Le ragioni per cui questa magnifica opera di Engels sia ancora attualissima e ricca di insegnamenti, a distanza di oltre un secolo dalla sua pubblicazione, sono illustrate con molta chiarezza in altri contributi a questa prefazione, i cui contenuti condivido pienamente, Mi limiterò, quindi, ad aggiungere alcune sintetiche osservazioni, sperando di non essere ripetitivo.

Innanzitutto va sottolineato, come già ha fatto Martocchia, l’interesse di Engels per una visione globale del mondo che ci circonda, che ne comprenda gli aspetti fisici, biologici, etnografici, sociologici, e non solo strettamente politici, nella convinzione che solo un approccio globale ai problemi dell’umanità e in genere del mondo che ci circonda, potrà portare ad una sua positiva trasformazione nell’interesse generale.

Nel testo sviluppato da Engels, con il contributo fondamentale dell’etnologo americano Morgan, profondo studioso dell’organizzazione sociale irochesi, e con contributi sempre illuminanti di Marx, vengono affrontatii n modo strettamente scientifico, e non ideologico o mitico, i temi della Famiglia, della Proprietà, dello Stato. Queste “sacre” istituzioni, che con intento puramente ironico ho riportato con l’iniziale maiuscola, sono studiate da Engels nel loro divenire storico concreto, e cioé, non come qualcosa di fisso ed immutabile (così come vengono visti dai borghesi filistei o dalle autorità religiose), ma come istituzioni storicamente determinate che sono nate, si sono evolute e periranno con l’evolversi delle condizioni economiche e sociali in cui opera il genere umano.

Dal comunismo primitivo ed egualitario della società “gentilizia” matriarcale, dove viene praticata l’unione di gruppo e i figli sono in comune, l’aumento della produzione a scopo commerciale, l’approvazione privata della terra da parte del singolo, l’invenzione del denaro, porta alla nascita di una aristocrazia della terra e del denaro, porta alla nascita della proprietà privata, alla famiglia patriarcale con lo svilimento del ruolo della donna e, infine, allo Stato che deve regolare i conflitti di classe, sostanzialmente a favore dei potenti, Nel descrivere questo passaggio che ha interessato tutte le società antiche (da quella greco-romana a quella germanica) Engelsha espressioni “femministe” di sorprendente modernità:la famiglia singola patriarcale “ è fondata sulla schiavitù domestica della donna…. Nella famiglia egli (l’uomo) è il borghese, la donna rappresenta il proletariato…”. Quest’aspetto è stato già evidenziato nell’appassionato intervento di Miriam Pellegrini Ferri. Vorrei solo ricordare che il termine che indica “gens” primitiva, cioè il gruppo discendente da un’unica madre ancestrale e dove solo le madri sono certe e trasmettono la discendenza ai figli, ha la stessa discendenza di “generare” e del termine greco “guanaikè” (la donna madre). Per fortuna, con l’entrata massiccia delle donne nel mondo del lavoro, largamente auspicato dallo stesso Engels, le cose hanno già cominciato a cambiare già nel seno della società capitalistica moderna.

Quando dovesse instaurarsi una società più giusta ed egualitaria non più fondata sull’approvazione individuale della ricchezza (su questo ha ben scritto nel suo intervento Valentini), entrerebbero in crisi tutte le istituzioni storicamente legate alle società antiegualitarie basate sulla proprietà privata e sullo sfruttamento di classe e di sesso (schiavistiche, feudali, capitalistiche).

Particolarmente significative sono le parole con cui Engels (ingiustamente ritenuto uno “statalista” dalla propaganda filo capitalistica) parla dell’estinzione dello Stato, anche di quella “più alta forma di Stato, la repubblica democratica…” in cui “la ricchezza esercita il suo potere indirettamente , ma in maniera tanto più sicura…”

“La società che riorganizza la produzione in base ad una libera ed eguale associazione di produttori, relega l’intera macchina statale nel posto che da quel momento le spetta, cioè nel museo delle antichità accanto alla rocca per filare e all’ascia di bronzo”.


Vincenzo Brandi