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La VOCE 1911 |
P R E C E D E N T E | S U C C E S S I V A |
La VOCE ANNO XXII N°3 | novembre 2019 | PAGINA C - 35 |
questioni della scienza.
a cura di a. martocchia.
la questione ambientale all'epoca del capitalismo monopolistico.
il "fenomeno greta" ha avuto il merito di portare la crisi ambientale, e specialmente la questione del riscaldamento globale, all'attenzione del grande pubblico attraverso le prime pagine dei media. tuttavia, molti di noi hanno espresso perplessità sul vero carattere della campagna costruita attorno a questa adolescente svedese, evidenziando una fondamentale carenza di analisi in merito alle cause prime della suddetta crisi. di seguito forniamo alcuni riferimenti utili per chi volesse approfondire, estrapolando le citazioni più suggestive.
il "nostro" mario albanesi ha riscoperto, in un suo video-editoriale [ https://www.youtube.com/watch?=dcf3ogzla3w ], il celebre discorso di fidel castro ruz alla conferenza delle nazioni unite sull'ambiente e lo sviluppo tenuta a río de janeiro nel giugno 1992, che merita di essere riportato integralmente:
- una importante specie biologica corre il rischio di sparire a causa della rapida e progressiva eliminazione delle sue condizioni naturali di vita: l'uomo.
prendiamo coscienza di questo problema adesso, quando è quasi tardi per impedirlo.
e' necessario far rilevare che le fondamentali responsabili dell'atroce distruzione dell'ambiente sono le società di consumo. esse, nate dalle antiche metropoli coloniali e dalle politiche imperiali, a loro volta hanno generato l'arretratezza e la povertà che oggi flagellano l'immensa maggioranza dell'umanità. con il solo 20 % della popolazione mondiale, esse consumano i due terzi dei metalli e i tre quarti dell'energia che si producono nel mondo. hanno avvelenato i mari e i fiumi, hanno contaminato l'aria, hanno indebolito e forato la cappa di ozono, hanno saturato l'atmosfera di gas che alterano le condizioni climatiche con effetti catastrofici che incominciamo già a patire.
i boschi spariscono, i deserti si estendono, migliaia di milioni di tonnellate di terra fertile vanno a finire ogni anno in mare. numerose specie si estinguono. la pressione demografica e la povertà portano a sforzi disperati per sopravvivere anche a spese della natura. non è possibile incolpare di questo i paesi del terzo mondo, colonie ieri, nazioni sfruttate e saccheggiate oggi da un ordine economico mondiale ingiusto.
la soluzione non può essere quella di impedire lo sviluppo a quelli che più ne hanno bisogno. la realtà è che tutto ciò che contribuisce oggi al sottosviluppo e alla povertà costituisce una violazione flagrante dell'ecologia. decine di milioni di uomini, donne e bambini muoiono ogni anno nel terzo mondo in conseguenza di ciò, più che in ognuna delle guerre mondiali. l'interscambio disuguale, il protezionismo e il debito estero aggrediscono l'ecologia e favoriscono la distruzione dell'ambiente.
se si vuole salvare l'umanità da questa autodistruzione, bisogna distribuire meglio le ricchezze e le tecnologie disponibili nel pianeta. meno lusso e meno sperpero in quei pochi paesi perché si abbia meno povertà e meno fame in gran parte della terra. non più trasferimenti al terzo mondo di stili di vita e abitudini di consumo che rovinano l'ambiente. si renda più razionale la vita umana. si applichi un ordine economico internazionale giusto.
si utilizzi tutta la scienza necessaria per uno sviluppo sostenuto senza contaminazioni. si paghi il debito ecologico e non il debito estero. sparisca la fame e non l'uomo.
poiché le presunte minacce del comunismo sono sparite, e non restano pretesti per guerre fredde, corse agli armamenti e spese militari, che cosa impedisce di destinare immediatamente queste risorse a promuovere lo sviluppo del terzo mondo e a combattere la minaccia di distruzione ecologica del pianeta?
cessino gli egoismi, cessino le egemonie, cessino l'insensibilità, l'irresponsabilità e l'inganno. domani sarà troppo tardi per fare quello che avremmo dovuto fare da molto tempo. -
il compagno "jure" ellero dalla slovenia ha segnalato invece alcuni articoli recenti.
il primo è un commento di piero pagliani [ https://www.sinistrainrete.info/ecologia-e-ambiente/15991-piero-pagliani-due-o-tre-cose-sul-clima-e-i-fridays-for-future.html ] che nota tra l'altro:
- a che servono le parole e l'ormai famoso tono dell'intelligente ragazzina svedese, che io - sia chiaro fin da subito - non dubito sia in buonissima fede e realmente spaventata dal riscaldamento globale (lo sono anch'io)? servono a mobilitare i giovani (cioè i prossimi protagonisti politici ed economici) non su obiettivi chiari e razionali, ma affinché essi si autoimpongano uno stato di emergenza innanzitutto mentale. e su uno stato d'emergenza, specialmente se introiettato, le élite possono legittimare uno stato d'eccezione che permette di sospendere ogni diritto e far passare ogni misura senza resistenza. [...]
dopo la thunberg alcuni giovani delegati sono stati ricevuti dal segretario generale dell'onu, antónio guterres, a cui hanno fatto sapere che il “climate change is the world’s political issue number one”. mr. guterres non li ha contraddetti. ebbene, il signor guterres dovrebbe sapere benissimo che il compito numero uno dell'organizzazione di cui è segretario generale è quello di preservare la pace mondiale perché per l'onu, istituzionalmente, il problema numero uno è la guerra! doveva quanto meno ricordarlo a quei giovani.
