La VOCE   COREA   CUBA   JUGOSLAVIA   PALESTINA   RUSSIA   SCIENZA 

Stampa pagina

 Stampa inserto 

La VOCE 1903

  P R E C E D E N T E   

    S U C C E S S I V A  


GIÙ

SU


La VOCE ANNO XXI N°7

marzo 2019

PAGINA F         - 38

Armi nucleari tattiche,
una minaccia alla pace mondiale

B. Arjun | peoplesdemocracy.in Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare 03/02/2019

È in atto una nuova corsa agli armamenti nucleari. Il discorso sta rapidamente virando sul dare legittimità all'uso limitato di armi nucleari strategiche in campo di battaglia. Come al solito, è l'America a guidare tale richiesta di legittimità, seguita dalla Russia, per rendere la guerra più brutale e il mondo più pericoloso. I silos nucleari sono abbattuti solo per integrare il nucleare alle altre opzioni militari non nucleari.

Il dibattito ha guadagnato slancio grazie all'amministrazione Trump, che è piena di falchi nucleari come John Bolton, il consigliere per la sicurezza nazionale, che ha già mostrato le sue intenzioni di smantellare il Trattato sulle forze nucleari a medio raggio (INF). Il vice di Bolton, Charles Kupperman, crede fermamente che sarebbe possibile vincere una guerra nucleare in senso classico se una delle parti emergesse come la più forte, anche in caso di decine di milioni di vittime. La paura e l'incertezza vengono clamorosamente reintrodotte nelle relazioni nucleari bilaterali e le possibilità di negoziare all'interno dello spazio di informazione nucleare si stanno riducendo. La situazione è grave, secondo l'ex segretario alla difesa degli Stati Uniti William Perry, che si dice meno preoccupato per il numero di testate nucleari rimanenti al mondo che per il ritorno del discorso da guerra fredda sull'utilizzabilità di tali armi.

Piuttosto che parlare di abbattimento delle armi nucleari, l'America è impegnata a modernizzare ulteriormente la sua infrastruttura nucleare e i suoi sistemi di lancio. I programmi nucleari di Iran e Corea del Nord vengono usati come capri espiatori per far avanzare l'agenda nucleare americana. In entrambi i paesi, l'approccio statunitense alla non proliferazione si giustappone all'inclinazione per il cambio di regime. Inoltre, l'indifferenza degli Stati Uniti verso le ambizioni nucleari dei suoi alleati indica chiaramente la loro poca serietà riguardo alla non proliferazione. I responsabili delle politiche nucleari statunitensi utilizzano anche la retorica del "comportamento pericoloso" della Russia per ottenere finanziamenti per armi nucleari più letali.

Il Nuclear Post Review* (NPR) statunitense, pubblicato all'inizio del 2018, segna il rientro delle armi nucleari a basso rendimento nel dibattito nucleare. Esso afferma che gli Stati Uniti non sono contrari a ricorrere all'uso di armi nucleari in risposta a "significativi attacchi strategici non nucleari" contro di loro. Il NPR ha approvato la produzione di testate nucleari a basso rendimento, W76, aumentando le possibilità di un conflitto nucleare multiplo. È stato riferito che il primo lotto di testate potrebbe uscire dalle linee di produzione entro settembre di quest'anno. Secondo gli esperti, la quantità di trizio, un isotopo dell'idrogeno, nell'arma sarà regolata per "ridurre la sua potenza esplosiva da 100 kilotoni di tritolo, a quasi cinque - circa un terzo della forza della bomba sganciata su Hiroshima".

Il segnale preoccupante è che molti repubblicani della sicurezza nazionale sostengono una politica nucleare aggressiva e meccanismi di controllo delle armi. L'architettura della Guerra fredda del controllo degli armamenti, che ha posto limiti quantitativi ai sistemi strategici delle due superpotenze, è in grave difficoltà. Si ritiene che tutti i vecchi trattati che riducono i rischi nucleari siano sull'orlo del collasso. Il Trattato sulla riduzione delle armi strategiche (START) non è più considerato adeguato per fornire stabilità strategica.

