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La VOCE 1901 |
P R E C E D E N T E | S U C C E S S I V A |
La VOCE ANNO XXI N°5 | gennaio 2019 | PAGINA 11 |
In questa pagina potete trovare articoli molto interessanti, che non hanno trovato spazio in questo numero de La VOCE, ma di cui consigliamo ugualmente la lettura.AFRICASalvini come Caligola e Nerone Ogni tanto può anche succedere l’incredibile. Che Salvini, per quanto oberato degli stereotipi delle Ong, degli accoglitori universali e del loro organetto sorosiano “il manifesto”, possa dire una cosa giusta. E’ successo anche a Hitler, quando ha detto “bravo” al suo pastore alsaziano, a Hillary Clinton quando ha ammesso di aver creato Al Qaida, a Caligola quando, a un senato di strozzini e latifondisti, ha imposto un cavallo, a Nerone quando ha cantato una ballata sulle fiamme che toglievano di mezzo la parte più fatiscente, paludosa e ammorbata della capitale. Al “capitano” della Lega, rappresentante del business nelle sue forme più vampiresche nel governo detto gialloverde, è occorso poche volte, ma significative: quando è intervenuto contro i sicari marittimi della migrazione forzata, chiamati Ong; quando ha fatto “cento” per demolire la legge dell’ammazzavecchietti Fornero; e quando ha detto a Marrakesh, al Global Compact Migration, non ci andiamo. Non ci sarei andato neanch’io. Sono d’accordo per non andarci moltissimi Cinque stelle del Parlamento e del territorio. Salvo quel nuovo Pizzarotti che è Roberto Fico, ora spesosi anche per l’imbroglio Regeni. Rifiutano paesi intesi come democratici, tipo Svizzera, Austria, Cechia, la stessa Ungheria della quale, prima di ripetere le calunnie dei risentiti dall’espulsione della banda Soros da quel paese, va constatato sul luogo di quanta stampa d’opposizione ci sia e di quanto regolari siano le elezioni. Tutti razzisti, xenofobi, sciovinisti? Troppo facile, ragazzi. Aderiscono al Compact – già quel termine (non vi ricorda niente; magari un cappio che ci si stringe al collo da quando c’è l’euro?) – Russia e Cina? Me’ cojoni! Non credo che si tratti di paesi sui quali si riverserà lo tsunami di 250 e passa milioni che, secondo l’ONU, hanno già il fagotto in spalla. Se lo possono permettere. E poi, che facciamo, ne subiamo l’input? lo Stato Guida, la Chiesa Madre, l’editore geopolitico di riferimento sono conforti che lasciamo ai nipotini sopravvissuti di Cossutta. AMERICAL’intellettuale che rispetto più al mondo, Noam Chomsky, da 70 anni ripete alla società civile una sola cosa: “Organize”, cioè agite nella vita reale per l’interesse comune. Lo conosco bene, siamo sempre in contatto, e da quando avevo 28 anni io non ho fatto altro: Organize. Oggi ho sessant’anni, sono parecchio stanco, ma non smetto, ed eccomi sotto l’Ambasciata dell’Equador a manifestare contro la neo-rivelata incriminazione di Julian Assange da parte degli USA. Non c’è un cane, ed è più o meno così da anni ormai, salvo sparute apparizioni di gruppetti per poche ore. Avevo allertato giornalisti e attivisti inglesi per mesi, ma nessun collega, neppure principiante idealista o blogghettaro, si fa vivo. Ma sui Social internazionali (non quelli italiani) la mia iniziativa ha registrato decine di migliaia di approvazioni, sembrava aver scatenato una valanga, dalla GB al Canada, USA, Spagna, dalla Polonia persino, o Paesi scandinavi. Sui Social sembra che milioni di attivisti stiano freneticamente AGENDO per Assange. Ma dov’è tutta sta gente? Perché sotto sto terrazzino miserrimo da mesi e mesi non succede più niente di massiccio e costante? Trump si ritira dalla Siria nel disperato tentativo di salvare la presidenza, causando un terremoto geopolitico FEDERICO PIERACCINI - strategic-culture.org Il 19 dicembre, Donald Trump aveva annunciato in un messaggio su Twitter: “I nostri ragazzi, le nostre giovani donne, i nostri uomini, stanno tornando tutti e stanno tornando adesso. Abbiamo vinto.” Poco dopo, la portavoce del Pentagono, Dana White, aveva dichiarato: “Abbiamo avviato il processo di rimpatrio dalla Siria delle truppe statunitensi e passiamo alla fase successiva della campagna.” Le ragioni della mossa di Donald Trump sono molte, ma derivano tutte principalmente dalle tensioni interne degli Stati Uniti. Dopo le elezioni di medio termine, l’atmosfera politica per Trump si sta riscaldando, mentre i Democratici si preparano ad assumere il controllo della Camera dei Rappresentanti a gennaio, una cosa che Trump aveva sempre sperato di poter