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La VOCE 1902 |
P R E C E D E N T E | S U C C E S S I V A |
La VOCE ANNO XXI N°6 | febbraio 2019 | PAGINA 2 - 22 |
Segue da Pag.21: RED LAND – ROSSO ISTRIA: UNA RECENSIONE Nessun inquadramento storico viene fornito nel film, a parte le poche didascalie che parlano dell’arresto di Mussolini e dell’armistizio, senza una continuità di tempi, con solo un breve accenno a “la guerra è finita” quando, l’8 settembre, la popolazione va in piazza a bere (tanto per cambiare) e festeggiare (va dato atto che in tutto il film le comparse sembrano muoversi su un piano parallelo che non interagisce coi protagonisti, ma si limitano a muoversi avanti e indietro, come se non si rendessero conto di ciò che accade loro intorno); l’Istria sembra essere stata un’isola lontana da tutto il mondo, tranquilla e senza problemi almeno finché non arrivano i “titini”, cioè il gruppo di croati locali cui si era aggiunto Mate, inviato appositamente da Dubrovnik (come se i “titini” avessero psicolabili sadici tra i loro comandanti e commissari politici… ma è ovvio che il comunista è cattivo e se è slavo è ancora peggio), ed al quale molti dei coloni si oppongono dicendo che loro sono sempre stati trattati bene dai Cossetto; così il feroce comandante col ghigno ordina anche la loro esecuzione e lo stupro delle loro mogli e figlie (stupri che si sentono in sottofondo mentre Mate tracanna vino spiegando il suo progetto di eliminazione degli italiani dall’Istria: progetto che ribadisce del resto ogni volta che parla con un italiano, sia il professore che non vuole collaborare, sia Angelo ed Adria che devono comprendere che come collaboratori non dureranno a lungo, dato che sono italiani). Altro personaggio inventato è lo “scemo del villaggio”, forse non a caso battezzato simbolicamente Italo, che vive alla giornata perché è senza famiglia ma ha i ricci biondi perfettamente curati mentre si aggira straparlando sulla belva con la bocca spalancata che inghiotte la gente nel bosco, ed i ricci gli rimarranno intatti anche nella scena in cui si vede il suo cadavere sfregiato dalle torture inflittegli dai “titini”. Da film d’azione hollywoodiano di bassa lega invece la scena dell’irruzione “titina” nella caserma (non si capisce se dei Carabinieri o della Milizia) allo scopo di prelevare armi: ma anche questa azione è piuttosto incomprensibile, se consideriamo che Angelo era andato nel posto per arruolarsi ed approfittando di un momento di confusione (erano stati catturati alcuni partigiani – che evidentemente però non avevano contatti con i “titini” di Mate – ai quali era stato sequestrato un ingente quantitativo di armi, armi delle quali poi i “titini” vorranno impadronirsi) aveva rubato le chiavi del magazzino. A quale scopo quindi fare quel po’ po’ di assalto con tanto di armi automatiche (che, vero che non siamo esperti, ma abbiamo dei dubbi esistessero all’epoca) e gas (terribilmente kitsch la scena in cui Mate si staglia in controluce sull’ingresso nei vapori fumogeni con tanto di maschera antigas mentre il comandante della caserma invoca pietà perché sta soffocando), se avrebbero potuto con meno fatica penetrare nel solo magazzino e portare via le armi? Certo in tal caso sarebbero mancate l’azione e l’ennesima dimostrazione della ferocia “titina”, ferocia che appare anche in un’altra scena orripilante (e priva di logica), in cui si vede il prete del luogo (che aveva rifiutato di concedere ai “titini” la canonica come deposito di armi) impiccato alle corde delle campane (e gocciolante sangue sull’inconsapevole Angelo venuto a cercarlo). Va detto che un simile tipo di esecuzione non risulta mai essere stato operato da partigiani, mentre fu il parroco di Canfanaro ad essere impiccato dai nazisti, nel corso dell’Operazione Nubifragio di cui si è detto prima. Il che fa pensare che la sceneggiatura non sia stata scritta in base a mancanza di informazioni ma in perfetta coscienza di mistificazione storica. Patetiche le interpretazioni dei militari, col generale Esposito (che tenne la piazza di Trieste durante tutta la guerra, anche sotto occupazione nazista) che sembra un vecchietto che non riesce a decidersi su cosa fare, come se il dilemma fosse se andare a bere il caffè al bar o farselo a casa. Abbiamo poi il partigiano Giorgio, interpretato dallo stesso regista, disertore aggressivo ed impulsivo, che si unisce ai “titini” per antifascismo, innamorato segreto di Norma, che sarà (per ordine di Mate) costretto ad arrestare, accompagnato da un manipolo di “croati”. Anche qui la fiction contraddice la storia, dato che la sorella di Norma, Licia, dichiarò