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La VOCE 2009 |
P R E C E D E N T E | S U C C E S S I V A |
La VOCE ANNO XXIII N°1 | settembre 2020 | PAGINA 11 |
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segue da pag.9: il ruolo del settore pubblico nella lotta della cina contro il covid-19.
piuttosto, esse rispondono a considerazioni di tipo prettamente strategico, che tendono a supportare lo sviluppo dell’industria pesante dominata dalle soe, indipendentemente dalla loro profittabilità». questa triade “sistema politico-sistema bancario-soe industriali” è quello che ha permesso alla cina di sostenere il tasso di investimento, occupazionale e del pil in seguito alla crisi finanziaria del 2007-9, e che più recentemente gli ha permesso di ridurre l’impatto sanitario ed economico della pandemia. ᐧ
nella prima fase della pandemia (gennaio-metà febbraio 2020), la chiusura totale o parziale degli impianti nella provincia dell’hubei ha colpito duramente il settore chiave dell’economia cinese, vale a dire quello manifatturiero, causando uno shock negativo sia sul lato dell’offerta che della domanda, e un enorme (per gli standard cinesi) declino dell’output pari al -6.8 per cento. in questa prima fase, scrive macheda, «la rilevanza di un settore dell’economia al riparo dalle forze competitive ha limitato il condizionamento esercitato dagli operatori di mercato sulla sfera governativa, dotando quest’ultima della capacità istituzionale di implementare prontamente stringenti misure di lockdown. […] l’ipotesi suggerita è che il maggior peso occupato negli assetti proprietari dell’industria domestica fornisca ai decisori politici cinesi la capacità di resistere alle pressioni esercitate dai gruppi d’interesse, dotando loro di una certa indipendenza rispetto alle esigenze di massimizzazione di profitto proveniente dal sistema delle imprese. detto diversamente, la rilevanza della sfera pubblica all’interno dell’economia segnala un diverso peso dell’influenza delle organizzazioni imprenditoriali sulla sfera politica cinese, rispetto a quanto avviene nel mondo capitalisticamente avanzato. […] in maniera adiacente, la “strutturale sovraccapacità produttiva” ha consentito alle imprese pubbliche di fornire beni e servizi durante il contesto emergenziale. […] in virtù della loro capacità produttiva, le soe hanno contribuito al veloce epilogo della fase emergenziale, non solo sviluppando tecnologie che hanno ridotto i tempi di diagnosi e cura, ma anche aumentando la produzione di materiale protettivo ed edificando infrastrutture di emergenza in tempi estremamente contenuti. […] nel complesso, ciò ha ridotto i tempi di risoluzione della crisi sanitaria, decelerando la caduta di reddito e scongiurando pericolose spirali inflattive». ᐧ
l’azione delle soe, soprattutto in termini di calmierazione dei prezzi, ha inoltre permesso di allievare i costi prettamente sociali insiti alla prima fase dell’emergenza. ad esempio, la state grid corporation of china ha garantito la fornitura gratuita di energia alle famiglie nella città di wuhan, aumentando inoltre l’offerta di stazioni gratuite di ricarica energetica. altre imprese di proprietà pubblica come china grain reserves group, cofco group e china resources group hanno incrementato la produzione di derrate alimentari, garantendone al contempo i servizi di trasporto e distribuzione, e rafforzando la supervisione sui venditori al dettaglio per prevenire fenomeni speculativi sul costo degli alimenti e dei beni di prima necessità. ᐧ
nella seconda fase della crisi, tutt’ora in corso – caratterizzata dall’allentamento del lockdown in cina ma dalla contestuale espansione della pandemia a livello globale, che ha impattato pesantemente sulle esportazioni cinesi –, il governo cinese ha invece fatto ricorso ad una serie di interventi fiscali e monetari con l’obiettivo di sostenere la domanda interna e in particolare di riavviare il prima possibile la filiera industriale cinese e di salvaguardarne il funzionamento. l’approccio adottato dalla banca centrale cinese si è discostata marcatamente da quello delle altre principali banche centrali, come la bce: laddove queste ultime hanno inondato i mercati di liquidità attraverso corposi piani di acquisto di titoli e si sono perlopiù limitate a offrire garanzie pubbliche di vario tipo alle banche, puntando sulla dubbia capacità del sistema bancario di agire da “cinghia di trasmissione” nei confronti del sistema delle imprese private (come dimostra il caso dell’italia), «la politica monetaria in cina si è preoccupata di assicurare che la liquidità immessa sul mercato fosse effettivamente utilizzata per garantire la sopravvivenza delle attività delle pmi». le tre maggiori banche pubbliche sono state spinte dalla banca popolare cinese ad accrescere l’offerta di credito a favore delle pmi «non meno del 30 percento [rispetto al primo trimestre 2019]». al contempo, le banche statali sono state autorizzate ad innalzare a 350 miliardi di yuan (50 miliardi di euro) la quota di credito da elargire alle imprese di piccole e medie dimensioni. ᐧ
