La VOCE   COREA   CUBA   JUGOSLAVIA   PALESTINA   RUSSIA   SCIENZA 

Stampa pagina

 Stampa inserto 

La VOCE 1710

  P R E C E D E N T E   

    S U C C E S S I V A  


GIÙ

SU


La VOCE ANNO XX N°2

ottobre 2017

PAGINA 4         - 16

La Corea del Nord nel grande gioco nucleare

Manlio Dinucci
I riflettori politico-mediatici, focalizzati sui test nucleari e missilistici nord-coreani, lasciano in ombra il quadro generale in cui essi si inseriscono: quello di una crescente corsa agli armamenti che, mentre mantiene un arsenale nucleare in grado di cancellare la specie umana dalla faccia della Terra, punta su testate e vettori high tech sempre più sofisticati.

La Federazione degli scienziati americani (Fas) stima nel 2017 che la Corea del Nord abbia «materiale fissile per produrre potenzialmente 10-20 testate nucleari, ma non ci sono prove disponibili che abbia reso operative testate nucleari trasportabili da missili balistici».

Sempre secondo la Fas, gli Usa posseggono 6800 testate nucleari, di cui 1650 strategiche e 150 non-strategiche pronte in ogni momento al lancio. Comprese quelle francesi e britanniche (rispettivamente 300 e 215), le forze nucleari della Nato dispongono di 7315 testate nucleari, di cui 2200 pronte al lancio, in confronto alle 7000 russe di cui 1950 pronte al lancio. Stando alle stime della Fas, circa 550 testate nucleari statunitensi, francesi e britanniche, pronte al lancio, sono dislocate in Europa in prossimità del territorio russo. È come se la Russia avesse schierato in Messico centinaia di testate nucleari puntate sugli Stati uniti.

Aggiungendo quelle cinesi (270), pachistane (120-130), indiane (110-120) e israeliane (80), il numero totale delle testate nucleari viene stimato in circa 15000. Sono stime approssimative, quasi sicuramente per difetto. E la corsa agli armamenti nucleari prosegue con la continua modernizzazione delle testate e dei vettori nucleari.

In testa sono gli Stati uniti, che effettuano continui test dei missili balistici intercontinentali Minuteman III e si preparano a sostituirli con nuovi missili (costo stimato 85 miliardi di dollari). Il Congresso ha approvato nel 2015 un piano (costo stimato circa 1000 miliardi) per potenziare le forze nucleari con altri 12 sottomarini da attacco (7 miliardi l’uno), armato ciascuno di 200 testate nucleari, e altri bombardieri strategici (550 milioni l’uno), ciascuno armato di 20 testate nucleari. Nello stesso quadro rientra la sostituzione delle bombe nucleari Usa B61, schierate in Italia e altri paesi europei, con le nuove B61-12, armi da first strike.

Il potenziamento delle forze nucleari comprende anche lo «scudo anti-missili» per neutralizzare la rappresaglia nemica, tipo quello schierato dagli Usa in Europa contro la Russia e in Corea del Sud, non contro la Corea del Nord ma in realtà contro la Cina.

Russia e Cina stanno accelerando la modernizzazione delle loro forze nucleari, per non farsi distanziare. Nel 2018 la Russia schiererà un nuovo missile balistico intercontinentale, il Sarmat, con raggio fino a 18000 km, capace di trasportare 10-15 testate nucleari che, rientrando nell’atmosfera a velocità ipersonica (oltre 10 volte quella del suono), manovrano per sfuggire ai missili intercettori forando lo «scudo».

In tale situazione, in cui una ristretta cerchia di stati mantiene l’oligopolio delle armi nucleari, in cui chi le possiede minaccia chi non ce le ha, è sempre più probabile che altri cerchino di procurarsele e ci riescano. Oltre ai nove paesi che già posseggono armi nucleari, ve ne sono all’incirca altri 35 in grado di costruirle.

Tutto questo viene ignorato da giornali e telegiornali, mentre lanciano l’allarme sulla Corea del Nord, denunciata come unica fonte di minaccia nucleare. Si ignora anche la lezione che a Pyongyang dicono di aver imparato: Gheddafi – ricordano – aveva rinunciato totalmente a ogni programma nucleare, permettendo ispezioni della Cia in territorio libico. Ciò però non lo salvò quando Usa e Nato decisero di distruggere lo Stato libico. Se esso avesse avuto armi nucleari, pensano a Pyongyang, nessuno avrebbe avuto il coraggio di attaccarlo. Tale ragionamento può essere fatto anche da altri: nell’attuale situazione mondiale è meglio avere le armi nucleari che non averle.