più volte che Giorgio era venuto da solo in motocicletta a casa loro e che Norma lo seguì di propria volontà (cosa scritta peraltro anche nel “diario” del cugino Giuseppe, cui si sarebbe ispirato il film). Alla fine ciò che resta della storia di Norma Cossetto sono lo stupro (più o meno in diretta e prolungato in modo insopportabile) e l’infoibamento, cui avrebbe assistito Giulia, la ragazzina della bambola, che avevamo lasciato a Visinada bloccata in un rastrellamento nazista con sua madre e le Cossetto, Licia e la madre dopo l’ammazzamento di Adria, e che non si comprende come abbia potuto raggiungere da sola e presumibilmente a piedi la foiba, distante una decina di chilometri dal villaggio (così nel film, perché nella realtà Norma fu infoibata in una località molto più distante da Visinada).Notiamo ancora che la foiba vista dall’esterno ha un’apertura piuttosto ristretta, mentre nelle scene girate all’interno tale apertura sembra non solo molto più grande, ma la cavità sembra svilupparsi in orizzontale e non in verticale (cosa questa già vista nell’orribile precedente dal titolo Il cuore nel pozzo, altro prodotto di propaganda goebbelsiana); e nella (lunghissima e lugubre) scena che mostra gli infoibati precipitare nell’abisso, quando tocca a Norma essere gettata dentro la discesa sembra non finire mai, ma appare evidente che il luogo dove è stato girato il tutto è un ghiaione di montagna e non una cavità sotterranea; né si comprende come dopo una caduta di tanti metri alla fine la ragazza sia ancora viva; e qui riappaiono le mani insanguinate della scena iniziale, momento di collegamento col “presente”, ossia l’apparizione della Giulia ormai anziana accompagnata dalla nipote, sempre più stralunata, giunte, non si sa come, dal Magazzino 18 alla foiba in mezzo all’Istria. Qui si chiuderà il film, con |
una scena
orribile: dopo che Giulia avrà gettato con espressione astiosa
la bambola dentro la foiba, si vedranno nuovamente le mani
insanguinate di Norma Cossetto che chiedono aiuto.
Nonostante si tratti di un lavoro brutto sotto tutti i punti di vista, lungo, noioso, recitato male, privo di coerenza e di inquadramento storico, i recensori dei giornali (anche “di sinistra”) ne hanno parlato bene, senza entrare nel merito del film, ma per il solo motivo che tratta un argomento “scomodo” di cui “non si è mai parlato prima”. E se questi sono i presupposti (di Norma Cossetto si è iniziato a parlare nel 1943, subito dopo la sua morte), possiamo ben capire, data l’ignoranza totale su questi argomenti storici, quanto male potrà fare questo film nell’opinione pubblica e soprattutto tra i giovani (si parla di proiettarlo nelle scuole), che in coda riporta informazioni “storiche” completamente false: non furono un migliaio gli infoibati nel settembre 1943, non furono settemila quelli dopo la fine della guerra (va detto che nel precedentemente citato Cuore nel pozzo il numero degli infoibati era dato in diecimila).Ma è più facile veicolare bufale scrivendole in coda ad un film che diffondere informazioni tramite libri storici seri, che vengono tacciati di “negazionismo” dagli stessi propagandisti di bassa lega che diffondono falsità erigendosi a paladini di una verità che non esiste. C’è infine un mistero collegato alla realizzazione di questo lavoro. Nel 2015, subito dopo l’uscita del film sull’eccidio di Codevigo, il regista Antonello Belluco (co-sceneggiatore di Red Land) tenne una conferenza stampa a Padova in cui annunciava l’uscita per il Giorno del ricordo del 2016 di un film su Norma Cossetto, con le musiche di Simone Cristicchi, che era presente all’iniziativa (e che aveva espresso la propria solidarietà all’asserito “boicottaggio” del Segreto d’Italia: è curioso come ogni volta che escono produzioni su questi argomenti gli autori parlino sempre di boicottaggio ma allo stesso tempo di grande successo di pubblico). Non si comprende quindi perché il film, uscito infine con un ritardo di quasi tre anni, sia stato realizzato da un altro regista e Cristicchi non abbia scritto le musiche. Claudia Cernigoi, 4 dicembre 2018
Si vedano anche:
Alessandra Kersevan: RESOCONTO DOPO LA VISIONE (MOLTO SOFFERTA...) DEL FILM RED LAND http://www.diecifebbraio.info/2018/11/recensione-di-red-land-rosso-istria/
Claudia
Cernigoi: GLI SCENEGGIATORI DEL FILM “RED LAND – ROSSO
ISTRIA”
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http://www.resistenze.org/sito/os/ip/osipib10-020032.htm
www.resistenze.org - osservatorio - italia - politica e società - 10-02-18 - n. 661 Le foibe e il 10 febbraio, "giorno del ricordo"
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