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La VOCE ANNO XX N°2

ottobre 2017

PAGINA 1         - 17

L’arte della guerra

Il Venezuela si ribella al petrodollaro

Manlio Dinucci

«A partire da questa settimana si indica il prezzo medio del petrolio in yuan cinesi»: lo ha annunciato il 15 settembre il Ministero venezuelano del petrolio. Per la prima volta il prezzo di vendita del petrolio venezuelano non è più indicato in dollari.

È la risposta di Caracas alle sanzioni emanate dall’amministrazione Trump il 25 agosto, più dure di quelle attuate nel 2014 dall’amministrazione Obama: esse impediscono al Venezuela di incassare i dollari ricavati dalla vendita di petrolio agli Stati uniti, oltre un milione di barili al giorno, dollari finora utilizzati per importare beni di consumo come prodotti alimentari e medicinali. Le sanzioni impediscono anche la compravendita di titoli emessi dalla Pdvsa, la compagnia petrolifera statale venezuelana.

Washington mira a un duplice obiettivo: accrescere in Venezuela la penuria di beni di prima necessità e quindi il malcontento popolare, su cui fa leva l’opposizione interna (foraggiata e sostenuta dagli Usa) per abbattere il governo Maduro; mandare lo Stato venezuelano in default, ossia in fallimento, impedendogli di pagare le rate del debito estero, ossia far fallire lo Stato con le maggiori riserve petrolifere del mondo, quasi dieci volte quelle statunitensi.

Caracas cerca di sottrarsi alla stretta soffocante delle sanzioni, quotando il prezzo di vendita del petrolio non più in dollari Usa ma in yuan cinesi. Lo yuan è entrato un anno fa nel paniere delle valute di riserva del Fondo monetario internazionale (insieme a dollaro, euro, yen e sterlina) e Pechino sta per lanciare contratti futures di compravendita del petrolio in yuan, convertibili in oro.

«Se il nuovo future prendesse piede, erodendo anche solo in parte lo strapotere dei petrodollari, sarebbe un colpo clamoroso per l’economia americana», commenta il Sole 24 Ore.

Ad essere messo in discussione da Russia, Cina e altri paesi non è solo lo strapotere del petrodollaro (valuta di riserva ricavata dalla vendita di petrolio), ma l’egemonia stessa del dollaro. Il suo valore è determinato non dalla reale capacità economica statunitense, ma dal fatto che esso costituisce quasi i due terzi delle riserve valutarie mondiali e la moneta con cui si stabilisce il prezzo del petrolio, dell’oro e in genere delle merci.

Ciò permette alla Federal Reserve, la Banca centrale (che è una banca privata), di stampare migliaia di miliardi di dollari con cui viene finanziato il colossale debito pubblico Usa – circa 23 mila miliardi di dollari – attraverso l’acquisto di obbligazioni e altri titoli emessi dal Tesoro.

In tale quadro, la decisione venezuelana di sganciare il prezzo del petrolio dal dollaro provoca una scossa sismica che, dall’epicentro sudamericano, fa tremare l’intero palazzo imperiale fondato sul dollaro. Se l’esempio del Venezuela si diffondesse, se il dollaro cessasse di essere la principale moneta del commercio e delle riserve valutarie internazionali, una immensa quantità di dollari verrebbe immessa sul mercato facendo crollare il valore della moneta statunitense.

Questo è il reale motivo per cui, nell’Ordine esecutivo del 9 marzo 2015, il presidente Obama proclamava «l’emergenza nazionale nei confronti della inusuale e straordinaria minaccia posta alla sicurezza nazionale e alla politica estera degli Stati uniti dalla situazione in Venezuela».

Lo stesso motivo per cui il presidente Trump annuncia una possibile «opzione militare» contro il Venezuela. La sta preparando lo U.S. Southern Command, nel cui emblema c’è l’Aquila imperiale che sovrasta il Centro e Sud America, pronta a piombare con i suoi artigli su chi si ribella all’impero del dollaro.

