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La VOCE ANNO XXII N°2

ottobre 2019

PAGINA C        - 35


Questioni della Scienza
a cura di A. Martocchia


SE NON LA SCIENZA, CHI ALTRI CI SALVERA'?


Alcuni mesi fa, una conversazione fra i due fisici Jim Al-Khalili e Guido Tonelli veniva ripresa dal Corriere della Sera con il titolo "Ci salverà la scienza". (1) Essa ruotava attorno ai libri di genere fantascientifico degli stessi autori. In sintesi, nella conversazione Tonelli rivendicava l'eredità rivoluzionaria di Galileo, mentre Al-Khalili si proclamava «scienziato, razionalista, umanista... Non sono una persona religiosa.» Entrambi esaltavano la bellezza, e persino l'utilità o il carattere predittivo, di una fantascienza seriamente fondata su cognizioni scientifiche.


Giuliano Spagnul, commentando tale conversazione sul blog "La bottega dei Barbieri" il 18 agosto 2019 (2), si mostra irritato e contesta: << si riscontra nella grande maggioranza degli scienziati odierni un certo malcelato astio nei confronti della filosofia, di quei loro concorrenti che vorrebbero relegare a un’era antica del pensiero insieme alla sorella religione... Come allontanare da sé quel sospetto inquietante che la scienza si fondi su una mitologia, una nuova mitologia che ha soppiantato quelle vecchie?... Ci salverà, allora, la scienza? No! Perché nessuna entità a noi esterna ci può salvare, che sia religiosa, utopica o scientifica. La scienza ci potrebbe aiutare, ma solo a condizione di riuscire a emanciparsi da quella pretesa scientificità [sic] del suo atto fondativo. La pretesa della verità assoluta e unica insita in quella Razionalità da cui deriverebbe il metodo conoscitivo proprio del fare scienza. >> Dopo avere stroncato ogni possibile interessamento alla fantascienza, Spagnul conclude: << È la religione scientista che si rifiuta di cedere terreno di fronte a una scienza autenticamente laica, capace di soppesare la storicità delle proprie fondamenta e di conseguenza capace di considerarsi una forma di conoscenza tra le altre, per quanto importante, potente, nostra cioè di noi bianchi occidentali. >>


Questa levata di scudi, peraltro rilanciata sul sito di Contropiano (3), mi ha riportato alla memoria decine e decine di polemiche pregresse, grandi e piccole, sullo stesso tema del carattere e della validità della scienza: polemiche di cui ho appreso – più famosa tra tutte quella tra il grande Ludovico Geymonat e il gruppo de "L'ape e l'architetto" – o alle quali ho persino partecipato – in particolare nel seno del defunto comitato Scienziate/i contro la guerra. Dover ritornare ogni volta sugli stessi punti, dover ribadire e ripetere quanto ogni persona di media cultura filosofico-politica dovrebbe sapere a memoria, mi ingenera una frustrazione difficilmente descrivibile. Per chi come il sottoscritto è sempre più infelicemente innamorato della scienza – nel senso di un amore non ricambiato – è fortissima la tentazione di replicare sbrigativamente con qualche ingiuria stile talk-show – unico stile dialettico ancora in uso nell'epoca in cui si piscia sopra al concetto di razionalità, da scrivere in maiuscolo con intento irrisorio. Ciononostante, armiamoci di "santa" (contenti?) pazienza e proviamo a decrittare la griglia interpretativa di Spagnul, il quale peraltro ci offre ulteriori elementi quando commenta se stesso (4) chiedendosi << se lo schema che rende possibile il nostro tipo di sapere, il metodo scientifico, sperimentale, soggetto a verifica ecc. è a sua volta scientifico [?!] come siamo portati comunemente a credere o se è uno schema mitico come tanti altri nella nostra storia di occidentali o come in quella di altre popolazioni del nostro pianeta. >> E ancora: << Tutto iniziò in Grecia, questo, almeno, è quello a cui tutti noi siamo stati abituati a credere. Perché è lì che è avvenuta la separazione tra mito e ragione. La ragione si emancipa dalle credenze religiose tramite quella speculazione filosofica che porterà poi alla nascita del metodo scientifico propriamente detto. L’atto fondativo sta nel presupposto di un pensiero razionale che contenga in sé la capacità di distinguere il vero dal falso. C’è una verità ed è una sola, non possono coesistere due verità. >>


La confusione semantica e filosofico-concettuale in queste affermazioni è enorme.