scrive macheda; «all’interno di questa cornice regolatoria orientata ad alleviare le pressioni sul flusso di cassa delle pmi, la pbc ha fornito gli istituti di credito circa 800 miliardi di yuan (116 miliardi di euro) a tassi d’interesse calmierati. mentre 300 miliardi sono fluiti verso le imprese coinvolte nella lotta contro il coronavirus, 500 miliardi saranno progressivamente utilizzati per finanziare la riapertura degli impianti, la ripresa produttiva e il pagamento di debiti arretrati delle pmi. all’inizio di aprile 2020, il governo ha dato mandato alla pbc di accrescere le operazioni di rifinanziamento di altri 1.000 miliardi per espandere l’offerta di credito per le banche di piccole e medie dimensioni nel corso dell’anno. […] l’azione congiunta di cbirc, pbc e banche pubbliche ha consentito di trasmettere efficacemente gli stimoli monetari all’economia reale. nei primi tre mesi del 2020, il sistema bancario ha dirottato 7.25 trilioni di yuan verso il settore reale dell’economia (+12.7 percento su base annua). ciò costituisce oltre il 65 percento del totale del “finanziamento totale all’economia reale”, con quest’ultimo cresciuto di 2.486 miliardi di yuan rispetto l’anno precedente». ᐧ
va sottolineato che «i maggiori beneficiari della espansione creditizia sono state le istituzioni pubbliche e le imprese, le quali hanno ricevuto l’85.1 percento dei prestiti concessi dalle istituzioni finanziarie». ᐧ
l’azione anticiclica intrapresa dal governo cinese a partire dalla fine di marzo 2020, che ha il duplice obiettivo di sostenere tanto il pil quanto i livelli occupazionali, è stata inoltre imperniata attorno a un vasto programma di investimenti infrastrutturali – finanziato prevalentemente dall’emissione di obbligazioni da parte dei governi locali per un ammontare pari a 3.750 miliardi di yuan (1.600 in più rispetto al 2019) – sia in aree tradizionali sia in quelle più moderne. ᐧ
in definitiva, sostiene macheda, «la crisi dovuta all’eruzione del covid-19 mostra come l’efficienza allocativa del settore privato si possa tramutare velocemente in macro-inefficienza a livello sociale». di fronte a una pandemia, infatti, non è possibile affidarsi ai meccanismi di mercato per soddisfare l’aumento della domanda da parte del settore pubblico di materiale e attrezzature medico-sanitarie (ventilatori, mascherine ecc.), finanche l’edificazione di nuove strutture ospedaliere: non solo non c’è alcuna garanzia che gli agenti privati considerino i rendimenti attesi sufficienti a giustificare l’investimento, né tantomeno che l’incremento dell’offerta soddisfi i bisogni di cura della popolazione, ma «lo spazio temporale che intercorre tra la sua pianificazione, realizzazione, fino all’attivazione della capacità produttiva potrebbe rivelarsi talmente esteso da rendere pressoché inutile l’espansione della capacità produttiva. si potrebbe arrivare alla situazione paradossale di terminare la costruzione di strutture specializzate per la cura di polmoniti virali solo dopo che l’epidemia sia debellata. per queste ragioni, come sottolinea giustamente dani rodrik, “non vi è nulla come una pandemia che possa mostrare l’inadeguatezza dei mercati di fronte a problemi di azione collettiva, e al contempo evidenziare l’importanza della capacità dello stato di fronteggiare le crisi e proteggere la popolazione”». ᐧ
«è proprio nelle fasi di crisi come quella odierna in cui l’“inefficienza” del settore pubblico si traduce in macro-efficienza sociale», scrive infatti macheda. «non a caso, uno dei paesi più efficaci nel minimizzare le perdite sia in termini di vite umane sia in termini economici – e che pare destinato ad evitare una recessione – è la cina, laddove il settore statale occupa i centri nevralgici della vita economica. in virtù del suo potere di fatto monopolistico sul settore bancario, il governo è stato ed è tuttora in grado di reprimere le rendite finanziarie e al tempo stesso incanalare risorse a vantaggio dei settori ritenuti strategici. ciò vale soprattutto per le soe industriali, le quali, nonostante la scarsa efficienza e profittabilità hanno contribuito ad elevare i livelli occupazionali al di sopra di quelli compatibili alla loro “sopravvivenza” in un sistema di puro mercato. […] sebbene da un punto di vista prettamente capitalistico ciò non può che essere considerato “irrazionale” (e inefficiente), da un punto di vista sociale la massimizzazione dell’utilizzo delle risorse produttive (lavoratori e capitale) non può che essere considerato “razionale” (ed efficiente). è questa caratteristica strutturale che ha reso l’economia cinese meglio equipaggiata a fronteggiare la crisi attuale – perché è proprio nei momenti critici dove emerge chiaramente la necessità di massimizzare l’output a dispetto dei rendimenti garantiti dall’investimento o della capacità di remunerare i risparmiatori in maniera “adeguata”». ᐧ
riformare la giustizia fiscale ai tempi della pandemia.
per evitare che siano le fasce più deboli della popolazione a pagare i costi della crisi da covid-19 è urgente una riforma fiscale in chiave fortemente progressiva e redistributiva, che combatta elusione ed evasione, colpisca profitti e rendite, armonizzi i sistemi impositivi in europa.
