sempre peggio. Notizia recente: nel 2015 il Dollaro era usato per il 90% degli interscambi tra Russia e Cina. Oggi questa quota è ridotta al 46% e scenderà ancora più velocemente. Ricordatevi cosa diceva David Harvey: ogni azione che indebolira' il Dollaro "vedrà una controreazione statunitense selvaggia anche militare". Ovviamente per gli Usa il problema non è il Dollaro in quanto moneta, ma il Dollaro in quanto riflesso e strumento del potere imperiale. Gli Usa sono coriacei. Dopo la fantastica sconfitta in Vietnam nel 1975 se ne sono stati buoni solo otto anni. Nel 1983 già invadevano Grenada e nel 1989 Panama, facendo stragi di civili, un loro modo di far le guerre. Gli Usa, purtroppo, sono troppo grandi per venire a patti e per "rinsavire". E adesso sono troppo "impauriti" per farlo. Così gli psicopatici di Washington hanno la meglio. Piero Pagliani. Stati Uniti, declino e lotta. di Albano Nunes. “Avante!”, Settimanale del Partito Comunista Portoghese. da http://www.avante.pt. Traduzione di Marx21.it. L'ondata di proteste che ha attraversato gli Stati Uniti da un capo all'altro ha un significato molto profondo. Condannando il razzismo e la violenza della polizia e chiedendo giustizia per il vile omicidio di George Floyd, i manifestanti - di tutti i colori ed etnie, di tutte le età, ma soprattutto giovani - stanno condannando un ordine sociale profondamente ingiusto e disumano, esponendo davanti al mondo la menzogna e il decadimento della "democrazia americana" e mettendo in discussione il sistema stesso dello sfruttamento capitalistico. Nelle più grandi mobilitazioni popolari dai tempi dell'assassinio di Martin Luther King e della lotta contro la guerra in Vietnam negli anni sessanta, milioni di persone affrontano la violenza repressiva per le strade, rompono il coprifuoco e persino in presenza degli arresti quotidiani di migliaia di manifestanti, reclamano con crescente veemenza i cambiamenti fondamentali che eliminino le cause del razzismo. Di fronte ai pericoli che la politica aggressiva dell'imperialismo fa incombere sull'umanità, è particolarmente stimolante la conferma che anche nel cuore della più grande potenza capitalista vi sono resistenza e lotta e che, nonostante tutte le incertezze e le difficoltà nel costruire un'alternativa al ferreo dominio del partito bicefalo dei repubblicani e dei democratici, è sempre più evidente che il campo di coloro che lo rifiutano si sta sempre più allargando. In effetti, ci troviamo di fronte a un’altra manifestazione della profonda crisi che sta imperversando negli Stati Uniti e del declino storico dell'imperialismo americano. Declino che, pur essendo generalmente riconosciuto a livello delle relazioni internazionali (anche gli apologeti degli Stati Uniti come potenza indispensabile già parlano della fine del secolo americano), con l'epidemia sta esponendo con tremenda crudeltà le profonde ingiustizie e disuguaglianze della società americana, con il loro seguito di milioni e milioni di disoccupati, di poveri, di senzatetto e di impressionanti file chilometriche per la minestra dei poveri. E’ stato in questo contesto che l'assassinio di Georg Floyd ha rappresentato l'ultima goccia che, da Minneapolis, ha condotto allo sdegno e alla rivolta in centinaia di città degli Stati Uniti, tra cui Washington. La risposta incendiaria di Donald Trump alla straordinaria dimensione, persistenza e combattività della mobilitazione popolare – con l’accusa agli antifascisti e alle forze di sinistra de essere dei terroristi e la minaccia dell'intervento dell'esercito, mentre si fa fotografare mostrando la Bibbia - sa indubbiamente molto di calcolo elettorale. È molto più di questo. È un'espressione della scelta politica di una parte importante della classe dominante americana che, installata al più alto livello di potere, alimenta e protegge il razzismo e il fascismo. Il pericolo che ciò rappresenta per il mondo, mentre l'imperialismo americano usa tutti i mezzi per cercare di mantenere un'egemonia planetaria che gli sta sfuggendo, è molto grande. Questo è un altro motivo per cui salutiamo ed esprimiamo la nostra solidarietà attiva con la giusta lotta dei lavoratori, dei giovani e del popolo americano. "G8 E TIENANMEN". Mario Albanesi. 2580 iscritti. Lo studente che ferma i carri armati a Tienanmen indicato come esempio massimo di repressione, mostra invece un atteggiamento ben diverso da quello della banda di poliziotti americani che ha strozzato barbaramente un uomo.

