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SVILUPPO DELLE FORZE PRODUTTIVE... OPPURE NO?
E' passato esattamente un anno da quando, per questa stessa rubrica de La Voce del G.A.MA.DI., riportavamo della giornata di studio sul tema "I nodi della Transizione: Forze produttive, rapporti di produzione e scienza", organizzata a Pisa il 13 maggio 2009 a cura della Associazione Politica e Classe per il Socialismo del XXI Secolo.
Premesso che "per forze produttive si intendono gli individui che lavorano e costituiscono la forza-lavoro, i mezzi di produzione, ovvero tecniche e macchinari, le conoscenze tecniche e scientifiche", scrivevamo allora che la << dinamica dello sviluppo delle forze produttive non trova applicazione solamente nel capitalismo, ma in ogni formazione socio-economica umana. Questo è evidente ad ogni pensatore marxista ed in particolare deve esserlo per chi conosce il Materialismo Dialettico ed il Materialismo Storico, la cui visione del reale è una visione di processo, quindi di sviluppo continuo ed incessabile - una concezione insita nella dialettica sin dalle prime formulazioni di Hegel. [...] Le forze produttive [...] non possono essere "neutre", bensì sono "forze produttive capitaliste", o "forze produttive socialiste", e così via. Nello stesso documento di convocazione del Convegno (marzo 2009) era specificato che "le stesse forze produttive hanno subito un determinato indirizzo e sviluppo in quanto prodotto diretto del Modo di Produzione Capitalistico." [... Ma] che cosa comporta, concretamente, dire che le forze produttive, e quindi anche la Scienza, non sono neutre bensì hanno sempre una connotazione socio- economica?
Personalmente sono intervenuto nel dibattito per fare la metafora della... bistecca. Prendiamo infatti una bella bistecca di maiale, magari una fiorentina. Possiamo dire forse che tale bistecca è neutrale dal punto di vista socio-economico? Assolutamente no. I motivi sono molti: a partire da come viene tagliata, la bistecca dimostra di appartenere ad una certa civiltà, di essere un piatto che non tutte le società umane hanno avuto. Tra l'altro, ci sono culture in cui la carne di maiale non si mangia (ad esempio l'Islam e l'Ebraismo). Ma la connotazione storica e sociale della bistecca si riconosce anche da come è condita, poichè le spezie, l'olio e l'aceto, possono essere o meno usate ed essere o meno disponibili sul mercato in un dato luogo e periodo. Infine, una bistecca ben condita spesso denota una condizione sociale agiata: non tutti se la possono permettere. Quindi la bistecca non è per niente neutrale.
Questa metafora è per dire che ci sono prodotti del capitalismo, quali la Scienza e la Tecnica, che pur non essendo per niente neutrali non possono essere buttati nel cestino a priori. Viceversa, essi possono essere preziosi anche per le formazioni socio-economiche che sostituiranno il capitalismo. D'altronde il passaggio da una società ad un'altra non può mai avvenire come cesura netta ed assoluta: ci saranno sempre acquisizioni della società precedente che riappariranno nella società futura, dialetticamente. Ogni società ha le sue contraddizioni, sia di tipo strutturale che di tipo sovrastrutturale; allo stesso modo, ogni passaggio da una società all'altra è fatto sia di discontinuità che di possibili continuità. La visione della storia umana come processo dovrebbe imporci questo modo di pensare e di rispettare, in qualche senso, le società e le culture passate e che vogliamo cambiare, perchè da ogni società e da ogni cultura ereditiamo comunque qualche tesoro, piccolo o grande, che va ad incrementare il bagaglio delle conoscenze umane - scienze, tecniche, arti. Cosicchè, il passaggio dal capitalismo al socialismo non significa buttare nel cestino le conoscenze e le pratiche acquisite ad esempio in campo sanitario. Ovviamente la nuova società deve fare tesoro di ciò che è utile, e deve lasciar perdere ciò che della vecchia cultura è inutile o persino dannoso. >>
Su La Voce di settembre 2009 concludevo notando come << le numerose ed importantissime questioni poste a Pisa sono dunque rimaste in gran parte senza risposta o, almeno, senza risposta condivisa. E' bene comunque che si sia riconosciuto il "filo rosso che troviamo sia nelle fasi rivoluzionarie che in quelle di controrivoluzione o di crisi che è quello della centralità del rapporto tra sviluppo delle forze produttive (dalla capacità rivoluzionaria della scienza a quella della Forza Lavoro) e rapporti di produzione. Questa centralità che è stata rimossa dalla elaborazione politica va invece assolutamente riconquistata se si vuole avere la possibilità di ritrovare un orientamento strategico per il movimento di classe internazionale ma anche per il nostro paese." >> Purtroppo, dopo un anno tale centralità continua invece ad essere rimossa ed anzi la elaborazione teorica tra gli intellettuali mar
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