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La VOCE 1909

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La VOCE ANNO XXII N°1

settembre 2019

PAGINA E        - 37

hong kong, la storia che non leggerete. di pino arlacchi* - fatto quotidiano, 18 giugno 2019 - notizia del: 18/07/2019. non riportare mai la versione dell’altra parte in campo e limitarsi a ripetere la stessa storiella, senza il minimo approfondimento, sono diventati le regole seguite dai media mainstream nel trattare i fatti internazionali. che si tratti di cina, venezuela, guerre, massacri e catastrofi, ogni volta che si deve informare si ricorre a una formuletta preconfezionata. che coincide regolarmente con gli interessi dei proprietari dei mezzi di comunicazione, dei governi occidentali e dello 0,1% che tenta di governare le cose del mondo. per rompere questa corruzione mediatica, che svuota di senso il discorso democratico e ci mette nelle mani di una plutocrazia sempre più ristretta, occorre immergersi nel caos delle fonti alternative di informazione o fondare giornali indipendenti. oppure essere dei premi nobel come paul krugman. il quale si può permettere dalle colonne del new york times di elencare le forme attraverso cui lo 0,1% distorce a proprio vantaggio le priorità pubbliche. e produce, aggiungiamo noi, la comunicazione ipersemplificata, falsa e omissiva di cui siamo vittime. ecco la lista di krugman: 1) corruzione hard: mazzette di soldi a politici e giornalisti. 2) corruzione soft. cioè “porte girevoli” tra governo e business, compensi per giri di conferenze, membershipdi club esclusivi. 3) contributi elettorali. 4) definizione dell’agenda politica attraverso la proprietà dei media e dei think tank, in modo da far prevalere priorità che fanno spesso a pugni con la ragionevolezza e il bene comune ( p. krugman, nyt 22.6.2019). quando lo 0,1% decide che un paese va attaccato – o perché privo di armi nucleari e ricco di risorse naturali, o perché in grado di competere sul piano economico e geopolitico, o perché attestato su posizioni ostili alla finanza neoliberale, o per una combinazione di questi motivi – scatta un assalto coordinato al suo governo. le altre priorità di politica estera scompaiono, e parte la crociata mediatica. poiché viviamo in un’epoca di diffusa avversione alla guerra, il pretesto preferito per aggredire un paese è diventato quello umanitario e della violazione dei diritti umani. la corruzione mediatica ha di recente preso di mira la cina, attraverso la disinformazione sulle proteste che avvengono a hong kong in queste settimane presentate come manifestazioni di difesa delle libertà politiche dei cittadini da un trattato di estradizione che consentirebbe alla cina di prelevare da hong kong i dissidenti per imprigionarli nella madrepatria. non una parola viene sprecata per ricordare: a) che hong kong fa parte della cina, ed è una regione a statuto speciale tornata a far parte della cina stessa dal 1997 dopo essere stata per oltre un secolo colonia inglese in conseguenza delle guerre vinte dalla gran bretagna nell’ottocento in nome della libertà di vendere l’oppio ai milioni di tossicodipendenti cinesi. b) che la cina ha rispettato le istituzioni democratiche introdotte a hong kong dagli inglesi all’ultimo minuto prima della loro dipartita. c) che la maggioranza degli elettori della città sono pro-cina e che i partiti anticinesi continuano a perdere consensi. d) che il trattato riguarda i reati comuni sopra i 7 anni di carcere (omicidi, rapine, stupri, etc.) puniti in entrambi i sistemi. ed esclude quindi qualunque possibilità di uso politico. e) che la cina lamenta il fatto che hong kong ha firmato solo 20 trattati di estradizione con paesi esteri ed è diventata perciò un ricettacolo della delinquenza cinese ed internazionale di ogni risma: dagli assassini di alto bordo ai contrabbandieri, dai politici corrotti ai mega-truffatori finanziari che risiedono sul posto imboscando il loro malloppo (hong kong è ancora uno dei massimi paradisi fiscali). a