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La VOCE ANNO XXII N°5

gennaio 2020

PAGINA B         - 34

84.DUE GRANDI SCIENZIATI TEDESCHI: KIRCHHOFF E BUNSEN, E LA NASCITA DELLA SPETTROSCOPIA. UNO SCIENZIATO SVEDESE: ÅNGSTRÖM

di Vincenzo Brandi
abbiamo già visto al precedente n. 73 come il tedesco fraunhofer (1787-1826) avesse riscontrato la presenza nello “spettro” luminoso solare, ottenuto dividendo i vari colori della luce con un prisma, delle linee nere. il fenomeno fu spiegato a metà dell’800 da due grandi scienziati tedeschi, che misero anche a punto un metodo che si è dimostrato essenziale per determinare la composizione delle sostanze, ed anche delle stelle e delle galassie più lontane: la spettroscopia. gustav robert kirchhoff (1824-1887), grande fisico e matematico tedesco dell’800, nacque a konigsberg (oggi kaliningrad), nella prussia orientale. completati gli studi di fisica, insegnò prima come libero docente all’università di berlino e poi a breslavia, dove divenne amico e collaboratore di un altro grande fisico tedesco, bunsen (1811-1899). quando bunsen si trasferì all’università di heidelberg, nel 1850, kirchhoff lo seguì 4 anni dopo, rinnovando la preziosa collaborazione. bunsen aveva messo a punto nel 1857 uno speciale bruciatore ben noto ai chimici (il “becco bunsen”) capace di dare una fiamma non luminosa, biancastra (il bianco è dato dalla somma di tutti gli altri colori messi insieme). kirchhoff pensò di analizzare la fiamma scomponendo il colore bianco nei singoli colori componenti mediante un prisma di vetro (fenomeno che si verifica normalmente quando si forma l’arcobaleno durante la pioggia). scoprì, in tal modo, che le singole sostanze chimiche davano fasce formate da colori diversi (chiamate in fisica “spettri”), diverse da sostanza a sostanza e quindi caratteristiche di ogni sostanza. con questo metodo, osservando i colori dei vari spettri emessi dalle varie sostanze bruciate, si poteva individuare la presenza delle varie sostanze osservandone lo “spettro” tipico. il metodo, definito come “spettroscopia”, permette ancora oggi – usando macchine più perfezionate, ma basate sempre sullo stesso principio – di individuare la presenza di varie sostanze, anche in minime tracce, all’interno di un corpo composto da più sostanze, o anche di una stella luminosa. furono così scoperti molti nuovi elementi: cesio, rubidio, indio, gallio, tallio, elio, argo, ecc. usando questo metodo, kirchhoff e bunsen riuscirono a determinare anche la composizione del sole, ritenuta fino ad allora un’impresa impossibile. riuscirono anche a spiegare perché nello “spettro” luminoso del sole esistevano delle linee nere. kirchhoff, infatti, enunciò un principio (principio di inversione) secondo il quale ogni sostanza è capace di assorbire nella stessa misura proprio quegli stessi colori, o anche radiazioni invisibili, che è capace di emettere. egli scoprì che il rapporto tra la capacità di emissione e la capacità di assorbimento è costante e dipende solo dalla temperatura e dalla “lunghezza d’onda” del colore (ogni colore, o radiazione, ha una propria lunghezza d’onda che è grande per il colore rosso e la radiazione infrarossa e diminuisce progressivamente per il colore violetto, la radiazione ultravioletta, i raggi x e i raggi “gamma”). le righe nere sono causate dal fatto che i gas periferici del sole assorbono quegli stessi colori caratteristici emessi dal nucleo del sole. il colore nero segnala in realtà l’assenza di colore. un corpo capace di assorbire tutti i colori e le radiazioni – senza rifletterli - viene detto “corpo nero”, e.
- come vedremo in prossimi numeri – ha una grande importanza sperimentale e teorica. questi risultati sono importantissimi da un punto di vista teorico perché è stato dimostrato che la capacità di emettere o assorbire colori e radiazioni è connessa con la stessa struttura atomica dei vari elementi. ad ogni quantità di energia radiante emessa o assorbita corrisponde un salto da un livello energetico ad un altro di piccole particelle (gli “elettroni”) poste alla periferia dell’atomo. queste considerazioni sono alla base del famoso modello atomico di rutheford-bohr di cui ci interesseremo in prossimi numeri. il ricercatore svizzero johann jakob balmer (1825-1898) elaborò una semplice formula che mette in relazione le righe di emissione ed assorbimento dell’idrogeno, mentre lo svedese johannes rydberg (1854-1919) elaborò una formula più generale che abbraccia tutte le frequenze delle onde elettromagnetiche provenienti da ogni tipo di atomo. come vedremo quando ci interesseremo della fisica del ‘900, il modello di rutheford-bohr ha spiegato perfettamente queste formule, che anzi sono una prova della validità del modello. tra i maggiori scienziati che fondarono la spettroscopia va ricordato anche lo svedese anders jonas ångström (1814-1874). ancora oggi per misurare oggetti molto piccoli viene usata un’unità di misura chiamata ångström, 10 volte più piccola di un miliardesimo di metro, che invece è definito “nanometro”. l’ångström è la misura tipica delle dimensioni di un atomo. il diametro dell’elettrone nella fisica “classica” (non quantistica) è molto più piccolo (circa 2,8 x 10-15m). kirchhoff si interessò anche di elettricità enunciando due importanti principi relativi alla corrente elettrica: il primo afferma che in un nodo di conduttori attraversati dalla corrente la somma algebrica delle varie intensità di corrente che vi convergono è nulla. il secondo principio afferma che in una maglia di conduttori attraversati dalla corrente la somma algebrica delle intensità di corrente presenti nei singoli tratti moltiplicate per le resistenze elettriche dei singoli tratti è pari alla somma delle differenze di potenziale (o “voltaggio”) caratteristiche di ogni tratto. egli inoltre dimostrò che una perturbazione elettrica si diffonde con la velocità della luce, altro risultato di grande importanza teorica perché dimostra che le radiazioni luminose sono della stessa natura dei fenomeni elettromagnetici. kirchoff può quindi considerarsi come uno di quei grandi fisici dell’800 che hanno gettato le basi della fisica moderna. rba, “le grandi idee della sc. – kirchhoff”, opera citata in bibliografia. l. geymonat, “storia del pensiero fil. e sc.”, op. cit. in bibl. c. singer, “breve storia del pensiero sc.”, op. cit. in bibl.