Molti esperti negli Stati Uniti ritengono che il controllo degli armamenti sia ancora rilevante e sperano comunque di difendere "un approccio aggiornato al controllo degli armamenti che tenga conto delle tecnologie e delle minacce emergenti di oggi". Insistono sul passare al vaglio l'intelligenza artificiale (AI) che ha permesso l'emergere di tecnologie in grado di fornire armi nucleari senza l'intervento umano e che hanno "il potenziale per minare decenni di ortodossia nucleare" basata sulla mutua distruzione assicurata (MAD).

Non si può negare il fatto che poiché il regno nucleare si sta ora estendendo allo spazio cyber ed esterno, si rende indispensabile la necessità di un nuovo trattato sul controllo delle armi. Tuttavia, usare le tecnologie emergenti come pretesto per migliorare la letalità dell'arsenale nucleare non fa altro che aumentare le probabilità di una guerra nucleare. Per un certo periodo dopo la Guerra fredda, gli esperti statunitensi pensarono di poter gestire l'ordine nucleare globale dominando i sistemi di difesa antimissile. Pochi anni dopo, quando gli Stati Uniti divennero i leader mondiali nelle tecnologie internet e cyber, pensarono di poter gestire le armi nucleari avversarie attaccando i centri di comando e controllo per renderle inutilizzabili. Tuttavia, con i russi e i cinesi che hanno fatto passi da gigante nelle tecnologie informatica e delle armi, il dominio statunitense sullo spazio nucleare è calato.

Il nocciolo della questione è che la posizione nucleare degli Stati Uniti è il risultato di crescenti insicurezze legate al potere declinante del suo impero. All'interno della comunità strategica degli Stati Uniti si pensa anche che il tipo di spazio nucleare concesso all'Unione Sovietica durante la Guerra fredda non possa essere dato alla Cina. Gli Stati Uniti non vogliono considerare la Cina un pari nucleare e giungere ad un accordo tipo MAD. Gli Stati Uniti stanno anche incoraggiando i loro alleati, come l'India, a cambiare dottrina nucleare in accordo con la mutata geopolitica globale. In India è iniziato un dibattito sulla necessità di rivedere la propria dottrina nucleare.

Revisione della NFU

Nel novembre 2016, l'allora ministro della Difesa indiano Manohar Parrikar espresse la sua "personale opinione" sulla "politica del non primo utilizzo" (NFU, no first use policy) dell'India sulle armi nucleari. Secondo Parrikar, la NFU manca di imprevedibilità e ambiguità, due fattori essenziali per migliorare la flessibilità della deterrenza nella strategia nazionale. Da allora, le voci che chiedono la revisione della NFU sono cresciute. Si sostiene che la NFU, che costituisce il fondamento della dottrina nucleare indiana enunciata nel gennaio 2003, sia inadeguata per rispondere alle nuove sfide poste dall'ascesa della Cina, dall'instabilità in Pakistan e dalle tendenze globali allo sviluppo di armi nucleari tattiche.

Il problema è che molti in India hanno l'abitudine di trattare la questione nucleare in modo superficiale e si illudono di credere alla non esistenza delle armi nucleari pakistane. Ciò che dimenticano del tutto è che il mondo considera il subcontinente indiano come il luogo più pericoloso al mondo, dove la probabilità di una guerra nucleare è più alta. L'Occidente è convinto che l'India e il Pakistan, che hanno combattuto tre guerre, possano precipitare in un conflitto nucleare. Secondo un generale americano, il confine India-Pakistan di 1.800 miglia "è l'unico posto al mondo in cui due stati ostili e armati di armi nucleari si affrontano ogni giorno. E il rischio di conflitti nucleari è continuato a crescere negli ultimi anni, al punto che ora è una possibilità molto reale". Gli esperti statunitensi stanno già valutando scenari in cui l'India lancia un massiccio attacco militare in risposta a un attacco terroristico sostenuto dal Pakistan. E il Pakistan risponde usando "un'arma nucleare contro le forze armate convenzionali indiane per evitare un'imminente sconfitta militare".