proposito di quest’ultimo punto, è stato a hong kong che, da vicepresidente della commissione antimafia, il sottoscritto ha trovato le tracce, nel 1995, di qualche soldino depositato per conto di bettino craxi. f) che il vero problema che sta alla base del disagio degli abitanti di hong kong è il suo declino come centro finanziario rispetto alla crescita impetuosa della madrepatria e della zona confinante di shenzhen dopo il 1997. crescita dovuta allo sviluppo di una vasta industria manifatturiera che sta agli antipodi della finanza semi-criminale di hong kong. scavalcata ampiamente, tra l’altro, nella sua componente legale, dalle borse di shanghai e guangzhou. una parte degli abitanti di hong kong, perciò, coltiva il sogno di un ritorno al passato che preservi uno status di hub finanziario che per la cina ha perso rilevanza. e che non è sintonia con le politiche di pechino volte a favorire l’economia reale a scapito della finanza privata. ma è una storia non facile da raccontare. lo 0,1% preferisce far passare una storiella più sbrigativa, con il tiranno xi jinping da un lato e gli eroi della democrazia liberale dall’altro. grandissimo arlacchi nel suo lucidissimo articolo sul fatto quotidiano! il "manifesto" ormai produce solo spazzatura. perché addirittura non esaltare le due guerre dell'oppio con cui le cannoniere colonialiste inglesi costrinsero i cinesi a comprare l'oppio della compagnia delle indie e strapparono hong kong alla cina? vincenzo brandi. hong kong. qualcuno vi ha raccontato che il famigerato “trattato di estradizione con la cina” lo ha stipulato anche l’italia? tutti i media – primo tra tutti l’ormai impresentabile il manifesto – ad osannare i manifestanti di hong kong mobilitati contro il famigerato “trattato di estradizione con la cina” e nessuno vi racconta che un trattato di estradizione con la cina (assolutamente identico a quello proposto ad hong kong) è stato già stipulato dall’italia e da altri 48 paesi tra i quali spagna, francia, portogallo, l’australia… un trattato che esclude categoricamente i reati di opinione e politici. si, ma allora, perché tanta gente (soprattutto adolescenti) alle manifestazioni di hong kong?
solo una sapiente regia dei burattinai delle “primavere colorate”? no. c’è dell’altro. intanto una crisi economica (e una diffusa disoccupazione giovanile) che attanaglia da anni hong kong, non più “porta della cina”, soppiantata da singapore e, soprattutto, dalle tante “zone franche” attuate da pechino per attrarre investimenti occidentali. poi, a soffiare sul fuoco, la presenza di una “classe imprenditoriale” composta da criminali della finanza che, insieme alle triadi hanno lì il loro “paradiso”. poi, la presenza di una burocrazia pubblica che (come a kiev ai tempi di piazza maidan) non solo tollera le proteste (utilizzando contro di esse strumenti di repressione “soft”, di certo non paragonabili a quelli, ad esempio, messi in atto in francia contro i gilets jaunes) ma, sotto certi aspetti, le utilizza per procrastinare la consegna dei poteri a pechino, cominciata nel 1997. consegna dei poteri prevista dai trattati susseguenti alle guerre dell’oppio. guerre condotte dalla gran bretagna (e, anche dall’italia) per imporre fumerie di oppio che, in pochi anni, garantirono dieci milioni di tossicodipendenti per riempire i forzieri dei banchieri inglesi. ne avete mai sentito parlare? date una occhiata a questo videoclip. francesco santoianni . dalle guerre dell’oppio alla rivoluzione colorata di hong kong. _ l'antidiplomatico - pubblicato il 23 lug 2019_ perché occuparsi di un conflitto così lontano e dimenticato come le guerre dell’oppio, scatenate, più di un secolo fa, per imporre questa droga ai cinesi e alle quali parteciparono anche truppe italiane? intanto, perché la droga continua ad essere strumento dell’imperialismo. basti pensare all’eroina diffusa in combutta con la mafia per stroncare movimenti di protesta. o all'afghanistan, dopo 18 anni di occupazione militare, il più grande produttore mondiale di