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La VOCE ANNO XXI N°1

settembre 2018

PAGINA G         - 39

Stato o privato, questa la scelta


Mai avremmo pensato possibile un evento come il crollo del viadotto autostradale di Genova. E’, in tutti i sensi, un fatto mai visto, unico e forse irripetibile. Eppure nella moltiplicazione geometrica di commenti che un avvenimento come questo si porta dietro, stiamo assistendo ad un altro fatto altrettanto unico: la sinistra per Benetton. Non quella “sinistra” con cui vengono definiti Pd, Leu e compagnia varia, protesi ideologica del monopolismo liberista. Parliamo proprio della sinistra radicale in sostegno del capitalismo privato. Pur di combattere il M5S, pur di marcare una discontinuità col cosiddetto populismo, pur di combattere il famigerato Stato nazionale, pur di segnare una distanza col governo giallo-verde, pur di mostrarsi razionali, ragionevoli e più intelligenti del popolaccio che ha mandato al governo Salvini e Di Maio: eccoli schierati con gli interessi della privatizzazione e contro le ragioni della nazionalizzazione. “Non è che i servizi statali siano tanto meglio”, ammoniscono i liberisti di movimento; “con lo Stato le infrastrutture facevano schifo uguale”, ci ricordano i sostenitori dell’ideologia anti-statale; “Stato o privato, rimane sempre capitalismo”, aggiungono incompresi Proudhon del XXI secolo. La tragedia del ponte Morandi ha saltato la farsa della polemica politica per arrivare all’allucinazione collettiva di oniriche “terze vie” autogestite. Si pretende la manutenzione delle infrastrutture disastrate del paese, ma si combattono le ragioni dell’economia pubblica, cioè dell’economia statale, l’unica forma economica organizzata che dovrebbe attuarle. Si vagheggiano risorse pubbliche da destinare alla salvaguardia del benessere sociale, salvo poi accanirsi contro l’economia pubblica, sostenendo, di fatto quando non esplicitamente, le ragioni dell’economia privatizzata.

Nonostante ciò, la sinistra per Benetton può dormire sonni tranquilli: non ci sarà nessuna nazionalizzazione. La guerra dichiarata ad Atlantia, una delle società più importanti del paese nonché, dopo l’Opa su Abertis, uno dei gestori autostradali più importanti del mondo, è già un fatto notevole per il capitalismo italiano ed europeo ma, tutto sommato, rientra nella vendetta politica contro un gruppo industriale da sempre legato al centrosinistra. La nazionalizzazione è un’altra cosa. Significherebbe non regalare le autostrade italiane a qualche altro imprenditore del nord-est, passando così dalla padella alla brace. Vorrebbe dire sconvolgere il modus operandi del liberismo europeista, attraverso un’operazione bellica senza precedenti. Dubitiamo che un governo come questo abbia il coraggio e le competenze adeguate a portare a termine un’operazione di questo tipo. In caso contrario, beh, saremmo di fronte ad un fatto inatteso. Saremmo di fronte a una sorta di peronismo conseguente, con tutte le contraddizioni e le ambiguità che un terremoto del genere si porterebbe dietro. Per capire le conseguenze che questo potrebbe avere sui rapporti politici in generale, basterebbe valutare proprio il caso argentino. Ma qui stiamo anche noi nel mondo dell’onirico. Tutto rimarrà come prima. Il capitalismo italiano può dormire sonni tranquilli, e con esso tutta la sinistra contro l’economia pubblica.

"POSTE KAPUTT" (anno 2015)

Mario Albanesi
Pubblicato il 25 ago 2018
Riproponiamo alcuni editoriali del passato contro le privatizzazioni e a favore delle nazionalizzazioni dei beni e dei servizi primari dello Stato. Invitiamo a tener conto che il commento è stato girato in un contesto assai diverso dall’attuale (M. Albanesi).

Mario Albanesi: Poste Kaputt

Mario Albanesi
PandoraTV
Pubblicato il 25 ago 2018
Dopo il tragico crollo del Ponte Morandi, il tema delle cessione dei beni pubblici ai provati è tornato prepotentemente alla ribalta. Riproponiamo un editoriale in cui Mario Albanesi se ne occupava in relazione alla privatizzazione di Poste Italiane.

