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P R E C E D E N T E | S U C C E S S I V A |
La VOCE ANNO XX N°4 | dicembre 2017 | PAGINA 3 |
Il sistema bancario e la politicadi Guido Capizzi 28/10/2017 BRUXELLES. Qualche politico italiano ha “Parlamentizzato” questioni coinvolgenti altre autonome istituzioni con l’evidente tentativo di risolvere propri problemi riguardo accuse che li riguardano direttamente o indirettamente in oscure vicende bancarie dove i loro nomi o quelli di parenti e amici sono iscritti in inchieste giudiziarie. Eppure dovrebbero conoscere come è strutturato il sistema delle banche nello spazio in Eurolandia. Rammentiamo, allora, che tra i Paesi appartenenti all’Unione Europea l’intensità del coordinamento e della cooperazione è cresciuto nel tempo, tendendo sempre più a un assetto accentrato di scelte e decisioni comuni, basate su nuove regole e nuove istituzioni. Le nuove regole sono un unico sistema di norme prudenziali armonizzate (il cosiddetto single rulebook) che hanno effetto diretto negli Stati componenti l’Unione Europea, senza la necessità di atti nazionali per il recepimento. Le nuove istituzioni sono rappresentate dal Sistema europeo di vigilanza finanziaria (SEVIF) che è stato istituito nel 2010 fra tutti gli Stati aderenti all’Unione Europea e dall’Unione bancaria costituita tra gli Stati dell’eurozona. Inoltre, all’Unione bancaria possono partecipare volontariamente anche altri Stati dell’Unione Europea la cui valuta nazionale non è l’euro. Il SEVIF è composto dall’European Systemic Risk Board (ESRB) che ha le competenze in materia di vigilanza macroprudenziale e da tre diverse autorità incaricate del coordinamento della vigilanza prudenziale in tre settori-chiave: l’Autorità bancaria europea (ABEEuropean Banking Authority, EBA), l’Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali (AEAPEuropean Insurance and Occupational Pensions Authority, EIOPA) e l’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (AESFEM European Securities and Markets Authority, ESMA) nonché dal loro Comitato congiunto e dalle autorità nazionali dei singoli Stati componenti. L’Unione bancaria, istituita tra i Paesi dell’eurozona, si basa su un meccanismo di vigilanza unico e su un meccanismo di risoluzione unico. Il Meccanismo di vigilanza unico (MVU o Single Supervisory Mechanism, SSM) esercita dal novembre 2014 compiti e poteri di vigilanza sulle banche da parte della Banca Centrale Europea (con il Consiglio di sorveglianza) e delle autorità di vigilanza dei Paesi dell’area dell’euro (nonché di quelli extra area che vorranno aderirvi). La BCE vigila direttamente le banche cosiddette "significative". Tutte le altre banche sono soggette alla vigilanza delle autorità nazionali, nell’ambito degli indirizzi formulati dalla BCE e di un’azione di supervisione comunque svolta da quest’ultima sulla base di informazioni trasmesse dalle autorità di vigilanza nazionali: Se dovesse considerarlo necessario, la BCE ha tuttavia il potere di assumere la vigilanza diretta anche su queste banche. Nel contesto dell’Unione bancaria, la Banca d’Italia contribuisce alle decisioni assunte dagli organi di vertice dell’SSM e, così, la Vigilanza della Banca d’Italia approfondisce la conoscenza dei sistemi bancari degli altri Paesi aderenti curando lo sviluppo di prassi omogenee, nell’interesse della stabilità del sistema bancario europeo. Dallo scorso anno 2016 è operativo il Meccanismo di risoluzione unico (MRU o Single Resolution Mechanism, SRM). Come dire che la risoluzione delle crisi di tutte le banche dei Paesi aderenti al meccanismo di vigilanza unico è gestita secondo regole armonizzate da parte di un’autorità di risoluzione unica (il Comitato di risoluzione unico; Single Resolution Board, SRB) o dalle autorità di risoluzione nazionali, nell’ambito di istruzioni e orientamenti comuni stabiliti dal Comitato, e può essere finanziata da un fondo unico che è alimentato dai contributi versati dalle banche stesse. In un mercato sempre più integrato a livello internazionale a Bruxelles e Francoforte hanno ritenuto fondamentali il coordinamento e la cooperazione tra le autorità di vigilanza dei diversi Paesi. La predisposizione di standard globali consente al mercato stesso di potersi sviluppare, offrendo così maggiori possibilità di investimento o di finanziamento per famiglie che possono permetterselo, le imprese e gli Stati, assicurando condizioni di parità competitiva tra gli intermediari e stabilità dei mercati. Vari organismi definiscono tali standard: tra gli altri il Comitato di Basilea