e la guerra, avrebbe dovuto ricordare ma non l'ha fatto, è anche il problema numero uno del clima:
-secondo il rapporto a climate of war. the war in iraq and global warming, i primi quattro anni di pesantissime operazioni militari in iraq dal 2003 hanno provocato l’emissione di oltre 140 milioni di tonnellate di gas serra (co2 equivalente), più delle emissioni annuali di 139 paesi"... -
il secondo è un articolo di cecilia zamudio [ https://www.resistenze.org/sito/os/ms/osmsji28-021846.htm ] intitolato "il maquillage verde del capitalismo non cambia la sua essenza depredatrice. la favola di greta e i suoi limiti", che esordisce:
- [...] come diceva chico méndes -"l'ambientalismo senza critica al capitalismo equivale al giardinaggio". i veri ambientalisti di questo mondo sono i popoli in lotta contro la depredazione perpetrata dalle multinazionali: quelli che danno la loro vita per le loro comunità, per le montagne e per i fiumi. ogni mese decine di quei veri ambientalisti vengono assassinati nei loro paesi: le pallottole dei sicari del capitalismo multinazionale bucano le loro teste piene di onestà e lotta, ed essi muoiono con le mani pulite, mani che mai hanno stretto quelle infami del fondo monetario internazionale né quelle degli altri vampiri del pianeta. [...] in varie foto si può vedere greta thunberg, il nuovo personaggio mediatizzato dall'apparato culturale del capitalismo, vicino alla direttrice del fondo monetario internazionale e candidata alla banca centrale europea, christine lagarde (il fmi, quell'istituzione del capitalismo multinazionale che depreda la natura e affama popoli interi): una stretta di mano che illustra molto bene la felicità dei padroni del mondo nel salutare quelli che li servono bene nell'importante compito di entrare, come cavalli di troia, in tutte le lotte per incanalare le energie verso strade senza uscita, che manipolano le maggioranze in pseudo-lotte che non vanno mai a toccare la radice dei problemi e, pertanto, non li risolvono. [...] la bmw e una banca svizzera finanziano la barca con cui greta solca i mari. allora sarà meno contaminante e meno infame l'agire della bmw e della banca svizzera? [...]
si equiparano le vittime con i carnefici, in questo abietto discorso del "siamo tutti colpevoli", che non fa distinzione alcuna, né di classi sociali né del pugno di paesi che consumano l'80% delle risorse del pianeta (stati uniti, europa, canada, giappone, australia e altre metropoli capitaliste) rispetto a tutti gli altri paesi del mondo (l'immensa maggioranza) che sopravvivono con il restante 20%. [...] così no, non siamo "tutti colpevoli allo stesso modo". [...] "finchè avremo il capitalismo, questo pianeta non si salverà; perché il capitalismo è contrario alla vita, all'ecologia, all'essere umano, alle donne" diceva berta càceres, vera ambientalista e militante sociale honduregna, assassinata per essersi opposta al saccheggio capitalista... -
il terzo è una impietosa analisi di f. william engdahl [ https://www.resistenze.org/sito/os/ec/osecjl01-021859.htm ] intitolata "il clima e la via dei soldi", nella quale si legge tra l'altro:
- qualunque cosa si possa credere circa i pericoli della co2 e circa i rischi di riscaldamento globale che sta creando una catastrofe globale con un aumento della temperatura media da 1,5 a 2 gradi celsius nei prossimi 12 anni, vale comunque la pena di verificare chi sta promuovendo l'attuale ondata di propaganda e attivismo climatico. la finanza cosiddetta "green". [...] ci troviamo di fronte ad attivisti climatici molto popolari e fortemente promossi come greta thunberg in svezia o alexandria ocasio-cortez, la 29enne del green new deal. per quanto sinceri possano essere questi attivisti, c'è una macchina finanziaria ben oliata dietro la loro promozione, a fini di guadagno.
greta thunberg fa parte di una rete ben collegata legata all'organizzazione di al gore, che viene cinicamente e professionalmente commercializzata e utilizzata da agenzie come l'onu, la commissione europea e dagli interessi finanziari alla base dell'attuale agenda sul clima. in qualità di ricercatrice canadese e attivista per il clima, cory morningstar, documenta, in una eccellente serie di articoli od interventi sui social network, che la posta in gioco è una rete ben consolidata legata agli investitori americani nel clima e ai benestanti speculatori del clima, tra cui al gore, presidente del generation investment group.
il partner di gore, l'ex funzionario di goldman sachs, david blood, è un membro della fdc creata dalla bis. greta thunberg insieme al suo amico diciassettenne americano, jamie margolin, erano entrambi elencati come "consulenti speciali per i giovani e fiduciari" della svedese we don't have time ngo, fondata dal suo ceo ingmar rentzhog. [...]
la deputata al congresso degli usa alexandria ocasio-cortez (aoc), la quale ha fatto un enorme botto nei suoi primi giorni nel congresso degli stati uniti per aver presentato un "green new deal" al fine di riorganizzare completamente l'economia degli stati uniti ad un costo di circa 100 trilioni di dollari, altrettanto non è priva di una guida competente. aoc ha ammesso apertamente di essersi candidata al congresso su richiesta di un gruppo chiamato justice democrats. ha detto a un intervistatore, "non sarei in corsa se non fosse per il sostegno della justice democrats e della brand new congress. umm, infatti sono state queste organizzazioni, è stato jd ed è stato anche brand new congress, che mi hanno chiesto entrambe di candidarmi. sono quelli che mi hanno chiamato un anno e mezzo fa…" ora, nella sua attività di deputata, i consiglieri di aoc includono il co-fondatore, di justice democrats, zack exley. exley è stato un open society fellow e ha ottenuto fondi tra gli altri dalle fondazioni della open society e dalla fondazione ford [...]
questi sono i vincoli che legano i più grandi gruppi finanziari del mondo, le banche centrali e le multinazionali globali alla spinta mediatica attuale per una strategia climatica radicale e per abbandonare l'economia dei combustibili fossili a favore di una vaga, inspiegabile, economia verde. a quanto pare, la preoccupazione di rendere il nostro pianeta un ambiente pulito e sano per vivere è minore. piuttosto è un'agenda, intimamente legata all'agenda delle nazioni unite 2030 per l'economia sostenibile, e pertanto alla raccolta letteralmente di miliardi di dollari di nuova ricchezza per le banche globali e per i giganti finanziari che costituiscono i veri e reali poteri.
