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La VOCE ANNO XX N°3

novembre 2017

PAGINA c         - 27

18/10/2017 DI INVICTA PALESTINA

In un ospedale di Gaza, la riconciliazione palestinese è una questione di vita o di morte


Mentre la fornitura di elettricità a Gaza è ancora ostaggio di tensioni non risolte tra Hamas-Fatah, l’ospedale Al-Shifa usa generatori per mantenere operativa la sua unità di terapia intensiva neonatale. “Abbiamo perso neonati che avrebbero potuto essere salvati “, dice il suo direttore (Copertina: Tre gemelli nati nell’ospedale Al-Shifa di Gaza. Ottobre 2017 Mohammed M.)

Di Mohammed M. 17 ottobre 2017

Gaza City – Sono entrato per i grandi cancelli del più vasto ospedale nella Striscia di Gaza per visitare un parente malato. Il cortile dell’ospedale sembrava una fabbrica in espansione : era pieno di generatori massicci, che ruggivano ad alti decibel per fornire ai pazienti l’energia per le loro apparecchiature mediche, compresi i ventilatori per i neonati che dipendono dall’erogazione di ossigeno per sopravvivere.

Gli spazi aperti dell’Al-Shifa sono diventati luoghi per l’installazione di generatori perché da giugno non c’è stata alcuna affidabile fornitura di elettricità qui, o altrove a Gaza.

È successo quando il presidente palestinese Mahmoud Abbas ha richiesto che Israele riducesse gli acquisti di elettricità e la fornitura alla Striscia di Gaza per fare pressione su Hamas, richiesta accolta da Israele.

Non riuscivo a trovare la stanza del mio parente. Ma nella mia ricerca, ho visto una madre, accompagnata da donne di famiglia, che lasciava l’Unità di Terapia Intensiva Neonatale ( NICU) , piangendo dopo che il loro piccolo era morto. Il bambino sembrava in salute quando era nato, ma poi era peggiorato. Come risultato, è stato condotto all’unità NICU dell’ospedale Al-Shifa, dove i medici hanno fatto del loro meglio per tenerlo in vita, ma non ci sono riusciti – un bimbo che i genitori attendevano da quattro lunghi anni.

È morto perché i trattamenti che avrebbero potuto salvarlo sono disponibili solo fuori da Gaza – e non c’era alcuna via d’uscita.

I suoi genitori volevano chiamarlo Ahmed. Ma non era l’unico bambino che era caduto vittima dell’assedio decennale che ha afflitto ogni settore della Striscia. Dozzine di altri bambini sono morti per la mancanza di servizi negli ospedali, l’impossibilità di ottenere permessi di uscita che permetterebbero il trattamento all’estero, e la carenza di elettricità per gli equipaggiamenti salvavita. Tuttora Gaza ha accesso all’elettricità per quattro ore al giorno.


Palestinesi a Rafah nella striscia meridionale di Gaza guardano in TV la firma di un accordo di riconciliazione a Il Cairo tra le fazioni palestinesi Hamas e Fatah. 12 ottobre 2017 SAID KHATIB / AFP
Da dentro l’unità, sentivo i beep delle incubatrici. Sono rimasto sorpreso dal vedere che c’erano tre bambini che giacevano insieme nella stessa incubatrice.

Alla porta, ho incontrato il Dr. Allam Abu Hamida, direttore dell’unità di terapia intensiva, che ha detto che in aggiunta alle incubatrici, l’energia elettrica è la linea di salvezza per quei bambini, e che se viene tagliata, la maggior parte di questi bambini morirà in pochi secondi.

“In questi giorni l’ospedale ha perso 16 neonati per le carenze di energia e la penuria di incubatrici, la maggior parte delle quali è donata dall’UNICEF e altre organizzazioni umanitarie”, ha detto il Dr. Allam. “Se l’ospedale non avesse avuto questi problemi, almeno dieci di quei 16 neonati avrebbero potuto essere salvati”.

