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Berlinguer!
TANTO STIMATO DAI NEMICI DI CLASSE
di Tony Braschi


Nel 1976 la chiesa romana, per porre rimedio alla contestazione generale scaturita dal suo associazionismo cattolico verso la Dc, decise di porre fine, almeno teoricamente, al collateralismo con la democrazia cristiana. In realtà, come documentato dagli oltre 4 mila documenti d'oltre Tevere che costituiscono l'archivio di Mons. Dardozzi una mole pantagruelica di denaro, fra contanti e titoli di stato, veniva veicolato in una sorta di Ior parallelo. Di fatto venne una ragnatela off-shore di depositi paravento intestati a fondazioni benefiche inesistenti; una trappola costruita in segreto per anni da monsignor Donato De Bonis, ex segretario e successore di Marcinkus, nominato da Casaroli prelato dello Ior.

Lo Ior parallelo ha così gestito non solo risparmi ma anche tangenti per conto terzi negli anni Novanta, parte dei quali andarono a dall'allora presidente del Consiglio Giulio Andreotti e dal primo politico condannato in Italia per associazione mafiosa, Vito Ciancimino. Nel libro documento Vaticano spa vengono elencati tutti i beneficiari, tra i quali emerge che a cavallo tra il 1990 e il 1991 dal conto Spellman dello Ior numero 001-3-14774-C, firmato regolarmente da De Bonis, escono 400 milioni per l'avvocato Odoardo Ascari, difensore di Andreotti nei procedimenti aperti a Palermo per concorso in associazione mafiosa.

Ma nel 1976 la preoccupazione maggiore per la chiesa cattolica era l'ideologia comunista. In una lettera aperta scritta nel luglio del 1976 a Enrico Berlinguer, segretario generale del Pci, mons. Bettazzi, vescovo di Ivrea, mostrava d'avere un certo timore dell'ideologia comunista e delle conseguenze politiche ch'essa poteva determinare. Egli scrisse che i cattolici indipendenti nelle liste del Pc, secondo lui, si stavano lasciando ingannare dalle manovre strumentali di questo partito, sempre più intenzionato a non fare della "questione cattolica" un impedimento per la militanza dei credenti nelle proprie fila).

A questa lettera Berlinguer risponderà con una lunga lettera nell'ottobre dell'anno successivo, che susciterà immediate reazioni da parte dell'"Osservatore Romano", il quale si chiedeva che cosa avrebbe fatto il Pci dell'art. 5 del proprio statuto, cioè come avrebbe conciliato il riconoscimento del valore della fede religiosa con l'ideologia marxista-leninista. La successiva risposta di Berlinguer non si fece attendere: nel febbraio del '78 Enrico Berliguer affermò che la filosofia del Pc non era una filosofia atea.

Il XV congresso comunista decise di modificare il suddetto art. 5 e presentò rilevanti novità con altre due tesi, la n. 16 e la n. 68: i militanti del Pc non erano più obbligati a riconoscere ed applicare il marxismo-leninismo. Il programma politico del partito, di fatto, era compatibile con la singola fede religiosa del militante. Nella sua lettera a mons. Bettazzi, ispirata dal catto-comunista F. Rodano, Berlinguer cercò di rassicurare il prelato dimostrandogli che l'ideologia del Pc era diversa da quella che lui s'immaginava. Il Pc italiano infatti - secondo il segretario generale - non si caratterizzava affatto per il suo riferimento dogmatico al marxismo-leninismo.

Anzi, esso aveva smesso da tempo d'essere un partito ideologico e quindi settario, preferendo di gran lunga una soluzione più laica e democratica. In pratica Berlinguer rinunciava a caratterizzare ideologicamente il proprio partito, cioè dopo aver distinto - com'è necessario fare - le questioni ideologiche da quelle politiche, aveva abbandonato definitivamente le prime, qualificando le seconde con l'appellativo di "laicità" e sostenendo che questa impostazione della strategia del partito esisteva già prima della sua segreteria. Di fatto Berlinguer aveva dato una formulazione di laicità del tutto inedita in seno al partito.

Sino a Longo le cose non stavano così. Ideologicamente il partito era ateista, solo che politicamente non faceva di questo ateismo un argomento per selezionare i propri aderenti. Il confronto tra cattolici e comunisti doveva vertere su questioni politiche, socioeconomiche o al massimo su valori culturali unanimemente riconosciuti. L'unico storico di un certo spessore che all'interno del Pci si era permesso di fare delle ricerche chiaramente orientate a favore dell'ateismo era stato Ambrogio Donini, che però non arrivò mai ad analizzare criticamente il Nuovo Testamento.

Oltre trent'anni prima Togliatti, pur di avere l'appoggio dei cattolici, evitò sempre con cura di far svolgere al partito una politica culturale a favore del materialismo e dell'ateismo. Tanto è vero che sin dal 1945 Togliatti introdusse una distinzione tra ideologia e politica, permettendo l'iscrizione al partito sulla base dell'adesione al programma politico, a prescindere dalle convinzioni filosofiche o religiose dei singoli militanti.

Qualunque controversia ideologica veniva considerata controproducente per il consenso elettorale, specie in un paese politicamente

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