nel febbraio 2019, a seguito di un discorso pronunciato alla commissione europea a bruxelles da greta thunberg, l'allora presidente della commissione europea jean-claude juncker, dopo aver baciato la mano di greta, è apparso compiere un vero e proprio passo avanti. ha quindi affermato che l'ue dovrebbe spendere centinaia di miliardi di euro per combattere il cambiamento climatico nei prossimi dieci anni. [...] non siamo fessi. quando le multinazionali più influenti, i più grandi investitori istituzionali del mondo, tra cui blackrock e goldman sachs, le nazioni unite, la banca mondiale, la banca d'inghilterra e altre banche centrali della bri si allineano dietro il finanziamento di una cosiddetta agenda verde, la chiamino green new deal o cosa, è il momento di guardare dietro la superficie delle campagne degli attivisti per il clima per vedere l'agenda reale. il quadro che emerge è il tentativo di riorganizzazione finanziaria dell'economia mondiale utilizzando il clima, qualcosa che, come il sole e la relativa energia, ha un ordine di grandezza e importanza pari alll'umanità intera. cosa può esserci di meglio per provare a convincere noi, gente ordinaria, a fare sacrifici per "salvare il nostro pianeta." -
infine, jure ci ha segnalato un articolo di enzo pellegrin, che vale la pena di riportare integralmente (fonte: https://www.resistenze.org/sito/te/pe/ed/peedji30-021853.htm ): -----------
il clima sta cambiando, i rapporti di sfruttamento no.
di enzo pellegrin, 29/09/2019
se mai ce ne fosse bisogno, le manifestazioni "istituzionali" di venerdì scorso hanno confermato un dato ambientale, sul quale gran parte del mainstream mediatico investe risorse di controllo dell'opinione da almeno venti anni. il clima della terra sta cambiando.
lo confermano, in ordine di importanza: i governi più potenti del mondo, le organizzazioni governative, le cosiddette organizzazioni non governative, i governi allineati ai governi più potenti del mondo. nel mazzo entra pure il governo italiano, il quale ha "istituzionalizzato" le manifestazioni per il clima con una circolare del ministero della pubblica istruzione, la quale invitava i docenti ad accettare la giustificazione di assenza per la partecipazione al "friday for future". ultime ma non meno importanti, le organizzazioni dei partiti governativi e filogovernativi, le quali hanno tentato di dirigere, attraverso le loro organizzazioni giovanili, le manifestazioni di venerdì.
che il clima, ma non solo il clima, stia andando incontro a mutamenti derivanti dall'inquinamento dei metodi di produzione e di sviluppo economico, lo avevano in precedenza detto sia la comunità scientifica internazionale, sia una serie di personaggi che alle nazioni unite avevano più volte parlato, senza che il mainstream mediatico avesse mai dato loro la dovuta eco.
fidel castro ruz, nel 2007, nella piena esplosione di quello pseudoecologismo peloso che lodava la ricerca di carburanti alternativi al petrolio derivati da vegetali e mais, ricordava che
"l'energia è concepita come qualsiasi merce…la terra e i suoi prodotti, i fiumi, le montagne, le foreste ed i boschi sono vittime di una incontenibile rapina. i beni alimentari, ovvia - mente, non sono sfuggiti a questa infernale dinamica. il capitalismo trasforma in merce tutto quello che gli giunge a portata di mano […] l'utilizzazione dei beni alimentari per fabbricare energetici è un atto mostruoso. il capitalismo è pronto a praticare un'eutanasia di massa ai poveri, soprattutto per coloro che vivono nel sud, perché è proprio lì che s'incontrano le maggiori riserve di bio - massa del pianeta, necessaria alla fabbricazione dei carburanti biologici" (fidel castro, granma, 3.07).
fidel castro aveva già individuato la responsabilità sociale del capitalismo nel disastro ambientale già alla conferenza delle nazioni unite del 1992, denominata "vertice della terra":
"un'importante specie biologica - il genere umano - rischia di scomparire a causa della rapida e progressiva eliminazione del suo habitat naturale e stiamo diventando consapevoli di questo problema quando è quasi troppo tardi per prevenirlo". ha affermato che "le società consumiste... consumano due terzi di tutti i metalli e tre quarti dell'energia prodotta in tutto il mondo; hanno avvelenato i mari e i fiumi... hanno saturato l'atmosfera con i gas, alterando le condizioni climatiche con gli effetti catastrofici di cui già cominciano a soffrire... domani sarà troppo tardi per fare ciò che avremmo dovuto fare tanto tempo fa". (fidel castro, discorso al vertice della terra).
al "vertice della terra" di quel giorno, 154 nazioni firmarono la convenzione quadro delle nazioni unite sui cambiamenti climatici.
il presidente del venezuela hugo chavez frias, anch'egli nel medesimo consesso internazionale, ebbe a dichiarare "non salviamo il clima se non cambiamo il sistema!" e nello stesso consesso in cui ha parlato il recente mito dell'ambientalismo mainstream, il presidente della bolivia evo morales, ha ripetuto quello che dice pubblicamente da almeno cinque anni. il vero responsabile dei cambiamenti climatici è il capitalismo. basterebbe qualche minuto speso su google per rendersene conto.
nel loro prezioso libro what every environmentalist needs to know about capitalism (quello che ogni ambientalista deve sapere sul capitalismo), pubblicato su monthly review press, fred magdoff e john bellamy foster notano che: "il cambiamento climatico... è solo una delle numerose spaccature causate dal superamento di confini planetari". il capitalismo, dicono: "non riconosce limiti alla propria espansione: non c'è alcun profitto, nessuna quantità di ricchezza e nessuna quantità di consumo che sia troppo o abbastanza". (https://www.resistenze.org/sito/os/ms/osmsii18-020646.htm).
qual'è la differenza tra i personaggi che abbiamo citato e il trend mainstream con il quale governi e potere mediatico hanno cercato di influenzare l'entusiasmo generato dagli scioperi di venerdì?
la piccola e non trascurabile differenza sta nell'individuazione del reale responsabile dei disastri ambientali.