Sbugiardato il rapporto del New York Times sul 'lavoro degli Uiguri

di Liu Xin e Yin Yeping da https://www.globaltimes.cn

traduzione di Marco Pondrelli per Marx21.it

con questo articolo il Global Times ha risposto ad una 'inchiesta' del New York Times che denunciava il 'lavoro forzato' nello Xinjiang. Questa 'inchiesta' è solo l'ennesima montatura figlia dell'isteria anti-cinese

"Si tratta di un altro lavoro che intreccia interpretazioni di parte con materiali non verificati", hanno detto gli esperti, in risposta all'"inchiesta" del New York Times che ha affermato che gli Uiguri dello Xinjiang cinese sono inviati a fare maschere facciali contro la loro volontà. I residenti dello Xinjiang, gli studiosi e gli addetti ai lavori dell'industria delle maschere facciali raggiunti dal Global Times hanno affermato che il rapporto è l'ultima versione ipocrita e bugiarda del "lavoro forzato" nello Xinjiang, che mira ad attaccare l'industria cinese dei dispositivi di protezione personale.

Il video è stato pubblicato sullo sfondo di "se indossare una maschera", un metodo che si è dimostrato efficace per prevenire la diffusione del COVID-19 in molti paesi, ma che è stato strumentalizzato dai politici statunitensi. Gli esperti hanno detto che il rapporto del NYT potrebbe fuorviare gli americani, dando a chi non è d'accordo con l'uso delle mascherine una scusa, complicando la lotta contro il virus negli Stati Uniti.

Il video dell'"indagine" del NYT è stato pubblicato domenica. Sostiene che mentre le aziende cinesi si affrettano a produrre strumenti per la protezione personale, lo Xinjiang sta inviando Uiguri e altre minoranze etniche nelle fabbriche. Ha rintracciato due aziende nelle province dello Hubei e dello Jiangxi che hanno dipendenti nello Xinjiang ed ha sottolineato che i prodotti delle aziende sono stati spediti negli Stati Uniti.

Il video del NYT estrae filmati e immagini per lo più da notizie diffuse dai media locali dello Xinjiang, dai giornali come l'Hubei Daily e da altri media locali dello Jiangxi. Alla fine del video sono state aggiunte anche immagini di strutture di sorveglianza, un video di quello che sembrava essere il trasferimento dei detenuti e accuse di usare il "lavoro forzato" nello Xinjiang per l'industria tessile.

"Questo è un altro lavoro intrecciato con interpretazioni di parte e materiali non verificati". Alcuni media occidentali "trovano" solo materiali che si adattano alle loro previsioni o ai loro scopi", ha detto al Global Times Mao Junxiang, direttore esecutivo e professore del Human Rights Studies Center alla Central South University.

Tutto ciò allo scopo di diffamare le politiche di riduzione della povertà della Cina nello Xinjiang, poiché il trasferimento di manodopera in eccedenza nello Xinjiang è un modo importante per aumentare i redditi dei residenti locali. I governi locali nello Xinjiang stanno offrendo informazioni sull'occupazione, comunicazione e formazione ai residenti che vogliono lavorare al di fuori dello Xinjiang. I governanti stanno garantendo ai residenti il diritto al lavoro, ha detto Mao.

Le cosiddette accuse sul lavoro forzato nello Xinjiang hanno volutamente trascurato la volontà dei residenti dello Xinjiang di lavorare e di perseguire una vita migliore, ha detto Zhu Ying, vice direttore della National Human Rights Education and Training Base della Southwest University of Political Science and Law, al Global Times.