Abbiamo già visto al precedente N. 73 come il tedesco Fraunhofer (1787-1826) avesse riscontrato la presenza nello “spettro” luminoso solare, ottenuto dividendo i vari colori della luce con un prisma, delle linee nere. Il fenomeno fu spiegato a metà dell’800 da due grandi scienziati tedeschi, che misero anche a punto un metodo che si è dimostrato essenziale per determinare la composizione delle sostanze, ed anche delle stelle e delle galassie più lontane: la spettroscopia.

Gustav Robert Kirchhoff (1824-1887), grande fisico e matematico tedesco dell’800, nacque a Konigsberg (oggi Kaliningrad), nella Prussia Orientale. Completati gli studi di fisica, insegnò prima come libero docente all’Università di Berlino e poi a Breslavia, dove divenne amico e collaboratore di un altro grande fisico tedesco, Bunsen (1811-1899). Quando Bunsen si trasferì all’Università di Heidelberg, nel 1850, Kirchhoff lo seguì 4 anni dopo, rinnovando la preziosa collaborazione.

Bunsen aveva messo a punto nel 1857 uno speciale bruciatore ben noto ai chimici (il “becco Bunsen”) capace di dare una fiamma non luminosa, biancastra (il bianco è dato dalla somma di tutti gli altri colori messi insieme). Kirchhoff pensò di analizzare la fiamma scomponendo il colore bianco nei singoli colori componenti mediante un prisma di vetro (fenomeno che si verifica normalmente quando si forma l’arcobaleno durante la pioggia). Scoprì, in tal modo, che le singole sostanze chimiche davano fasce formate da colori diversi (chiamate in fisica “spettri”), diverse da sostanza a sostanza e quindi caratteristiche di ogni sostanza. Con questo metodo, osservando i colori dei vari spettri emessi dalle varie sostanze bruciate, si poteva individuare la presenza delle varie sostanze osservandone lo “spettro” tipico. Il metodo, definito come “spettroscopia”, permette ancora oggi – usando macchine più perfezionate, ma basate sempre sullo stesso principio – di individuare la presenza di varie sostanze, anche in minime tracce, all’interno di un corpo composto da più sostanze, o anche di una stella luminosa. Furono così scoperti molti nuovi elementi: Cesio, Rubidio, Indio, Gallio, Tallio, Elio, Argo, ecc.