chavez, castro, morales, bellamy foster, magdoff e persino gli ecosocialisti di sinistra della fine degli anni 80, come naomi klein, noam chomsky ed uno su tutti ian angus, individuavano nel sistema di produzione capitalista, nella sua incessante ricerca di nuovi mercati, nuove merci e nuove possibilità di profitto, nella sua anarchia produttiva, la tendenza a non poter concepire limiti planetari o barriere allo sviluppo dei profitti.
ian angus, commentando un rapporto sul problema del clima pubblicato dalla national academy of science nel 2018, scrive, per esempio, che: "gli incrementi lineari applicati all'attuale sistema socioeconomico non sono sufficienti a stabilizzare il sistema terra. saranno probabilmente necessarie trasformazioni ampie, rapide e sostanziali". (https://www.resistenze.org/sito/os/ms/osmsii18-020646.htm).
la conseguenza logica di quei movimenti culturali era un rinnovato e diffuso spirito di anticapitalismo. sempre nel 2018, w. t. whitney jr. autore della rivista statunitense mltoday.com riconosceva che "secondo le ultime indagini, i giovani oggi come oggi, sono attratti dal socialismo. (cfr per esempio the new socialists, the new york times, august 26, 2018) preoccupati per i cambiamenti climatici, sono maturi per assimilare gli insegnamenti del movimento marxista. si renderanno conto che le mezze misure non sono sufficienti. […] il punto principale è che poiché il capitalismo ha contribuito all'avanzamento dei cambiamenti climatici, la resistenza ai cambiamenti climatici deve essere anticapitalista e precipuamente socialista. poiché la posta in gioco è alta e attiene alla stessa sopravvivenza dell'umanità, è necessario un tipo di socialismo la cui teoria e prassi miri a smantellare piuttosto che riformare il capitalismo." (https://www.resistenze.org/sito/os/ms/osmsii18-020646.htm).
gli "sponsor istituzionali", governativi, non governativi, partitici, insomma il mainstream entrato a gamba tesa nella questione climatica, hanno invece un leit-motiv del tutto diverso: il sistema non c'entra, sono i comportamenti individuali che devono essere migliorati ed incentivati. un nuovo capitalismo verde deve soppiantare nella produzione il vecchio capitalismo sporco e arretrato. nuovi "mercati verdi" devono sostituire vecchi mercati ritenuti sporchi.
vecchi comportamenti individuali devono essere tassati, i nuovi incentivati. in modo particolare va incentivata la produzione che vende le nuove merci ecocompatibili.
non a caso il mainstream costruisce erroneamente la questione principale attorno alle emissioni di anidride carbonica, allo scopo di mettere all'indice gli ultimi arrivati della produzione capitalistica: cina, india, paesi asiatici, ex paesi sottosviluppati.
in particolare, la cina viene artatamente messa alla gogna quale principale emettitore di gas co2, sebbene, tra i paesi capitalisti, sia quello che ultimamente abbia adottato le politiche più draconiane per ridurle, ed anche con un certo successo. (https://www.qualenergia.it/articoli/20180328-la-cina-raggiunge-lobiettivo-2020-sulla-co2-con-3-anni-di-anticipo/ (1) mentre in europa le emissioni sono in aumento (2).
se poi si mettono insieme le economie e gli abitanti di usa, canada, giappone, ue, russia e brasile si verifica che con un numero di abitanti corrispondente a quello della cina, emettono il 47% della co2 rispetto alla cina che ne emette il 22%.
la questione clima/produzione di co2 può essere quindi strumentalizzata da più parti per ottenere precisi obiettivi politici.
guarda caso, in certo attivismo ambientale, si scoprono concorrenti interessi del vecchio complesso militare ed industriale usa/nato, interessato ad ostacolare i nuovi concorrenti dell'odierno scenario globale. cina e russia.
eppure, come ricordava zoltan zigedy nel 2015, "fattore dimenticato dalla maggior parte del movimento ambientalista, tra cui il "movimento di sinistra per il clima" è il ruolo dell'imperialismo nel fomentare la crisi ambientale. secondo wikipedia: "il dipartimento della difesa degli stati uniti è uno dei più grandi singoli consumatori di energia nel mondo, responsabile per il 93% del consumo di carburante del governo degli stati uniti nel 2007... nel 2006, il dipartimento della difesa ha utilizzato quasi 30.000 gigawattora (gwh) di energia elettrica, ad un costo di circa 2,2 miliardi dollari. il consumo di energia elettrica del dipartimento della difesa fornirebbe elettricità sufficiente ad alimentare più di 2,6 milioni di abitazioni americane. nel consumo di energia elettrica, se si trattasse di un paese, il ministero della difesa ricoprirebbe la 58ma posizione nel mondo, consumando poco meno della danimarca e poco più della siria (cia world factbook, 2006). il dipartimento della difesa utilizza 4,6 miliardi di galloni americani [17,4 miliardi di litri]... di combustibile all'anno, una media di 12,6 milioni di galloni [47,7 milioni di litri]... di carburante al giorno." contate le centinaia di basi militari - avamposti dell'imperialismo - le quali divorano risorse che potrebbero essere meglio impiegate in una guerra per la protezione dell'ambiente. aggiungete ulteriormente al totale il continuo inquinamento, la distruzione di strutture naturali e fabbricate dall'uomo, la spoliazione delle terre e il deterioramento delle acque che accompagnano l'utilizzo senza fine di armi devastanti. […]le stime del pentagono sulla produzione e la manutenzione di un solo sistema d'arma - gli f35 - pur ridotte ad oltre 750 miliardi di dollari - sono un enorme costo per l'ambiente di cui nessuno parla." (3)
ciò che non viene mai messo in evidenza, è che il sistema capitalistico è integrato e fondato sul profitto: la ricerca di nuovi mercati non può prescindere da regole fondamentali:
- la ricerca del profitto deve scaturire da ogni impegno di capitale
- la ricerca del profitto implica che il capitalista non sia libero di produrre solo il necessario, ma sia obbligato a produrre tutto quello che sia possibile smerciare, nonchè a trovare mezzi di convincimento per far comprare il più possibile le sue merci.