oppio. o alle tante “guerre alla droga” servite all’america per legittimare il suo dominio. poi c’è la questione hong kong con la sua “rivoluzione colorata” celebrata da giornali e tv e che è supportata, - oltre che dalle triadi di hong kong - dai media sponsorizzati da un potentissimo trust finanziario: jardine-matheson holdings. ovviamente questa società, oggi, non ha nulla a che fare con il traffico di droga, ma ci sembra significativo che proprio i fondatori di questa società - james matheson e william jardine – curavano il traffico di oppio per conto della compagnia delle indie. il video si conclude con una rapida disamina delle, purtroppo affollate, manifestazioni ad hong kong contro il trattato di estradizione proposto dalla cina. manifestazioni osannate dai nostrani media i quali, comunque, si guardano bene dal segnalare che un identico trattato è stato firmato e ratificato anche dall’italia e tanti altri paesi e che il trattato esclude sia i reati di opinione che quelli politici. si, ma allora, perché manifestazioni così affollate ad hong kong? stessa domanda andrebbe posta per le “primavere colorate” che hanno spianato la strada a tante guerre. francesco santoianni . al galoppo verso il precipizio. di sonia savioli 01-07-2019 nell'anno 2019 della crisi climatica globale e della sesta estinzione di massa, il giorno 30 di un giugno a temperature infernali...tutto intorno a noi pare darci il segno che manca una vera presa di coscienza. che siamo intrappolati in una frenesia distruttiva che ci rende, in realtà, ciechi. nell'anno 2019 della crisi climatica globale e della sesta estinzione di massa, il giorno 30 di un giugno a temperature infernali, sul quotidiano più popolare in toscana, si leggeva: "... una quindicina di infarti, ictus e malori in meno di 72 ore, e una mitragliata di chiamate al 118... tra le province di massa e lucca... una media di un decesso ogni sei ore... caldo che da mercoledì ha fatto schizzare alle stelle i termometri con massime fino a 37,5 gradi, ha lasciato un segnale anche all'obitorio del campo di marte... tutte le celle frigorifere già occupate...livelli di ozono da bollino rosso..." e poi, in toni giulivi e soddisfatti (e in uno spazio del giornale on line di parecchio precedente ai morti per il caldo, e quindi più visibile e più importante): "firenze, festa in rosso: c'è il ferrari day...partenza dal piazzale michelangelo e poi un percorso show fino a campi bisenzio". solo un piccolo esempio tra i tanti dell'umana demenza imperante in un'epoca di frenesia distruttiva. ma, soprattutto, un esempio di come un ceto politico profondamente corrotto nell'animo, miserabile, opportunista e meschinamente intento a calcoli di inutile e ridicolo potere, se ne infischi altamente dell'ambiente, dell'inquinamento e dell'emergenza climatica, utilizzandoli solo e disgustosamente per farsi pubblicità e per ingannare e confondere. mentre persegue unicamente gli interessi di profitto e di potere dei ceti già ricchi. soprattutto un esempio dell'opportunismo schizofrenico di medialacché, di una categoria di giornalisti che in essi insegue soltanto il sogno di un privato, personale e risibile successo, meno consistente delle loro anime asfittiche. soprattutto l'esempio di come oggi, non solo siano due facce della stessa medaglia lo sfruttamento e la ricchezza, come mi ripetevano i miei genitori quando ero bambina, ma siano anche sinonimi ricchezza e malattia mentale. ostentare (le proprie ferrari ma non solo quelle, naturalmente) diventa lo scopo della vita, giustifica qualsiasi nefandezza compiuta ai danni di tutti gli altri, umani e non, e, perché no, anche ai danni di sé stessi. perché è ovvio che, nel delirio competitivo paragonabile a quello di una mandria che galoppa a rotta di collo verso il precipizio, ogni individuo tentando di superare chi gli sta accanto, la vita nella sua grandiosa complessità non conta più niente per chi si inorgoglisce di un raduno di ferrari che aumenterà i morti da inquinamento e da riscaldamento globale.

