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La VOCE 2001

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La VOCE ANNO XXII N°5

gennaio 2020

PAGINA 3         - 23

Segue da Pag.22: Quando il PCI non era europeista Dall’euro-comunismo al trionfo di Napolitano La svolta effettiva del PCI sul tema avviene negli anni '70 con la fase berlingueriana dell'eurocomunismo, che consente l'incontro con il redivivo Altiero Spinelli, eletto con i voti comunisti da indipendente nel Parlamento nazionale (1976) e poi in quello europeo (1979): “Spinelli però tenne sempre a precisare che erano i comunisti che aderivano alle sue posizioni”, ricorda Cangemi, con un velato atto di accusa alla direzione berlingueriana dell'epoca. Non è un caso che in questo periodo Spinelli dissenta pubblicamente dal Partito che lo ha fatto eleggere “su temi essenziali come lo Sme e il dislocamento in Europa dei missili USA Cruise e Pershing” [24]. È in questo periodo, e ancor più negli anni '80, che assume un ruolo via via crescente “il vero fulcro della narrazione migliorista, Giorgio Napolitano”, di cui l'autore sottolinea i rapporti con settori europei più o meno riformisti e socialdemocratici, “ma anche statunitensi”. L'europeismo del PCI si accentuerà ormai inesorabile negli anni '80, “fino a fare dell'europeismo uno dei riferimenti ideali centrali dell'ultimo PCI (si veda il congresso del 1986) e poi, soprattutto, uno degli assi della costruzione del PDS” [25]. La riscrittura della storia e l’invenzione del mito Rimaneva da costruire una nuova narrazione retrospettiva, compito assolto da una serie di storici revisionisti compiacenti (giudizio mio) come i miglioristi Severino Galante (filo-amendoliano) [26], Mauro Maggiorani e Paolo Ferrari (filo-Napolitano) [27]. Cangemi sottolinea infine come la celebrazione di Spinelli sia costruzione politica recente, dovuta in particolar modo all'azione politica di Napolitano, che svolgerà il primo discorso pubblico da Presidente della Repubblica il 21 maggio 2006, a Ventotene, in occasione del 20° anniversario della scomparsa del “federalista europeo”. Napolitano è stato quindi determinante per dare linfa ad una “tradizione inventata di sana pianta” (Hobsbawm). Scrive Cangemi: “Il ruolo effettivo di Spinelli nel dibattito politico sulle istituzioni europee, anche in Italia e non solo sul piano continentale è, almeno fino all'elezione nelle liste comuniste, di un rilievo assai minore di quanto si tenda ad accreditare. Nulla, invece, può considerarsi la sua efficacia sui processi reali. È però soprattutto l'opinione, diffusissima, che esso rappresenti, sin dal manifesto di Ventotene, il punto di vista di sinistra sull'unità europea che è del tutto destituita di ogni fondamento”. Spinelli, diventato in anni recenti “icona del traghettamento della sinistra italiana, e in particolare di quella di origine comunista, da un'antica opposizione a un europeismo acritico”, è diventato famoso grazie a “risorse imponenti” e alla “mobilitazione di grandi apparati istituzionali, accademici, editoriali» in un'operazione in cui il ruolo di Giorgio Napolitano «è stato assolutamente centrale” [28]. Se qualcuno voleva capire l'origine dei problemi della sinistra odierna ha sicuramente con questo libro molti elementi su cui riflettere. Note [1] L. Cangemi, Altri confini. Il PCI contro l'europeismo (1941-1957), Derive Approdi, Roma 2019. [2] Ivi, pp. 13-14. [3] Ivi, p. 18. [4] Ivi, p. 21. [5] Ivi, p. 23. [6] Ivi, p. 24. [7] Come riporta con tanto di documenti Frances Stonor Saunders nel suo magistrale Gli intellettuali e la CIA; per quanto riguarda Silone si può vedere anche vd A. Pascale, Il totalitarismo liberale. Le tecniche imperialiste per l'egemonia culturale, La Città del Sole, Napoli 2019, p. 241, 352, 356. [8] L. Cangemi, Altri confini, cit., p. 32. [9] Ivi, p. 35. [10] Ivi, p. 38. [11] Ivi, pp. 42-43. [12] Si veda sulla questione l'articolo del 1915 non privo di attualità, riportato da Marxists.org. [13] L. Cangemi, Altri confini, cit., pp. 46-47. [14] Ivi, p. 54.
