Last name:

 La VOCE   COREA   CUBA   JUGOSLAVIA   PALESTINA   RUSSIA   SCIENZA   ARTE 

Stampa pagina

 Stampa inserto 

La VOCE 1910

  P R E C E D E N T E   

    S U C C E S S I V A  


GIÙ

SU


La VOCE ANNO XXII N°2

ottobre 2019

PAGINA D         - 36

hong kong, torna il trattato di nanchino. comitato promotore della campagna #no guerra #no nato. italia. 18 set 2019. manlio dinucci. centinaia di giovani cinesi, davanti al consolato britannico a hong kong, cantano «dio salvi la regina» e gridano «gran bretagna salva hong kong», appello raccolto a londra da 130 parlamentari che chiedono di dare la cittadinanza britannica ai residenti dell’ex colonia. la gran bretagna viene fatta apparire così all’opinione pubblica mondiale, specie ai giovani, quale garante di legalità e diritti umani. per farlo si cancella la storia. e’ quindi necessaria, prima di altre considerazioni, la conoscenza delle vicende storiche che, nella prima metà dell’ottocento, portano il territorio cinese di hong kong sotto dominio britannico. per penetrare in cina, governata allora dalla dinastia qing, la gran bretagna ricorre allo smercio di oppio, che trasporta via mare dall’india dove ne detiene il monopolio. il mercato della droga si diffonde rapidamente nel paese, provocando gravi danni economici, fisici, morali e sociali che suscitano la reazione delle autorità cinesi. ma quando esse confiscano a canton l’oppio immagazzinato e lo bruciano, le truppe britanniche occupano con la prima guerra dell’oppio questa e altre città costiere, costringendo la cina a firmare nel 1842 il trattato di nanchino. all’articolo 3 esso stabilisce: «poiché è ovviamente necessario e desiderabile che sudditi britannici dispongano di porti per le loro navi e i loro magazzini, la cina cede per sempre l’isola di hong kong a sua maestà la regina di gran bretagna e ai suoi eredi». all’articolo 6 il trattato stabilisce: «poiché il governo di sua maestà britannica è stato costretto a inviare un corpo di spedizione per ottenere il risarcimento dei danni provocati dalla violenta e ingiusta procedura delle autorità cinesi, la cina acconsente a pagare a sua maestà britannica la somma di 12 milioni di dollari per le spese sostenute». il trattato di nanchino è il primo dei trattati ineguali attraverso cui le potenze europee (gran bretagna, germania, francia, belgio, austria e italia), la russia zarista, il giappone e gli stati uniti si assicurano in cina, con la forza delle armi, una serie di privilegi: la cessione di hong kong alla gran bretagna nel 1843, la forte riduzione dei dazi sulle merci straniere (proprio mentre i governi europei erigono barriere doganali a protezione delle proprie industrie), l’apertura dei principali porti alle navi straniere, il diritto di avere aree urbane sotto propria amministrazione (le «concessioni») sottratte all’autorità cinese. nel 1898 la gran bretagna annette a hong kong la penisola di kowloon e i cosiddetti new territories, concessi dalla cina «in affitto» per 99 anni. il vasto malcontento per tali imposizioni fa esplodere verso la fine dell’ottocento una rivolta popolare – quella dei boxer – contro cui interviene un corpo di spedizione internazionale di 16 mila uomini sotto comando britannico, al quale partecipa anche l’italia. sbarcato a tianjin nell’agosto 1900, esso saccheggia pechino e altre città, distruggendo numerosi villaggi e massacrandone la popolazione. successivamente, la gran bretagna assume nel 1903 il controllo del tibet, mentre la russia zarista e il giappone si spartiscono la manciuria nel 1907. nella cina ridotta in condizione coloniale e semicoloniale, hong kong diviene la principale porta dei traffici basati sul saccheggio delle risorse e sullo sfruttamento schiavistico della popolazione. una massa enorme di cinesi è costretta ad emigrare soprattutto verso stati uniti, australia e sud-est asiatico, dove è sottoposta a condizioni analoghe di sfruttamento e discriminazione. sorge spontanea una domanda: su quali libri di storia studiano i giovani che chiedono alla gran bretagna di «salvare hong kong»? (il manifesto, 17 settembre 2019).
da molte settimane continuano ad hong kong proteste contro il governo cinese, che spesso assumono caratteri violenti, ma che sono definite dai media occidentali come proteste per la “democrazia”. in realtà si tratta dell’ultimo tentativo di “rivoluzione colorata” organizzato dai servizi segreti occidentali e sostenuto dalle solite ong presunte “umanitarie” finanziate da governi occidentali e da grandi gruppi capitalistici e finanziari. altre manifestazioni dello stesso tenore si sono avute negli ultimi tempi anche a mosca per mettere in difficoltà l’altro grande spauracchio dell’occidente capitalista, dopo la cina: la russia di putin. ma la vicenda di hong kong, dove si vedono manifestanti sventolare bandiere inglesi e statunitensi, assume un carattere particolare se solo si ricorda – come ha fatto l’amico francesco santoianni in un paio di ottimi articoli sull’antidiplomatico (1) - che quel pezzo di territorio cinese era stato strappato alla madrepatria all’epoca delle due famose “guerre dell’oppio”, tra gli anni ’40 e gli anni ’60 dell’800, quando gli inglesi, in veste di narcotrafficanti e colonialisti senza scrupoli, imposero alla cina di acquistare l’oppio da loro prodotto in india. di “rivoluzioni colorate” e colpi di stato mascherati da rivoluzione “democratica” ne