HONG KONG, LA STORIA
CHE NON LEGGERETE

di Pino Arlacchi* - Fatto Quotidiano, 18 giugno 2019 - Notizia del: 18/07/2019.



Non riportare mai la versione dell’altra parte in campo e limitarsi a ripetere la stessa storiella, senza il minimo approfondimento, sono diventati le regole seguite dai media mainstream nel trattare i fatti internazionali. Che si tratti di Cina, Venezuela, guerre, massacri e catastrofi, ogni volta che si deve informare si ricorre a una formuletta preconfezionata. Che coincide regolarmente con gli interessi dei proprietari dei mezzi di comunicazione, dei governi occidentali e dello 0,1% che tenta di governare le cose del mondo.

Per rompere questa corruzione mediatica, che svuota di senso il discorso democratico e ci mette nelle mani di una plutocrazia sempre più ristretta, occorre immergersi nel caos delle fonti alternative di informazione o fondare giornali indipendenti. Oppure essere dei premi Nobel come Paul Krugman. Il quale si può permettere dalle colonne del New York Times di elencare le forme attraverso cui lo 0,1% distorce a proprio vantaggio le priorità pubbliche. E produce, aggiungiamo noi, la comunicazione ipersemplificata, falsa e omissiva di cui siamo vittime.

Ecco la lista di Krugman: 1) Corruzione hard: mazzette di soldi a politici e giornalisti. 2) Corruzione soft. Cioè “porte girevoli” tra governo e business, compensi per giri di conferenze, membershipdi club esclusivi. 3) Contributi elettorali. 4) Definizione dell’agenda politica attraverso la proprietà dei media e dei think tank, in modo da far prevalere priorità che fanno spesso a pugni con la ragionevolezza e il bene comune ( P. Krugman, NYT 22.6.2019). Quando lo 0,1% decide che un Paese va attaccato – o perché privo di armi nucleari e ricco di risorse naturali, o perché in grado di competere sul piano economico e geopolitico, o perché attestato su posizioni ostili alla finanza neoliberale, o per una combinazione di questi motivi – scatta un assalto coordinato al suo governo. Le altre priorità di politica estera scompaiono, e parte la crociata mediatica. Poiché viviamo in un’epoca di diffusa avversione alla guerra, il pretesto preferito per aggredire un Paese è diventato quello umanitario e della violazione dei diritti umani.

La corruzione mediatica ha di recente preso di mira la Cina, attraverso la disinformazione sulle proteste che avvengono a Hong Kong in queste settimane presentate come manifestazioni di difesa delle libertà politiche dei cittadini da un trattato di estradizione che consentirebbe alla Cina di prelevare da Hong Kong i dissidenti per imprigionarli nella madrepatria.

Non una parola viene sprecata per ricordare:
A) che Hong Kong fa parte della Cina, ed è una regione a statuto speciale tornata a far parte della Cina stessa dal 1997 dopo essere stata per oltre un secolo colonia inglese in conseguenza delle guerre vinte dalla Gran Bretagna nell’Ottocento in nome della libertà di vendere l’oppio ai milioni di tossicodipendenti cinesi.
B) che la Cina ha rispettato le istituzioni democratiche introdotte a Hong Kong dagli inglesi all’ultimo minuto prima della loro dipartita.
C) che la maggioranza degli elettori della città sono pro-Cina e che i partiti anticinesi continuano a perdere consensi.
D) che il trattato riguarda i reati comuni sopra i 7 anni di carcere (omicidi, rapine, stupri, etc.) puniti in entrambi i sistemi.
Ed esclude quindi qualunque possibilità di uso politico.