evitare. Si era circondato di generali, nella vana speranza che ciò lo avrebbe, in qualche modo, protetto. Se gli ultimi due anni della sua presidenza sono stati costantemente sotto l’ombra delle indagini di Mueller, o delle insinuazioni di essere un agente di Putin, dal gennaio 2019 la situazione sarà molto più complicata. La base elettorale democratica reclama l’impeachment del Presidente, il partito è già in completa modalità pre-primarie, con più di 20 candidati in competizione tra loro, e il titolare della Casa Bianca fa sentire il suo il grido di guerra. La combinazione di questi fattori ha costretto Trump a cambiare marcia, considerando che il complesso militare-industriale-intelligence-media è da sempre pronto a sbarazzarsi di Trump, ed è anche favorevole ad una presidenza [del suo attuale vice] Pence. L’unica opzione disponibile per Trump, per avere una chance di essere rieletto nel 2020, è quella di intraprendere un tour di auto-promozione, una pratica in cui pochi sono in grado di emularlo, che lo vedrà ripetere il mantra “promesse fatte, promesse mantenute.” Ricorderà come aveva combattuto contro i media diffusori di fake-news, come avesse subito un sabotaggio dall’interno e gli altri tentativi (da parte della Fed, dell’FBI e dello stesso Mueller) per ostacolare i suoi sforzi tesi a “rendere l’America nuovamente grande.” CINAIn tutta sincerità, gli americani mi piacciono molto. Ho incontrato molte lovely people negli Stati Uniti e posso rendermi conto della vergogna che molti americani (e non solo gli “intellettuali di New York”) sentano per avere come loro capo un pagliaccio terrificante. Tuttavia, devo chiedere — e so che questo non sarà facile per gli americani — di considerare per un momento, le cose da un punto di vista non americano. Non intendo “da un punto di vista francese”, che sarebbe chiedere troppo, ma, diciamo, “dal punto di vista del resto del mondo”. Nelle numerose occasioni in cui mi hanno chiesto un parere sull’elezione di Donald Trump, ho risposto che non me ne frega un cxxxo. La Francia non è il Wyoming o l’Arkansas. La Francia è un paese indipendente, più o meno, e tornerà ad esserlo di nuovo del tutto quando l’Unione europea si sarà sciolta (prima è, meglio sarà). Gli Stati Uniti d’America non sono più la potenza più importante del mondo, lo sono stati per molto tempo, per quasi tutto il corso del ventesimo secolo, ma non lo sono più. Rimangono una potenza importante, una tra le tante. Ma questa non è necessariamente una cattiva notizia per gli americani. |
MOON OF ALABAMA FONTE: MOON OF ALABAMA La CNN riporta che, presto, si prevedono le dimissioni del capo di gabinetto della Casa Bianca John Kerry. Sono già girate voci simili prima, ma questa volta la notizia potrebbe essere vera. Il che è un male per Trump e per la politica americana. Kerry è un dei pochi contropoteri al consigliere per la sicurezza nazionale John Bolton. In sua sostituzione verrà probabilmente messo chiunque Bolton sceglierà. EUROPAIl fiasco della Brexit e le rivolte francesi stanno accelerando i sintomi della crisi del sistema Terra in Europa Pubblicato da INSURGE INTELLIGENCE, un progetto di giornalismo investigativo finanziato dal crowdfunding per le persone e il pianeta. Per favore sosteneteci per continuare a indagare dove gli altri temono di mettere piede. Tutti parlano della Brexit. Alcuni dei disordini francesi. Ma nessuno sta parlando del perché stanno accadendo e quale sia il loro vero significato. Si potrebbe pensare che lo si stia facendo, ma di solito non si coglie il nocciolo della questione. Il 6 maggio 2010, il Partito conservatore ha preso le redini del potere per la prima volta dal 1992, sostenuto dall’aiuto dei liberal democratici. Qualche ora prima del risultato delle elezioni avevo messo in guardia, in un post sul blog, che qualsiasi governo fosse stato eletto, sarebbe stato il primo passo in un cambiamento drastico verso l’estrema destra, che probabilmente avrebbe investito il mondo occidentale da lì a 10 anni. UE e sovranità monetaria secondo Mario Draghi Nel corso del discorso tenuto sabato 15 dicembre 2018 a Pisa, in occasione del conferimento della Laurea honoris causa in Economia da parte della Scuola Superiore Sant’Anna, Mario Draghi ha finalmente ammesso che qualcosa deve essere cambiato nel funzionamento dell’Unione Europea ed ha anche espressamente parlato della sovranità monetaria. Qui trovate l’intervento integrale