Molti degli altri bambini nell’unità, che ha solo 10 incubatrici, sono prematuri , e alcuni pesano meno di un chilogrammo.

Il Dr. Allam dice che la sua unità affronta la mancanza di personale, di forniture – una mancanza di ogni cosa, che conduce a conseguenze disastrose.

“Se la situazione continua, la mia unità andrà al collasso in modo catastrofico “.

Quei generatori, che mantengono in vita i vulnerabili, potrebbero fermarsi in qualsiasi momento, se il nuovo governo di consenso palestinese non agisce. 20 ore di energia prodotte dai generatori dell’Al-Shifa costano almeno 3500 dollari . Che è il costo giornaliero per 2000 litri di carburante industriale, ed è denaro che l’ospedale non può pagare.

Ma, malgrado l’accordo di riconciliazione palestinese, non ci sono ancora segnali che Abbas abbia richiesto ad Israele un ritorno alle forniture di elettricità prima delle tensioni Hamas-Fatah.

Il Comitato Internazionale della Croce Rossa ha già avvertito che Gaza potrebbe presto sperimentare un collasso sistemico, mentre l’ONU ha avvertito anche prima della crisi dell’elettricità che Gaza potrebbe non essere abitabile nel 2020.

Molti del personale medico con cui ho parlato hanno spiegato il danno che il congelamento del pagamento da parte dell’Autorità Palestinese sui salari del settore pubblico di Gaza ha loro causato. Una ha descritto di ricevere solo il 40% del suo salario, che non è abbastanza per provvedere il cibo per i suoi bambini.

Per le famiglie dei neonati in terapia intensiva, ci sono emozioni che si mescolano: alcune stavano aspettando che i loro bambini fossero dimessi, altre stavano pregando perché i loro bambini sopravvivessero.

Ahlam Melhem, che ha tre gemelli insieme nell’incubatrice, era felice ma preoccupata. Con suo marito disoccupato, stava fissando la macchina per l’ossigeno con la quale i suoi neonati respirano.

“Voglio solo i miei bambini già a casa, ma i medici mi hanno avvisata che non si può, finché ai bambini servirà ancora più assistenza qui”, ha detto Ahlam. “Grazie a Dio, sto meglio di altri, ma sono ancora preoccupata, perché i generatori potrebbero fermarsi presto, non ci sono così tanti dottori per prendersi cura di tutti questi bimbi”.

Khalid Ahmed e sua moglie erano seduti vicino ad una incubatrice nella quale giaceva un neonato di 700 grammi. Khalid stava cercando di confortare sua moglie.

“La condizione del nostro bambino non è stabile, e siamo molto preoccupati per lui”, ha detto Khalid. “È nato dopo sette anni di attesa e non posso sopportare di perderlo “.


Quando gli ho chiesto cosa pensa della riconciliazione tra Hamas e Fatah, Khalid non era particolarmente ottimista. La sua sola preoccupazione era che avrebbe portato ad un miglioramento nelle fortune di Gaza, “specialmente nel settore sanitario “.

Può la riconciliazione tra Hamas e Fatah offrire agli abitanti di Gaza un’altra possibilità di stabilità, per un rinnovamento degli standard di base della vita, per una speranza nel futuro?

Per il personale medico, i genitori e i neonati all’Al-Shifa, non è affatto una questione teoretica.

trad. Il Popolo che non esiste. Fonte.

18/10/2017 DI INVICTA PALESTINA

I due grandi errori strategici del Movimento Nazionale Palestinese

“Coloro che possono farti credere a delle assurdità possono farti commettere atrocità”. Voltaire

di René Naba, 16 ottobre 2017

Il movimento nazionale palestinese è l’unico movimento di liberazione nazionale al mondo ad aver fatto due errori strategici con il risultato di gettarlo in un tragico vicolo cieco, a tal punto da snaturare la sua lotta, nonostante il pesante tributo pagato al riconoscimento della legittimità della sua causa, nonostante la fondatezza della sua rivendicazione.