di lucrezia fanti* 28/08/2020.
la pandemia da covid-19 ha colpito e colpirà duramente un’economia, come la nostra, già fragile e indebolita dalle persistenti conseguenze negative della grande recessione del 2008 e della crisi dei debiti sovrani del 2011. come sottolineato nell’appello di sbilanciamoci! “un’italia in salute, giusta, sostenibile” questa nuova crisi, inedita sia per natura che per entità nell’era del capitalismo maturo e globalizzato, rischia di esacerbare i livelli già
insostenibili delle disuguaglianze economiche e sociali[i] registrati negli ultimi anni in italia e in europa.
sarà dunque necessario un cambio di rotta nella gestione della finanza pubblica e un ripensamento delle politiche fiscali e impositive in chiave fortemente redistributiva, affinché non siano le fasce della popolazione più deboli a farsi carico delle conseguenze economiche della pandemia. negli ultimi anni, le manovre economiche e finanziarie in italia hanno seguito linee direttrici comuni e sostanzialmente orientate dai vincoli europei, primo fra tutti il pareggio di bilancio (art. 81 cost.), lungo il “sentiero stretto” del rigore nella gestione dei conti pubblici come unica prospettiva di convergenza tra “centro” e “periferia” e di mantenimento della fragile struttura dell’unione monetaria europea (ume).
da questo punto di vista, la recente decisione della commissione europea di sospendere – facendo ricorso alla general escape clause – il patto di stabilità e crescita per consentire ai paesi membri di fronteggiare in modo adeguato le conseguenze economiche della pandemia potrebbe rappresentare l’occasione per un cambio di rotta. anche se occorrerà in ogni caso attendere il prossimo anno e capire cosa seguirà alla sospensione dei vincoli e quale sarà la strada che vorrà intraprendere l’europa negli anni a venire.
quello che è certo è la conferma, come sostenuto negli ultimi anni da numerosi economisti, della sostanziale incompatibilità tra una politica economica dettata dalla commistione letale tra ordoliberismo e cosiddetto “keynesismo bastardo” – ossia l’inseguimento ossessivo del rigore nei conti pubblici guidato da dibattuti meccanismi di stima dell’indebitamento strutturale e dell’output gap[ii] – e una prospettiva di rilancio reale dell’economia del paese lungo un percorso di crescita e di sviluppo sostenibile incentrato su investimenti, innovazione e occupazione di qualità.
su questo sfondo, le conseguenze economiche e sociali della pandemia richiederanno uno sforzo concreto per affrontare le catastrofiche previsioni macroeconomiche presentate nel def 2020 – con una caduta del pil dell’8% per il 2020, un rapporto indebitamento netto-pil previsto per il 2020 al 10,5% e al 5,7 per il 2021 e un rapporto debito-pil pari al 155% per il 2020 e al 152 per il 2021 – ma anche per ridurre il peso insostenibile delle disuguaglianze nella distribuzione del reddito e della ricchezza attraverso un chiaro programma redistributivo.
un segnale certamente positivo contenuto nel def 2020 riguarda la decisione, conseguente alla sospensione del patto di stabilità e crescita, di eliminare le “clausole di salvaguardia”, la cui sterilizzazione – necessaria a impedire aumenti delle aliquote iva e accise – è costata dal 2011 ad oggi circa 96 miliardi di euro e che, rappresentando una quota preminente delle risorse stanziate per le manovre finanziarie degli ultimi anni, avrebbero potuto e dovuto essere impiegate per il rilancio del paese.
come sottolineato da molti, questa ennesima crisi economica avrà effetti eterogenei, sia sul lato della domanda che sul lato dell’offerta, colpendo l’economia reale ma potenzialmente anche quella finanziaria, e richiederà quindi uno sforzo coordinato a livello nazionale e internazionale all’altezza della situazione.
di conseguenza, il sistema fiscale e impositivo ricoprirà un ruolo centrale nell’affrontare le conseguenze economiche della pandemia e sarà indispensabile, a tal fine, immaginare una programmazione di breve, medio e lungo periodo per invertire alcune macro-tendenze che hanno caratterizzato le manovre degli ultimi anni[iii]. vale a dire: (i) il graduale spostamento del carico impositivo dai patrimoni ai redditi, e dai redditi di impresa a quelli da lavoro dipendente; (ii) il frequente ricorso a regimi di tassazione separata – ad esempio sulle rendite finanziarie o sui premi di produttività – che hanno concorso alla frammentazione della base imponibile impedendo la piena realizzazione di un sistema impositivo di carattere progressivo; (iii) il ricorso a misure di riduzione del costo del lavoro e di incentivo fiscale come canali privilegiati di stimolo alla “competitività” delle imprese.
al contrario, è necessario ridisegnare un sistema fiscale organico e fortemente redistributivo lungo le linee direttrici fornite dall’art. 53 della nostra costituzione, ossia nel rispetto del principio della capacità contributiva e informandolo alla progressività dell’imposizione.
tassazione progressiva di redditi e patrimoni.
