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La VOCE ANNO XXI N°7

marzo 2019

PAGINA B         - 34

AUGUST COMTE E IL POSITIVISMO. SAINT SIMON, C. FOURIER, OWEN E IL SOCIALISMO “UTOPISTICO”. UN ECONOMISTA “CLASSICO” FRANCESE: J.B. SAY

di Vincenzo Brandi

I grandi sviluppi economici e scientifici in Gran Brettagna e Francia all’inizio dell’800 dettero luogo, tra le altre conseguenze, ad una corrente di pensiero fiduciosa nel fatto che lo sviluppo industriale e delle scienze avrebbe significato un progresso ininterrotto verso una situazione di benessere per tutta l’umanità. Maggiore esponente in Francia di questa tendenza – presente già in F. Bacone (N. 36) e durante l’Illuminismo (ad esempio con Condorcet: Vedi N. 62) e che sarà presente anche nel secolo successivo - fu Auguste Comte (1798-1857)(1).

Comte, nato a Montpellier da una famiglia modesta, si trasferì a Parigi per completare i suoi studi, ma fu espulso dall’Ecole Politechnique durante la Restaurazione per le sue idee filonapoleoniche. Si mantenne per anni dando lezioni private di matematica riuscendo poi a rientrare all’Ecole come esaminatore, ma senza mai riuscire ad avere una cattedra. Fu per vari anni (1818-1823) segretario del noto socialista utopista Saint Simon (di cui scriveremo subito dopo), salvo poi a rompere i rapporti con lui. Tra il 1830 ed il 1842 pubblicò una serie di lezioni che presero il nome di “Corso di Filosofia Positiva”, da cui proviene il termine “Positivismo” per definire tutta questa tendenza filosofica.

Comte è ateo ed ha una visione laica della cultura. Ha una profonda fede nella razionalità scientifica e ritiene che scienza e tecnica debbano essere poste al servizio dell’umanità. Ritiene che compito dello scienziato sia quello di determinare le leggi scientifiche, bandendo qualsiasi tentazione metafisica. Ritiene che la storia della scienza avrebbe traversato tre periodi (“Legge dei tre stadi”): il primo dominato dalla fantasia in cui gli uomini attribuiscono i fenomeni ad esseri soprannaturali (comunque importante perché segna l’esigenza di conoscere la realtà); il secondo in cui si cercano spiegazioni metafisiche; il terzo in cui ci si affida all’esperienza ed alla ragione (in particolare Comte esprime una sua preferenza per il pensiero di Hume: vedi N. 56). Le scienze fondamentali sarebbero sei ed andrebbero dalla più semplice, la matematica (basata su ragionamenti “deduttivi”, ed a cui Comte non attribuisce l’importanza unificante di tutte le scienze attribuitagli da altri autori), a quelle considerate più complesse: astronomia (che nasce dall’astrologia), fisica (che nasce dalla magia), chimica (che nasce dall’alchimia), biologia (che comprende la fisiologia e la psicologia vista da un punto di fisiologico come nel pensiero di Cabanis: vedi N. 66). Queste scienze sono basate su indagini sperimentali e ragionamenti sempre più “induttivi” (che vanno cioè dal particolare all’universale, come più volte abbiamo sottolineato). Un posto di massimo rilievo viene dato alla sociologia, cioè alla scienza dell’uomo, che comprende anche lo studio della psicologia collettiva di origine sociale. Un ruolo limitato viene dato alla logica formale, che il filosofo vede inglobata già nelle singole scienze, ed agli studi sul processo di conoscenza tipici dell’Illuminismo settecentesco. L’importanza data da Comte alla sociologia si tramuterà alla fine in una vera “Religione dell’Umanità” dopo che negli ultimi anni di vita il filosofo sarà travolto da una crisi mistica dopo la perdita dell’amatissima compagna Clotilde de Vaux.