1° errore: la rinuncia alla lotta armata dell’OLP

Il primo grosso errore è stata la rinuncia alla lotta armata prima che fossero realizzati i suoi obiettivi nazionali, ovvero la rinuncia alla guerriglia, marchio di fabbrica delle guerre di Liberazione, una delle basi della lotta nazionale, rendendo così il movimento palestinese prigioniero dell’agenda dei padrini di Oslo, gli Stati Uniti. Questa decisione è stata presa personalmente dal leader dell’OLP, Yasser Arafat in persona, sulla scia degli accordi israelo-palestinesi a Oslo nell’ottobre 1993, senza che questo accordo, circostanza aggravante, fosse accompagnato da misure coercitive che riguardassero l’attuazione di un calendario di applicazione dell’accordo che portasse all’istituzione di uno Stato palestinese indipendente.

2° errore: la deriva strategica di Hamas durante la guerra di Siria (2011-2017)

La decisione di Hamas di privilegiare un’alleanza con le petromonarchie, su base settaria, rinnegando i suoi vecchi fratelli d’armi – la Siria, l’Iran e gli Hezbollah libanesi, sebbene artefici della sua propulsione militare – ha costituito una deriva rarissima negli annali delle guerre di liberazione nazionale, e allo stesso tempo un atto di assoluta ingratitudine che mette in discussione la credibilità politica del movimento e la rilevanza della sua valutazione dei rapporti di forza regionali. Questa aberrazione ideologica spiega il sospetto e la perplessità in cui Hamas getta i molti simpatizzanti della causa palestinese in tutto il mondo.

Se l’Iran e Hezbollah libanese hanno deciso di recuperare la “pecora nera” per le necessità della lotta, la Siria, che ha offerto ospitalità al capo di Hamas Khaled Mecha’al per quindici anni e armato i suoi combattenti, compreso il campo palestinese di Yarmouk, un sobborgo di Damasco, ha rifiutato di dare un colpo di spugna a quello che ha definito “tradimento”. L’Algeria, d’altro canto, sembra riluttante a offrire ospitalità ai leader di un movimento ibrido, con comportamenti casuali, che gioca con la sua doppia sensibilità di movimento di liberazione palestinese e di ramo palestinese della Confraternita della Fratellanza Musulmana. Algeri teme lo zelo nel fare proselitismo di questi islamisti palestinesi e la loro osmosi con gli islamisti algerini che hanno procurato gravi sofferenze all’Algeria durante il “decennio nero” (1990-2000).

1- La trappola del processo di pace.

La strategia israelo-americana mirava, da un lato, a rompere il “Fronte arabo” in una trattativa globale sulla totalità della controversia arabo-israeliana, suddividendo il processo in tappe, in funzione delle esigenze specifiche degli israeliani e degli americani riguardo allo Stato arabo in questione; dall’altro lato, mirava a dare garanzia giuridica ad un rapporto di forza favorevole allo Stato ebraico, modulando le esigenze israeliane secondo il momento strategico della congiuntura regionale.

Così, il rifiuto israeliano di negoziare è stato inizialmente attribuito all’assenza di interlocutori arabi o palestinesi; in un secondo momento, i colloqui sono stati subordinati alla presenza di negoziatori palestinesi approvati da Israele, unico caso diplomatico in cui il nemico sceglie i negoziatori dell’avversario. In un terzo momento, il rifiuto di rendere la Palestina una base sovietica; in un quarto momento, il rifiuto di rendere Gaza una base islamista; in un quinto momento, il rifiuto di rendere Gaza una base iraniana. Preliminari accompagnati da condizioni massimaliste, compresa la fiducia di Israele nella normalizzazione con le petromonarchie del Golfo, degli stati sotto il controllo militare della NATO, screditati e indeboliti dalla loro guerra fratricida.

2- L’analisi di Assad Abu Khalil (del giornale libanese Al-Akbar): una rifondazione del movimento nazionale palestinese al di là di Fatah e di Hamas.

..segue ./.

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