La VOCE | COREA | CUBA | JUGOSLAVIA | PALESTINA | RUSSIA | SCIENZA |
Stampa pagina |
Stampa inserto |
La VOCE 1711 |
P R E C E D E N T E | S U C C E S S I V A |
La VOCE ANNO XX N°3 | novembre 2017 | PAGINA b - 26 |
20/10/2017 DI INVICTA PALESTINANella mia sesta visita, non ho mai visto Gaza così devastataAbby Smardon (*) 12 ottobre 2017 Ho visitato la striscia di Gaza ogni anno in questi ultimi sei anni, incluso il 2014, pochi mesi dopo il devastante attacco militare da parte di Israele. E ancora non avevo mai visto Gaza come quando ho avuto il privilegio di vederla quest’estate. Lo chiamo privilegio perché, a causa del blocco imposto da Israele (con il supporto dell’Egitto), che va ormai avanti da 50 anni, sono pochi quelli a cui è concesso l’accesso ai territori di Gaza, e ancora di meno sono i palestinesi a cui è permesso il transito. Questo blocco illegale delle terre, dell’aria e del mare di Gaza, che dura ormai da dieci anni e che non è altro che una punizione collettiva, ha decimato l’economia e distrutto le infrastrutture del paese, è stato sottolineato dai gruppi per i diritti umani delle Nazioni Unite. Gli esperti usano il termine “depressione” per descrivere questa enclave della costa mediterranea una volta brulicante di due milioni di palestinesi. Quasi metà della popolazione è ora disoccupata e l’80% dipende dall’assistenza umanitaria concessa da organizzazioni come l’UNRWA, la United Nations Relief e la Works Agency for Palestine Refugees in the Near East. Prima del blocco, nel 2000, erano 80.000 i rifugiati che necessitavano di assistenza alimentare fornita dall’UNRWA, mentre ora sono quasi un milione. La UNRWA è un’agenzia per lo sviluppo umano, che gestisce uno dei più grandi sistemi di scuole pubbliche nell’intero Medio Oriente, dieci volte maggiore delle Scuole Pubbliche nel distretto di Washington DC. Tuttavia, a causa della continua espansione di Israele, l’occupazione e l’oppressione sistematica a scapito del popolo palestinese, l’UNRWA è costretta a dare la priorità a interventi di emergenza come l’assistenza alimentare e la protezione d’emergenza. È un affronto all’umanità. Dopo il mio arrivo a Gaza, che ha richiesto un permesso da Israele e un ampio coordinamento umanitario, ho visto immediatamente gli effetti paralizzanti della crisi elettrica in corso che ha lasciato il paese in un caos totale a partire da marzo. L’elettricità è ora disponibile per 2-4 ore al giorno, una situazione che è stata esacerbata dalle divisioni politiche palestinesi interne. Ciò ha rappresentato per molti un freno all’ingresso a Gaza, ha causato un impatto enorme sulla salute pubblica e ha portato molte implicazioni ambientali. Nel 2012, le Nazioni Unite hanno stabilito che se la situazione non cambierà, nel 2020 Gaza non sarà vivibile. Oggi, gli effetti del blocco, della violenza costante, e ora la crisi dell’elettricità hanno portato le Nazioni Unite alla conclusione per cui Gaza è già invivibile. Il primo giorno della mia visita sono andata a vedere una stazione di depurazione dell’acqua nel campo profughi di Al-Shatee, vicino alla costa. Lì ho potuto vedere con i miei occhi come le acque di scarico finissero direttamente nel mare. Le acque di scarico avrebbero normalmente dovuto fluire in un impianto per il trattamento, ma senza elettricità non è possibile: l’acqua è pompata direttamente nel mare, non lontano da dove le persone nuotano e pescano. I loro pesci sono contaminati, così come le loro acque. Il mare, che è nel cuore della cultura dei cittadini di Gaza, ora li avvelena. Nonostante il 65% della costa sia pericolosa per gli esseri umani, le persone continuano ad andare in spiaggia perché è l’unica fonte di sollievo rimasta durante l’estate soffocante. Nella clinica della salute UNRWA, ho incontrato dottori e infermieri che si ritrovano ad affrontare serie difficoltà sia a lavoro che a casa. Un’infermiera mi ha raccontato che si sveglia alle 2 del mattino per fare la lavatrice per la famiglia perché è quella l’ora in cui l’elettricità è disponibile. Un dottore mi ha detto che dorme solamente 3-4 ore a notte perché il caldo non lo fa dormire. Nonostante le proprie fatiche personali, medici e infermieri vengono nelle cliniche ogni giorno per fornire assistenza sanitaria di qualità ai rifugiati palestinesi. Poiché le apparecchiature mediche funzionano con un tipo di corrente diversa da quella del generatore back-up della clinica, le macchine per i raggi x, gli ultrasuoni, e quelle per i test di laboratorio non sono in grado di funzionare a pieno e si rompono prima del previsto. La World Health Organization dice che almeno 30 ospedali, 70 centri di assistenza sanitaria primaria, e una banca del sangue a Gaza sono a rischio di chiusura totale o parziale a causa delle continue interruzioni della corrente e per la mancanza di carburante o di ricambi per i generatori back-up. È in corso una catastrofe della salute. Le eruzioni cutanee causate dal calore, dalle infezioni batteriche e dalla diretta esposizione ai liquami, sono in continuo aumento. Ad agosto è stato riportato il caso di un ragazzo di cinque anni di Gaza che è morto per una malattia cerebrale causata dai batteri nel mare contaminato. Anche i casi di malattie psicosomatiche e stress psicologico continuano ad |