ciò che è nuovo e pulito in un paese dipende spesso anche dallo sporco prodotto nel vecchio: la tecnologia informatica non può prescindere dalla predazione del coltan e dalla schiavitù dei minatori congolesi ad opera dei signori della guerra, stesso destino hanno i metalli rari e inquinanti utilizzati per le batterie che "rivoluzioneranno" il trasporto elettrico a bassa emissione di co2, mentre non è stato ancora trovato un modo di produzione dell'energia elettrica che non abbia un effetto impattante sull'ambiente, o non preveda l'utilizzo di risorse rare, compresa l'energia solare la cui produzione non può fare a meno del silicio o di grandi aree di territorio;
il capitalismo, dunque, non si ferma da solo, e non si ferma mai.
ogni barriera al suo procedere (diritti dei lavoratori, normativa sulla salute e sull'ambiente) è concepita come un ostacolo al commercio. se il commercio si orienta sulle produzioni a bassa emissione di co2, lo fa per sbaragliare i concorrenti su altri mercati, non per decrescere.
se dunque l'attenzione alle tematiche ambientali rischiava di influenzare le giovani generazioni ad orientarsi verso la costruzione di un sistema socialista, dovevano essere messe in campo adeguate controffensive mediatiche ed egemoniche per silenziare questo aspetto, metterlo in secondo piano. lavorare nell'opposizione al sistema per neutralizzare l'aspetto più pericoloso: l'anticapitalismo.
ecco dunque spiegato l'attivismo ambientale dei potenti del mondo: disattento se non complice dei criminali quando a lottare sono gli ambientalisti scomodi, gli anticapitalisti di molti paesi in via di sviluppo o di comunità povere contadine e indigene, in brasile, colombia ed india.
attento invece a direzionare la protesta su binari innocui, all'interno dei movimenti nei paesi sviluppati.
un esempio della doppia veste dell'azione del potere dentro i movimenti, la si può vedere nel caso italiano. al di là dell'attivismo del ministro dell'istruzione, in molte città le organizzazioni giovanili dei partiti favorevoli al governo, hanno tentato di cavalcare la protesta del venerdì, spesso anche ostacolando l'adesione di formazioni giovanili in grado di portare un contributo anticapitalista.
per fortuna con scarso successo.
questo "attivismo ambientale" dei partiti di governo e dei loro ministri, tutto a parole e incoraggiamenti, convive in italia con il mantenimento della maggiore fonte di produzione di gas serra: l'ilva di taranto. la sua produzione continua senza grandi rivoluzioni in mano ai padroni privati dell'arcelor mittal, con accordi fatti dai governi renzi e conte, i quali conferiscono la "libertà di inquinare" e per un certo periodo anche l'immunità penale per le violazioni ambientali. nulla è cambiato con il conte-bis.
secondo i dati dell'associazione peacelink, l'ilva è il primo produttore di co2 della penisola ed è nella top ten delle maggiori fonti inquinanti d'europa.(4)
insomma: si fa gli ambientalisti il venerdì, dopo aver fatto i padroni per tutta la settimana.
l'attenzione posta alla questione del cambiamento climatico, spesso offusca la moltitudine di trattati bilaterali che i potenti del commercio mondiale stanno cercando di imporre, al fine di aggirare regole più severe di controllo della produzione insalubre.
prendiamo l'esempio del ceta, il quale prevede l'abolizione di barriere non tariffarie per l'importazione in europa di prodotti dell'agricoltura canadese. con la ratifica del ceta, viene liberalizzata l'esportazione nell'ue del grano canadese, frutto di agricoltura industriale intensiva, a basso costo, dove è possibile usare pesticidi vietati in italia da oltre venti anni. il grano del canada, dato il clima non favorevole, non matura da solo. viene portato a maturazione artificiale per mezzo di diserbanti essiccanti come il glifosato, vietato in ue e in italia in determinate formulazioni. questo grano di bassa qualità e certamente poco salubre potrà essere smerciato in italia senza il rispetto delle regole di divieto, considerate barriere non tariffarie. il basso costo di questa agricoltura industriale metterà inoltre in ginocchio i produttori nazionali, costretti ad adeguarsi o a diminuire ancora di più il costo del lavoro. uno degli ultras della ratifica veloce del trattato ceta è la ministra dell'agricoltura teresa bellanova, la quale da tempo ha smesso i panni della bracciante per indossare quelli degli interessati al grano a basso costo, non importa se velenoso. insomma, anche qui ambientalismo peloso il venerdì, furbi padroni il resto della settimana.
un velo di peloso conformismo attraversa una delle contraddizioni fondamentali del nostro mondo: l'incompatibilità tra capitalismo e pianeta.
e' vero che il clima della terra sta cambiando.
e' altrettanto vero che non stanno cambiando i rapporti produttivi di sfruttamento dell'uomo sull'uomo, e dell'uomo capitalista sul pianeta.
e' ancora più vero che il clima sta cambiando, proprio perchè non cambiano i rapporti di sfruttamento.
un'abile tecnica egemonica sta tentando di separare questi due fattori reali, nascondendo la responsabilità diretta di ogni capitalismo.
contro i dispensatori di anestesia, può essere utilizzata, a mo' di schiaffo che risvegli dal sonno artificiale, questa piccola provocazione: ammesso che gli sforzi per ridurre le emissioni vadano a buon fine, che ce ne facciamo di un pezzo di mondo pulito, se la maggioranza degli esseri umani continua a vivere nello sfruttamento? che se ne fa un giovane precario di un'italia senza co2, se non ha un salario dignitoso per mettere al mondo i figli che sogna di far correre nel nuovo eden?
il clima sta cambiando.
i rapporti di sfruttamento no.
sul secondo punto si deve lottare.
e' questa la novità.
note:
1) l'intensità di carbonio del colosso asiatico nel 2017 è diminuita del 45% in confronto al livello registrato nel 2005, un traguardo che era previsto per il 2020. ora per rispettare gli impegni definiti a parigi nel 2015, pechino dovrà abbattere le emissioni di anidride carbonica in rapporto al pil del 60-65% entro il 2030.