Anche il pensiero e l’azione di Claude Henri Saint-Simon (1760-1825) furono ispirati da una fede nella

scienza, nella cultura e nel progresso che, a suo parere, sarebbe stato possibile attuare attraverso lo sviluppo industriale che avrebbe potuto assicurare un miglioramento collettivo delle condizioni materiali(2). Di origine nobiliare e arricchitosi durante la Rivoluzione speculando sui beni sequestrati alla Chiesa, si dedicò poi ad un’attività sociale filantropica organizzando, tra l’altro, corsi per i giovani che volevano entrare all’Ecole Polytechnique e formando un gruppo di seguaci che ne continuò l’opera anche dopo la morte. I Saint-simonisti, pur tra molte contraddizioni ideologiche, erano favorevoli alle nazionalizzazioni ed all’azione redistributiva dello Stato; sostenevano l’emancipazione della donna e la fratellanza tra le nazioni. Il movimento, divenuto poi una setta, è considerato uno dei principali esempi di “Socialismo utopistico” che precede quello “scientifico di Marx ed Engels.

Altre esperienze di comunismo utopistico furono quelle tentate dal filosofo francese Charles Fourier (1772-1837), da non confondersi con l’omonimo scienziato (vedi N. 67). Ispirandosi a Rousseau, creò negli Stati Uniti delle comunità autosufficienti i cui membri vivevano in grandi edifici comuni (“falansteri”); praticavano a rotazione i lavori necessari; adottavano l’amore libero, allevando i bambini collettivamente secondo criteri molto liberi. L’eco di queste esperienze è giunta fino a tempi recenti, ad esempio con la creazione di comuni, e la costruzione di edifici di abitazione ispirati a criteri comunitari.

Sostenitore del capitalismo fu invece il contemporaneo economista Jean-Baptiste Say (1767-1832), professore di Economia Politica a Parigi, fondatore dell’Ecole Speciale de Commerce et d’Industrie (ESCP) tuttora esistente. Fu amico di Ricardo e seguace delle teorie di Smith sulla capacità di autoregolazione del mercato in regime di concorrenza, tanto da poter essere annoverato tra gli economisti “classici” (vedi numero precedente). E’ nota soprattutto la “Legge di Say”, secondo cui il ricavato dalla vendita dei prodotti si trasforma automaticamente in nuova spesa per altri prodotti evitando pericoli di crisi economiche. Come abbiamo visto al numero precedente questa visione ottimistica fu molto criticata nel ‘900 dall’economista britannico Keynes, ma già dal contemporaneo più realista Malthus(3).

Un altro esponente di una forma di “Socialismo Utopistico” fu invece l’industriale gallese Robert Owen (1771-1858) che organizzò la sua fabbrica tessile di New Lamark in Scozia secondo criteri avanzati che potremmo definire socialdemocratici (che ricordano quelli adottati recentemente anche nelle fabbriche della Olivetti), rispettando le condizioni di lavoro e di vita degli operai, creando scuole materne e cooperative di consumo per poter assicurare prodotti migliori e più economici ai lavoratori. Anche il filosofo Bentham (vedi numero precedente) appoggiò per un certo periodo l’iniziativa. In seguito Owen tentò senza successo di impiantare esperienze simili negli Stati Uniti e si dedicò successivamente alla creazione di sindacati (Trade Unions) e cooperative operaie nel territorio britannico. Nonostante i fallimenti, Owen si è attirato da parte di Marx ed Engels (propugnatori di un “Socialismo Scientifico” basato sulla realtà), insieme alle critiche anche il riconoscimento della sua buona fede e generosità.

  1. Geymonat, “Storia del Pensiero Fil. e Sc.”, Vol. IV, cap. 15, opera citata in bibliografia

  2. Geymonat, op. cit., Vol. IV, cap. 14

  3. J.M. Poursin, G. Dupuy,”Malthus”, op. cit. in bibl.

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