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La VOCE ANNO XIII   N° 4

DICEMBRE  2010

Pagina 5

ora lottano ora per la libertà loro fratelli palestinesi".
Alfredo Tradardi, rappresentante dell'International Solidarity Movement Italia e responsabile del convoglio italiano era stremato ma felice quando l'ho incontrato dinanzi al porto di Gaza: "Le città che abbiamo toccato sono state come tappe di un pellegrinaggio, per alcuni religioso, per noi laico. Il momento più intenso in Turchia nel villaggio di Kayseri, dinanzi alla tomba di Furkan Doðan, il giovane attivista ucciso dal commando israeliano durante l'assalto alla Mavi Marmara. Considero Furkan un emulo di Rachel Corrie, e come Rachel deve essere ricordato nel profondo dei nostri cuori. Nel campo profughi di Latakia, simbolo delle sofferenze dei palestinesi che attendono di ritornare nella loro terra, come è nel pieno dei loro diritti, ricordo l'ospitalità di famiglie povere ma dignitose. Emozioni forti anche durante la commemorazione delle vittime della Freedom Flotilla, quando sul  traghetto che ci ha portato dalla Siria all'Egitto abbiamo navigato proprio sullo stesso tratto di mare protagonista del massacro di maggio".

Tradardi, in procinto di promuovere in Italia una serie di incontri con la celebre scrittrice palestinese Ghada Karmi, a Gaza si è recato dinanzi alle macerie del parlamento distrutto durante i bombardamenti israeliani del gennaio 2009, "per ricordare al mondo la  necessità di rilanciare il movimento Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni (BDS), la campagna di boicottaggio a Israele. Una strategia che se in passato si è dimostrata vincente liberando Mandela e un popolo dall'oppressione dell'apartheid, confidiamo riuscirà a liberare anche Gaza dal suo assedio".

Un messaggio, quello del boicottaggio, che ha viaggiato con gli italiani per migliaia di chilometri, ben impresso in decalcomanie sulle carrozzerie dei loro mezzi. Samer, libanese di 52 anni, si è mostrato il più commosso di tutto il convoglio entrando nella Striscia. La sua storia ci spiega i motivi. Si trovava in Canada nel luglio del 2006 e stava tentando di ottenere un visto per farsi raggiungere dalla moglie e dai quattro figli.

Quando sono iniziati i massicci bombardamenti aerei israeliani nel sud del Libano ha cercato immediatamente  di contattare il suo villaggio per avere notizie dei familiari. Solo dopo alcuni giorni dal fratello ha ricevuto la notizia del bombe sulla sua abitazione, e dei corpi esamini dei suoi figli e di sua moglie estratti dalle macerie.
"Non mi sono mai interessato di politica, tantomeno facevo parte della resistenza. Non ho mai avuto nulla a che vedere con gli Hezbollah, ero solo un muratore emigrato che voleva riunire la sua famiglia".

Ahmad, il figlio primogenito, aveva ultimato gli studi universitari poco prima di venire ucciso. Il certificato di laurea e' stato emesso una settimana dopo la sepoltura.
"Non voglio che nessuno al mondo, sia esso cristiano, ebreo o musulmano, debba soffrire del dolore che ha spento il mio cuore. Per questo sono a Gaza, dove sento piangere, mi precipito. Lenire il dolore e il mio dovere e la mia nuova ragione di vita", mi ha confidato con i lucciconi agli occhi.
Appena tornati, giusto il tempo di riprendersi dalle fatiche dell'impresa, e per molti attivisti sarà già ora di iniziare a organizzare Viva Palestina 6, che possibilmente in contemporanea con la nuova Freedom Flotilla ritenteranno di rompere l'assedio di Gaza. Questa volta protagonista sara' anche una imbarcazione italiana.
Restiamo Umani

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