I
grandi sviluppi economici e scientifici in Gran Brettagna e Francia
all’inizio dell’800 dettero luogo, tra le altre conseguenze, ad
una corrente di pensiero fiduciosa nel fatto che lo sviluppo
industriale e delle scienze avrebbe significato un progresso
ininterrotto verso una situazione di benessere per tutta l’umanità.
Maggiore esponente in Francia di questa tendenza – presente già in
F.
Bacone
(N. 36) e durante l’Illuminismo
(ad
esempio con Condorcet:
Vedi N. 62) e che sarà presente anche nel secolo successivo - fu
Auguste
Comte
(1798-1857)(1).
Comte,
nato a Montpellier da una famiglia modesta, si trasferì a Parigi per
completare i suoi studi, ma fu espulso dall’Ecole Politechnique
durante la Restaurazione per le sue idee filonapoleoniche. Si
mantenne per anni dando lezioni private di matematica riuscendo poi a
rientrare all’Ecole come esaminatore, ma senza mai riuscire ad
avere una cattedra. Fu per vari anni (1818-1823) segretario del noto
socialista utopista Saint
Simon
(di cui scriveremo subito dopo), salvo poi a rompere i rapporti con
lui. Tra il 1830 ed il 1842 pubblicò una serie di lezioni che
presero il nome di “Corso
di Filosofia Positiva”,
da cui proviene il termine “Positivismo”
per definire tutta questa tendenza filosofica.
Comte
è ateo ed ha una visione laica della cultura. Ha una profonda fede
nella razionalità scientifica e ritiene che scienza e tecnica
debbano essere poste al servizio dell’umanità. Ritiene che compito
dello scienziato sia quello di determinare le leggi scientifiche,
bandendo qualsiasi tentazione metafisica. Ritiene che la storia della
scienza avrebbe traversato tre periodi (“Legge
dei tre stadi”):
il primo dominato dalla fantasia in cui gli uomini attribuiscono i
fenomeni ad esseri soprannaturali (comunque importante perché segna
l’esigenza di conoscere la realtà); il secondo in cui si cercano
spiegazioni metafisiche; il terzo in cui ci si affida all’esperienza
ed alla ragione (in particolare Comte esprime una sua preferenza per
il pensiero di Hume:
vedi N. 56). Le scienze fondamentali sarebbero sei ed andrebbero
dalla più semplice, la matematica (basata su ragionamenti
“deduttivi”, ed a cui Comte non attribuisce l’importanza
unificante di tutte le scienze attribuitagli da altri autori), a
quelle considerate più complesse: astronomia (che nasce
dall’astrologia), fisica (che nasce dalla magia), chimica (che
nasce dall’alchimia), biologia (che comprende la fisiologia e la
psicologia vista da un punto di fisiologico come nel pensiero di
Cabanis: vedi N. 66). Queste scienze sono basate su indagini
sperimentali e ragionamenti sempre più “induttivi”
(che vanno cioè dal particolare all’universale, come più volte
abbiamo sottolineato). Un posto di massimo rilievo viene dato alla
sociologia,
cioè alla scienza dell’uomo, che comprende anche lo studio della
psicologia collettiva di origine sociale. Un ruolo limitato viene
dato alla logica formale, che il filosofo vede inglobata già nelle
singole scienze, ed agli studi sul processo di conoscenza tipici
dell’Illuminismo settecentesco. L’importanza data da Comte alla
sociologia si tramuterà alla fine in una vera “Religione
dell’Umanità”
dopo che negli ultimi anni di vita il filosofo sarà travolto da una
crisi mistica dopo la perdita dell’amatissima compagna Clotilde de
Vaux.
Anche
il pensiero e l’azione di Claude
Henri Saint-Simon
(1760-1825) furono ispirati da una fede nella
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scienza, nella cultura
e nel progresso che, a suo parere, sarebbe stato possibile attuare
attraverso lo sviluppo industriale che avrebbe potuto assicurare un
miglioramento collettivo delle condizioni materiali(2).
Di origine nobiliare e arricchitosi durante la Rivoluzione speculando
sui beni sequestrati alla Chiesa, si dedicò poi ad un’attività
sociale filantropica organizzando, tra l’altro, corsi per i giovani
che volevano entrare all’Ecole Polytechnique e formando un gruppo
di seguaci che ne continuò l’opera anche dopo la morte. I
Saint-simonisti, pur tra molte contraddizioni ideologiche,
erano favorevoli alle nazionalizzazioni ed all’azione
redistributiva dello Stato; sostenevano l’emancipazione della donna
e la fratellanza tra le nazioni. Il movimento, divenuto poi una
setta, è considerato uno dei principali esempi di “Socialismo
utopistico”
che precede quello “scientifico di Marx ed Engels.
Altre
esperienze di comunismo utopistico furono quelle tentate dal filosofo
francese Charles
Fourier
(1772-1837), da non confondersi con l’omonimo scienziato (vedi N.
67). Ispirandosi a Rousseau, creò negli Stati Uniti delle comunità
autosufficienti i cui membri vivevano in grandi edifici comuni
(“falansteri”);
praticavano a rotazione i lavori necessari; adottavano l’amore
libero, allevando i bambini collettivamente secondo criteri molto
liberi. L’eco di queste esperienze è giunta fino a tempi recenti,
ad esempio con la creazione di comuni, e la costruzione di edifici di
abitazione ispirati a criteri comunitari.
Sostenitore
del capitalismo fu invece il contemporaneo economista Jean-Baptiste
Say
(1767-1832), professore di Economia Politica a Parigi, fondatore
dell’Ecole
Speciale de Commerce et d’Industrie (ESCP)
tuttora esistente. Fu amico di Ricardo
e seguace delle teorie di Smith
sulla capacità di autoregolazione del mercato in regime di
concorrenza, tanto da poter essere annoverato tra gli economisti
“classici” (vedi numero precedente). E’ nota soprattutto la
“Legge
di Say”,
secondo cui il ricavato dalla vendita dei prodotti si trasforma
automaticamente in nuova spesa per altri prodotti evitando pericoli
di crisi economiche. Come abbiamo visto al numero precedente questa
visione ottimistica fu molto criticata nel ‘900 dall’economista
britannico Keynes,
ma già dal contemporaneo più realista Malthus(3).
Un
altro esponente di una forma di “Socialismo Utopistico” fu invece
l’industriale gallese Robert
Owen (1771-1858)
che organizzò la sua fabbrica tessile di New Lamark in Scozia
secondo criteri avanzati che potremmo definire socialdemocratici (che
ricordano quelli adottati recentemente anche nelle fabbriche della
Olivetti), rispettando le condizioni di lavoro e di vita degli
operai, creando scuole materne e cooperative di consumo per poter
assicurare prodotti migliori e più economici ai lavoratori. Anche il
filosofo
Bentham
(vedi numero precedente) appoggiò per un certo periodo l’iniziativa.
In seguito Owen tentò senza successo di impiantare esperienze simili
negli Stati Uniti e si dedicò successivamente alla creazione di
sindacati (Trade Unions) e cooperative operaie nel territorio
britannico. Nonostante i fallimenti, Owen si è attirato da parte di
Marx ed Engels (propugnatori di un “Socialismo Scientifico”
basato sulla realtà), insieme alle critiche anche il riconoscimento
della sua buona fede e generosità.
Geymonat,
“Storia del Pensiero Fil. e Sc.”, Vol. IV, cap. 15, opera citata
in bibliografia
Geymonat,
op. cit., Vol. IV, cap. 14
J.M.
Poursin, G. Dupuy,”Malthus”, op. cit. in bibl.
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