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bo, compiute con frequenza e decisione crescenti lungo le strade consolari quali la Salaria e la Flaminia tali "bande" diventavano inammissibili per il gigante tedesco. Protagonisti di tali importantissime azioni erano molto spesso proprio gli jugoslavi: quelli organizzati attorno al comandante Tozotra le provincie di Terni e di Rieti, e quelli attivi nell'entroterra marchigiano.
Un'altra storia interessante è quella che riguarda i prigionieri del campo di Renicci, in provincia di Arezzo. In questo campo erano stati fatti confluire i deportati della cosiddetta "provincia di Lubiana", dunque molte migliaia di sloveni la gran parte dei quali avevano già fatto tappa prima nell'inferno di Arbe/Rab, poi a Gonars (UD); oltre a costoro c'erano anche prigionieri politici albanesi, croati e antifascisti italiani soprattutto anarchici, molti tra questi ultimi erano stati trasferiti a Renicci dai lager del sud e delle isole che nei primi mesi del '43 dovettero essere sgomberati per l'avanzare degli Alleati. Nel campo di Renicci i reclusi avevano già espresso anche apertamente, quando era stato loro possibile, la loro opposizione e resistenza ai trattamenti più vessatori. Tra l'altro nel campo esisteva una cellula politica comunista clandestina che faceva capo a Lojze Bukovac. (4)
Bukovac dopo la sua fuga da Renicci si unirà all'VIII Brigata Garbaldi Romagnola. In seguito all'offensiva tedesca che si stava spingendo dal sud verso il nord delle Marche fino all'alta Marecchia e alla Romagna, Bukovac ripiegherà in Toscana e di nell'aretino. Bukovac ricorda : "... [dopo il 18 giugno 1944, provenienti dall' Emilia Romagna] ci ritirammo in Toscana dove ci siamo riuniti alla brigata "Pio Borri" verso la metà del mese di maggio. Il commissario della brigata "Borri" Duan Bordon, un giovane studente originario del capodistriano, divenuto poi nostro eroe nazionale (nel dopoguerra a Capodistria gli è stata intitolata una scuola) era caduto in un combattimento nei pressi di Caprese Michelangelo il 13 giugno 1944..." (5)
In effetti in quel durissimo scontro a fuoco avvenuto nel corso di un rastrellamento fascista, per proteggere la ritirata dei compagni erano caduti, oltre allo studente Duan Bordon, comandante del reparto, il russo Piotr Fesipovic, mentre un altro montenegrino, tale Pelovic, era stato catturato e immediatamente fucilato. Il reparto della GNR comunque paga con 12 morti e 10 feriti.
Non mancano gli episodi che coinvolgono gli jugoslavi anche più a Nord, fino a Genova, dove il comandante della brigata partigiana che liberò la città era jugoslavo: Anton "Miro" Ukmar. Ukmar in effetti era sfuggito da un lager in Francia; unitosi alla Resistenza italiana, venne nominato comandante della VI zona operativa, che sugli Appennini, poco lontano da Genova, disponeva di un vasto territorio liberato. Con le sue divisioni il compagno "Miro" prese parte alla liberazione di Genova e ne fu comandante della piazza al termine del conflitto. Ukmar - che sarà poi decorato con l'Alta onorificenza americana "Stella di Bronzo" ed eletto cittadino onorario di Genova - contribuì alla formazione di ben otto divisioni partigiane in Liguria. Di queste divisioni facevano parte alcune brigate comandate da Jugoslavi, tanto che portavano il nome di battaglia degli stessi come "Istriano", "Montenegrino" eccetera. (6) Molti di questi partigiani jugoslavi caddero in combattimento e la maggioranza di loro , negli anni '50, si trovava sepolta nel cimitero di Genova.
Partigiani jugoslavi risultano caduti e sepolti fin nella provincia di Piacenza, a Cairo Montenotte e a Torino (ben 10 nel cimitero della città piemontese).
Il comandante partigiano Giuseppe Mari "Carlo", in alcuni testi del dopoguerra provò a ricostruire gli organigrammi di tutte le formazioni della Resistenza marchigiana in cui gli jugoslavi avevano svolto un ruolo di primo piano, elencando molte centinaia di nomi... Non è questa la sede per ricordare questi nomi, o quelli dei combattenti jugoslavi delle altre regioni, nemmeno i più importanti. Bisogna invece sapere che negli anni '70 la RFS di Jugoslavia promosse la costruzione di alcuni Sacrari in cui furono raccolte la stragrande maggioranza delle spoglie dei partigiani caduti nelle diverse regioni italiane dopo l'8 Settembre, assieme alle spoglie di chi era caduto di stenti e di malattie nei campi di internamento prima dell'8 Settembre. I più importanti tra tali Sacrari si trovano a Roma (Prima Porta), nel cimitero di Sansepolcro (Arezzo), e a Barletta. Al di là delle spoglie contenute nei Sacrari, molte sepolture sono rimaste in diverse piccole località dell'Italia Centrale, dal cimitero internazionale di Pozza e Umito (Acquasanta Terme, in provincia di Ascoli), a Cantiano (PU: tre i fucilati), alla tomba di Franko Tugomir a Penna San Giovanni (AP)... Tante sono poi le lapidi e i monumenti in cui tutti questi partigiani sono ricordati.
Per quelli che sopravvissero, l'epilogo della vicenda è nelle Puglie. La regione dalla fine del '43 diventò base strategica e retrovia dei partigiani slavi: sia per quelli che combattevano lungo la dorsale appenninica e che, attraverso le Puglie, dovevano tornare in patria, sia per quelli che combattevano nei Balcani e che talvolta, feriti, proprio in Puglia potevano essere trasferiti e curati in appositi centri, in seguito agli accordi intercorsi tra Churchill e Tito.
Questi avvenimenti sono ben ricordati anche da "Drago" e da Bukovac. I combattenti jugoslavi erano ospitati in centri di raccolta, ricoverati in ospedali, addestrati militarmente in località sparse in tutta la regione da Bari fino al Salento passando per Gravina e Grumo Appula. A Gravina un'epigrafe tuttora collocata all'ospedale ricorda i medici partigiani jugoslavi che prestarono opera di generosa assistenza medica al popolo nel 1944 - 45. A Grumo Appula è rimasta traccia della presenza dei soldati jugoslavi presso l'attuale scuola elementare (allora ospedale militare), e traccia della sepoltura di molte decine di loro nel locale cimitero, dove
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