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PAGINA 7

fessioniste che sono state le più sacrificate dalla rigida interpretazione talebana della sharia, vogliono una cosa sola: che gli stranieri se ne vadano e poter risolvere da soli, fra loro, fra afghani, le proprie questioni.

Mentre persino il presidente Berlusconi mostra qualche perplessità sulla missione afghana, i ministri La Russa e Frattini continuano a ripetere come un disco rotto che "siamo legati ai nostri impegni internazionali". è una menzogna. Gli olandesi che, a differenza nostra, si sono battuti bene nella zona forse più pericoloae di tutto l’Afghanistan, nell’Urozgan, patria del Mullah Omar, in Helmand, se ne sono andati nell’agosto 2010 dopo aver perso 26 uomini, fra cui il figlio del loro comandante Van Hum, quasi tre volte più degli italiani in
proporzione al loro contingente di mille effettivi. Entro il 2011 se ne andranno i canadesi, che hanno combattuto anch’essi in Helmand perdendo, al luglio 2010, 151 uomini su 2800. Nel 2012 sarà la volta dei polacchi. Solo noi dobbiamo rimanere a fare i cani fedeli
degli americani?

GIAPPONE 11 MARZO 2011
Markus Spillmann

Sono immagini apocalittiche  quelle che ci arrivano dal Giappone: prima terremoto  di intensità inaudita, subito dopo uno tsunami devastante  e ora la minaccia di un disastro nucleare.
Questa serie di eventi catastrofici segna una netta censura non solo per il. Giappone ma anche per il resto del mondo.  Come l’ 11 settembre 2001 potrebbe imprimersi nella nostra memoria  come un giorno rappresentato soprattutto  attraverso le immagini, perché le parole non bastano più per raccontare l’ accaduto.

Lo tsunami ha prodotto effetti disastrosi sulla sicurezza delle centrali nucleari costruite in riva al mare  nelle prefetture di Miyagi e Fukushima. Un dibattito franco sulle fonti di energia è a questo punto inevitabile.  Neanche il Giappone che ricava  circa un terzo della sua energia dalle centrali nucleari potrà sottrarsi a questa discussione e, comunque vada, gli avvenimenti hanno messo ormai in crisi la tanto sbandierata rinascita dell’ energia nucleare. Basta pensare al fatto che mentre le centrali hanno resistito ad un sisma di magnitudo tanto potente, i generatori di emergenza, fondamentali per raffreddare i reattori, sono stati messi fuori uso dallo tsunami.

I sostenitori del nucleare faranno più fatica che mai a convincere l’ opinione pubblica, da sempre scettica, dei vantaggi di questa tecnologia. Ma sarebbe importante che il dibattito condotto finora in modo piuttosto ideologico, si concentrasse di nuovo sul vero nocciolo della questione: le possibilità tecniche e umane di controllare questa fonte  energetica anche in caso di gravi incidenti.

nonostante la serie di eventi particolarmente drammatici avvenuti in Giappone, ormai non è più possibile sottrarsi alla scomoda domanda su quali siano le nostre priorità.
In un mondo in cui i problemi climatici impongono scelte sempre più urgenti e di fronte alla necessità di ridurre drasticamente e in poco tempo la nostra dipendenza dai combustibili fossili, quali rischi siamo pronti ad affrontare per soddisfare la nostra inarrestabile sete di energia?

E’ possibile che stavolta l’ 11 marzo abbia deciso per noi.
Ma se le cose stanno così le conseguenze sociali ed economiche di questa catastrofe sono comunque tutt’ altro che sotto controllo.

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