[15] ivi, p. 48. [16] ivi, pp. 58-59. [17] ivi, pp. 61, 68-69. [18] ivi, p. 74. [19] ivi, p. 62. [20] ivi, pp. 71-72. [21] ivi, p. 64. [22] ivi, p. 76. [23] ivi, p. 78. il tema dell'incompatibilità dei trattati europei con la costituzione è stato ripreso negli ultimi anni da vladimiro giacché in v. giacché, costituzione italiana contro trattati europei: il conflitto inevitabile, imprimatur, reggio emilia 2015. [24] l. cangemi, altri confini, cit., p. 94. [25] ivi, pp. 85-88. [26] il partito comunista italiano e l'integrazione europea: il decennio del rifiuto, 1947-1957, opera del 1988. scrive cangemi a p. 89: “la tesi dello storico, che è anche dirigente comunista, è quella di un partito costretto per la sua storia e per la sua costruzione materiale a seguire l'urss nella lotta all'europeismo ma senza esserne fino in fondo convinto […]. lo storico padovano cerca, così, di salvare un'idea di continuità politica, anche laddove ciò appare assai complesso. […] davvero appare difficile rintracciare un filo rosso che unisca l'opposizione alla ceca alle posizioni nettamente europeiste del congresso del 1986”. [27] l'europa da togliatti a berlinguer.. testimonianze e documenti 1945-1984, opera del 2005. scrive cangemi a p. 90: “nato con il contributo finanziario del gruppo dei democratici di sinistra della regione emilia romagna, […] è assai visibile la presenza dell'impostazione di giorgio napolitano”. la tesi di fondo, storiografica e politica, degli autori: “l'accettazione cui infine il pci pervenne di una prospettiva europeistica vagamente federalistica viene discussa e proposta come una svolta positiva nella storia del partito”. il testo si caratterizza anche per la polemica da destra verso l'eurocomunismo, per il totale oscuramento del tema coloniale, per la rimozione delle razioni nazionali dell'opposizione all'integrazione europea e per la sottolineatura positiva dell'ingresso nel pci di “settori significativi della borghesia italiana”, che avrebbe favorito il mutamento di prospettiva del partito. [28] ivi, pp. 93-95. --- 4). vladimir ilič lenin. sulla parola d’ordine degli stati uniti d’europa- pubblicato per la prima volta nel sotsial-demokrat, n. 44, 23 agosto 1915. http://contropiano.org/, un estratto consigliato da vladimiro giacchè: in regime capitalistico, gli stati uniti d'europa equivalgono ad un accordo per la spartizione delle colonie. ma in regime capitalistico non è possibile altra base, altro principio di spartizione che la forza. il miliardario non può dividere con altri il "reddito nazionale" di un paese capitalista se non secondo una determinata proporzione: "secondo il capitale" (e con un supplemento, affinché il grande capitale riceva più di quel che gli spetta). il capitalismo è la proprietà privata dei mezzi di produzione e l'anarchia della produzione. predicare una "giusta" divisione del reddito su tale base è proudhonismo, ignoranza piccolo-borghese, filisteismo. non si può dividere se non "secondo la forza". è la forza che cambia nel corso dello sviluppo economico. dopo il 1871 la germania si è rafforzata tre o quattro volte più dell'inghilterra e della francia, e il giappone dieci volte più rapidamente della russia. per mettere a prova la forza reale di uno stato capitalista, non c'è e non può esservi altro mezzo che la guerra. la guerra non è in contraddizione con le basi della proprietà privata, ma è il risultato diretto e inevitabile dello sviluppo di queste basi. in regime capitalistico non è possibile un ritmo uniforme dello sviluppo economico, né delle piccole aziende, né dei singoli stati. in regime capitalistico non sono possibili altri mezzi per ristabilire di tanto in tanto l'equilibrio spezzato, al di fuori della crisi nell'industria e della guerra nella politica.. ..segue ./.
Segue da Pag.22: Quando il PCI non era europeista