2) neanche l'ue - che può vantare le migliori politiche di riduzione di gas serra del mondo - è in linea con quanto previsto dall'accordo di parigi - http://www.greenreport.it/news/energia/le-emissioni-di-co2-pro-capite-nellue-sono-inferiori-a-quelle-della-cina-e-meta-di-quelle-usa/.
3) https://www.resistenze.org/sito/os/ms/osmsfd14-016164.htm.
4) la commissione europea ha recentemente diffuso un elenco delle principali fonti di emissioni di co2, sulla base dei dati forniti dagli stati membri. l'ilva risulta al 42° posto in europa.
l'ilva risulta inoltre al 4° posto in italia seconda graduatoria recentemente diffusa:
1. centrale termoelettrica a carbone di civitavecchia: 8.100.000 tonn/anno.
2. raffineria (nome e località non specificati): 6.300.000 tonn/anno.
3. centrale termoelettrica a carbone di brindisi/cerano: 5.400.000 tonn/anno.
4. stabilimento siderurgico arcelormittal taranto: 4.700.000 tonn/anno.
ma attenzione: in tale elenco mancano le due centrali termoelettriche cet2 e cet3 asservite al ciclo siderurgico di arcelormittal. se aggiungessimo alle emissioni ilva anche le emissioni delle due centrali termoelettriche cet2 e cet3 connesse all'ilva di taranto (le cui emissioni di co2 sono tenute distinte) lo stabilimento siderurgico ilva - gestito da arcelormittal - raggiungerebbe e supererebbe i dieci milioni di tonnellate annue di anidride carbonica all'anno, piazzandosi saldamente al primo posto in italia. entrerebbe così anche nella top-ten della classifica europea degli impianti con maggiori emissioni di co2. da un punto di vista tecnico le centrali termoelettriche cet2 e cet3 forniscono energia allo stabilimento siderurgico di taranto ricevendola a loro volta dal ciclo siderurgico in forma di gas e bruciandola. in tal modo viene emessa un'enorme quantità di co2 che non figura nell'elenco sopra riportato." (https://www.peacelink.it/ecologia/a/46868.html).
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Il Presidente del Venezuela Hugo Chavez Frias, anch'egli nel medesimo consesso internazionale, ebbe a dichiarare "non salviamo il clima se non cambiamo il sistema!" e nello stesso consesso in cui ha parlato il recente mito dell'ambientalismo mainstream, il Presidente della Bolivia Evo Morales, ha ripetuto quello che dice pubblicamente da almeno cinque anni. Il vero responsabile dei cambiamenti climatici è il capitalismo. Basterebbe qualche minuto speso su google per rendersene conto.
Nel loro prezioso libro What Every Environmentalist Needs to Know about Capitalism (Quello che ogni ambientalista deve sapere sul capitalismo), pubblicato su Monthly Review Press, Fred Magdoff e John Bellamy Foster notano che: "Il cambiamento climatico... è solo una delle numerose spaccature causate dal superamento di confini planetari". Il capitalismo, dicono: "non riconosce limiti alla propria espansione: non c'è alcun profitto, nessuna quantità di ricchezza e nessuna quantità di consumo che sia troppo o abbastanza". (https://www.resistenze.org/sito/os/ms/osmsii18-020646.htm). Qual'è la differenza tra i personaggi che abbiamo citato e il trend mainstream con il quale governi e potere mediatico hanno cercato di influenzare l'entusiasmo generato dagli scioperi di venerdì? La piccola e non trascurabile differenza sta nell'individuazione del reale responsabile dei disastri ambientali. Chavez, Castro, Morales, Bellamy Foster, Magdoff e persino gli ecosocialisti di sinistra della fine degli anni 80, come Naomi Klein, Noam Chomsky ed uno su tutti Ian Angus, individuavano nel sistema di produzione capitalista, nella sua incessante ricerca di nuovi mercati, nuove merci e nuove possibilità di profitto, nella sua anarchia produttiva, la tendenza a non poter concepire limiti planetari o barriere allo sviluppo dei profitti. Ian Angus, commentando un rapporto sul problema del clima pubblicato dalla National Academy of Science nel 2018, scrive, per esempio, che: "Gli incrementi lineari applicati all'attuale sistema socioeconomico non sono sufficienti a stabilizzare il sistema Terra. Saranno probabilmente necessarie trasformazioni ampie, rapide e sostanziali". (https://www.resistenze.org/sito/os/ms/osmsii18-020646.htm). La conseguenza logica di quei movimenti culturali era un rinnovato e diffuso spirito di anticapitalismo. Sempre nel 2018, W. T. Whitney Jr. autore della rivista statunitense mltoday.com riconosceva che "Secondo le ultime indagini, i giovani oggi come oggi, sono attratti dal socialismo. (Cfr per esempio The New Socialists, The New York Times, August 26, 2018) Preoccupati per i cambiamenti climatici, sono maturi per assimilare gli insegnamenti del movimento marxista. Si renderanno conto che le mezze misure non sono sufficienti. […] Il punto principale è che poiché il capitalismo ha contribuito all'avanzamento dei cambiamenti climatici, la resistenza ai cambiamenti climatici deve essere anticapitalista e precipuamente socialista. Poiché la posta in gioco è alta e attiene alla stessa sopravvivenza dell'umanità, è necessario un tipo di socialismo la cui teoria e prassi miri a smantellare piuttosto che riformare il capitalismo." (https://www.resistenze.org/sito/os/ms/osmsii18-020646.htm). Gli "sponsor istituzionali", governativi, non governativi, partitici, insomma il mainstream entrato a gamba tesa nella questione climatica, hanno invece un leit-motiv del tutto diverso: il sistema non c'entra, sono i comportamenti individuali che devono essere migliorati ed incentivati. Un nuovo capitalismo verde deve soppiantare nella produzione il vecchio capitalismo sporco e arretrato. Nuovi "mercati verdi" devono sostituire vecchi mercati ritenuti sporchi. Vecchi comportamenti individuali devono essere tassati, i nuovi incentivati. In modo particolare va incentivata la produzione che vende le nuove merci ecocompatibili. Non