https://www.startmag.it/primo-piano/perche-lue-deve-dare-agli-stati-piu-poteri-anti-ciclici-in-politica-economica-parola-di-mario-draghi-bce/. Questo atteggiamento più “critico” è probabilmente dovuto al tentativo di arginare i movimenti sovranisti e populisti, che hanno dato origine nel Regno Unito alla Brexit, in Italia al Governo M5S e Lega e in Francia alle manifestazioni di piazza dei gilets gialli. Movimenti che pur nelle loro diversità, manifestano un malcontento molto evidente nei confronti delle politiche economiche neoliberiste degli ultimi anni. ITALIANon mi piace alimentare la forma prima di intrattenimento dell’Italia, ovvero la politica-spettacolo di talk show, informazione paludata e maligna e girandola di commenti social che farebbero impallidire gli avventori di un vecchio Bar dello Sport. Eppure stavolta qualcosa voglio dirla. Voglio dire qualcosa perché per la prima volta vedo con chiarezza un disegno dietro le vicende politiche degli ultimi mesi rappresentate dai media, il disegno ben orchestrato di neutralizzare il progetto di cambiamento della forza politica che alle ultime elezioni ha pressoché doppiato la percentuale di consensi dei suoi diretti avversari (32.7 contro rispettivamente 18.7 e17.4). Gli argini alla marea montante erano stati costruiti già prima della consultazione elettorale, quando la maggioranza parlamentare uscente approvò la nuova legge elettorale – il cosiddetto Rosatellum, dal nome dell’allora deputato del partito che avrebbe poi ottenuto il 18.7-: la conta dei voti sarebbe avvenuta per coalizione, non per singola forza politica, ben sapendo che il movimento del futuro 32.7 sarebbe stato l’unico a correre da solo. Di fatto l’argine cedette sotto la spinta delle preferenze, dato che il successo del movimento solitario finì per impedire che una delle due coalizioni raggiungesse la maggioranza parlamentare assoluta (50% + 1). L’operazione successiva è stata quindi quella di legare a corda doppio il corpo estraneo della politica italiana (annoto solo che in una democrazia compiuta non dovrebbe essere neppure concepibile l’idea di un corpo estraneo) con un compagno di cordata organico all’assetto politico tradizionale: la forza del 32.7 è stata posta sotto la tutela del partito del 17.4. Il problema dell’Italia non è il debito ma gli interessi Lo scopo di questo articolo è confrontare il tanto rumore per nulla delle manovre economiche attuali, con quelle del passato, quando il governo italiano consentiva all’economia di funzionare davvero, grazie al fatto che teneva basse le tasse e faceva investimenti pubblici. La manovra finanziaria attuale lascia perplessi dal punto di vista economico perché alla fine il risultato da quel punto di vista è praticamente irrilevante. Vale a dire non è costruita pensando alla crescita del Paese. L’economia italiana negli ultimi dieci anni ha perso il 9% del Pil, con la recessione del 2008/9 e poi quella del 2012, una perdita che ha recuperato solo in una piccola parte. E la nuova manovra, nella sua ultima formulazione, non indica un concreto cambio di direzione. Insomma, doveva essere una manovra espansiva e invece così non è. Il deficit che prevede la manovra è quasi uguale a quello previsto l’anno scorso, alla fine consiste solo di 8-9 miliardi circa che vengono presi da alcune parti del bilancio (meno detrazioni fiscali, dismissioni, pace fiscale…) per spostarli su (forse) un milione di persone che riceveranno intorno a 700 euro da aprile, più (e questo è più probabile) 400mila prepensionamenti. MEDIO ORIENTESecondo il quotidiani statunitense, Washington è complice della "strage" provocata dalla guerra dell'Arabia Saudita contro lo Yemen, per la vendita di armi a Riad che usa nei suoi attacchi contro il popolo yemenita. In un articolo pubblicato ieri, il quotidiano statunitense The New York Times, ha denunciato la complicità degli Stati Uniti con l'aggressione del regime saudita e dei suoi alleati contro lo Yemen, e lamentato la massiccia fornitura di armi americane avanzate a favore di Riad dal 2015 per lanciare attacchi indiscriminati contro il suo vicino meridionale; una guerra che ha causato più di 50.000 morti, per lo più civili. "Quando un caccia F-15 saudita decolla dalla base aerea di King Khalid, nel sud Arabia Saudita per effettuare attacchi nello Yemen, non solo l'aereo e le bombe sono americane, ma la meccanica e tecnici di servizio degli aerei sono anche dagli Stati Uniti", ha ricordato il giornale. RUSSIASCIENZA |
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