Mentre in base a questa pericolosa logica aumenta la probabilità di proliferazione nucleare, il Trattato sulla proibizione delle armi nucleari, adottato a grande maggioranza dalle Nazioni Unite lo scorso luglio, viene ignorato da tutte le potenze nucleari, dai membri della Nato (Italia compresa) e dai suoi suoi principali partner (Ucraina, Giappone, Australia).

Fondamentale è una larga mobilitazione per imporre che anche il nostro paese aderisca al Trattato sulla proibizione delle armi nucleari e quindi rimuova dal suo territorio le bombe nucleari Usa, la cui presenza viola il Trattato di non-proliferazione già ratificato dall’Italia. Se manca la coscienza politica, dovrebbe almeno scattare l’istinto di sopravvivenza.

(il manifesto, 5 settembre 2017)

Il legame tra imperialismo e deterrente nucleare nella penisola coreana.


Deirdre Griswold - 09/09/2017
I mezzi d’informazione, prendendo spunto dalle istituzioni politiche e militari degli Stati Uniti, sono pieni di allarmismi, che si chiedono: “Cosa vogliono questi coreani? Perché testano sulla Terra bombe nucleari sempre più grandi? Devono essere pazzi!”.

La risposta al perché la Repubblica Popolare Democratica di Corea (RPDC) sta sviluppando una difesa nucleare non è difficile da trovare. Infatti, la risposta è intorno a noi – in ogni parte del mondo, nella forma dei depositi di missili, aerei, navi da guerra e sottomarini degli Stati Uniti.

Ad oggi gli Stati Uniti presentano un arsenale nucleare di circa 7.000 testate. Un “programma di modernizzazione nucleare”, iniziato sotto l’amministrazione di Obama, è portato avanti da Trump. L’Arms Control Association [1] stima che il costo complessivo di questo programma per i prossimi 30 anni sarà “compreso tra 1.250 e 1.460 miliardi di dollari”.

Mutually Assured Destruction [2] – MAD – è il nome autentico della dottrina militare che ha guidato lo sviluppo delle armi nucleari da parte degli Stati Uniti fin dal 1962. Infatti, l’esercito statunitense ha sviluppato la dottrina della MAD per prevenire una guerra nucleare tra Stati Uniti e Unione Sovietica.

Non dimentichiamo come la corsa alle armi nucleari è iniziata. Gli Stati Uniti l’hanno iniziata quando, come unica potenza nucleare del mondo, hanno sganciato le bombe atomiche su due città giapponesi alla fine della Seconda Guerra Mondiale, uccidendo centinaia di migliaia di civili. Comprese decine di migliaia di coreani costretti a lavorare lì a quel tempo dai colonizzatori giapponesi della Corea.

Dal 1946, gli Stati Uniti avevano accumulato molte altre di queste terribili armi e avevano annunciato una nuova guerra, la Guerra Fredda, contro l’Unione Sovietica, loro precedente alleata nel conflitto contro le armate di Hitler. Il risvolto fu che gli Stati Uniti poterono utilizzare il proprio arsenale nucleare per imporre i propri voleri all’Unione Sovietica. Ma nel 1949, l’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche (URSS) testò con successo la prima bomba atomica. La corsa alle armi nucleari iniziò.

Gli Stati Uniti hanno sostenuto di avere la necessità di costruire migliaia di queste armi per prevenire un conflitto nucleare con l’Unione Sovietica. Sebbene l’URSS cessò di esistere nel 1991, gli Stati Uniti hanno continuato ad accumulare testate atomiche, e stanno oggi espandendo questo arsenale mortale.

MAD, non “pazzia” [3]

Oggi tutte le voci dell’imperialismo statunitense – dai leader politici ai generali, ai mezzi di informazione commerciali – sostengono che il leader della RPDC deve essere “pazzo” perché i coreani hanno testato con successo e costruito le armi nucleari e i missili per trasportarle.

Ma è la MAD, non la “pazzia”, che guida le iniziative della RPDC per prevenire una guerra mediante una potente difesa.

Del resto, se l’esercito statunitense, con tutto il proprio potere imposto con navi, aerei e basi in giro per il mondo, può ancora essere guidato dalla dottrina “mutually assured destruction”, perché è “pazzia” quando un paese assai più piccolo ricerca le armi nucleari per la propria difesa?

La minaccia che la RPDC riceve dagli Stati Uniti non è immaginaria o visionaria. Il paese fu invaso da 5 milioni di soldati statunitensi dal 1950 al 1953 con una orribile guerra. Per 64 anni, gli Stati Uniti hanno rifiutato di sedersi a trattare con la RPDC e di firmare un trattato di pace che formalmente ponesse fine alla guerra. Ciò ha permesso agli Stati Uniti di continuare la propria occupazione militare del sud, nonostante l’opposizione della popolazione locale.