aumentare, in special modo tra i bambini. Un consigliere UNRWA che ho incontrato mi ha raccontato la storia di una bambina di 11 anni che ha di recente tentato il suicidio. Un uomo mi ha detto che le persone continuano a nuotare e a pescare nonostante i pericoli perché la morte rappresenterebbe un sollievo. Con un tale stress causato dalla lotta per la sopravvivenza non sorprende che molti non hanno più energie per continuare a sperare in un qualche futuro. I due milioni di persone a Gaza sono vittime di una politica crudele – danno collaterale di un cinico gioco politico. I palestinesi nella Gaza assediata hanno bisogno di un supporto umanitario, ma nessuna assistenza può sostituire l’azione politica, inclusa quella degli Stati Uniti, per fermare la violazione dei diritti umani che i Palestinesi affrontano ogni giorno. Rimuovere il blocco di Gaza sarebbe un inizio. Abby Smardon è Direttore dell’Organizzazione United Nations Relief and Works Agency (UNRWA) Trad. Miriam Zatari – Invictapalestina.org: fonte. 20/10/2017 DI INVICTA PALESTINA Israele e AP chiedono unità senza resistenza17 ottobre 2017 La coercizione dei palestinesi di Gaza è uno di questi. Imporre condizioni restrittive ad Hamas, in particolare che il movimento abbandoni ogni resistenza e si disarmi, è un altro reciproco obiettivo. Dal momento in cui ha comunicato la sua intenzione di riconciliazione, Hamas ha insistito sul fatto che non consegnerà le sue armi all’AP, nonostante le richieste venute da Mahmoud Abbas per “uno Stato, un governo, una legge e un’arma”. Ieri, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha insistito con la sua retorica di malriposta affidabilità, chiedendo, come ha fatto Abbas, che Hamas si disarmi come parte dell’accordo di riconciliazione. Inoltre, un comunicato dell’ufficio di Netanyahu parzialmente citato dall’agenzia di stampa Ma’an ha informato: “Fino a quando Hamas non si disarma e continua a chiedere la distruzione di Israele, Israele lo riterrà responsabile di tutte le azioni terroristiche provenienti dalla striscia di Gaza.” In passato Israele ha utilizzato il pretesto dell’unità politica palestinese nell’ambito di negoziati diplomatici. Nel 2013 Netanyahu ha insistito sul fatto che il fallimento di Abbas nello creare un’ampia base di appoggio tra i palestinesi ha reso impossibile un accordo di pace. Il precedente tentativo di un governo di unità palestinese nel 2014, prima di “Operation Protective Edge”, impose anche condizioni ad Abbas, articolate più chiaramente dall’ex ministro degli Esteri israeliano Avigdor Lieberman che dichiarò, come riportato dal Times of Israel: “Il presidente dell’AP Mahmoud Abbas deve decidere se vuole fare la pace e, se lo fa, con chi … La firma di un accordo per un governo di unità tra Fatah e Hamas è una firma sulla fine dei negoziati tra Israele e l’Autorità palestinese”. I precedenti di unità politica palestinese non fanno ben sperare per quest’ultimo sforzo. Israele questa volta ha evitato affermazioni sul rifiuto di negoziati nel caso in cui Hamas accettasse la riconciliazione. Mentre la posizione può cambiare, è chiaro che Israele e AP sono ancora intenzionati ad eliminare la resistenza palestinese alterando l’identità politica di Hamas. Il leader del movimento palestinese Fatah, Azzam Al-Ahmad (D), e il vicepresidente dell’ufficio politico del Movimento, Saleh Al-Arouri (S), si stringono la mano dopo la firma dell’accordo di riconciliazione per costruire un consenso al Cairo, Egitto, il 12 ottobre 2017 [Ahmed Gamil / Anadolu Agenzia] Né i palestinesi, né Hamas, possono permettersi acquiescenza verso tale duplicità. Il contesto dell’attuale presunta unità politica è già corrotto, essendo stato ottenuto con la coercizione piuttosto che con il libero arbitrio. Unità, dunque, è un eufemismo per l’emergenza autoritaria di Abbas e non riflette la volontà politica del popolo. Inoltre, in considerazione delle condizioni che hanno imposto l’accordo, una violazione dell’autonomia di Gaza e della resistenza palestinese, ampiamente guidata negli ultimi anni da Hamas. Israele ha, come di regola, minacciato un’altra guerra contro Gaza, rendendo controversa la richiesta di Abbas. Partendo dal fatto che l’esistenza di Hamas è un risultato diretto della violenza coloniale e che le armi del movimento costituiscono l’unica difesa per l’enclave, la richiesta dell’AP metterebbe i palestinesi di Gaza in una posizione sfavorevole e sempre più subordinata. Per Hamas, deporre le armi manderebbe in pezzi le basi della lotta anti-coloniale. Inoltre, il blocco illegale di Gaza, così come le misure punitive imposte dall’AP, hanno contribuito alle decisioni prese dal movimento di resistenza che sono sia pragmatiche e, a volte, al limite del compromesso. A questo punto, parlare di liberazione della Palestina, che dovrebbe avere la precedenza assoluta in una trattativa di pretesa unità, è stato sostituito dagli sforzi per rimediare alla situazione umanitaria dei palestinesi a Gaza. Israele e AP hanno ribaltato questa dinamica difficile da conseguire, con l’attuazione di tattiche di privazione per raggiungere un compromesso politico e, di conseguenza, ridurre drasticamente – con la mira di eliminare totalmente – la possibilità di rivolta palestinese. Traduzione Simonetta Lambertini – invictapalestina.org: fonte. |
P R E C E D E N T E | S U C C E S S I V A |
Stampa pagina | Stampa inserto | La VOCE 1711 |
La VOCE | COREA | CUBA | JUGOSLAVIA | PALESTINA | RUSSIA | SCIENZA |