E) che la Cina lamenta il fatto che Hong Kong ha firmato solo 20 trattati di estradizione con paesi esteri ed è diventata perciò un ricettacolo della delinquenza cinese ed internazionale di ogni risma: dagli assassini di alto bordo ai contrabbandieri, dai politici corrotti ai mega-truffatori finanziari che risiedono sul posto imboscando il loro malloppo (Hong Kong è ancora uno dei massimi paradisi fiscali). A proposito di quest’ultimo punto, è stato a Hong Kong che, da vicepresidente della Commissione antimafia, il sottoscritto ha trovato le tracce, nel 1995, di qualche soldino depositato per conto di Bettino Craxi.
F) che il vero problema che sta alla base del disagio degli abitanti di Hong Kong è il suo declino come centro finanziario rispetto alla crescita impetuosa della madrepatria e della zona confinante di Shenzhen dopo il 1997. Crescita dovuta allo sviluppo di una vasta industria manifatturiera che sta agli antipodi della finanza semi-criminale di Hong Kong. Scavalcata ampiamente, tra l’altro, nella sua componente legale, dalle Borse di Shanghai e Guangzhou.
Una parte degli abitanti di Hong Kong, perciò, coltiva il sogno di un ritorno al passato che preservi uno status di hub finanziario che per la Cina ha perso rilevanza. E che non è sintonia con le politiche di Pechino volte a favorire l’economia reale a scapito della finanza privata. Ma è una storia non facile da raccontare. Lo 0,1% preferisce far passare una storiella più sbrigativa, con il tiranno Xi Jinping da un lato e gli eroi della democrazia liberale dall’altro.

Grandissimo Arlacchi nel suo lucidissimo articolo sul Fatto Quotidiano!

Il "Manifesto" ormai produce solo spazzatura. Perché addirittura non esaltare le due Guerre dell'Oppio con cui le cannoniere colonialiste inglesi costrinsero i Cinesi a comprare l'oppio della Compagnia delle Indie e strapparono Hong Kong alla Cina?

Vincenzo Brandi

Hong Kong. Qualcuno vi ha raccontato che il famigerato “Trattato di estradizione con la Cina” lo ha stipulato anche l’Italia?



Tutti i media – primo tra tutti l’ormai impresentabile Il Manifesto – ad osannare i manifestanti di Hong Kong mobilitati contro il famigerato “Trattato di estradizione con la Cina” e nessuno vi racconta che un trattato di estradizione con la Cina (assolutamente identico a quello proposto ad Hong Kong) è stato già stipulato dall’Italia e da altri 48 paesi tra i quali Spagna, Francia, Portogallo, l’Australia… Un trattato che esclude categoricamente i reati di opinione e politici.

Si, ma allora, perché tanta gente (soprattutto adolescenti) alle manifestazioni di Hong Kong?
Solo una sapiente regia dei burattinai delle “primavere colorate”? No. C’è dell’altro.

Intanto una crisi economica (e una diffusa disoccupazione giovanile) che attanaglia da anni Hong Kong, non più “Porta della Cina”, soppiantata da Singapore e, soprattutto, dalle tante “zone franche” attuate da Pechino per attrarre investimenti occidentali. Poi, a soffiare sul fuoco, la presenza di una “classe imprenditoriale” composta da criminali della Finanza che, insieme alle Triadi hanno lì il loro “paradiso”. Poi, la presenza di una burocrazia pubblica che (come a Kiev ai tempi di Piazza Maidan) non solo tollera le proteste (utilizzando contro di esse strumenti di repressione “soft”, di certo non paragonabili a quelli, ad esempio, messi in atto in Francia contro i Gilets Jaunes) ma, sotto certi aspetti, le utilizza per procrastinare la consegna dei poteri a Pechino, cominciata nel 1997.

Consegna dei poteri prevista dai trattati susseguenti alle Guerre dell’Oppio. Guerre condotte dalla Gran Bretagna (e, anche dall’Italia) per imporre fumerie di oppio che, in pochi anni, garantirono dieci milioni di tossicodipendenti per riempire i forzieri dei banchieri inglesi. Ne avete mai sentito parlare? Date una occhiata a questo videoclip.