Sia l'élite indiana che quella pakistana non possono permettersi di mettere in pericolo la vita di milioni di persone nella regione, né possono permettersi di dare all'Occidente alcuna opportunità di usare il pretesto dell'instabilità nucleare in Asia meridionale come scusa per modellare l'ordine nucleare globale in accordo alle loro necessità strategiche. È imperativo che la politica nucleare di entrambi i paesi si sganci dal più ampio dibattito nucleare globale e riduca i rischi nucleari attraverso rigorosi negoziati bilaterali volti a proteggere i popoli piuttosto che pensare a preservare il potere.

Ntd: * Il Nuclear Post Review delinea il ruolo delle armi nucleari nella strategia di difesa USA

Amnesty, la bufala dei "diritti delle donne" e la guerra in Afghanistan.
Chi è Suzanne Nossel

Il capolavoro di Amnesty sull' Afghanistan risale, se non sbaglio, a tre o quattro anni fa quando a prendere le redini di Amnesty Usa fu una degli ex funzionari del Dipartimento di Stato della Clinton. Non mi ricordo il nome ma si trova in rete. Quell'appello fu firmato anche da Joan Baez, un'altra che dalla contestazione si è infilata nella propaganda imperiale e adesso giudica #MeToo il femminismo della nostra epoca. L'appello di Amnesty Usa fece montare una protesta tra i simpatizzanti e lei dopo un po' diede le dimissioni. Mi sa che in Italia sarebbero state più pecore. Piero Pagliani

L'ex funzionaria del Dipartimento di Stato, amica della Clinto, di cui parla Piero (con responsabilità - ovviamente! - per i "diritti umani", diritti delle donne, omosessuali, e trasgender), e poi Presidente di Amnesty USA dal gennaio 2012 al gennaio 2013, è SUZANNE NOSSEL: origini ebraiche, filo-sionista, considera Israele come sua seconda casa. E' stata anche incaricata di "monitorare" le elezioni in Bosnia e Kossovo ai tempi delle guerre in Jugoslavia e si è interessata specificamente di "diritti umani" - che sorpresa! - in Iran, Siria, Libia e Costa d'Avorio (ai tempi del colpo di stato francese contro il Presidente eletto Laurent Gbagbo, poi rapito e trascinato di fronte al Tribunale dell'Aja, come Milosevic, e riconosciuto innocente dopo 8 anni di reclusione). Oggi è Direttore Esecutivo di una multinazionale: il PEN American Center. C'è bisogno di aggiungere altro? V. Brandi

Posizioni di sinistra tedesche e statunitensi sul Venezuela. E' tutta una sorpresa.

Finalmente Die Linke ha preso una posizione ufficiale sul Venezuela. Ecco qui sotto la traduzione da RedGlobe ( https://www.redglobe.de/..):
" La sinistra condanna il tentativo di colpo di stato contro il governo in Venezuela. Il riconoscimento dell'autoproclamatosi presidente provvisorio da parte degli Stati Uniti e di altri governi e la minaccia di utilizzare mezzi militari costituiscono una violazione del diritto internazionale, che in nessun caso può essere accettato. L'epoca dei tentativi di colpo di stato orchestrati dagli Stati Uniti deve finalmente terminare."

Toni simili anche da parte della Federazione Sindacale Mondiale.