per questa via, a livello nazionale, occorrerà in primo luogo operare una rimodulazione della struttura delle aliquote irpef in modo da garantire e potenziare il principio della progressività a vantaggio delle fasce di reddito più basse, e maggiormente esposte alle conseguenze economiche della pandemia, in modo da consentire anche un minimo rilancio dei consumi e quindi lo stimolo di una componente fondamentale della domanda aggregata. contestualmente, è necessario eliminare i diversi regimi di tassazione separata dei redditi al fine di ricomporre la base imponibile irpef, comprensiva a quel punto di tutte le fonti di reddito (il cosiddetto comprehensive income principle), e di ricondurla alla progressività dell’imposta.
in secondo luogo, occorre introdurre forme di imposizione patrimoniale progressiva, tenendo conto sia della dimensione sia della tipologia dei patrimoni – immobiliari e finanziari – per distribuire in modo adeguato, equo e sostenibile il peso di questa ennesima crisi. in questo senso, è da accogliere positivamente la proposta, avanzata nelle settimane passate da alcuni economisti[iv], di una patrimoniale europea sull’1% più ricco della distribuzione dei patrimoni per far fronte alla crisi covid a livello continentale.
senza dimenticare che un ulteriore, importante strumento di contrasto alle disuguaglianze nella distribuzione della ricchezza dovrebbe essere rappresentato dal potenziamento della tassazione dei patrimoni ereditati e delle donazioni, sempre a carattere progressivo.
contrasto a evasione ed elusione, armonizzazione della fiscalità europea, tassazione dell’economia digitale
inoltre, l’ingente quantità di risorse necessarie per affrontare la crisi rende indispensabile una stretta definitiva di fronte all’entità e alla diffusione dei fenomeni di evasione ed elusione fiscale, che riguardano principalmente l’economia italiana, ma anche il contesto europeo e internazionale. a questo proposito, un primo passo concreto potrebbe riguardare l’erogazione dei finanziamenti stanziati nel “decreto liquidità” solo a quelle imprese che hanno o si impegnano a riportare la propria sede fiscale in italia.
in seguito, guardando al problema da una prospettiva più ampia, è prioritaria un’armonizzazione della fiscalità europea, soprattutto con riferimento ai redditi societari: risale ormai al 2011 la proposta della commissione europea sul consolidamento delle basi imponibili[v], che è ancora in attesa di trovare consenso tra i paesi membri. occorre decidere dunque se il futuro dell’architettura politica, istituzionale ed economica europea sarà orientato verso configurazioni coordinate e integrate – anche a livello fiscale – oppure verso una competizione non-cooperativa incentrata prevalentemente sul dumping fiscale. in quest’ultimo caso, è bene ricordarlo, continueremmo a tollerare pratiche di erosione della base imponibile[vi].
da parte dei gruppi multinazionali operanti mediante stabile organizzazione, occulta e non, incentrate su una pianificazione tributaria infragruppo al di là del bene e del male e sulla sistematica localizzazione delle relative attività economiche in paesi – spesso membri dell’unione europea, peraltro – con fiscalità di vantaggio.
infine, seppur risultano apprezzabili le iniziative sulla web tax, ossia l’imposta sui servizi digitali introdotta con la legge di bilancio del 2019, è necessario un potenziamento di tali strumenti impositivi, ad esempio tramite tassazione delle transazioni relative all’e-commerce, affinché possano rappresentare strumenti adeguati e idonei ad accompagnare la transizione digitale e le trasformazioni che stanno investendo le economie contemporanee.
contributo tratto dall'ebook "in salute, giusta, sostenibile. ripensare l’italia dopo la pandemia" a cura di matteo lucchese e duccio zola scaricabile a questo link: https://sbilanciamoci.info/il-nuovo-ebook-di-sbilanciamoci-sullitalia-che-verra/.
* lucrezia fanti, ricercatrice di economia presso l’inapp, fa parte della redazione del sito www.sbilanciamoci.info.
[i] per un approfondimento si vedano due recenti contributi sul rapporto tra disuguaglianze e covid-19: m. franzini “la pandemia non è uguale per tutti. covid-19 e disuguaglianze”, in eticaeconomia; g. dosi e m. e. virgillito “tutti uguali davanti alla pandemia?”, in scienzainrete.
[ii] su questo punto rimandiamo a un precedente contributo: l. fanti e m. gallegati “gli incalcolabili danni dell’economia mainstream”, in per l’italia del dopovoto. vicoli ciechi e vie d’uscita, sbilanciamoci! 2018; f. saraceno, la scienza inutile. tutto quello che non abbiamo voluto imparare dall’economia, luiss university press 2018.
[iii] per un approfondimento si veda il capitolo dedicato al fisco del rapporto della campagna sbilanciamoci! “stiamo meglio o peggio di cinque anni fa? un bilancio di fine legislatura”, sbilanciamoci! 2018, e l. fanti e p. pekka “quale fisco all’orizzonte?”, in sbilanciamoci.info.
[iv] c. landais, e. saez, g. zucman “a progressive european wealth tax to fund the european covid response”, in vox cepr policy portal.
[v] ci riferiamo alla proposta della commissione europea sulla common consolidated corporate tax base (ccctb).
