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La VOCE ANNO XVIII N°6

febbraio 2016

PAGINA 4

L’Europa collabori con il tribunale internazionale per la Palestina

Da Change.org Aggiornamento sulla petizione

Anna Farkas
Rome, Italia
6 gen 2016 — Israele ostacola indagini ONU delle violazioni dei diritti umani nei territori occupati. Sarà cosi’ anche per quelle che dovranno essere condotte dal CPI?

TERRITORI TERRITORI OCCUPATI. Si dimette il relatore speciale Onu, protesta con Israele

Makarim-Wibisono Wibisono, nominato meno di due anni fa,rassegna le dimissioni per non aver ricevuto il permesso di ingresso nei Territori Palestinesi Occupati da parte delle autorità israeliane: “Spero che chiunque mi succeda riuscirà a rassicurare il popolo palestinese che dopo quasi mezzo secolo di occupazione il mondo non ha dimenticato il suo dramma”

di Rosa Schiano

Roma, 6 gennaio 2016, Nena News – A meno di due anni dalla sua nomina, Makarim Wibisono ha annunciato lunedì le sue dimissioni dalla carica di relatore speciale Onu sulla situazione dei diritti umani nei Territori Palestinesi Occupati.

“Sfortunatamente, i miei sforzi di contribuire al miglioramento delle vite dei palestinesi vittime delle violazioni sotto l’occupazione israeliana sono stati vanificati ad ogni passo,” ha dichiarato Wibisono, le cui dimissioni saranno effettive a partire dal 31 marzo 2016.

Il relatore speciale indonesiano ha aggiunto che, nell’accettare il mandato nel giugno 2014, gli era stato assicurato accesso ai Territori Palestinesi Occupati come “osservatore imparziale ed obiettivo”. Tuttavia, da allora ripetute richieste di ingresso non sono state accolte da Israele, tra queste, l’ultima inviata nel mese di ottobre,con cui si domandava il permesso di ingresso di Wibisono alla fine del 2015. Secondo il relatore speciale è dunque venuta a mancare la premessa alla base dell’accettazione del mandato, ovvero l’entrare in diretto contatto con le vittime palestinesi.

“Spero sinceramente che chiunque mi succeda riuscirà a risolvere l’attuale situazione di stallo e rassicurare il popolo palestinese che dopo quasi mezzo secolo di occupazione il mondo non ha dimenticato il suo dramma e che i diritti umani universali sono davvero universali” , ha affermato Wibisono, che presenterà il suo ultimo rapporto nella trentunesima sessione del Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite nel mese di marzo 2016.

Il mancato rilascio del permesso di ingresso al relatore speciale nei Territori Palestinesi Occupati fa parte della politica israeliana di celamento della verità e delle violazioni dei diritti umani alla commissione sui crimini di guerra, secondo il Palestinian Center for Human Rights. Nel mese di giugno,Israele aveva negato a Wibisono l’ingresso nei Territori Palestinesi Occupati in occasione di una visita finalizzata a portare avanti l’inchiesta sull’attacco militare contro Gaza “Margine Protettivo”, avvenuto nei mesi di luglio e agosto del 2014. Allora, il portavoce del Ministero degli Esteri israeliano, Emmanuel Nahshon, aveva riferito che le autorità israeliane non avevano permesso la sua visita in quanto ne consideravano il mandato anti-israeliano.

Negli ultimi tempi Wibisono aveva espresso preoccupazione per le sempre più frequenti aggressioni israeliane verso gli attivisti per i diritti umani nei territori palestinesi ed in particolare riguardo le incursioni da parte delle autorità israeliane contro membri dell’organizzazione Youth Against Settlements, il cui centro ad Hebron era stato chiuso poiché l’area circostante era stata dichiarata zona militare. Wibisono aveva esortato le autorità israeliane a revocare l’ordine militare. Wibisono aveva inoltre denunciato diversi aspetti della quotidianità sotto l’occupazione militare e l’assedio sulla Striscia di Gaza che impone dure restrizioni al movimento dei palestinesi, alle importazioni ed alle esportazioni e che condanna la popolazione alla dipendenza dagli aiuti internazionali e ad una crescente disoccupazione.

“Il punto è che, se Gaza deve riprendersi dal danno causato dalle molteplici offensive e da una economia a pezzi, il blocco deve essere tolto. La popolazione merita un aiuto e l’ottenimento dei propri diritti umani, non una punizione collettiva”, aveva affermato Wibisono nel mese di giugno, denunciando anche la situazione in Cisgiordania e Gerusalemme est dove “si verificano continue infrazioni dei diritti dei palestinesi”; Wibisono aveva evidenziato il controllo israeliano delle risorse naturali e l’avanzamento degli insediamenti illegali, aggiungendo che “chiudere semplicemente i nostri occhi è permettere la permanenza di queste pratiche”.

Il suo predecessore, il professore emerito di diritto internazionale alla Princeton University Richard Falk, non gradito a Israele per le sue opinioni, si era visto rifiutare l’ingresso durante i suoi sei anni di mandato. Nena News

Perché firmare? Per dire no alla continuazione dei crimini di Israele.