Il Manifesto invece pasticcia, in senso letterale. Mentre nel sommario dell'articolo " Guaidó e Trump più isolati di Maduro: l’Osa si spacca" si dice che " Sedici paesi americani su 35 non appoggiano il golpe" nel testo leggiamo che è il contrario/: solo 16 paesi su 35 hanno appoggiato il golpista Guaidó .
Strafalcione anche su Bernie Sanders, che secondo l'articolo si opporrebbe al golpe perché ha dichiarato che gli Usa " dovrebbero appoggiare lo stato di diritto e l’autodeterminazione del popolo venezuelano".
Vabbè l'ottimismo, ma qui siamo al surrealismo! Cercando in tutti i modi e a tutti i costi di trovare un imperialista buono, il Manifesto stravolge totalmente lo "statement" di Sanders che inizia dicendo: " Il governo Maduro in Venezuela sta usando una violenta repressione sulla società civile venezuelana, ha violato la costituzione sciogliendo l'Assemblea Nazionale".
Dopo questo violentissimo attacco contro Maduro, l'invito successivo nello "statement" di Sanders, che è quanto è stato esaltato dal Manifesto, è quindi quello di far rispettare l'Assemblea Nazionale cioè, il suo leader golpista Guaidó. Solo un mentecatto avrebbe potuto fraintendere. Oppure qualcuno che preso da deliri negriani non può pensare che gli Usa e le sue élites, di cui Sanders fa parte, siano imperialisti.
Verso la fine dello "statement" Bernie Sanders vuole distinguersi da Donald Trump e mostrare il suo lato ragionevole-e-di-sinistra. Così afferma che, tuttavia, gli Usa, al contrario di come hanno sempre fatto in America Latina, non devono più praticare ingerenze esterne, definite "inappropriate", e tentativi di regime change.
Ragazzi, è fantastico, letteralmemnte fantastico! Sanders appoggia il golpista designato da Washington ma dice che Washington non deve designare golpisti!
Il celebre paradosso del mentitore - "Un cretese affermava che tutti i cretesi mentono sempre": diceva la verità o mentiva? - sarebbe più facilmente risolvibile. E il Manifesto ci scodinzola dietro. Troppo sforzo parlare dall'inizio alla fine di "golpe" ispirato dagli Usa, per il Manifesto. La prima parte dell'articolo era decente; e anche il finale, con le parole di Lula, era congruo. Ma una forza oscura, un virus presente da anni in redazione, ha operato per infilarci verso la fine la cifra desiderante e globalista in cui il sedicente "quotidiano comunista" trova il senso di sé.
Fantastico anche che la logica di Sanders sia simile in tutto e per tutto a quella della CGIL e dei vari "né né": "Né con Maduro né con le ingerenze esterne". Gli “internazionalisti” dicevano così per la Libia e continuano a dire così per la Siria.
Ma gli "internazionalisti" sono molto indietro, perché una comunità di sensi internazionale già esiste, ed è miracolosa, spettacolare. Non c'è infatti nemmeno bisogno che Landini si sia sentito con Sanders, è la stessa cultura politica che viene condivisa da entrambi, un entaglement, una miracolosa simultaneità a distanza che farebbe rifare i calcoli a qualsiasi fisico quantistico (in realtà le variabili nascoste ci sono e tante).

Fanno meglio le nuove Rappresentati democratiche Ilhan Omar e Alexandria Ocasio-Cortez: la prima ha parlato apertamente di " US backed coup in Venezuela" e la seconda di " non democratic means" usati dagli Stati Uniti per determinare chi comanda nel paese sudamericano ricco di petrolio e riottoso al neoliberismo. Per la cronaca, e non solo, Trump ha pensato bene di denunciare come "chavista" la proposta della Ocasio-Cortez di una tassa marginale sui ricchi del 70%. Una cosa normalissima in tutta Europa nel ventennio "keynesiano" del dopoguerra e negli Stati Uniti di Kennedy, ma oggi considerata né più né meno che come un attacco ai "diritti umani". Chiarissima, infine, la posizione della Rappresentante democratica Tulsi Gabbard, che da poco ha ufficializzato che correrà per le prossime primarie (e che Dio la preservi, anche fisicamente perché il rischio che incorra in un "incidente" mortale, se continuerà a pensarla nella stessa maniera, è grande - Esagero? guardate che abbiamo a che fare con degli assassini, né più né meno. "Atenta ti ... " avrebbe detto Bonif acio VIII – ve lo ricordate Mistero Buffo di Dario Fo? "Atenta ti ..." dirà l'establishment alla Gabbard). Ecco dunque la nostra Tulsi Gabbard:

"Gli Stati Uniti devono starsene fuori dal Venezuela. Si lasci che sia il popolo del Venezuela a determinare il proprio futuro. Noi non vogliamo che altri paesi scelgano i nostri leader - così dobbiamo smetterla di tentare di scegliere i loro".