La scuola di Zhu ha condotto un sondaggio nello Xinjiang che ha mostrato che la maggior parte degli intervistati è disposta a lavorare al di fuori dello Xinjiang, dato che gli stipendi in molte città dell'entroterra sono più alti e i loro figli possono avere un'istruzione migliore.

L'"indagine" del NYT non ha mostrato alcuna intervista a nessuno che lavori nelle fabbriche di cui ha parlato. Inoltre il Global Times ha trovato anche i rapporti originali che raccontavano una storia completamente diversa.

Per esempio il NYT ha notato che gli Uiguri sono stati inviati a Songzi nello Hubei, per lavorare presso l'azienda di forniture sanitarie Haixin. Il rapporto è stato redatto dal Jingzhou Daily il 5 dicembre, che ha dichiarato che 132 donne Uigure sono arrivate in azienda e vi hanno vissuto felicemente. Una ragazza di nome Mekrem proveniente da una famiglia povera di Moyu, nella prefettura di Hotan. Il nuovo stile di vita la incoraggia a fare più soldi e ad andare all'università.

Zhu ha detto che il rapporto attacca l'industria cinese dei dispositivi di protezione personale e spinge gli Stati Uniti ad aumentare i prezzi delle importazioni o anche a sequestrare le attrezzature con la scusa della "macchia dei diritti umani".

I media statunitensi all'inizio di luglio hanno riferito che, i funzionari delle dogane e della protezione delle frontiere degli Stati Uniti hanno trattenuto una spedizione di quasi 13 tonnellate di parrucche e altri prodotti per capelli, sospettati di essere stati fabbricati attraverso il "lavoro forzato" nello Xinjiang.

Poiché gli Stati Uniti si trovano ad affrontare una situazione epidemica in peggioramento e un'enorme richiesta di dispositivi di protezione personale, potrebbero prendere misure contro i prodotti cinesi, usando i "diritti umani" ed il "lavoro forzato" come scuse, impadronendosi dei prodotti cinesi e aggredendo le aziende cinesi, ha detto Zhu.

Gli Stati Uniti stanno politicizzando il business, questo è spudorato ed infondato. Dimostra anche l'assoluta ignoranza del senso comune dell'industria delle mascherine, ha detto al Global Times Bai Yu, presidente del Medical Appliances Branch della China Medical Pharmaceutical Material Association.

Alcuni funzionari statunitensi pensano che stiamo usando manodopera a basso costo, ma più del 90% delle nostre linee di produzione sono completamente automatizzate e non richiedono molti lavoratori. Il costo della manodopera rappresenta solo una piccola frazione del costo di una mascherina, ha detto Bai.

"Gli Stati Uniti ignorano completamente l'ambiente legale e il sistema di lavoro della Cina. Il loro modo di pensare sulla produzione e sulla gestione sembra essere bloccato ai giorni della schiavitù nella loro oscura storia".

Bai ha notato che circa l'80 per cento delle mascherine nel mondo sono di fabbricazione cinese e che prima dell'epidemia erano circa il 50 per cento. Abbiamo già fornito miliardi di maschere agli Stati Uniti. In passato, il governo statunitense non ha chiesto di indossare mascherine perché la fornitura era inadeguata, ma ora è una questione politica se non ne richiedono l'uso.

"Le fabbriche cinesi non sono particolarmente interessate agli ordini provenienti dagli Stati Uniti, perché i produttori di mascherine cinesi, soprattutto quelli qualificati per l'esportazione, non devono vendere agli Stati Uniti, quando possono vendere ad altri paesi senza pregiudizi politici sui fornitori e sui prodotti cinesi. Quindi, in questo caso, sono gli Stati Uniti che vengono a chiederci le mascherine, non noi che chiediamo i loro ordini", ha detto Bai.

Solidarietà con il popolo libanese

Nella sera del 4 agosto una tremenda esplosione ha devastato il porto di Beirut, la capitale del Libano.

Centinaia di morti e di dispersi, fra cui molti lavoratori portuali, migliaia di feriti, oltre trecentomila sfollati, ospedali distrutti, riserve alimentari distrutte, quattro chilometri quadrati rasi al suolo: una tragedia immane.