a caso il mainstream costruisce erroneamente la questione principale attorno alle emissioni di anidride carbonica, allo scopo di mettere all'indice gli ultimi arrivati della produzione capitalistica: Cina, India, Paesi asiatici, ex paesi sottosviluppati. In particolare, la Cina viene artatamente messa alla gogna quale principale emettitore di gas CO2, sebbene, tra i paesi capitalisti, sia quello che ultimamente abbia adottato le politiche più draconiane per ridurle, ed anche con un certo successo. (https://www.qualenergia.it/articoli/20180328-la-cina-raggiunge-lobiettivo-2020-sulla-co2-con-3-anni-di-anticipo/ (1) mentre in Europa le emissioni sono in aumento (2). Se poi si mettono insieme le economie e gli abitanti di USA, Canada, Giappone, UE, Russia e Brasile si verifica che con un numero di abitanti corrispondente a quello della Cina, emettono il 47% della CO2 rispetto alla Cina che ne emette il 22% La questione clima/produzione di CO2 può essere quindi strumentalizzata da più parti per ottenere precisi obiettivi politici. Guarda caso, in certo attivismo ambientale, si scoprono concorrenti interessi del vecchio complesso militare ed industriale USA/Nato, interessato ad ostacolare i nuovi concorrenti dell'odierno scenario globale. Cina e Russia. Eppure, come ricordava Zoltan Zigedy nel 2015, "Fattore dimenticato dalla maggior parte del movimento ambientalista, tra cui il "movimento di sinistra per il clima" è il ruolo dell'imperialismo nel fomentare la crisi ambientale. Secondo Wikipedia: "Il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti è uno dei più grandi singoli consumatori di energia nel mondo, responsabile per il 93% del consumo di carburante del governo degli Stati Uniti nel 2007... Nel 2006, il Dipartimento della Difesa ha utilizzato quasi 30.000 gigawattora (GWh) di energia elettrica, ad un costo di circa 2,2 miliardi dollari. Il consumo di energia elettrica del Dipartimento della Difesa fornirebbe elettricità sufficiente ad alimentare più di 2,6 milioni di abitazioni americane. Nel consumo di energia elettrica, se si trattasse di un Paese, il ministero della Difesa ricoprirebbe la 58ma posizione nel mondo, consumando poco meno della Danimarca e poco più della Siria (CIA World Factbook, 2006). Il Dipartimento della Difesa utilizza 4,6 miliardi di galloni americani [17,4 miliardi di litri]... di combustibile all'anno, una media di 12,6 milioni di galloni [47,7 milioni di litri]... di carburante al giorno." Contate le centinaia di basi militari - avamposti dell'imperialismo - le quali divorano risorse che potrebbero essere meglio impiegate in una guerra per la protezione dell'ambiente. Aggiungete ulteriormente al totale il continuo inquinamento, la distruzione di strutture naturali e fabbricate dall'uomo, la spoliazione delle terre e il deterioramento delle acque che accompagnano l'utilizzo senza fine di armi devastanti. […]Le stime del Pentagono sulla produzione e la manutenzione di un solo sistema d'arma - gli F35 - pur ridotte ad oltre 750 miliardi di dollari - sono un enorme costo per l'ambiente di cui nessuno parla." (3) Ciò che non viene mai messo in evidenza, è che il sistema capitalistico è integrato e fondato sul profitto: la ricerca di nuovi mercati non può prescindere da regole fondamentali: - la ricerca del profitto deve scaturire da ogni impegno di capitale - la ricerca del profitto implica che il capitalista non sia libero di produrre solo il necessario, ma sia obbligato a produrre tutto quello che sia possibile smerciare, nonchè a trovare mezzi di convincimento per far comprare il più possibile le sue merci. Ciò che è nuovo e pulito in un paese dipende spesso anche dallo sporco prodotto nel vecchio: la tecnologia informatica non può prescindere dalla predazione del Coltan e dalla schiavitù dei minatori congolesi ad opera dei signori della guerra, stesso destino hanno i metalli rari e inquinanti utilizzati per le batterie che "rivoluzioneranno" il trasporto elettrico a bassa emissione di CO2, mentre non è stato ancora trovato un modo di produzione dell'energia elettrica che non abbia un effetto impattante sull'ambiente, o non preveda l'utilizzo di risorse rare, compresa l'energia solare la cui produzione non può fare a meno del silicio o di grandi aree di territorio; Il capitalismo, dunque, non si ferma da solo, e non si ferma mai. Ogni barriera al suo procedere (diritti dei lavoratori, normativa sulla salute e sull'ambiente) è concepita come un ostacolo al commercio. Se il commercio si orienta sulle produzioni a bassa emissione di CO2, lo fa per sbaragliare i concorrenti su altri mercati, non per decrescere. Se dunque l'attenzione alle tematiche ambientali rischiava di influenzare le giovani generazioni ad orientarsi verso la costruzione di un sistema socialista, dovevano essere messe in campo adeguate controffensive mediatiche ed egemoniche per silenziare questo aspetto, metterlo in secondo piano. Lavorare nell'opposizione al sistema per neutralizzare l'aspetto più pericoloso: l'anticapitalismo. Ecco dunque spiegato l'attivismo ambientale dei potenti del mondo: disattento se non complice dei criminali quando a lottare sono gli ambientalisti scomodi, gli anticapitalisti di molti paesi in via di sviluppo o di comunità povere contadine e indigene, in Brasile, Colombia ed India. Attento invece a direzionare la protesta su binari innocui, all'interno dei movimenti nei paesi sviluppati. Un esempio della doppia veste dell'azione del potere dentro i movimenti, la si può vedere nel caso italiano. Al di là dell'attivismo del Ministro dell'Istruzione, in molte città le organizzazioni giovanili dei partiti favorevoli al governo, hanno tentato di cavalcare la protesta del Venerdì, spesso anche ostacolando l'adesione di formazioni giovanili in grado di portare un contributo anticapitalista. Per fortuna con scarso successo. Questo "attivismo ambientale" dei partiti di governo e dei loro ministri, tutto a parole e incoraggiamenti, convive in Italia con il mantenimento della maggiore fonte di produzione di Gas Serra: l'Ilva di Taranto. La sua produzione continua senza grandi rivoluzioni in mano ai padroni privati dell'Arcelor Mittal, con accordi fatti dai governi Renzi e Conte, i quali conferiscono la "libertà di inquinare" e per un certo periodo anche l'immunità penale per le violazioni ambientali. Nulla è cambiato con il Conte-bis. Secondo i dati dell'associazione peacelink, l'ILVA è il primo produttore di CO2 della penisola ed è nella top ten delle maggiori fonti inquinanti d'Europa.