abbiamo visti tanti: da quello contro ceausescu nel 1989, giustificato dal finto massacro, mai avvenuto, di timisoara; a quello di belgrado contro milosevic, trascinato davanti al tribunale internazionale dell’aja e poi riconosciuto innocente dopo che era morto in prigione; a quello contro il presidente della costa d’avorio gabgo, anch’egli trascinato di fronte al tribunale dell’aja e poi giudicato innocente (in sordina) dopo 8 anni di ingiusta galera; a quello contro gheddafi, poi barbaramente assassinato, sulla base di presunti massacri di oppositori mai verificatisi; a quello di piazza maidan in ucraina con i cecchini della nato che sparavano sulla folla e contro la polizia per creare l’incidente atto a defenestrare il governo regolarmente eletto; a quello tentato con le stesse modalità, e per fortuna non riuscito, contro il presidente della siria bashar al assad che sta lentamente riprendendo il controllo dell’intero suo paese martoriato da orde di terrorisi eterodiretti. né possiamo dimenticare le guerre scatenate in bosnia, kossovo, iraq, con la scusa di presunti massacri, come quello di racac in kossovo, mai avvenuto, o per la presenza di fantomatiche armi di distruzione di massa in iraq che tutti sapevano non esistere. questo lungo prologo è per dire che le questioni internazionali, dove assistiamo al forsennato tentativo di un pugno di nazioni ricche, guidate dagli usa, e organizzate da alleanze militari come la nato, di mantenere i loro previlegi imperiali e neo-coloniali a danno dei paesi in via di sviluppo e dei paesi riemergenti – come la russia e la cina – è diventato fondamentale anche per le politiche interne dei vari paesi. i politici locali dei paesi vassalli sono spesso prigionieri di politiche preconfezionate nei veri centri di potere e – per usare un’espressione usata dall’amico fulvio grimaldi nel suo noto controblog (2)- si agitano azzannandosi l’un l’altro come fantocci in un teatrino di “pupi” manovrato da potenti “pupari” più o meno nascosti. in quest’ottica deve essere vista anche la politica italiana. la mossa del presunto “furbo” salvini di far cadere il governo lega-cinquestelle, non si deve attribuire solo a quello che sembra essere un azzardo e un errore di valutazione da parte dell’uomo “forte”, montatosi alla testa, che avrebbe sottovalutato la possibilità di un’alleanza cinquestelle-pd benedetta da mattarella, che ha i numeri in parlamento per essere votata. bisogna ricordare che il governo giallo-verde - ora caduto - era stato approvato dal consigliere principe di trump, steve bannon. ma al gruppo della destra usa di cui bannon fa parte non deve essere piaciuto l’accordo realizzato dal governo italiano e la cina sul terminale italiano della via della seta, con relativi investimenti e modernizzazione di porti. questo era stato, insieme al mancato riconoscimento del ridicolo golpista guaidò come presidente del venezuela da parte del governo italiano, uno dei punti in cui i cinquestelle avevano imposto un minimo di indipendenza nazionale, pur nell’ambito di un completo allineamento ai diktat degli usa e della ue (conferma delle sanzioni a russia, siria e iran; approvazione del gasdotto tap voluto dagli usa; rinnovata fedeltà alla nato; timidezza di fronte alle minacce della ue di aprire procedure di infrazione di fronte a pur minime politiche economiche interne di stampo keynesiano di rilancio degli investimenti e di realizzazione di redditi di cittadinanza). alleandosi ora con il pd il movimento fondato da grillo e casaleggio (in cui certamente si nascondono anche settori che guardano sottobanco a washington) finirebbe di perdere l’anima e la faccia. il pd (che da varie parti è definito come il partito più a destra d’italia) è il partito più succubo alle direttive antipopolari della ue, il più fedele alla nato ed il più legato agli ambienti del partito democratico americano, che. in quanto a politiche imperiali e neo-coloniali – è ancora più a destra di trump. d’altra parte anche le sparate sovraniste di salvini contro la ue lasciano il tempo che trovano, visto che di fatto il nostro non ha mai fatto nulla di concreto per sciogliere il cappio che la ue stringe intorno alla testa della nostra economia e ai diritti e i salari dei nostri lavoratori. inoltre conta di rinnovare l’alleanza con un partito ormai venduto alla ue come quello di berlusconi. insomma non stiamo bene. pur non avendo ancora indovinato – nel momento in cui scrivo (27 agosto sera) - come andrà a finire, mi sembra che rischiamo di cadere dalla padella nella brace, e poi di nuovo nella padella. per fortuna nel vasto mondo non tutto va male. cina e russia, ed anche tutto sommato l’iran, tengono il punto, pur con qualche tatticismo di troppo. la corea democratica è una roccia impavida. lo yemen resiste. la situazione in siria, libano, iraq, libia migliora o comunque si muove nonostante le minacce di israele e le manovre di usa, francia, uk e delle potenze islamiche come l’arabia saudita. in venezuela i golpisti sono stati sconfitti ed in argentina cristina kirchner è di nuovo sulla cresta dell’onda dopo la vittoria nelle primarie presidenziali. il mondo “…eppur si muove”, come diceva il grande galileo. f. santoianni, pecorarossa, “hong kong: qualcuno vi ha raccontato …..?”, l’antdiplomatico, 18.08.2019. articoli simili anche su marx21, ecc. f. grimaldi, controblog, “pupari, pupi, fatine …..” vincenzo brandi.