[vi] nonostante il fenomeno dell’erosione della base imponibile, il cosiddetto base erosion and profit shifting (beps), sia in realtà oggetto di analisi e raccomandazioni da parte dell’ocse ormai da diversi anni. si veda in proposito il recente “beps action 13” sulla necessità di rendicontazione country-bycountry da parte delle società multinazionali.
Segue da Pag.9: Il ruolo del settore pubblico nella lotta della Cina contro il COVID-19
Piuttosto, esse rispondono a considerazioni di tipo prettamente strategico, che tendono a supportare lo sviluppo dell’industria pesante dominata dalle SOE, indipendentemente dalla loro profittabilità». Questa triade “sistema politico-sistema bancario-SOE industriali” è quello che ha permesso alla Cina di sostenere il tasso di investimento, occupazionale e del PIL in seguito alla crisi finanziaria del 2007-9, e che più recentemente gli ha permesso di ridurre l’impatto sanitario ed economico della pandemia. ᐧ Nella prima fase della pandemia (gennaio-metà febbraio 2020), la chiusura totale o parziale degli impianti nella provincia dell’Hubei ha colpito duramente il settore chiave dell’economia cinese, vale a dire quello manifatturiero, causando uno shock negativo sia sul lato dell’offerta che della domanda, e un enorme (per gli standard cinesi) declino dell’output pari al -6.8 per cento. In questa prima fase, scrive Macheda, «la rilevanza di un settore dell’economia al riparo dalle forze competitive ha limitato il condizionamento esercitato dagli operatori di mercato sulla sfera governativa, dotando quest’ultima della capacità istituzionale di implementare prontamente stringenti misure di lockdown. […] L’ipotesi suggerita è che il maggior peso occupato negli assetti proprietari dell’industria domestica fornisca ai decisori politici cinesi la capacità di resistere alle pressioni esercitate dai gruppi d’interesse, dotando loro di una certa indipendenza rispetto alle esigenze di massimizzazione di profitto proveniente dal sistema delle imprese. Detto diversamente, la rilevanza della sfera pubblica all’interno dell’economia segnala un diverso peso dell’influenza delle organizzazioni imprenditoriali sulla sfera politica cinese, rispetto a quanto avviene nel mondo capitalisticamente avanzato. […] In maniera adiacente, la “strutturale sovraccapacità produttiva” ha consentito alle imprese pubbliche di fornire beni e servizi durante il contesto emergenziale. […] In virtù della loro capacità produttiva, le SOE hanno contribuito al veloce epilogo della fase emergenziale, non solo sviluppando tecnologie che hanno ridotto i tempi di diagnosi e cura, ma anche aumentando la produzione di materiale protettivo ed edificando infrastrutture di emergenza in tempi estremamente contenuti. […] Nel complesso, ciò ha ridotto i tempi di risoluzione della crisi sanitaria, decelerando la caduta di reddito e scongiurando pericolose spirali inflattive». ᐧ L’azione delle SOE, soprattutto in termini di calmierazione dei prezzi, ha inoltre permesso di allievare i costi prettamente sociali insiti alla prima fase dell’emergenza. Ad esempio, la State Grid Corporation of China ha garantito la fornitura gratuita di energia alle famiglie nella città di Wuhan, aumentando inoltre l’offerta di stazioni gratuite di ricarica energetica. Altre imprese di proprietà pubblica come China Grain Reserves Group, COFCO Group e China Resources Group hanno incrementato la produzione di derrate alimentari, garantendone al contempo i servizi di trasporto e distribuzione, e rafforzando la supervisione sui venditori al dettaglio per prevenire fenomeni speculativi sul costo degli alimenti e dei beni di prima necessità. ᐧ Nella seconda fase della crisi, tutt’ora in corso – caratterizzata dall’allentamento del lockdown in Cina ma dalla contestuale espansione della pandemia a livello globale, che ha impattato pesantemente sulle esportazioni cinesi –, il governo cinese ha invece fatto ricorso ad una serie di interventi fiscali e monetari con l’obiettivo di sostenere la domanda interna e in particolare di riavviare il prima possibile la filiera industriale cinese e di salvaguardarne il funzionamento. L’approccio adottato dalla banca centrale cinese si è discostata marcatamente da quello delle altre principali banche centrali, come la BCE: laddove queste ultime hanno inondato i mercati di liquidità attraverso corposi piani di acquisto di titoli e si sono perlopiù limitate a offrire garanzie pubbliche di vario tipo alle banche, puntando sulla dubbia capacità del sistema bancario di agire da “cinghia di trasmissione” nei confronti del sistema delle imprese private (come dimostra il caso dell’Italia), «la politica monetaria in Cina si è preoccupata di assicurare che la liquidità immessa sul mercato fosse effettivamente utilizzata per garantire la sopravvivenza delle attività delle PMI». Le tre maggiori banche pubbliche sono state spinte dalla Banca Popolare Cinese ad accrescere l’offerta di credito a favore delle PMI «non meno del 30 percento [rispetto al primo trimestre 2019]». Al contempo, le banche statali sono state autorizzate ad innalzare a 350 miliardi di yuan (50 miliardi di euro) la quota di credito da elargire alle imprese di piccole e medie dimensioni. ᐧ Scrive Macheda; «All’interno di questa cornice regolatoria orientata ad alleviare le pressioni sul flusso di cassa delle PMI, la PBC ha fornito gli istituti