A momento non è dato sapere la causa dell’esplosione: se si tratta cioè di un criminale attentato perpetrato da forze reazionarie o dal confinante Stato terrorista di Israele a ridosso della sentenza sull’omicidio dell’ex premier Hariri; oppure se si tratta di un incidente con gravissime responsabilità delle autorità che hanno chiuso entrambi gli occhi sul fatto che si siano ammassate per 6 anni migliaia di tonnellate di sostanze esplosive nella zona del porto, a ridosso del centro abitato.

Sappiamo però che la devastazione di Beirut aggrava la situazione del paese che soffre da mesi una profonda crisi economica, sociale e sanitaria, un'acuta polarizzazione politica, con un governo di coalizione incapace di soddisfare le esigenze popolari e una classe borghese parassitaria e corrotta fino alle midolla.

Un paese da sempre sotto la mira delle potenze imperialiste, fin dalla sua nascita. Potenze che hanno interessi strategici nell'area, che bramano per spartirsi le spoglie del paese, approfittando della situazione. Coadiuvate o osteggiate, a seconda della convergenza o concorrenza degli interessi, dalle potenze regionali.

Sappiamo che gli “aiuti internazionali” che queste forze oggi promettono al Libano sono solo ulteriori cappi al collo per i lavoratori e il popolo libanese.

Esprimiamo condoglianze ai familiari delle vittime e solidarietà al popolo libanese, auspicando che si sollevi unito e si scrolli di dosso il marciume esistente e i vampiri imperialisti, proseguendo e sviluppando l'ondata di proteste che è iniziata lo scorso anno contro la miseria e la disoccupazione, il carovita, la corruzione, la negligenza della classe al potere.

La collera popolare va crescendo e prima o poi proromperà con una energia superiore a quella dell'esplosione del 4 agosto per cacciare dal potere i responsabili della crisi libanese ed estromettere dal paese tutte le potenze imperialiste e capitaliste.
Coordinamento Comunista Lombardia (CCL)coordcomunistalombardia@gmail.com
Coordinamento comunista toscano (CCT)coordcomtosc@gmail.com
Piattaforma Comunista - per il Partito Comunista del Proletariato d’Italiateoriaeprassi@yahoo.it

M.O. Beirut- promemoria per non cadere presto dalle nuvole-Prima del Covid, assassinato Soleimani e piazze anti sciite.

Caro Piero, giro la tua risposta e la tua analisi ad un pò di amici interessati, Enzo Brandi

Purtroppo sembra proprio una "rivoluzione colorata" d.o.c. D'altra parte le immediate e sfacciate ingerenze imperialiste non lasciano alcun dubbio sull'eterodirezione di queste manifestazioni.
L'obbiettivo è duplice: l'indebolimento di Hezbollah e il controllo stretto del Libano, che, ricordo, è uno dei 7 stati che gli USA avevano deciso di "far fuori" in 5 anni nel 2001. Le cose non sono andate lisce come speravano, ma gli Usa hanno più memoria della mafia e come la mafia non perdonano. Hanno iniziato con un attacco finanziario al Libano e adesso sono passati a una fase successiva. Il vile Macron cerca di ricavare vantaggi da questi giochi torbidi. Noi facciamo i pesci in barile. Erdogan cercherà anche lui di approfittarsene per i sui sogni espansionistici.
La crisi incalza e il vecchio centro dominante in (lento) declino si agita sempre di più e sempre peggio. Notizia recente: nel 2015 il Dollaro era usato per il 90% degli interscambi tra Russia e Cina. Oggi questa quota è ridotta al 46% e scenderà ancora più velocemente.
Ricordatevi cosa diceva David Harvey: ogni azione che indebolira' il Dollaro "vedrà una controreazione statunitense selvaggia anche militare".
Ovviamente per gli Usa il problema non è il Dollaro in quanto moneta, ma il Dollaro in quanto riflesso e strumento del potere imperiale.
Gli Usa sono coriacei. Dopo la fantastica sconfitta in Vietnam nel 1975 se ne sono stati buoni solo otto anni. Nel 1983 già invadevano Grenada e nel 1989 Panama, facendo stragi di civili, un loro modo di far le guerre. Gli Usa, purtroppo, sono troppo grandi per venire a patti e per "rinsavire". E adesso sono troppo "impauriti" per farlo. Così gli psicopatici di Washington hanno la meglio.