HONG KONG, TORNA IL TRATTATO DI NANCHINO

Comitato promotore della campagna #NO GUERRA #NO NATO
Italia

18 SET 2019 —

Manlio Dinucci

Centinaia di giovani cinesi, davanti al Consolato britannico a Hong Kong, cantano «Dio Salvi la Regina» e gridano «Gran Bretagna salva Hong Kong», appello raccolto a Londra da 130 parlamentari che chiedono di dare la cittadinanza britannica ai residenti dell’ex colonia.

La Gran Bretagna viene fatta apparire così all’opinione pubblica mondiale, specie ai giovani, quale garante di legalità e diritti umani. Per farlo si cancella la Storia.

E’ quindi necessaria, prima di altre considerazioni, la conoscenza delle vicende storiche che, nella prima metà dell’Ottocento, portano il territorio cinese di Hong Kong sotto dominio britannico.

Per penetrare in Cina, governata allora dalla dinastia Qing, la Gran Bretagna ricorre allo smercio di oppio, che trasporta via mare dall’India dove ne detiene il monopolio.

Il mercato della droga si diffonde rapidamente nel paese, provocando gravi danni economici, fisici, morali e sociali che suscitano la reazione delle autorità cinesi.

Ma quando esse confiscano a Canton l’oppio immagazzinato e lo bruciano, le truppe britanniche occupano con la prima Guerra dell’Oppio questa e altre città costiere, costringendo la Cina a firmare nel 1842 il Trattato di Nanchino.

All’Articolo 3 esso stabilisce: «Poiché è ovviamente necessario e desiderabile che sudditi britannici dispongano di porti per le loro navi e i loro magazzini, la Cina cede per sempre l’isola di Hong Kong a Sua Maestà la Regina di Gran Bretagna e ai suoi eredi».

All’Articolo 6 il Trattato stabilisce: «Poiché il Governo di Sua Maestà Britannica è stato costretto a inviare un corpo di spedizione per ottenere il risarcimento dei danni provocati dalla violenta e ingiusta procedura delle autorità cinesi, la Cina acconsente a pagare a Sua Maestà Britannica la somma di 12 milioni di dollari per le spese sostenute».

Il Trattato di Nanchino è il primo dei trattati ineguali attraverso cui le potenze europee (Gran Bretagna, Germania, Francia, Belgio, Austria e Italia), la Russia zarista, il Giappone e gli Stati Uniti si assicurano in Cina, con la forza delle armi, una serie di privilegi:
  • la cessione di Hong Kong alla Gran Bretagna nel 1843,
  • la forte riduzione dei dazi sulle merci straniere (proprio mentre i governi europei erigono barriere doganali a protezione delle proprie industrie),
  • l’apertura dei principali porti alle navi straniere,
  • il diritto di avere aree urbane sotto propria amministrazione (le «concessioni») sottratte all’autorità cinese.
Nel 1898 la Gran Bretagna annette a Hong Kong la penisola di Kowloon e i cosiddetti New Territories, concessi dalla Cina «in affitto» per 99 anni.