L’impunità di Israele sembra non finire mai. Sono trascorsi, infatti, più di 67 anni da quando, prima ancora che l’Onu adottasse nel 1947 la Risoluzione 181 sulla spartizione della Palestina storica e vi fosse, nel 1948, la dichiarazione unilaterale di istituzione dello Stato di Israele, iniziarono in Palestina, ad opera di formazioni paramilitari, poi confluite nell’esercito israeliano, aggressioni armate, espropriazioni, distruzioni, eccidi che portarono alla deportazione e al trasferimento forzato della popolazione. In pochi mesi furono cancellate 9 città, distrutti 532 villaggi, uccisi migliaia di palestinesi, mentre 900.000 furono scacciati dalle loro case e dalla loro terra. Da allora non c’è stata più pace in Palestina, nonostante le numerose risoluzioni ONU di condanna.

Nei decenni seguenti Israele ha proseguito nelle sue politiche di discriminazione razziale, di apartheid, di espulsione degli abitanti storici e naturali, di espansione territoriale fino ad incamerare circa l’80% della Palestina contro il 55% assegnato dall’ONU. Ciò si è accompagnato ad altri crimini, tra cui la demolizione delle case palestinesi, la repressione violenta, il ricorso sistematico a trattamenti inumani e degradanti, agli omicidi mirati, alla tortura e all’imprigionamento senza processo e senza accusa, anche di minori, fino alle terribili aggressioni punitive su Gaza.

Nell’ultima, dell’estate 2014, i morti sono stati più di 2.200, quasi tutti civili e per metà donne e bambini, i feriti oltre 11.000. Sono state distrutte proprietà e abitazioni senza alcuna giustificazione militare, sono stati attaccati intenzionalmente civili ed edifici civili (scuole, rifugi ONU, ospedali, ambulanze, centrali elettriche, infrastrutture, luoghi di culto), sono state usate persone come scudi umani.

Con la decisione nel 2012 da parte dall’Assemblea Generale ONU di elevare la Palestina a “Stato osservatore, non membro”, il presidente palestinese Mahmoud Abbas ha potuto presentare, il 31 dicembre 2014, il documento di adesione al Trattato di Roma e alla Corte Penale Internazionale (CPI). L’adesione è stata accettata dal Segretario Generale ONU il quale ha stabilito che la Palestina diventerà ufficialmente uno stato parte della CPI a partire dal 1 aprile 2015. La Corte potrà allora esercitare la propria giurisdizione sui crimini di guerra, contro l’umanità e di genocidio commessi in territorio palestinese a prescindere dalla nazionalità dei presunti perpetratori, siano essi israeliani, palestinesi o altri.

Il percorso che si è aperto con la decisione di aderire alla CPI, tuttavia, è irto di ostacoli e pericoli per i palestinesi, che dovranno fronteggiare la rabbia di Israele che, disperatamente, vuole mantenere il proprio regime coloniale e di apartheid. E infatti Israele ha già messo in atto diverse manovre e minacce, che vanno ben oltre il trattenimento di milioni di dollari provenienti dalle tasse raccolte per conto della Autorità Nazionale Palestinese.

Perciò tale percorso va sostenuto e incoraggiato, soprattutto da parte degli Stati aderenti alla CPI, ai quali chiediamo di cooperare pienamente, con la stessa. È l’applicazione del diritto l’unico strumento che può veramente mettere in discussione l’impunità di Israele e portare giustizia in Palestina.

Rete Romana di Solidarietà con il Popolo Palestinese


Primi firmatari:
Firme individuali:
Cesare Antetomaso, Avvocato
Frank Barat, Coordinatore Tribunale Russell sulla Palestina; Presidente, Palestine Legal Action Network
Mons. Hilarion Capucci, Arcivescovo Emerito di Gerusalemme in esilio
Wassim Dahmash, Professore e Ricercatore di lingua e letteratura araba, Università di Cagliari
Mireille Fanon-Mendes-France, Esperta ONU
Giovanni Franzoni, già abate della basilica di S. Paolo, pubblicista
Domenico Gallo, Consigliere della Corte di Cassazione
Fausto Giannelli, Avvocato, Coordinatore Giuristi Democratici Modena
Giancarlo Guarino, Ordinario Diritto Internazionale, Università di Napoli Federico II
Francesca Koch, Presidente della Casa Internazionale delle Donne
Teresa Lapis, Avvocato e docente di diritti umani, Università di Venezia
Rania Madi, Consulente ONU Ginevra, Badil Resource Center
Mairead Maguire, Premio Nobel per la pace
Fabio Marcelli, Ricercatore, Istituto Studi Giuridici Internazionali del CNR.
Luisa Morgantini, già Vicepresidente del Parlamento Europeo
Dario Rossi, avvocato, coordinatore giuristi democratici di Genova.
Yousef Salman, Delegato Mezzaluna Rossa Palestinese in Italia
Gianni Tognoni, Ricercatore & Segretario generale del Tribunale Permanente dei Popoli
Nicola Vetrano, Avvocato, Napoli
Vincenzo Vita, già Senatore del Parlamento Italiano & giornalista
Reti, associazioni, organizzazioni:
Rete Romana di Solidarietà con il Popolo Palestinese
Rete ECO – Ebrei contro l’occupazione (ONLUS)
Donne in Nero Italia

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