(4) Insomma: si fa gli ambientalisti il venerdì, dopo aver fatto i padroni per tutta la settimana. L'attenzione posta alla questione del cambiamento climatico, spesso offusca la moltitudine di trattati bilaterali che i potenti del commercio mondiale stanno cercando di imporre, al fine di aggirare regole più severe di controllo della produzione insalubre. Prendiamo l'esempio del CETA, il quale prevede l'abolizione di barriere non tariffarie per l'importazione in Europa di prodotti dell'agricoltura canadese. Con la ratifica del CETA, viene liberalizzata l'esportazione nell'UE del grano canadese, frutto di agricoltura industriale intensiva, a basso costo, dove è possibile usare pesticidi vietati in Italia da oltre venti anni. Il grano del Canada, dato il clima non favorevole, non matura da solo. Viene portato a maturazione artificiale per mezzo di diserbanti essiccanti come il glifosato, vietato in Ue e in Italia in determinate formulazioni. Questo grano di bassa qualità e certamente poco salubre potrà essere smerciato in Italia senza il rispetto delle regole di divieto, considerate barriere non tariffarie. Il basso costo di questa agricoltura industriale metterà inoltre in ginocchio i produttori nazionali, costretti ad adeguarsi o a diminuire ancora di più il costo del lavoro. Uno degli ultras della ratifica veloce del trattato CETA è la ministra dell'agricoltura Teresa Bellanova, la quale da tempo ha smesso i panni della bracciante per indossare quelli degli interessati al grano a basso costo, non importa se velenoso. Insomma, anche qui ambientalismo peloso il venerdì, furbi padroni il resto della settimana. Un velo di peloso conformismo attraversa una delle contraddizioni fondamentali del nostro mondo: l'incompatibilità tra capitalismo e pianeta. E' vero che il clima della Terra sta cambiando. E' altrettanto vero che non stanno cambiando i rapporti produttivi di sfruttamento dell'uomo sull'uomo, e dell'uomo capitalista sul pianeta. E' ancora più vero che il clima sta cambiando, proprio perchè non cambiano i rapporti di sfruttamento. Un'abile tecnica egemonica sta tentando di separare questi due fattori reali, nascondendo la responsabilità diretta di ogni capitalismo. Contro i dispensatori di anestesia, può essere utilizzata, a mo' di schiaffo che risvegli dal sonno artificiale, questa piccola provocazione: ammesso che gli sforzi per ridurre le emissioni vadano a buon fine, che ce ne facciamo di un pezzo di mondo pulito, se la maggioranza degli esseri umani continua a vivere nello sfruttamento? Che se ne fa un giovane precario di un'Italia senza CO2, se non ha un salario dignitoso per mettere al mondo i figli che sogna di far correre nel nuovo eden? Il clima sta cambiando. I rapporti di sfruttamento no. Sul secondo punto si deve lottare. E' questa la novità. Note: 1) L'intensità di carbonio del colosso asiatico nel 2017 è diminuita del 45% in confronto al livello registrato nel 2005, un traguardo che era previsto per il 2020. Ora per rispettare gli impegni definiti a Parigi nel 2015, Pechino dovrà abbattere le emissioni di anidride carbonica in rapporto al Pil del 60-65% entro il 2030. 2) neanche l'Ue - che può vantare le migliori politiche di riduzione di gas serra del mondo - è in linea con quanto previsto dall'Accordo di Parigi - http://www.greenreport.it/news/energia/le-emissioni-di-co2-pro-capite-nellue-sono-inferiori-a-quelle-della-cina-e-meta-di-quelle-usa/ 3) https://www.resistenze.org/sito/os/ms/osmsfd14-016164.htm 4) La Commissione Europea ha recentemente diffuso un elenco delle principali fonti di emissioni di CO2, sulla base dei dati forniti dagli stati membri. L'ILVA risulta al 42° posto in Europa. L'ILVA risulta inoltre al 4° posto in Italia seconda graduatoria recentemente diffusa: 1. Centrale termoelettrica a carbone di Civitavecchia: 8.100.000 tonn/anno 2. Raffineria (nome e località non specificati): 6.300.000 tonn/anno 3. Centrale termoelettrica a carbone di Brindisi/Cerano: 5.400.000 tonn/anno 4. Stabilimento siderurgico ArcelorMittal Taranto: 4.700.000 tonn/anno Ma attenzione: in tale elenco mancano le due centrali termoelettriche CET2 e CET3 asservite al ciclo siderurgico di ArcelorMittal. Se aggiungessimo alle emissioni ILVA anche le emissioni delle due centrali termoelettriche CET2 e CET3 connesse all'ILVA di Taranto (le cui emissioni di CO2 sono tenute distinte) lo stabilimento siderurgico ILVA - gestito da ArcelorMittal - raggiungerebbe e supererebbe i dieci milioni di tonnellate annue di anidride carbonica all'anno, piazzandosi saldamente al primo posto in Italia. Entrerebbe così anche nella top-ten della classifica europea degli impianti con maggiori emissioni di CO2. Da un punto di vista tecnico le centrali termoelettriche CET2 e CET3 forniscono energia allo stabilimento siderurgico di Taranto ricevendola a loro volta dal ciclo siderurgico in forma di gas e bruciandola. In tal modo viene emessa un'enorme quantità di CO2 che non figura nell'elenco sopra riportato." (https://www.peacelink.it/ecologia/a/46868.html) |
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