LOTTA DI CLASSE E LA GELMINI
elaborazione da un articolo di Gennaro Carotenuto
Mariastella Gelmini, tutta felice di servire il potere del mafioso Berlusconi celebra l'approvazione della sua riforma dell'Università come fosse finalmente "la fine del Sessantotto".
Con questa espressione però il ministro lacché non intende il senso che ogni buon conservatore assocerebbe al cosiddetto Sessantotto, ossia : antiautoritarismo, antimilitarismo, liberazione sessuale, rottura della morale o meglio della immoralità borghese, equilibrio nel conflitto tra capitale e lavoro in termini chiari: lotta di classe.
No, per Mariastella Gelmini il Sessantotto rappresenta innanzitutto un aborrito "egualitarismo", cioè, i cittadini considerati sullo stesso piano, considerazione da combattere con le armi dello sfuggente concetto di "meritocrazia" che la nuova legge si propone di incarnare.
La Riforma di questi giorni è "la fine del Sessantotto" in quanto fine di quel fattore cardine di
coesione e perequazione sociale rappresentato dall'Università di massa che Berlusconi e Tremonti, attraverso la Gelmini, si erano promessi di eliminare.
In una parola fine di quegli ideali conquistati con la Resistenza che pur avendo espresso una costituzione a carattere capitalistico (legalità della proprietà privata) ha dovuto tener conto delle esigenze espresse dalle forze anche avevano combattuto il capitalismo imperialista fascista e volevano una Repubblica democratica dove il popolo lavoratore u e i suoi figli contassero qualcosa.
L'equilibrio di cui abbiamo testè parlato tra capitale e lavoro raggiunto dalle socialdemocrazie europee si è protratto per tutto il decennio successivo finché il primo, con la spallata thatcheriana, non prevalse sul secondo.
La svolta neoliberale e neoconservatrice, che in Italia prese la forma simbolica della "marcia dei
40.000" prima e del berlusconismo poi, oggi, trent'anni dopo, è tra i fattori che stanno determinando la caduta di coesione sociale che è alla base dell'eclisse dell'Occidente.
La Riforma Gelmini approvata pochi giorni fa dal Senato è quindi epocale perché è il compimento di un lungo percorso che rompe in Italia un altro equilibrio fondamentale: quello come abbiamo detto tra la Costituzione, che sancisce ancora degli elementi, come il diritto allo studio, di forte perequazione sociale in un'economia di mercato, e dall' altra parte gli interessi delle classi dirigenti.
I cosiddetti benpensanti ritengono di incarnare il "merito" per censo e con la Gelmini hanno l'occasione, nel tardo neoliberismo incarnato dal governo Berlusconi, di rafforzare e rinnovare privilegi antichi e di oppressione di una classe sull' altra..
Quindi, al contrario di quanto dice il ministro, solo i figli dei farmacisti continueranno a fare i farmacisti, i figli degli architetti gli architetti e i figli dei baroni
i baroni.
E molte lauree verranno date per diritto di stirpe.
Ciò perché la riforma Gelmini rappresenta la caduta dell'architrave democratico della nostra società rappresentato dall'Università di massa come percorso di ascensione sociale prima precluso ai più, poi dalla fine degli anni '60 aperto a tutti (che roba Contessa! Vi ricordate la bellissima canzone di Pietrangeli? ),ascensione, da oggi, di nuovo preclusa ai figli del popolo.
I numeri parlano chiaro. Alla metà degli anni '60 gli studenti universitari in Italia erano 400.000. Oggi sfiorano i due milioni.
Riscontriamo dati simili per tutti i nostri paesi di riferimento, la Francia, la Germania, la Gran Bretagna.
Nell'Europa occidentale, nel quarantennio che ci separa dal "maggio francese" il numero delle persone che hanno potuto spendere sul mercato del lavoro un titolo universitario è quadruplicato.
Ovvero: con l'Università di massa i figli del popolo vanno all'Università, senza Università di massa i figli del popolo, anche i capaci e i meritevoli, ne sono esclusi.
avere un'approssimazione di risposta.
Lo stesso l'Università di massa ha garantito in altri campi, dalla medicina all'avvocatura.
Che l'operaio abbia visto il proprio figlio dottore non vuol dire che i dottori di oggi siano migliori di quelli di ieri. Vuol dire che lo studiare come privilegio elitario, sia pure in un contesto dove permangono mille problemi, è stato abbattuto da quell'Università egualitaria della quale oggi la Gelmini rivendica lo scalpo e quindi la distruzione e morte.
L'Università di massa della quale si celebra il funerale era figlia della lotta generazionale e di classe per permettere ai molti di sfuggire sia a un lavoro subalterno e quindi a una subalternità culturale.
In sostanza il potere teme la cultura, ne esige la morte, teme la preparazione scientifica, il ragionamento e le conseguenze che questo può portare nella inevitabile lotta di classe.