Dalleuro-comunismo al trionfo di Napolitano

La svolta effettiva del PCI sul tema avviene negli anni '70 con la fase berlingueriana dell'eurocomunismo, che consente l'incontro con il redivivo Altiero Spinelli, eletto con i voti comunisti da indipendente nel Parlamento nazionale (1976) e poi in quello europeo (1979): “Spinelli però tenne sempre a precisare che erano i comunisti che aderivano alle sue posizioni”, ricorda Cangemi, con un velato atto di accusa alla direzione berlingueriana dell'epoca. Non è un caso che in questo periodo Spinelli dissenta pubblicamente dal Partito che lo ha fatto eleggere “su temi essenziali come lo Sme e il dislocamento in Europa dei missili USA Cruise e Pershing” [24].

È in questo periodo, e ancor più negli anni '80, che assume un ruolo via via crescente “il vero fulcro della narrazione migliorista, Giorgio Napolitano”, di cui l'autore sottolinea i rapporti con settori europei più o meno riformisti e socialdemocratici, “ma anche statunitensi”. L'europeismo del PCI si accentuerà ormai inesorabile negli anni '80, “fino a fare dell'europeismo uno dei riferimenti ideali centrali dell'ultimo PCI (si veda il congresso del 1986) e poi, soprattutto, uno degli assi della costruzione del PDS” [25].

La riscrittura della storia e linvenzione del mito

Rimaneva da costruire una nuova narrazione retrospettiva, compito assolto da una serie di storici revisionisti compiacenti (giudizio mio) come i miglioristi Severino Galante (filo-amendoliano) [26], Mauro Maggiorani e Paolo Ferrari (filo-Napolitano) [27].

Cangemi sottolinea infine come la celebrazione di Spinelli sia costruzione politica recente, dovuta in particolar modo all'azione politica di Napolitano, che svolgerà il primo discorso pubblico da Presidente della Repubblica il 21 maggio 2006, a Ventotene, in occasione del 20° anniversario della scomparsa del “federalista europeo”. Napolitano è stato quindi determinante per dare linfa ad una “tradizione inventata di sana pianta” (Hobsbawm). Scrive Cangemi: “Il ruolo effettivo di Spinelli nel dibattito politico sulle istituzioni europee, anche in Italia e non solo sul piano continentale è, almeno fino all'elezione nelle liste comuniste, di un rilievo assai minore di quanto si tenda ad accreditare. Nulla, invece, può considerarsi la sua efficacia sui processi reali. È però soprattutto l'opinione, diffusissima, che esso rappresenti, sin dal manifesto di Ventotene, il punto di vista di sinistra sull'unità europea che è del tutto destituita di ogni fondamento”.

Spinelli, diventato in anni recenti “icona del traghettamento della sinistra italiana, e in particolare di quella di origine comunista, da un'antica opposizione a un europeismo acritico”, è diventato famoso grazie a “risorse imponenti” e alla “mobilitazione di grandi apparati istituzionali, accademici, editoriali» in un'operazione in cui il ruolo di Giorgio Napolitano «è stato assolutamente centrale” [28].

Se qualcuno voleva capire l'origine dei problemi della sinistra odierna ha sicuramente con questo libro molti elementi su cui riflettere.



Note

[1] L. Cangemi, Altri confini. Il PCI contro l'europeismo (1941-1957), Derive Approdi, Roma 2019.

[2] Ivi, pp. 13-14.

[3] Ivi, p. 18.

[4] Ivi, p. 21.

[5] Ivi, p. 23.

[6] Ivi, p. 24.

[7] Come riporta con tanto di documenti Frances Stonor Saunders nel suo magistrale Gli intellettuali e la CIA; per quanto riguarda Silone si può vedere anche vd A. Pascale, Il totalitarismo liberale. Le tecniche imperialiste per l'egemonia culturale, La Città del Sole, Napoli 2019, p. 241, 352, 356.

[8] L. Cangemi, Altri confini, cit., p. 32.

[9] Ivi, p. 35.

[10] Ivi, p. 38.

[11] Ivi, pp. 42-43.

[12] Si veda sulla questione l'articolo del 1915 non privo di attualità, riportato da Marxists.org.

[13] L. Cangemi, Altri confini, cit., pp. 46-47.