per la Vigilanza bancaria e il Consiglio per la stabilità finanziaria (Financial Stability Board, FSB), ai quali la Banca d'Italia partecipa attivamente. Un lungo dettagliato profilo dal quale dovrebbe scaturire tranquillità per i cittadini e i piccoli risparmiatori. Esperienze di fallimentari banche italiane, esemplare il caso della Banca Etruria, sono ancora lì a dimostrare che un fil rouge attraversa il mondo bancario: l’arroganza spocchiosa degli organi direttivi, laddove dietro laute ricompense i Robin Hood all’incontrario – depredando i poveri e i più deboli e saziando con abbondanza i ricchi – giocano con la carta-moneta quasi fossimo al campionato di Monopoli. È lungo l’elenco delle banche italiane sull’orlo di una crisi di nervi che, c’è da attenderselo, getterà sul lastrico i più deboli della partita. Qualche domanda, dunque, ce la poniamo: possibile che nessuno si sia accorto per tempo delle nefandezze compiute per il proprio tornaconto da banchieri senza scrupoli etici ed evidentemente con scarse capacità tecniche e gestionali? Era indispensabile che i nomi di personaggi copiosamente pagati arrivassero dalla politica o, peggio ancora, dai partiti? Possibile che la vigilanza fosse sulla strada dell’indebolimento e pensasse ad altro? Perché le banche vengono continuamente considerate come istituzioni e non come imprese che nemmeno fabbricano ciò che mercanteggiano, ovvero denaro, essendo imprese di servizi, attraverso il denaro che comprano dalla banca centrale e vendono – spesso in modo truffaldino e tossico – a cittadini e imprese con i prestiti e i mutui e dove vanno anche a chiederne? Un sistema di controllo efficace, dal livello comunitario al livello localistico, per lo meno non consentirebbe a qualche banca di arrivare al default dopo aver depredato i risparmiatori: che più sono piccoli, più sono deboli e circuibili. Perché a chi è più grasso e lercio i milioni si regalano più facilmente. |
Il signor “Pig” e il poteredi Alba Vastano 28/10/2017 Il signor Pig è persona malata, ha una patologia incurabile. Il signor Pig è incurabile. Il problema è che non sa di esserlo, né malato, né tantomeno incurabile. In realtà pensa di essere in eccellente forma, in quanto riconosciuto coram populo come il potente. La sua malattia, quindi, sembra a lui inesistente, non ne riconosce i sintomi nocivi che scambia addirittura per un continuo benessere e ne prova soddisfazione. Il signor Pig è ammalato di potere, di abuso di potere. Più di qualcuno glielo ha conferito in toto facendogli credere che lui è il supremo ed è indispensabile al benessere altrui. Così gli scatta nei neuroni, già deteriorati naturalmente, la convinzione che può assoggettare ai suoi voleri chiunque gli ruoti intorno. Che può umiliare ogni persona che considera un disturbo alla sua sola vista, perché, secondo la sua distorta ottica, non è un suo simile, un suo pari, ma è specie diversa, altra razza, soprattutto è inferiore e può dominarla e ridurla ai suoi voleri. Per il signor Pig c’è ancora il mercato degli schiavi nelle agorà e ci sono le ancelle a soddisfare i suoi bassi istinti, per poter restare a corte. Il signor Pig vive bene in questa società capitalistica, composta da una élite in cui accedono esclusivamente altri signor Pig che, come lui, possono tutto, anche modificare l’aria che respiriamo e invertire la naturalezza delle cose, con la mira di ottenerne vantaggi personali. Di qua i potenti, di là i sudditi succubi e sfruttati. “Più potere a me, meno diritti a voi” è il suo paradigma. La sua patologia, che è la sua linfa vitale, trova sostanza nelle fabbriche e nelle aule dei Parlamenti ove abbondano i suoi simili, nei Palazzi dei governi, nelle cattedre universitarie e nei Tribunali e cum magno gaudio si esprime e si realizza indossando vesti talari nei sacri corridoi, ove domina la falsità e la corruzione dei credo religiosi. Nel mondo dello spettacolo, fra i camerini delle star e nelle camere d’albergo dei produttori, dietro le quinte delle televisioni, nelle redazioni dei giornali borghesi. Nelle piantagioni ortofrutticole, ove Pig sfrutta fino all’osso i migranti e le donne, considerandole sue personali schiave, con cui si diletta sessualmente nella bicocca dei suoi poderi. In questi luoghi domina il signor Pig che si nutre di sudditanza. Se non ci fossero i sudditi guarirebbe, trasformandosi in una nullità, quello che effettivamente è. Perché esistono i signor Pig? Perché esistono i sudditi. Svanirebbe nel nulla, qual è, ogni signor Pig, se si uscisse in blocco dal sistema di sudditanza, qualunque essa sia e