Il vasto malcontento per tali imposizioni fa esplodere verso la fine dell’Ottocento una rivolta popolare – quella dei Boxer – contro cui interviene un corpo di spedizione internazionale di 16 mila uomini sotto comando britannico, al quale partecipa anche l’Italia.

Sbarcato a Tianjin nell’agosto 1900, esso saccheggia Pechino e altre città, distruggendo numerosi villaggi e massacrandone la popolazione.

Successivamente, la Gran Bretagna assume nel 1903 il controllo del Tibet, mentre la Russia zarista e il Giappone si spartiscono la Manciuria nel 1907.

Nella Cina ridotta in condizione coloniale e semicoloniale, Hong Kong diviene la principale porta dei traffici basati sul saccheggio delle risorse e sullo sfruttamento schiavistico della popolazione.

Una massa enorme di cinesi è costretta ad emigrare soprattutto verso Stati Uniti, Australia e Sud-Est asiatico, dove è sottoposta a condizioni analoghe di sfruttamento e discriminazione. Sorge spontanea una domanda: su quali libri di storia studiano i giovani che chiedono alla Gran Bretagna di «salvare Hong Kong»?

(il manifesto, 17 settembre 2019)

Da molte settimane continuano ad Hong Kong proteste contro il governo cinese, che spesso assumono caratteri violenti, ma che sono definite dai media occidentali come proteste per la “democrazia”. In realtà si tratta dell’ultimo tentativo di “Rivoluzione Colorata” organizzato dai servizi segreti occidentali e sostenuto dalle solite ONG presunte “umanitarie” finanziate da governi occidentali e da grandi gruppi capitalistici e finanziari. Altre manifestazioni dello stesso tenore si sono avute negli ultimi tempi anche a Mosca per mettere in difficoltà l’altro grande spauracchio dell’Occidente capitalista, dopo la Cina: la Russia di Putin. Ma la vicenda di Hong Kong, dove si vedono manifestanti sventolare bandiere inglesi e statunitensi, assume un carattere particolare se solo si ricorda – come ha fatto l’amico Francesco Santoianni in un paio di ottimi articoli sull’Antidiplomatico (1) - che quel pezzo di territorio cinese era stato strappato alla madrepatria all’epoca delle due famose “Guerre dell’Oppio”, tra gli anni ’40 e gli anni ’60 dell’800, quando gli Inglesi, in veste di narcotrafficanti e colonialisti senza scrupoli, imposero alla Cina di acquistare l’oppio da loro prodotto in India. Di “Rivoluzioni Colorate” e colpi di stato mascherati da rivoluzione “democratica” ne abbiamo visti tanti: da quello contro Ceausescu nel 1989, giustificato dal finto massacro, mai avvenuto, di Timisoara; a quello di Belgrado contro Milosevic, trascinato davanti al Tribunale Internazionale dell’Aja e poi riconosciuto innocente dopo che era morto in prigione; a quello contro il presidente della Costa d’Avorio Gabgo, anch’egli trascinato di fronte al Tribunale dell’Aja e poi giudicato innocente (in sordina) dopo 8 anni di ingiusta galera; a quello contro Gheddafi, poi barbaramente assassinato, sulla base di presunti massacri di oppositori mai verificatisi; a quello di Piazza Maidan in Ucraina con i cecchini della NATO che sparavano sulla folla e contro la Polizia per creare l’incidente atto a defenestrare il Governo regolarmente eletto; a quello tentato con le stesse modalità, e per fortuna non riuscito, contro il Presidente della Siria Bashar Al Assad che sta lentamente riprendendo il controllo dell’intero suo paese martoriato da orde di terrorisi eterodiretti. Né possiamo dimenticare le guerre scatenate in Bosnia, Kossovo, Iraq, con la scusa di presunti massacri, come quello di Racac in Kossovo, mai avvenuto, o per la presenza di fantomatiche armi di distruzione di massa in Iraq che tutti sapevano non esistere.