[14] Ivi, p. 54.

[15] Ivi, p. 48.

[16] Ivi, pp. 58-59.

[17] Ivi, pp. 61, 68-69.

[18] Ivi, p. 74.

[19] Ivi, p. 62.

[20] Ivi, pp. 71-72.

[21] Ivi, p. 64.

[22] Ivi, p. 76.

[23] Ivi, p. 78. Il tema dell'incompatibilità dei trattati europei con la Costituzione è stato ripreso negli ultimi anni da Vladimiro Giacché in V. Giacché, Costituzione italiana contro trattati europei: Il conflitto inevitabile, Imprimatur, Reggio Emilia 2015.

[24] L. Cangemi, Altri confini, cit., p. 94.

[25] Ivi, pp. 85-88.

[26] Il Partito comunista italiano e l'integrazione europea: il decennio del rifiuto, 1947-1957, opera del 1988. Scrive Cangemi a p. 89: “la tesi dello storico, che è anche dirigente comunista, è quella di un partito costretto per la sua storia e per la sua costruzione materiale a seguire l'URSS nella lotta all'europeismo ma senza esserne fino in fondo convinto […]. Lo storico padovano cerca, così, di salvare un'idea di continuità politica, anche laddove ciò appare assai complesso. […] Davvero appare difficile rintracciare un filo rosso che unisca l'opposizione alla CECA alle posizioni nettamente europeiste del congresso del 1986”.

[27] L'Europa da Togliatti a Berlinguer.. Testimonianze e documenti 1945-1984, opera del 2005. Scrive Cangemi a p. 90: “nato con il contributo finanziario del gruppo dei Democratici di sinistra della Regione Emilia Romagna, […] è assai visibile la presenza dell'impostazione di Giorgio Napolitano”. La tesi di fondo, storiografica e politica, degli autori: “l'accettazione cui infine il PCI pervenne di una prospettiva europeistica vagamente federalistica viene discussa e proposta come una svolta positiva nella storia del partito”. Il testo si caratterizza anche per la polemica da destra verso l'eurocomunismo, per il totale oscuramento del tema coloniale, per la rimozione delle razioni nazionali dell'opposizione all'integrazione europea e per la sottolineatura positiva dell'ingresso nel PCI di “settori significativi della borghesia italiana”, che avrebbe favorito il mutamento di prospettiva del partito.

[28] Ivi, pp. 93-95.

--- 4)


Vladimir Ilič Lenin


Sulla parola d’ordine degli Stati Uniti d’Europa

Pubblicato per la prima volta nel Sotsial-Demokrat, n. 44, 23 agosto 1915


http://contropiano.org/


Un estratto consigliato da Vladimiro Giacchè:

In regime capitalistico, gli Stati Uniti d'Europa equivalgono ad un accordo per la spartizione delle colonie. Ma in regime capitalistico non è possibile altra base, altro principio di spartizione che la forza. Il miliardario non può dividere con altri il "reddito nazionale" di un paese capitalista se non secondo una determinata proporzione: "secondo il capitale" (e con un supplemento, affinché il grande capitale riceva più di quel che gli spetta). Il capitalismo è la proprietà privata dei mezzi di produzione e l'anarchia della produzione. Predicare una "giusta" divisione del reddito su tale base è proudhonismo, ignoranza piccolo-borghese, filisteismo. Non si può dividere se non "secondo la forza". È la forza che cambia nel corso dello sviluppo economico. Dopo il 1871 la Germania si è rafforzata tre o quattro volte più dell'Inghilterra e della Francia, e il Giappone dieci volte più rapidamente della Russia. Per mettere a prova la forza reale di uno Stato capitalista, non c'è e non può esservi altro mezzo che la guerra. La guerra non è in contraddizione con le basi della proprietà privata, ma è il risultato diretto e inevitabile dello sviluppo di queste basi. In regime capitalistico non è possibile un ritmo uniforme dello sviluppo economico, né delle piccole aziende, né dei singoli Stati. In regime capitalistico non sono possibili altri mezzi per ristabilire di tanto in tanto l'equilibrio spezzato, al di fuori della crisi nell'industria e della guerra nella politica..

..segue ./.

  P R E C E D E N T E   

    S U C C E S S I V A  

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