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LA CRISI, IL DEBITO, L'ALTERNATIVA
La crisi del capitalismo finanziario si aggrava e si avvita su sé stessa. Nei giorni scorsi la decisione del primo ministro greco Papandreu di indire un referendum perché i cittadini greci si pronunzino sui gravissimi sacrifici, privatizzazioni, licenziamenti, decurtazioni di salari e pensioni, taglio di tutti i diritti dei lavoratori, imposti dall'Europa per fornire un po' di soldi e di (falso) respiro alla Grecia, ha scatenato una tempesta sui mercati finanziari con crolli verticali delle borse e crescita dei tassi dei titoli di stato.
La decisione di Papandreu è stata indotta dalle manifestazioni che si sono intensificate in tutte le città della Grecia, condotte dal Partito Comunista, da sindacati, lavoratori, studenti. In Grecia l'opposizione esiste e chiede di rifiutare i diktat dell'Europa. Chiede di non pagare il debito ed al limite di uscire dalla zona dell'Euro e riacquistare la sovranità nazionale.
D'altra parte i sacrifici servirebbero solo a rimandare un fallimento già annunciato. La Grecia, ma non solo la Grecia - anche il Portogallo, la Spagna. l'Irlanda, l'Italia - sono sottoposti alla pressione delle banche che vogliono recuperare gli interessi dei loro prestiti forniti agli stati sotto forma di acquisto di titoli i cui tassi crescono vertiginosamente man mano che la crisi procede.
Ma tutto questo a lungo andare non permette di eliminare il debito come i nostri politici ed economisti benpensanti - il presidente Napolitano in testa - sostengono. Il meccanismo è quello tipico dell'usura cui singole imprese o famiglie sono sottoposte dagli strozzini. Persino la Francia, le cui banche sono piene di titoli italiani e altri titoli spazzatura che rischiano di diventare carta straccia, non dorme tranquilla.
La Grecia fallirà comunque, ma dopo che quel governo ha rischiato di compiere una vera devastazione sociale cui l'opposizione di sinistra ellenica ha opposto una fiera resistenza che sta dando i suoi frutti.
In Italia il 15 ottobre una grande manifestazione di 300.000 persone ha chiesto il non pagamento del debito, la nazionalizzazione delle banche, il taglio d i tutte le spese militari ed il ritiro dei soldati da tutti i fronti di guerra, la difesa dello stato sociale, dei salari e delle pensioni. I nostri mass-media al servizio del padronato e delle banche hanno parlato solo degli scontri e dei black-block, veri o presunti; ma mentre vengono estese queste note, Roma è percorsa da cortei di studenti in rivolta, braccati, assediati e schedati dalla polizia. Si formano comitati "No-Debito" e si programmano nuove mobilitazion nazionali.
Il governo Berlusconi boccheggia, sballottato tra i diktat della Merkel e di Sarkozy, i mal di pancia della Lega che teme di perdere il favore popolare se i sacrifici diventano eccessivi, le esitazioni del premier, la fronda di Tremonti. Ma il problema vero del nostro paese è l'inesistenza di un'alternativa vera da parte dell'opposizione, che chiede solo la rimozione di Berlusconi, ma che in caso di probabile vittoria elettorale, o di rimpasto imposto da Napolitano e dai poteri forti, attuerebbe una politica ancora più rigorosa ed antipopolare al servizio del grande capitale finanziario internazionale. Bersani e Napolitano guidano questo tipo di politica. Di Pietro e Vendola sono di rincalzo.
Mentre le formazioni di estrema sinistra, sindacati di base, organizzazioni studentesche di precari si mobilitano su parole d'ordine alternative per spezzare la spirale della crisi e della compressione del tenore di vita di chi studia e lavora, formazioni ex-parlamentari, come la Federazione della Sinistra, sapranno unirsi al movimento di alternativa, sapranno prendere esempio dal Comunisti Greci? O faranno il solito giochino di fare da ruota di scorta al centro-sinistra per rimediare qualche strapuntino?
La risposta a questa domanda ci dirà se in Italia si sta veramente formando un fronte di opposizione o se le formazioni storiche della sinistra vogliono sparire completamente dalla scena.
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