(il manifesto, 19 settembre 2017)

Solidarietà al popolo messicano

Città del Messico, 20 settembre 2017
STIMATI COMPAGNI:
Come sapete, in questo mese di settembre, il Messico ha sofferto due terremoti. Il primo è avvenuto lo scorso 7
settembre, con un’intensità di 8.2 gradi della scala di Richter, ed ha avuto più di 2500 repliche. Ha provocato circa
150 morti e colpito un milione di persone che hanno perso le loro case e i loro beni. Gli Stati più devastati da
questo sisma sono stati Oaxaca e Chiapas, che sono gli Stati più poveri del paese.
Successivamente, il 19 settembre un altro terremoto, di 7.1 gradi della scala Richter, ha colpito la zona centrale
del paese, provocando circa 250 morti e circa 1500 feriti (registrati sino a questo momento); i danni sono ancora
incalcolabili.
In questo scenario, vi informiamo che nella misura delle nostre possibilità ci siamo subito aggregati ai compiti di
solidarietà con la popolazione colpita; allo stesso tempo, stiamo anche tentando di offrire appoggio per i
compagni della nostra organizzazione, il Fronte Popolare Rivoluzionario che hanno avuto gravi perdite materiali
nei due terremoti.
Alla luce di quanto sopra, e di fronte alle richieste di molti compagni di diverse parti del paese e del mondo intero,
abbiamo richiesto l’aiuto di un’Associazione civile per ricevere donazioni che saranno dirette ad appoggiare i
compagni del FPR che hanno avuto gravi perdite materiali, come la distruzione completa della abitazione.
Per fare fronte a questa emergenza, e raccogliendo la domanda di varie organizzazioni amiche, abbiamo
accordato che sarà l’Associazione civile BENE XHON KA AC l’organismo della società civile che ci aiuterà per
ricevere donazioni e poter sostenere così i nostri compagni colpiti dal sisma. Portiamo quindi a conoscenza i dati
per chi vorrà fare donazioni a sostegno dei compagni colpiti del Fronte Popolare Rivoluzionario, FPR.
NOME: Bene Xhon Ka AC
Numero del conto: 0074 5683 28 0198316600
Chiave Interbancaria (CLABE): 012610001983166008
Bene Xhon Ka AC, è una Associazione civile che lavora con l’organizzazione delle comunità per generare sviluppo
sostenibile e dare appoggio a gruppi vulnerabili. La rappresentante legale della Associazione è la sociologa Alma
Citlali Orea Santiago.
Contatto: telefono +5219511557633, e-mail: benexhonka@gmail.com
Senza altri particolari, vi anticipiamo i nostri ringraziamenti.
Saluti rivoluzionari.
¡Unità di tutto il Popolo per l’Emancipazione Proletaria!
FLORENTINO LÓPEZ MARTINEZ
PRESIDENTE NAZIONALE DEL FRONTE POPOLARE RIVOLUZIONARIO

fprmx@yahoo.com.mx, tel: +5219511771341

L’altro 11 settembre (Salvador Allende e il golpe in Cile) - La Storia Siamo Noi

Pubblicato il 14 set 2016 Dal sito RAI:
"A Santiago del Cile, l’11 settembre 1973, con un colpo di Stato le forze armate guidate da Augusto Pinochet rovesciano il governo socialista di Salvador Allende, che muore durante l’assedio al palazzo presidenziale, dopo aver gridato attraverso Radio Magallanes le sue ultime parole: "Viva il Cile!, Viva il popolo!, Viva i lavoratori!".
La giunta militare instaura un regime dittatoriale che resterà al potere per 17 anni, mentre il presidente deposto diviene un’icona, pur non esente da controversie. Il regime di Pinochet non trascura di trasferire nel proprio ricordo, tra le altre cose, omicidi e deportazioni di massa: sono circa diecimila i cileni torturati, e centinaia le migliaia di persone costrette all’esilio. La distruzione delle istituzioni democratiche è veloce e capillare. A tutto si sostituisce il dominio militare."

" ULTRASUONI RUSSI"

maal52tv - Pubblicato il 21 set 2017
Mentre gli Stati Uniti lamentano mali misteriosi al personale della loro ambasciata di Cuba, il governo dell’Isola riceve l’apprezzamento di una Commissione dell’ONU per come ha saputo difendere i cittadini dall’uragano Irma.

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