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La VOCE ANNO XX N°2

ottobre 2017

PAGINA B         - 34

DENIS DIDEROT, D’ALEMBERT E L’ENCICLOPEDIA. D’HOLBACH E IL “BUON SENSO”. CONDORCET E L’IDEA DEL PROGRESSO INFINITO.

di Vincenzo Brandi

Denis Diderot è stato sicuramente uno dei personaggi chiave dell’Illuminismo francese. Personalità ecclettica, fu letterato, autore di drammi e romanzi, filosofo, scienziato, ma si può affermare che il suo campo preferito fu la biologia. Secondo la sua impostazione materialista ed atea (dopo un periodo iniziale ispirato ad un generico “deismo”, la religione razionalista molto diffusa tra gli illuministi) le specie viventi sarebbero nate da un’aggregazione casuale di molecole organiche, favorita comunque da un’attitudine a specifiche forme di aggregazione dovuta a regole naturali. Nel passaggio dal caos primigenio all’ordine naturale, le forme meno adatte alla vita si sarebbero estinte, secondo quello che si può considerare un abbozzo di teoria evoluzionista. Molti animali si sarebbero estinti in epoche passate e molti nuovi esseri viventi, oggi sconosciuti, si dovrebbero manifestare in futuro.
Nella sua opera più importante – “L’interpretazione della Natura” del 1753 – Diderot , aderendo completamente alla filosofia empirista sempre più diffusa anche in Francia, affermò che le teorie scientifiche, pur nascendo da riflessioni razionali e filosofiche, dovevano tutte essere sottoposte al vaglio dell’esperienza. Pur considerando molto stretto il rapporto tra scienza e filosofia, Diderot rifiutava di considerare l’azione di una divinità, o di presunte “cause finali”, avendo una visione non finalistica della realtà. Per giustificare la presenza del pensiero, della memoria e della coscienza, ammetteva l’esistenza di forme di sensibilità nelle molecole organiche (idea piuttosto diffusa in periodo illuminista). Riconosceva che negli animali la sensibilità partiva dal cervello diffondendosi attraverso le terminazioni nervose. Le sue idee si allontanavano decisamente dal puro meccanicismo cartesiano e dalle teorie “preformiste” (descritte in precedenti numeri) avvicinandosi per molti versi a quelle del (già citato) De Lamettrie con “L’Uomo-Macchina”.
L’opera certamente più famosa Di Diderot, in cui ebbe per socio e collaboratore il fisico e matematico D’Alembert (già citato in precedenti numeri), fu certamente l’Enciclopedia, definita significativamente nello stesso titolo come “Dizionario ragionato delle Scienze, delle Arti e dei Mestieri”. Quest’opera si può considerare il manifesto illuminista della nuova cultura laica ed antidogmatica, con una spiccata tendenza verso la descrizione dei progressi delle scienze e delle nuove tecnologie, che ne fecero la bibbia della nuova piccola-media borghesia produttiva, sia a livello artigianale che a quello del nascente capitalismo industriale.

L’opera, iniziata nel 1747, ed uscita a puntate per singoli volumi di scritti e di tavole illustrative, fu subito attaccata dai Gesuiti e da altri ambienti religiosi, più volte sequestrata e accusata anche di plagio. Nel 1757 D’Alembert abbandonò la difficile impresa che fu continuata tenacemente dal solo Diderot, che riuscì a portarla a termine nel 1772, ricorrendo anche ad una serie di compromessi e sotterfugi. Il successo commerciale e di pubblico fu enorme, nonostante tutte le difficoltà. Ne furono fatte alcune integrazioni (ad esempio ad opera del filosofo girondino Condorcet) ed alla fine del ‘700 fu iniziata da altri autori una nuova “Enciclopedia Metodica” terminata solo nel 1832.
Non mancarono attacchi agli enciclopedisti anche da “sinistra”, come quello sferzante del rivoluzionario giacobino Robespierre, che li accusò di moderatismo sociale ed eccessivi compromessi con il potere politico.
Da parte sua D’Alembert va ricordato, oltre che per la sua impostazione razionale della dinamica nel settore della fisica meccanica (come già si è accennato in un precedente numero), anche per i suoi studi matematici, specie nel settore del calcolo delle probabilità, in cui si cimentò alla pari dei già ricordati Jacques Bernoulli, Eulero e Lambert, e negli studi di matematica infinitesimale ed algebra, sulle orme di Jean Bernoulli, dell’ecclettico genio Maupertois e dell’italiano Lagrange.
A testimonianza del carattere sempre più laico e materialista dell’Illuminismo nella seconda metà del secolo, possiamo ricordare anche la figura del barone di origine tedesca D’Holbach, che fu amico di Diderot, e animatore di un importante circolo filosofico parigino cui parteciparono tutti i principali illuministi francesi. Nell’opera uscita anonima e clandestina “Il Buon Senso”, D’Holbach attaccò apertamente le concezioni religiose con l’arma dell’ironia, anche senza ricorrere a considerazioni filosofiche troppo profonde.
Relativamente alla seconda metà del secolo, ricordiamo anche la figura del filosofo Condorcet, che durante la Rivoluzione aderì alla corrente girondina e morì in prigione durante il periodo del Terrore. La sua fede in un progresso infinito del sapere umano, tipico dell’illuminismo, si esplicò in un vasto programma di riforma dell’istruzione pubblica che fu presentato anche alla Convenzione Nazionale rivoluzionaria. Condorcet, mettendosi sulla scia di Condillac, auspicò anche la nascita di un nuovo linguaggio più preciso che tenesse conto dei progressi della scienza.

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