Francesco Santoianni

Dalle guerre dell’oppio alla rivoluzione colorata di Hong Kong

_ L'Antidiplomatico - Pubblicato il 23 lug 2019_


Perché occuparsi di un conflitto così lontano e dimenticato come le Guerre dell’Oppio, scatenate, più di un secolo fa, per imporre questa droga ai Cinesi e alle quali parteciparono anche truppe italiane?
Intanto, perché la droga continua ad essere strumento dell’imperialismo. Basti pensare all’eroina diffusa in combutta con la mafia per stroncare movimenti di protesta. O all'Afghanistan, dopo 18 anni di occupazione militare, il più grande produttore mondiale di oppio. O alle tante “guerre alla droga” servite all’America per legittimare il suo dominio.
Poi c’è la questione Hong Kong con la sua “rivoluzione colorata” celebrata da giornali e TV e che è supportata, - oltre che dalle Triadi di Hong Kong - dai media sponsorizzati da un potentissimo trust finanziario: Jardine-Matheson Holdings. Ovviamente questa società, oggi, non ha nulla a che fare con il traffico di droga, ma ci sembra significativo che proprio i fondatori di questa società - James Matheson e William Jardine – curavano il traffico di oppio per conto della Compagnia delle Indie.
Il video si conclude con una rapida disamina delle, purtroppo affollate, manifestazioni ad Hong Kong contro il Trattato di estradizione proposto dalla Cina. Manifestazioni osannate dai nostrani media i quali, comunque, si guardano bene dal segnalare che un IDENTICO TRATTATO è stato firmato e ratificato anche dall’Italia e tanti altri Paesi e che il Trattato esclude sia i reati di opinione che quelli politici. Si, ma allora, perché manifestazioni così affollate ad Hong Kong? Stessa domanda andrebbe posta per le “primavere colorate” che hanno spianato la strada a tante guerre.

Francesco Santoianni

Al galoppo verso il precipizio

di Sonia Savioli 01-07-2019 Nell'anno 2019 della crisi climatica globale e della sesta estinzione di massa, il giorno 30 di un giugno a temperature infernali...tutto intorno a noi pare darci il segno che manca una vera presa di coscienza. Che siamo intrappolati in una frenesia distruttiva che ci rende, in realtà, ciechi.



Nell'anno 2019 della crisi climatica globale e della sesta estinzione di massa, il giorno 30 di un giugno a temperature infernali, sul quotidiano più popolare in Toscana, si leggeva: "... Una quindicina di infarti, ictus e malori in meno di 72 ore, e una mitragliata di chiamate al 118... tra le province di Massa e Lucca... una media di un decesso ogni sei ore... caldo che da mercoledì ha fatto schizzare alle stelle i termometri con massime fino a 37,5 gradi, ha lasciato un segnale anche all'obitorio del Campo di Marte... tutte le celle frigorifere già occupate...livelli di ozono da bollino rosso..." e poi, in toni giulivi e soddisfatti (e in uno spazio del giornale on line di parecchio precedente ai morti per il caldo, e quindi più visibile e più importante): "Firenze, festa in rosso: c'è il Ferrari Day...partenza dal piazzale Michelangelo e poi un percorso show fino a Campi Bisenzio".

Solo un piccolo esempio tra i tanti dell'umana demenza imperante in un'epoca di frenesia distruttiva.

Ma, soprattutto, un esempio di come un ceto politico profondamente corrotto nell'animo, miserabile, opportunista e meschinamente intento a calcoli di inutile e ridicolo potere, se ne infischi altamente dell'ambiente, dell'inquinamento e dell'emergenza climatica, utilizzandoli solo e disgustosamente per farsi pubblicità e per ingannare e confondere. Mentre persegue unicamente gli interessi di profitto e di potere dei ceti già ricchi.

Soprattutto un esempio dell'opportunismo schizofrenico di medialacché, di una categoria di giornalisti che in essi insegue soltanto il sogno di un privato, personale e risibile successo, meno consistente delle loro anime asfittiche.

Soprattutto l'esempio di come oggi, non solo siano due facce della stessa medaglia lo sfruttamento e la ricchezza, come mi ripetevano i miei genitori quando ero bambina, ma siano anche sinonimi ricchezza e malattia mentale. Ostentare (le proprie Ferrari ma non solo quelle, naturalmente) diventa lo scopo della vita, giustifica qualsiasi nefandezza compiuta ai danni di tutti gli altri, umani e non, e, perché no, anche ai danni di sé stessi. Perché è ovvio che, nel delirio competitivo paragonabile a quello di una mandria che galoppa a rotta di collo verso il precipizio, ogni individuo tentando di superare chi gli sta accanto, la vita nella sua grandiosa complessità non conta più niente per chi si inorgoglisce di un raduno di Ferrari che aumenterà i morti da inquinamento e da riscaldamento globale.

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