"POSTE KAPUTT"

Mario Albanesi
Pubblicato il 17 ott 2015

Il vero capo del governo Pier Carlo Padoàn – Matteo Renzi è solo un fantaccino adibito a confondere le idee agli italiani – ha deciso che questo è il momento migliore per privatizzare le poste italiane: un vero delitto.

Autostrade, un contratto capestro e le oscene acrobazie dei media per nascondere il cognome Benetton

17 agosto 2018 Peter Gomez Direttore de ilfattoquotidiano.it e scrittore

C’è qualcosa di osceno nella protervia con cui Autostrade per l’Italia, davanti ai cadaveri, cita contratti e penali. L’idea che una società, miracolata da una concessione statale priva di senso economico e sociale, ricordi che in base ai documenti firmati avrebbe diritto a 20 miliardi di euro anche se venisse provata la sua responsabilità per i morti di Genova è un fatto che scuote le coscienze. Un accordo del genere (oltretutto in parte coperto da segreto di Stato) è un contratto capestro. Chiunque coltivi ancora in sé un minimo senso di giustizia può facilmente capire quale sia la truffa di quella concessione ultra decennale prolungata in tutta fretta.

Secondo il contratto anche in caso di accordo rescisso per colpa grave alla società controllata dalla famiglia Benetton spettano per anni versamenti miliardari. Non abbiamo idea del perché politici di diverso colore nel tempo abbiano accettato tutto questo. Sappiamo però che un accordo del genere autorizza le ipotesi peggiori. Che esulano dalla semplice incapacità e inettitudine di tanti governanti protagonisti dell’affare. Più volte in passato noi e altri giornalisti, a partire dai colleghi di Report, abbiamo denunciato e raccontato lo scandalo di queste concessioni. Ma quelle storie e notizie scomparivano presto dai media. Troppo potenti e ricchi i concessionari dello Stato, troppo importanti gli investimenti pubblicitari dei Benetton, perché editori e direttori ricordassero quale era il loro dovere.

Ora, dopo ridicoli tentativi di occultare la verità prendendosela con i No gronda (contrari a un’opera che quando sarà ultimata non porterà alla chiusura del ponte), la morte e la distruzione si occupano purtroppo di rimettere a posto le cose. Dal 2015 chi lavorava sotto il ponte era costretto a ripararsi dalla caduta di pezzi di ferro con delle reti. Le segnalazioni ad Autostrade erano rimaste senza seguito. E solo pochi mesi fa, con procedura d’urgenza, era stata indetta una gara per le riparazioni di piloni e tiranti. Questo basta per far comprendere che a Genova chi poteva e doveva intervenire non ha voluto farlo per tempo.

Ma non è tutto. Perché, mentre si scava ancora tra le macerie, Autostrade e i suoi azionisti comunicano che in 5 mesi sono in grado di rifare il ponte. Dimostrando che dietro alle loro passate scelte c’era solo la volontà di moltiplicare utili già scandalosamente alti.

Noi non sappiamo come finirà questa storia. Sappiamo però che se vogliono avere ancora diritto di cittadinanza in questo Paese ex ministri, ex premier, ex sottosegretari protagonisti dell’affare e la famiglia Benetton devono presentarsi agli italiani per chiedere con umiltà perdono. Spetta invece al Parlamento il compito di trovare la strada legislativa e di diritto per annullare quella clausola sui soldi da versare ad Autostrade, in tutta evidenza vessatoria per i contribuenti. Sperando che questa volta i servi dei concessionari di Stato presenti in gran numero alla Camera e al Senato trovino la dignità di tacere. E che invece la stampa italiana ancora oggi impegnata in surreali acrobazie per non mettere nei titoli il cognome Benetton, trovi finalmente il coraggio di parlare.

Rubrica di arte e scienza - Geppo

PandoraTV
Pubblicato il 29 ago 2018

Per la rubrica dedicata ad arte e scienza Alimberto Torri ha incontrato un artista speciale.

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