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  La VOCE ANNO XII N° 3        OTTOBRE 2009           PAGINA 6     

TAR Lazio: illegittimi i crediti scolastici

per l’ora di religione.

pervenuto da Claudia Cernigoi

 

 Con sentenza n. 7076 del 17 luglio 2009 il Tar del Lazio ha accolto   due ricorsi proposti per l'annullamento delle Ordinanze ministeriali   emanate dall'allora Ministro P.I. Fioroni per gli esami di Stato del   2007 e 2008 che prevedevano la valutazione della frequenza   dell'insegnamento della religione cattolica ai fini della   determinazione del credito scolastico, e la partecipazione "a pieno   titolo" agli scrutini da parte degli insegnanti di religione   cattolica.

 

 Il TAR ha affermato che "l’attribuzione di un credito formativo ad   una scelta di carattere religioso degli studenti e dei loro   genitori, quale quella di avvalersi dell’insegnamento della   religione cattolica nelle scuole pubbliche, dà luogo ad una precisa   forma di discriminazione, dato che lo Stato Italiano non assicura   identicamente la possibilità per tutti i cittadini di conseguire un   credito formativo nelle proprie confessioni ovvero per chi dichiara   di non professare alcuna religione in Etica Morale Pubblica".

 Motiva ancora la sentenza che l’interpretazione data dal Ministero   dell’Istruzione "ha portato all’adozione di una disciplina annuale   delle modalità organizzative degli scrutini d’esame, che appare aver   generato una violazione dei diritti di libertà religiosa e della   libera espressione del pensiero; nonché di libera determinazione   degli studenti relativamente all’insegnamento della religione   cattolica".

 

 I ricorsi sono stati promossi a partire dal 2007 da alcuni studenti   e studentesse con numerose associazioni   laiche e confessioni   religiose non cattoliche (elenco completo a fine comunicato)   coordinate dalla Consulta Romana per la Laicità delle Istituzioni e   dall’ Associazione "per la Scuola della Repubblica" ed assistite   dagli Avvocati prof. Massimo Luciani, Fausto Buccellato e Massimo   Togna. Ad esse il TAR ha riconosciuto la richiesta "di tutela di   valori di carattere morale, spirituale e/o confessionale che [···]   sono tutelati direttamente dalla Costituzione e che quindi come tali   non possono restare estranei all'alveo della tutela del giudice   amministrativo"

 

 La sentenza 7076/2009 del TAR del Lazio è importante perché dà una   concreta applicazione al principio supremo della laicità dello Stato   nei termini in cui era stato affermato dalla Corte Costituzionale   nella nota sentenza n.203/1989.

 Il TAR, dopo aver ricordato il principio della laicità dello Stato,   enunciato dalla Corte Costituzionale come garanzia dello Stato per   la salvaguardia della libertà religiosa, in regime di pluralismo   confessionale e culturale (C. Cost. n.203/89), ha precisato che "sul   piano giuridico, un insegnamento di carattere etico e religioso,   strettamente attinente alla fede individuale, non può assolutamente   essere oggetto di una valutazione sul piano del profitto   scolastico", la scelta di avvalersi o meno dell’insegnamento della   religione cattolica deve essere assolutamente libera e in nessun  modo condizionata. "In una società democratica" ha affermato il TAR,   "certamente può essere considerata una violazione del principio del   pluralismo il collegamento dell'insegnamento della religione con   consistenti vantaggi sul piano del profitto scolastico e quindi con   un'implicita promessa di vantaggi didattici, professionali ed in   definitiva materiali".

 

A tal proposito, ha precisato ancora la sentenza che "lo Stato, dopo   aver sancito il postulato costituzionale nell’assoluta, inviolabile  libertà di coscienza nelle questioni religiose, di professione e di   pratica di qualsiasi culto "noto", non può conferire ad una   determinata confessione una posizione "dominante" - e quindi una 

indiscriminata tutela ed un’evidentissima netta parzialità - violando   il pluralismo ideologico e religioso che caratterizza   indefettibilmente ogni ordinamento democratico moderno", infatti   "qualsiasi religione- per sua natura - non è né un'attività   culturale, né artistica, né ludica, né un'attività sportiva né   un'attività lavorativa, ma attiene all'essere più profondo della   spiritualità dell'uomo ed a tale stregua va considerata a tutti gli   effetti".

La sentenza è illuminante su quali siano oggi i confini posti dalla   legge all’insegnamento della religione cattolica nelle scuole   pubbliche. Le associazioni e le confessioni promotrici dei ricorsi   continueranno ad operare per garantire il rispetto di tali limiti ed   auspicano che il Ministero dell’Istruzione prenda atto   dell’illegittimità delle ordinanze e non le riproponga negli anni a   venire.

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