di credito circa 800 miliardi di yuan (116 miliardi di euro) a tassi d’interesse calmierati. Mentre 300 miliardi sono fluiti verso le imprese coinvolte nella lotta contro il coronavirus, 500 miliardi saranno progressivamente utilizzati per finanziare la riapertura degli impianti, la ripresa produttiva e il pagamento di debiti arretrati delle PMI. All’inizio di aprile 2020, il governo ha dato mandato alla PBC di accrescere le operazioni di rifinanziamento di altri 1.000 miliardi per espandere l’offerta di credito per le banche di piccole e medie dimensioni nel corso dell’anno. […] L’azione congiunta di CBIRC, PBC e banche pubbliche ha consentito di trasmettere efficacemente gli stimoli monetari all’economia reale. Nei primi tre mesi del 2020, il sistema bancario ha dirottato 7.25 trilioni di yuan verso il settore reale dell’economia (+12.7 percento su base annua). Ciò costituisce oltre il 65 percento del totale del “finanziamento totale all’economia reale”, con quest’ultimo cresciuto di 2.486 miliardi di yuan rispetto l’anno precedente». ᐧ Va sottolineato che «i maggiori beneficiari della espansione creditizia sono state le istituzioni pubbliche e le imprese, le quali hanno ricevuto l’85.1 percento dei prestiti concessi dalle istituzioni finanziarie». ᐧ L’azione anticiclica intrapresa dal governo cinese a partire dalla fine di marzo 2020, che ha il duplice obiettivo di sostenere tanto il PIL quanto i livelli occupazionali, è stata inoltre imperniata attorno a un vasto programma di investimenti infrastrutturali – finanziato prevalentemente dall’emissione di obbligazioni da parte dei governi locali per un ammontare pari a 3.750 miliardi di yuan (1.600 in più rispetto al 2019) – sia in aree tradizionali sia in quelle più moderne. ᐧ In definitiva, sostiene Macheda, «la crisi dovuta all’eruzione del COVID-19 mostra come l’efficienza allocativa del settore privato si possa tramutare velocemente in macro-inefficienza a livello sociale». Di fronte a una pandemia, infatti, non è possibile affidarsi ai meccanismi di mercato per soddisfare l’aumento della domanda da parte del settore pubblico di materiale e attrezzature medico-sanitarie (ventilatori, mascherine ecc.), finanche l’edificazione di nuove strutture ospedaliere: non solo non c’è alcuna garanzia che gli agenti privati considerino i rendimenti attesi sufficienti a giustificare l’investimento, né tantomeno che l’incremento dell’offerta soddisfi i bisogni di cura della popolazione, ma «lo spazio temporale che intercorre tra la sua pianificazione, realizzazione, fino all’attivazione della capacità produttiva potrebbe rivelarsi talmente esteso da rendere pressoché inutile l’espansione della capacità produttiva. Si potrebbe arrivare alla situazione paradossale di terminare la costruzione di strutture specializzate per la cura di polmoniti virali solo dopo che l’epidemia sia debellata. Per queste ragioni, come sottolinea giustamente Dani Rodrik, “non vi è nulla come una pandemia che possa mostrare l’inadeguatezza dei mercati di fronte a problemi di azione collettiva, e al contempo evidenziare l’importanza della capacità dello Stato di fronteggiare le crisi e proteggere la popolazione”». ᐧ «È proprio nelle fasi di crisi come quella odierna in cui l’“inefficienza” del settore pubblico si traduce in macro-efficienza sociale», scrive infatti Macheda. «Non a caso, uno dei paesi più efficaci nel minimizzare le perdite sia in termini di vite umane sia in termini economici – e che pare destinato ad evitare una recessione – è la Cina, laddove il settore statale occupa i centri nevralgici della vita economica. In virtù del suo potere di fatto monopolistico sul settore bancario, il governo è stato ed è tuttora in grado di reprimere le rendite finanziarie e al tempo stesso incanalare risorse a vantaggio dei settori ritenuti strategici. Ciò vale soprattutto per le SOE industriali, le quali, nonostante la scarsa efficienza e profittabilità hanno contribuito ad elevare i livelli occupazionali al di sopra di quelli compatibili alla loro “sopravvivenza” in un sistema di puro mercato. […] Sebbene da un punto di vista prettamente capitalistico ciò non può che essere considerato “irrazionale” (e inefficiente), da un punto di vista sociale la massimizzazione dell’utilizzo delle risorse produttive (lavoratori e capitale) non può che essere considerato “razionale” (ed efficiente). È questa caratteristica strutturale che ha reso l’economia cinese meglio equipaggiata a fronteggiare la crisi attuale – perché è proprio nei momenti critici dove emerge chiaramente la necessità di massimizzare l’output a dispetto dei rendimenti garantiti dall’investimento o della capacità di remunerare i risparmiatori in maniera “adeguata”». ᐧ Riformare la giustizia fiscale ai tempi della pandemiadi Lucrezia Fanti* 28/08/2020 La pandemia da Covid-19 ha colpito e colpirà duramente un’economia, come la nostra, già fragile e indebolita dalle persistenti conseguenze negative della Grande Recessione del 2008 e della crisi dei debiti sovrani del 2011. Come sottolineato nell’appello di Sbilanciamoci! “Un’Italia in salute, giusta, sostenibile” questa nuova crisi, inedita sia per natura che per entità nell’era del capitalismo maturo e globalizzato, rischia di esacerbare i livelli già |
insostenibili delle disuguaglianze economiche e sociali[i] registrati negli ultimi anni in Italia e in Europa.