Piero Pagliani

Stati Uniti, declino e lotta

di Albano Nunes

“Avante!”, Settimanale del Partito Comunista Portoghese


da http://www.avante.pt

Traduzione di Marx21.it

L'ondata di proteste che ha attraversato gli Stati Uniti da un capo all'altro ha un significato molto profondo. Condannando il razzismo e la violenza della polizia e chiedendo giustizia per il vile omicidio di George Floyd, i manifestanti - di tutti i colori ed etnie, di tutte le età, ma soprattutto giovani - stanno condannando un ordine sociale profondamente ingiusto e disumano, esponendo davanti al mondo la menzogna e il decadimento della "democrazia americana" e mettendo in discussione il sistema stesso dello sfruttamento capitalistico.

Nelle più grandi mobilitazioni popolari dai tempi dell'assassinio di Martin Luther King e della lotta contro la guerra in Vietnam negli anni sessanta, milioni di persone affrontano la violenza repressiva per le strade, rompono il coprifuoco e persino in presenza degli arresti quotidiani di migliaia di manifestanti, reclamano con crescente veemenza i cambiamenti fondamentali che eliminino le cause del razzismo. Di fronte ai pericoli che la politica aggressiva dell'imperialismo fa incombere sull'umanità, è particolarmente stimolante la conferma che anche nel cuore della più grande potenza capitalista vi sono resistenza e lotta e che, nonostante tutte le incertezze e le difficoltà nel costruire un'alternativa al ferreo dominio del partito bicefalo dei repubblicani e dei democratici, è sempre più evidente che il campo di coloro che lo rifiutano si sta sempre più allargando.

In effetti, ci troviamo di fronte a un’altra manifestazione della profonda crisi che sta imperversando negli Stati Uniti e del declino storico dell'imperialismo americano. Declino che, pur essendo generalmente riconosciuto a livello delle relazioni internazionali (anche gli apologeti degli Stati Uniti come potenza indispensabile già parlano della fine del secolo americano), con l'epidemia sta esponendo con tremenda crudeltà le profonde ingiustizie e disuguaglianze della società americana, con il loro seguito di milioni e milioni di disoccupati, di poveri, di senzatetto e di impressionanti file chilometriche per la minestra dei poveri.

E’ stato in questo contesto che l'assassinio di Georg Floyd ha rappresentato l'ultima goccia che, da Minneapolis, ha condotto allo sdegno e alla rivolta in centinaia di città degli Stati Uniti, tra cui Washington.

La risposta incendiaria di Donald Trump alla straordinaria dimensione, persistenza e combattività della mobilitazione popolare – con l’accusa agli antifascisti e alle forze di sinistra de essere dei terroristi e la minaccia dell'intervento dell'esercito, mentre si fa fotografare mostrando la Bibbia - sa indubbiamente molto di calcolo elettorale. È molto più di questo. È un'espressione della scelta politica di una parte importante della classe dominante americana che, installata al più alto livello di potere, alimenta e protegge il razzismo e il fascismo.

Il pericolo che ciò rappresenta per il mondo, mentre l'imperialismo americano usa tutti i mezzi per cercare di mantenere un'egemonia planetaria che gli sta sfuggendo, è molto grande. Questo è un altro motivo per cui salutiamo ed esprimiamo la nostra solidarietà attiva con la giusta lotta dei lavoratori, dei giovani e del popolo americano.

"G8 E TIENANMEN"

Mario Albanesi
2580 iscritti

Lo studente che ferma i carri armati a Tienanmen indicato come esempio massimo di repressione, mostra invece un atteggiamento ben diverso da quello della banda di poliziotti americani che ha strozzato barbaramente un uomo.

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