Innanzitutto, il grande filosofo Ernst Cassirer – l'unico tra i moderni

che è stato in grado di restituire alla filosofia una posizione preminente, validativa, sulle altre discipline della cultura umana e quindi anche sulla scienza "galileiana" – ha ben chiarito che mito e scienza sono due momenti dello sviluppo del pensiero che non vanno necessariamente contrapposti. Ogni attività "spirituale" si fonda sulla capacità simbolica che è propria dell'essere umano; chi ritiene che ai simboli corrispondano essenze può sbizzarrirsi in campo metafisico, viceversa per noi ciò che dei simboli conta è il loro carattere funzionale. Perciò non c'è alcuna contraddizione tra il mantenimento di un atteggiamento "laico" nei confronti della scienza (galileiana), che riconosca la storicità delle sue fondamenta e teorie – una vera ovvietà per chi si professa materialista dialettico – e, dall'altro lato, il riconoscimento dello specifico e unico, inedito carattere della scienza moderna in quanto più potente metodo conoscitivo e che perciò NON E' una mera "forma di conoscenza tra le altre". Ha scritto infatti giustamente Cassirer:


<< La scienza corrisponde all'ultima fase dello sviluppo intellettuale dell'uomo e può venire considerata come la conquista più alta e significativa della cultura. >>


(in: Saggio sull'uomo, Roma: Armando editore, 2004, p.343).


Oltre a irridere la Razionalità – il che equivale a negare qualsivoglia criterio di validazione della conoscenza –, Spagnul allude a una qualche sostanziale differenza tra scienza (galileiana) e scientificità: si chiede infatti se "il metodo scientifico, sperimentale, soggetto a verifica ecc. è a sua volta scientifico"... ma non avendo definito una categoria distinta dello scientifico, le sue parole suonano incomprensibili.

D'altronde è proprio qui il problema: si gira attorno al tema vero, che è quello della conoscenza, senza affrontarlo. Ad avviso di chi scrive, questo è il tema più importante di tutti qui ed ora; la stessa lotta di classe nella contemporaneità è una lotta per la appropriazione/espropriazione delle conoscenze che consentono di produrre e consumare.

Fuori tempo massimo, infine, è l'accusa di Spagnul in merito alla pretesa di detenere una qualche "verità assoluta e unica". Questa fraseologia non appartiene alla scienza moderna e per noi materialisti dialettici la verità non avrà mai quel significato: non vale nemmeno la pena di spiegarlo!


In effetti la astiosa reazione di Spagnul dinanzi alle chiacchiere tra due fisici scrittori di fantascienza è una ennesima, ridondante dimostrazione della giustezza della analisi di Charles Percy Snow, che nel suo saggio sulle "due culture" evidenziò il permanere della anacronistica scissione tra cultura "umanistica" e cultura "scientifica" nel pensiero occidentale. Perché, suo malgrado, lo stesso Spagnul con le sue tesi non è meno occidentale di Al-Khalili e Tonelli! Una vera ricomposizione tra le "due culture" è possibile solo grazie al marxismo, che in ogni espressione della cultura umana ("sovrastruttura") riconosce una genesi ("struttura") materiale. Inoltre, solo il movimento comunista avrebbe le carte in regola per alzare la bandiera della conoscenza sperimentale-


Questo non lo capiremo mai, se al socialismo scientifico si continua a preferire il socialismo utopistico. Mentre Contropiano in internet ha pubblicato il testo sciocchino di Spagnul, sull'ultimo numero di Contropiano rivista (5) sono forniti strumenti preziosi per andare, volendo, nella direzione giusta.



(1) Su «La Lettura», supplemento de «Il Corriere della Sera» di domenica 9 giugno 2019, a cura di Ida Bozzi.

(2) http://www.

(3) http://contropiano.org/news/

(4) http://www.

(5) http://contropiano.org/


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