![]() Da questo punto di vista, la recente decisione della Commissione Europea di sospendere – facendo ricorso alla general escape clause – il Patto di Stabilità e Crescita per consentire ai Paesi membri di fronteggiare in modo adeguato le conseguenze economiche della pandemia potrebbe rappresentare l’occasione per un cambio di rotta. Anche se occorrerà in ogni caso attendere il prossimo anno e capire cosa seguirà alla sospensione dei vincoli e quale sarà la strada che vorrà intraprendere l’Europa negli anni a venire. Quello che è certo è la conferma, come sostenuto negli ultimi anni da numerosi economisti, della sostanziale incompatibilità tra una politica economica dettata dalla commistione letale tra ordoliberismo e cosiddetto “Keynesismo bastardo” – ossia l’inseguimento ossessivo del rigore nei conti pubblici guidato da dibattuti meccanismi di stima dell’indebitamento strutturale e dell’output gap[ii] – e una prospettiva di rilancio reale dell’economia del Paese lungo un percorso di crescita e di sviluppo sostenibile incentrato su investimenti, innovazione e occupazione di qualità. Su questo sfondo, le conseguenze economiche e sociali della pandemia richiederanno uno sforzo concreto per affrontare le catastrofiche previsioni macroeconomiche presentate nel DEF 2020 – con una caduta del Pil dell’8% per il 2020, un rapporto indebitamento netto-Pil previsto per il 2020 al 10,5% e al 5,7 per il 2021 e un rapporto debito-Pil pari al 155% per il 2020 e al 152 per il 2021 – ma anche per ridurre il peso insostenibile delle disuguaglianze nella distribuzione del reddito e della ricchezza attraverso un chiaro programma redistributivo. Un segnale certamente positivo contenuto nel DEF 2020 riguarda la decisione, conseguente alla sospensione del Patto di Stabilità e Crescita, di eliminare le “clausole di salvaguardia”, la cui sterilizzazione – necessaria a impedire aumenti delle aliquote Iva e accise – è costata dal 2011 ad oggi circa 96 miliardi di euro e che, rappresentando una quota preminente delle risorse stanziate per le manovre finanziarie degli ultimi anni, avrebbero potuto e dovuto essere impiegate per il rilancio del Paese. Come sottolineato da molti, questa ennesima crisi economica avrà effetti eterogenei, sia sul lato della domanda che sul lato dell’offerta, colpendo l’economia reale ma potenzialmente anche quella finanziaria, e richiederà quindi uno sforzo coordinato a livello nazionale e internazionale all’altezza della situazione. Di conseguenza, il sistema fiscale e impositivo ricoprirà un ruolo centrale nell’affrontare le conseguenze economiche della pandemia e sarà indispensabile, a tal fine, immaginare una programmazione di breve, medio e lungo periodo per invertire alcune macro-tendenze che hanno caratterizzato le manovre degli ultimi anni[iii]. Vale a dire: (i) il graduale spostamento del carico impositivo dai patrimoni ai redditi, e dai redditi di impresa a quelli da lavoro dipendente; (ii) il frequente ricorso a regimi di tassazione separata – ad esempio sulle rendite finanziarie o sui premi di produttività – che hanno concorso alla frammentazione della base imponibile impedendo la piena realizzazione di un sistema impositivo di carattere progressivo; (iii) il ricorso a misure di riduzione del costo del lavoro e di incentivo fiscale come canali privilegiati di stimolo alla “competitività” delle imprese. Al contrario, è necessario ridisegnare un sistema fiscale organico e fortemente redistributivo lungo le linee direttrici fornite dall’art. 53 della nostra Costituzione, ossia nel rispetto del principio della capacità contributiva e informandolo alla progressività dell’imposizione. Tassazione progressiva di redditi e patrimoni Per questa via, a livello nazionale, occorrerà in primo luogo operare una rimodulazione della struttura delle aliquote Irpef in modo da garantire e potenziare il principio della progressività a vantaggio delle fasce di reddito più basse, e maggiormente esposte alle conseguenze economiche della pandemia, in modo da consentire anche un minimo rilancio dei consumi e quindi lo stimolo di una componente fondamentale della domanda aggregata. Contestualmente, è necessario eliminare i diversi regimi di tassazione separata dei redditi al fine di ricomporre la base imponibile Irpef, comprensiva a quel punto di tutte le fonti di reddito (il cosiddetto comprehensive income principle), e di ricondurla alla progressività dell’imposta. In secondo luogo, occorre introdurre forme di imposizione patrimoniale progressiva, tenendo conto sia della dimensione sia della tipologia dei patrimoni – immobiliari e finanziari – per distribuire in modo