Ricordo che Tulsi Gabbard, che pure non ama il presidente siriano al-Assad, andò a trovarlo due anni fa, in piena guerra, per capire le sue ragioni. E tornò consapevole che la ragione stava dalla parte di Damasco e non di Washington. Ecco cosa dichiarò alla Camera dei Rappresentanti lo scorso settembre, in vista di un possibile nuovo bombardamento USA sulla Siria:

" Lui [Donald Trump] e la sua squadra stanno facendo un calcolo politico e cercano qualsiasi scusa o opportunità per lanciare un altro attacco militare, in modo che Trump possa essere nuovamente glorificato per aver sganciato bombe. Altri che guadagnerebbero di più sono Al Qaeda e tutte le organizzazioni terroristiche che vogliono mantenere in vita la guerra per cambiare il governo di Assad. La loro guerra per rovesciare Assad sta per finire. Finalmente stanno affrontando la sconfitta. Un attacco americano che indebolisca significativamente l’esercito siriano sarebbe un regalo per questi gruppi terroristici che vogliono rovesciare il governo e istituire una teocrazia estremista sunnita a Damasco. Arabia Saudita, Turchia e Qatar sarebbero i beneficiari."

A questa lucidità il Manifesto non è più in grado di arrivare da anni. Né il 90% della sinistra italiana, che ancora piange la perdita di Aleppo Est da parte dei terroristi tagliagole, come ha fatto il giovane astro nascente del PD, Bernard Dika, che in occasione della Giornata della Memoria, ha voluto paragonare quell'evento ad Auschwitz. Se non altro sappiamo che il PD, coi suoi giovani leoni, continua ancora a stare dalla parte di al-Qaida e dell'ISIS.

Nulla di strano che il PD abbia da alcuni anni stretto rapporti con Voluntad Popular che di tutte le forze d'opposizione venezuelane è la più di destra e impresentabile, centro di manovra delle "guarimbas" le squadracce dedite alle violenze e agli assassini dei bolivariani (ma il PD non ha voluto incontrare il Comitato dei famigliari delle vittime delle guarimbas. Complimenti per il pluralismo!). D'altra parte il PD è stato con grande entusiasmo a favore dei nazisti di Kiev, fin da subito (a costo di subire dure proteste dalla sua stessa base) ed ora appoggia i golpisti venezuelani. Ancora non se l'è sentita di dire che Bolsonaro è un bene per il Brasile e la sua democrazia, ma poco importa. Ciò che conta è appoggiare uno dei primi effetti della sua elezione, cioè l'affondo di Washington contro l'America Bolivariana.

Piotr

L'ex funzionaria del Dipartimento di Stato, amica della Clinto, di cui parla Piero (con responsabilità - ovviamente! - per i "diritti umani", diritti delle donne, omosessuali, e trasgender), e poi Presidente di Amnesty USA dal gennaio 2012 al gennaio 2013, è SUZANNE NOSSEL: origini ebraiche, filo-sionista, considera Israele come sua seconda casa. E' stata anche incaricata di "monitorare" le elezioni in Bosnia e Kossovo ai tempi delle guerre in Jugoslavia e si è interessata specificamente di "diritti umani" - che sorpresa! - in Iran, Siria, Libia e Costa d'Avorio (ai tempi del colpo di stato francese contro il Presidente eletto Laurent Gbagbo, poi rapito e trascinato di fronte al Tribunale dell'Aja, come Milosevic, e riconosciuto innocente dopo 8 anni di reclusione). Oggi è Direttore Esecutivo di una multinazionale: il PEN American Center. C'è bisogno di aggiungere altro? V. Brandi

  P R E C E D E N T E   

    S U C C E S S I V A  

Stampa pagina

 Stampa inserto 

La VOCE 1903

 La VOCE  COREA  CUBA  JUGOSLAVIA  PALESTINA   RUSSIA   SCIENZA 

Visite complessive: Copyright - Tutti gli articoli possono essere liberamente riprodotti con obbligo di citazione della fonte.