Usando questo metodo, Kirchhoff e Bunsen riuscirono a determinare anche la composizione del Sole, ritenuta fino ad allora un’impresa impossibile. Riuscirono anche a spiegare perché nello “spettro” luminoso del Sole esistevano delle linee nere. Kirchhoff, infatti, enunciò un principio (principio di inversione) secondo il quale ogni sostanza è capace di assorbire nella stessa misura proprio quegli stessi colori, o anche radiazioni invisibili, che è capace di emettere. Egli scoprì che il rapporto tra la capacità di emissione e la capacità di assorbimento è costante e dipende solo dalla temperatura e dalla “lunghezza d’onda” del colore (ogni colore, o radiazione, ha una propria lunghezza d’onda che è grande per il colore rosso e la radiazione infrarossa e diminuisce progressivamente per il colore violetto, la radiazione ultravioletta, i raggi X e i raggi “gamma”). Le righe nere sono causate dal fatto che i gas periferici del Sole assorbono quegli stessi colori caratteristici emessi dal nucleo del Sole. Il colore nero segnala in realtà l’assenza di colore. Un corpo capace di assorbire tutti i colori e le radiazioni – senza rifletterli - viene detto “corpo nero”, e

- come vedremo in prossimi numeri – ha una grande importanza sperimentale e teorica.

Questi risultati sono importantissimi da un punto di vista teorico perché è stato dimostrato che la capacità di emettere o assorbire colori e radiazioni è connessa con la stessa struttura atomica dei vari elementi. Ad ogni quantità di energia radiante emessa o assorbita corrisponde un salto da un livello energetico ad un altro di piccole particelle (gli “elettroni”) poste alla periferia dell’atomo. Queste considerazioni sono alla base del famoso modello atomico di Rutheford-Bohr di cui ci interesseremo in prossimi numeri.

Il ricercatore svizzero Johann Jakob Balmer (1825-1898) elaborò una semplice formula che mette in relazione le righe di emissione ed assorbimento dell’Idrogeno, mentre lo svedese Johannes Rydberg (1854-1919) elaborò una formula più generale che abbraccia tutte le frequenze delle onde elettromagnetiche provenienti da ogni tipo di atomo. Come vedremo quando ci interesseremo della fisica del ‘900, il modello di Rutheford-Bohr ha spiegato perfettamente queste formule, che anzi sono una prova della validità del modello.

Tra i maggiori scienziati che fondarono la spettroscopia va ricordato anche lo svedese Anders Jonas Ångström (1814-1874). Ancora oggi per misurare oggetti molto piccoli viene usata un’unità di misura chiamata Ångström, 10 volte più piccola di un miliardesimo di metro, che invece è definito “nanometro”. L’Ångström è la misura tipica delle dimensioni di un atomo. Il diametro dell’elettrone nella fisica “classica” (non quantistica) è molto più piccolo (circa 2,8 x 10-15m).

Kirchhoff si interessò anche di elettricità enunciando due importanti principi relativi alla corrente elettrica: il primo afferma che in un nodo di conduttori attraversati dalla corrente la somma algebrica delle varie intensità di corrente che vi convergono è nulla. Il secondo principio afferma che in una maglia di conduttori attraversati dalla corrente la somma algebrica delle intensità di corrente presenti nei singoli tratti moltiplicate per le resistenze elettriche dei singoli tratti è pari alla somma delle differenze di potenziale (o “voltaggio”) caratteristiche di ogni tratto. Egli inoltre dimostrò che una perturbazione elettrica si diffonde con la velocità della luce, altro risultato di grande importanza teorica perché dimostra che le radiazioni luminose sono della stessa natura dei fenomeni elettromagnetici.

Kirchoff può quindi considerarsi come uno di quei grandi fisici dell’800 che hanno gettato le basi della fisica moderna.

  1. RBA, “Le Grandi Idee della Sc. – Kirchhoff”, opera citata in bibliografia

  2. L. Geymonat, “Storia del Pensiero Fil. e Sc.”, op. cit. in bibl.

  3. C. Singer, “Breve Storia del Pensiero Sc.”, op. cit. in bibl.

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