Gli Stati uniti hanno 38 basi militari nella parte meridionale della Corea. Ogni anno, il Pentagono conduce “esercitazioni” militari per simulare un’altra guerra e l’invasione del nord. Solo pochi giorni prima dell’entrata in carica dell’attuale governo sud coreano, gli Stati Uniti si sono precipitati ad installare una base missilistica THAAD nel sud, contro l’opposizione della popolazione e il presidente entrante. Gli Stati Uniti chiamano il THAAD un sistema “di difesa missilistica”, ma nei fatti è di attacco, potendo agevolare un’aggressione contro la RPDC.

La RPDC conosce la guerra fin troppo bene. Essa comprende il reale bisogno di difendersi da un’altra invasione degli Stati Uniti.

Che cosa guida la pazzia degli Stati Uniti?

Separati da due grandi oceani da ogni possibile invasore, gli Stati Uniti hanno attraversato due guerre mondiali relativamente indenni in confronto all’Europa, all’Asia e al Nord Africa. Uno potrebbe pensare che ciò dovrebbe garantire una vita florida e confortevole per le persone di questo paese. Ripensateci.

Anche se il governo statunitense stanzia più di un miliardo di miliardi di dollari per migliorare il proprio arsenale nucleare, le infrastrutture qui stanno crollando. Il riscaldamento globale sta causando sempre più tempeste distruttive, ma non esiste un piano per salvare le vite nell’enorme scala oggi necessaria. I ponti, i treni, le metropolitane, gli argini e le dighe sono in condizioni spaventose. Dov’è il piano da 1.460 miliardi di dollari per ricostruire le infrastrutture – e per dare lavoro allo stesso tempo a quelle decine di milioni di persone che non trovano un lavoro con un salario sufficiente per vivere?

I governi statunitensi – sia Repubblicani che Democratici – sono stati così preoccupati dal mantenere il dominio economico e militare sopra il mondo che hanno affondato ogni sforzo per apportare importanti miglioramenti alle infrastrutture. Questo deterioramento si è solo accentuato sotto Trump, che vuole tagliare le tasse ai ricchi mentre sperpera miliardi in più per il Pentagono, a scapito di tutto il resto.

Dietro tutta questa pazzia c’è l’insaziabile appetito dell’imperialismo, l’ultimo stadio del capitalismo, in cui il sistema diventa dipendente dai super profitti succhiati via dalla popolazione del mondo, come un vampiro sotto steroidi. I milionari non si possono accontentare di quello che hanno – devono diventare miliardari o affondare sotto la feroce competizione che continua anche nel capitalismo monopolista.

Perché i governanti statunitensi odiano così tanto la RPDC? Non perché è una minaccia alla propria popolazione, ma perché è socialista, non capitalista. La RPDC rifiuta di sottomettere il proprio popolo alla spoliazione delle corporazioni transnazionali e delle banche statunitensi. Per l’imperialismo, questa è una motivazione sufficiente per rischiare una orribile guerra.

I lavoratori e le persone oppresse degli Stati Uniti non hanno nulla da ottenere, ma tutto da perdere, da questa pazzia del Pentagono.

Pubblicato su Workers World 1l 5 settembre 2017
Traduzione in italiano per La Città Futura e note di Marco Beccari



Note

[1] È un’associazione con sede negli Stati Uniti che si occupa in modo indipendente del monitoraggio e della divulgazione alla popolazione delle armi nel mondo, con il fine di supportare politiche di riduzione degli armamenti.

[2] Il termine “Mutually Assured Destruction” si potrebbe tradurre in italiano con “Distruzione Reciproca Assicurata”, ovvero con la distruzione di entrambi i contendenti in un conflitto nucleare, o del Mondo intero.

[3] L’autrice dell’articolo gioca sul doppio senso della parola MAD che è sia l’acronimo della dottrina nucleare statunitense “Mutually Assured Destruction” che l’aggettivo “pazzo”. Renderemo questo gioco di parole con il corsivo.

  P R E C E D E N T E   

    S U C C E S S I V A  

Stampa pagina

 Stampa inserto 

La VOCE 1710

 La VOCE  COREA  CUBA  JUGOSLAVIA  PALESTINA   RUSSIA   SCIENZA 

Visite complessive:
Copyright - Tutti gli articoli possono essere liberamente riprodotti con obbligo di citazione della fonte.