a qualunque forma di potere resti appesa, come una condanna, sostenuta dalla falsa fede della legge del più forte a cui affidarsi per essere protetti. Ma protetti da cosa, da chi? Ci si sente davvero così sicuri se si dipende dal sovrano che mira solo a defraudarci di tutti i diritti? E poi esistono i miti, si raccontano favole e leggende che hanno incarnato eroi, paladini degli oppressi, degli emarginati. Ma sono favole e leggende. Per sgonfiare il signor Pig occorre ben altro. Occorrono altri strumenti che appartengono alla storia delle liberazioni dei popoli, tramite le rivoluzioni. Per capire chi è il signor Pig e perché a lui ci assoggettiamo è necessario riflettere sulle dinamiche del potere e sulla sua innaturalità. Il potere, purché se ne parli Il signor Pig, malato di potere tanto da abusarne, non è un umano, è un paradosso. Perché il potere è un paradosso, anzi una serie di paradossi. Necessario riflettere sulle dinamiche e parlarne, come non si è fatto per secoli, accettando passivamente le forme di potere come il naturale stato delle condizioni umane e dei rapporti fra Stato e cittadino, fra dominus e dominato. Ѐ necessario appropriarsi della convinzione che ogni forma di potere è innaturale, perché ogni persona ha diritto di promuovere la sua autonomia e non può esistere altri che, per sopraggiunta autorità concessa da qualcuno, possa reprimerne la libertà. Questo è il processo naturale, ma il paradosso è che il potere è necessario proprio perché innaturale e nell’esprimersi tramite gli individui designati corre sul filo dell’ambiguità. Altro paradosso è che il potere è contestuale alla libertà dell’uomo, pertanto, mentre si afferma in modo riduttivo e improprio che l’individuo deve ubbidire al potere, si afferma contestualmente che ogni individuo ha diritto alla libertà e all’autonomia di pensiero e di azione. Un vero ossimoro. Di conseguenza e per logica ne deriva che il potere non è un attributo naturale, ma si acquisisce tramite le relazioni e si conquista con il consenso di un gruppo in un ben designato contesto. Interessante è ragionare sul motivo per cui persone che rivendicano la naturale autonomia, poi si affidino e diano consenso e delega nell’agire per loro ad un tal signor Pig che in effetti non conoscono e che quasi sempre tradirà le loro aspettative. Quali dinamiche attivano il consenso ad essere rappresentati, tutelati, guidati e poi repressi, offesi, umiliati, sconvolti, annullati, quando inevitabilmente il signor Pig, forte del consenso che gli si è attribuito, abuserà del potere conferito e ci toglierà la dignità? E un ulteriore paradosso è che il consenso non è avvenuto sporadicamente, ma si è perpetrato sistematicamente in corsi e ricorsi storici, da governo a governo, nella storia dell’umanità. L’uomo pur volendo restare libero ha sempre acconsentito ad essere governato da un capopopolo. Il consenso, come delega ad agire, è una coazione a ripetere, interrotto solo da alcuni eventi straordinari, quali le grandi Rivoluzioni che hanno ribaltato i poteri del ricorrente mister Pig, ripristinando una forma di rappresentanza basata sul principio di democrazia diretta. Avvenne in Russia, nell’Ottobre di cento anni fa. Il risultato fu: uguali diritti per tutti i popoli, diritto di autodecisione, diritto al libero sviluppo per le minoranze e per tutti i gruppi etnici. Crollo del potere autarchico, assoluto. Fine del regime zarista con l’immediata distribuzione ai contadini delle terre dei pomesciki (proprietari terrieri). Abbattimento del vecchio sistema giudiziario, sostituito dai Tribunali del popolo. Abbattimento del corpo di polizia, sostituita da milizie formate da operai. Per la donna parità di diritti rispetto all’uomo. Nazionalizzazione delle banche private. Fabbriche affidate alla gestione operaia. Una storia indimenticabile e incomparabile alla storia odierna dei popoli, vittime consensuali del più sfrenato imperialismo, da cui per incertezza rispetto all’ignoto e per insicurezza sulla propria identità sociale e politica, non riescono a liberarsi, optando quasi masochisticamente per il gettarsi fra le braccia del signor Pig, un leader che ottenuta la sudditanza li scambierà per merce o per carne da macello. Riappropriarsi degli strumenti per abbattere e ribaltare i poteri dominanti è oggi più che mai un’emergenza, nell’assoluta convinzione che “La maggior parte dei sudditi crede di essere tale, perché il re è il Re. Non si rende conto che in realtà è il re che è il Re, perché essi sono sudditi” (Karl Marx). |
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