Questo lungo prologo è per dire che le questioni internazionali, dove assistiamo al forsennato tentativo di un pugno di nazioni ricche, guidate dagli USA, e organizzate da alleanze militari come la NATO, di mantenere i loro previlegi imperiali e neo-coloniali a danno dei paesi in via di sviluppo e dei paesi riemergenti – come la Russia e la Cina – è diventato fondamentale anche per le politiche interne dei vari paesi. I politici locali dei paesi vassalli sono spesso prigionieri di politiche preconfezionate nei veri centri di potere e – per usare un’espressione usata dall’amico Fulvio Grimaldi nel suo noto Controblog (2)- si agitano azzannandosi l’un l’altro come fantocci in un teatrino di “pupi” manovrato da potenti “pupari” più o meno nascosti. In quest’ottica deve essere vista anche la politica italiana. La mossa del presunto “furbo” Salvini di far cadere il governo Lega-CinqueStelle, non si deve attribuire solo a quello che sembra essere un azzardo e un errore di valutazione da parte dell’uomo “forte”, montatosi alla testa, che avrebbe sottovalutato la possibilità di un’alleanza CinqueStelle-PD benedetta da Mattarella, che ha i numeri in parlamento per essere votata. Bisogna ricordare che il Governo giallo-verde - ora caduto - era stato approvato dal consigliere principe di Trump, Steve Bannon. Ma al gruppo della destra USA di cui Bannon fa parte non deve essere piaciuto l’accordo realizzato dal Governo Italiano e la Cina sul terminale italiano della Via della Seta, con relativi investimenti e modernizzazione di porti. Questo era stato, insieme al mancato riconoscimento del ridicolo golpista Guaidò come Presidente del Venezuela da parte del Governo Italiano, uno dei punti in cui i CinqueStelle avevano imposto un minimo di indipendenza nazionale, pur nell’ambito di un completo allineamento ai diktat degli USA e della UE (conferma delle sanzioni a Russia, Siria e Iran; approvazione del gasdotto TAP voluto dagli USA; rinnovata fedeltà alla NATO; timidezza di fronte alle minacce della UE di aprire procedure di infrazione di fronte a pur minime politiche economiche interne di stampo keynesiano di rilancio degli investimenti e di realizzazione di redditi di cittadinanza). Alleandosi ora con il PD il movimento fondato da Grillo e Casaleggio (in cui certamente si nascondono anche settori che guardano sottobanco a Washington) finirebbe di perdere l’anima e la faccia. Il PD (che da varie parti è definito come il partito più a destra d’Italia) è il partito più succubo alle direttive antipopolari della UE, il più fedele alla NATO ed il più legato agli ambienti del Partito Democratico americano, che. in quanto a politiche imperiali e neo-coloniali – è ancora più a destra di Trump.

D’altra parte anche le sparate sovraniste di Salvini contro la UE lasciano il tempo che trovano, visto che di fatto il nostro non ha mai fatto nulla di concreto per sciogliere il cappio che la UE stringe intorno alla testa della nostra economia e ai diritti e i salari dei nostri lavoratori. Inoltre conta di rinnovare l’alleanza con un partito ormai venduto alla UE come quello di Berlusconi. Insomma non stiamo bene. Pur non avendo ancora indovinato – nel momento in cui scrivo (27 agosto sera) - come andrà a finire, mi sembra che rischiamo di cadere dalla padella nella brace, e poi di nuovo nella padella. Per fortuna nel vasto mondo non tutto va male. Cina e Russia, ed anche tutto sommato l’Iran, tengono il punto, pur con qualche tatticismo di troppo. La Corea Democratica è una roccia impavida. Lo Yemen resiste. La situazione in Siria, Libano, Iraq, Libia migliora o comunque si muove nonostante le minacce di Israele e le manovre di USA, Francia, UK e delle potenze islamiche come l’Arabia Saudita. In Venezuela i golpisti sono stati sconfitti ed in Argentina Cristina Kirchner è di nuovo sulla cresta dell’onda dopo la vittoria nelle primarie presidenziali. Il mondo “…eppur si muove”, come diceva il grande Galileo.

  1. F. Santoianni, Pecorarossa, “Hong Kong: qualcuno vi ha raccontato …..?”, l’Antdiplomatico, 18.08.2019. Articoli simili anche su Marx21, ecc.
  2. F. Grimaldi, Controblog, “Pupari, pupi, fatine …..”
Vincenzo Brandi


  P R E C E D E N T E   

    S U C C E S S I V A  

Stampa pagina

 Stampa inserto 

La VOCE 1910

 La VOCE   COREA   CUBA   JUGOSLAVIA   PALESTINA   RUSSIA   SCIENZA   ARTE 

Visite complessive:
Copyright - Tutti gli articoli possono essere liberamente riprodotti con obbligo di citazione della fonte.