adeguato, equo e sostenibile il peso di questa ennesima crisi. In questo senso, è da accogliere positivamente la proposta, avanzata nelle settimane passate da alcuni economisti[iv], di una patrimoniale europea sull’1% più ricco della distribuzione dei patrimoni per far fronte alla crisi Covid a livello continentale. Senza dimenticare che un ulteriore, importante strumento di contrasto alle disuguaglianze nella distribuzione della ricchezza dovrebbe essere rappresentato dal potenziamento della tassazione dei patrimoni ereditati e delle donazioni, sempre a carattere progressivo. Contrasto a evasione ed elusione, armonizzazione della fiscalità europea, tassazione dell’economia digitale Inoltre, l’ingente quantità di risorse necessarie per affrontare la crisi rende indispensabile una stretta definitiva di fronte all’entità e alla diffusione dei fenomeni di evasione ed elusione fiscale, che riguardano principalmente l’economia italiana, ma anche il contesto europeo e internazionale. A questo proposito, un primo passo concreto potrebbe riguardare l’erogazione dei finanziamenti stanziati nel “Decreto Liquidità” solo a quelle imprese che hanno o si impegnano a riportare la propria sede fiscale in Italia. In seguito, guardando al problema da una prospettiva più ampia, è prioritaria un’armonizzazione della fiscalità europea, soprattutto con riferimento ai redditi societari: risale ormai al 2011 la proposta della Commissione Europea sul consolidamento delle basi imponibili[v], che è ancora in attesa di trovare consenso tra i Paesi membri. Occorre decidere dunque se il futuro dell’architettura politica, istituzionale ed economica europea sarà orientato verso configurazioni coordinate e integrate – anche a livello fiscale – oppure verso una competizione non-cooperativa incentrata prevalentemente sul dumping fiscale. In quest’ultimo caso, è bene ricordarlo, continueremmo a tollerare pratiche di erosione della base imponibile[vi] da parte dei gruppi multinazionali operanti mediante stabile organizzazione, occulta e non, incentrate su una pianificazione tributaria infragruppo al di là del bene e del male e sulla sistematica localizzazione delle relative attività economiche in Paesi – spesso membri dell’Unione Europea, peraltro – con fiscalità di vantaggio. Infine, seppur risultano apprezzabili le iniziative sulla Web tax, ossia l’imposta sui servizi digitali introdotta con la Legge di Bilancio del 2019, è necessario un potenziamento di tali strumenti impositivi, ad esempio tramite tassazione delle transazioni relative all’e-commerce, affinché possano rappresentare strumenti adeguati e idonei ad accompagnare la transizione digitale e le trasformazioni che stanno investendo le economie contemporanee. Contributo tratto dall'ebook "In salute, giusta, sostenibile. Ripensare l’Italia dopo la pandemia" a cura di Matteo Lucchese e Duccio Zola scaricabile a questo link: https://sbilanciamoci.info/il-nuovo-ebook-di-sbilanciamoci-sullitalia-che-verra/ * Lucrezia Fanti, ricercatrice di Economia presso l’Inapp, fa parte della redazione del sito www.sbilanciamoci.info [i] Per un approfondimento si vedano due recenti contributi sul rapporto tra disuguaglianze e Covid-19: M. Franzini “La pandemia non è uguale per tutti. Covid-19 e disuguaglianze”, in Eticaeconomia; G. Dosi e M. E. Virgillito “Tutti uguali davanti alla pandemia?”, in ScienzaInRete [ii] Su questo punto rimandiamo a un precedente contributo: L. Fanti e M. Gallegati “Gli incalcolabili danni dell’economia mainstream”, in Per l’Italia del dopovoto. Vicoli ciechi e vie d’uscita, Sbilanciamoci! 2018; F. Saraceno, La scienza inutile. Tutto quello che non abbiamo voluto imparare dall’economia, LUISS University Press 2018. [iii] Per un approfondimento si veda il capitolo dedicato al fisco del Rapporto della Campagna Sbilanciamoci! “Stiamo meglio o peggio di cinque anni fa? Un bilancio di fine legislatura”, Sbilanciamoci! 2018, e L. Fanti e P. Pekka “Quale Fisco all’orizzonte?”, in Sbilanciamoci.info. [iv] C. Landais, E. Saez, G. Zucman “A progressive European wealth tax to fund the European Covid response”, in Vox CEPR Policy Portal [v] Ci riferiamo alla proposta della Commissione Europea sulla Common Consolidated Corporate Tax Base (CCCTB). [vi] Nonostante il fenomeno dell’erosione della base imponibile, il cosiddetto Base Erosion and Profit Shifting (BEPS), sia in realtà oggetto di analisi e raccomandazioni da parte dell’Ocse ormai da diversi anni. Si veda in proposito il recente “BEPS Action 13” sulla necessità di rendicontazione country-bycountry da parte delle società multinazionali. |
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