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La VOCE ANNO XXIX N°10

giugno 2024

PAGINA d         - 32

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Segue da Pag.31: Seymour Hersh: Molte brigate ucraine pronte a disertare in caso di "offensiva suicida"

Il conflitto in Ucraina finirà con la schiacciante sconfitta di Kiev, a meno che non venga risolto diplomaticamente, ha dichiarato il giornalista statunitense Seymour Hersh.

"Gli Stati Uniti, negli anni in cui Biden è stato in carica, hanno speso 175 miliardi di dollari per combattere una guerra che non può essere vinta e non sarà vinta. Si risolverà solo con la diplomazia - se la razionalità prevarrà a Kiev e a Washington - oppure con la schiacciante sconfitta dell'esercito ucraino, sotto organico, sotto addestramento e mal equipaggiato", ha scritto sul suo blog osipitato dalla piattaforma Substack.

Il giornalista ha fatto notare di essere a conoscenza del fatto che, nelle ultime settimane, diverse brigate ucraine hanno comunicato ai loro comandi che "non parteciperanno più a quella che sarebbe un'offensiva suicida contro una forza russa meglio addestrata e meglio equipaggiata".

Un rappresentante dell'amministrazione statunitense, anonimo, ha detto a Hersh che l'avanzata delle truppe russe indica che, se i negoziati dovessero iniziare ora, Mosca farà in modo di parlare da una posizione di forza.

Federazione Russa, maggio 2024.

di Paolo Selmi
"Ai veterani, a chi ha dato sé stesso per il proprio popolo, va riconosciuto tale ruolo ANCHE IN TEMPO DI PACE: ecco allora aperte le scuole di formazione universitarie per creare quadri, dirigenti, DIRETTAMENTE DAGLI EX SOLDATI E UFFICIALI.
I bolscevichi, con la LEVA LENINISTA, inaugurarono questo processo un secolo fa. L'operaio capace poteva diventare quadro, DOVEVA diventare quadro in una realtà industriale in espansione e dove i comunisti avevano dovuto accettare, loro malgrado, i capitali borghesi per ripartire dopo la guerra civile. Ecco allora operai e contadini divenire responsabili di sezione, di comitati provinciali e regionali, di cooperative appena nate. Eccoli studiare nelle scuole di formazione del Partito, ma anche negli istituti tecnici e nelle università.
Idea copiata e applicata al contesto attuale dove il discrimine non è più la lotta di classe, ma lo spirito di sacrificio e di servizio nei confronti del proprio popolo."

DAL FRONTE
Cose strane accadono a VOLČANSK E DINTORNI.

Prima i soldati del regime di Kiev FANNO SALTARE I PONTI lungo il fiume per rallentare l’avanzata russa verso sud:
https://t.me/jnb_news/48900
Poi, mandano i genieri a costruire attraversamenti per tentare contrattacchi:
https://t.me/epoddubny/19973
col risultato che a saltare sono sia i ponti in costruzione, sia i genieri, sia le truppe ammassate per l’attraversamento. E le perdite aumentano.

Perdite IMPORTANTI, che portano il regime di Kiev a SVUOTARE il COMANDO GENERALE DI KIEV del 60%, MANDANDO QUEGLI UFFICIALI AL FRONTE.
https://t.me/ukraina_ru/201893

Segno che le perdite QUALITATIVE, in questo momento, preoccupano assai di più di quelle quantitative.

In tutto questo, colpisce la storia di questo carrista CONSEGNATOSI AI RUSSI INSIEME AL SUO T-64!
https://t.me/ukraina_ru/201907
Aveva paura di essere colpito alle spalle dalle truppe barriera e così… si è avvicinato il più possibile alla linea nemica avendo concordato coi russi il tutto in precedenza e, quando le truppe barriera han cominciato a capire qualcosa, era già al sicuro. Lui e il carro armato.

Andrea Zhok - La logica dell'escalation

di Andrea Zhok - 29 Maggio 2024


C’è una notizia, dalle implicazioni potenzialmente devastanti, che è stata sostanzialmente trascurata nel dibattito pubblico degli ultimi giorni. Il 24 maggio missili di provenienza ignota (o quantomeno dichiarata ignota) hanno colpito il sistema
radar russo Voronezh, presso Armavir, nella regione di Krasnodar, tra Mar Nero e Mar Caspio.

Si tratta di uno dei dieci radar ad alta frequenza che hanno la specifica funzione di indentificare attacchi nucleari strategici a lunga distanza.

Sono impianti colossali, estremamente sensibili ed estremamente costosi, e fanno parte dell’apparato russo per la deterrenza nucleare.

Secondo il documento emanato nel giugno del 2020 (riprendo il riferimento da un ottimo articolo di Clara Statello) dal titolo “Principi fondamentali di politica statale della Federazione russa sulla deterrenza nucleare” (riferimento nei commenti) la Russia definisce in modo molto chiaro le condizioni sotto cui una risposta nucleare strategica può essere possibile; all’articolo 19 troviamo scritto:

“Le condizioni che specificano la possibilità dell'uso di armi nucleari da parte della Federazione Russa sono le seguenti:
a) arrivo di dati attendibili sul lancio di missili balistici contro il territorio della Federazione Russa e/o dei suoi alleati;
b) utilizzo di armi nucleari o altri tipi di armi di distruzione di massa da parte di un avversario contro la Federazione Russa e/o i suoi alleati;
c) ATTACCO DA PARTE DELL'AVVERSARIO CONTRO SITI GOVERNATIVI O MILITARI CRITICI DELLA FEDERAZIONE RUSSA, LA CUI INTERRUZIONE COMPROMETTEREBBE LE AZIONI DI RISPOSTA DELLE FORZE NUCLEARI;
d) aggressione contro la Federazione Russa con l'uso di armi convenzionali quando è in pericolo l'esistenza stessa dello Stato.”

Il comma c) corrisponde precisamente a quanto appena avvenuto, cioè all’attacco al radar di Armavir.

È importante comprendere che tale attacco non dovrebbe avere alcun significato militare per il conflitto russo-ucraino, quantomeno non SE esso dovesse svolgersi davvero con scambi limitati ai territori russo e ucraino. Il territorio ucraino è ampiamente sorvegliato da altri sistemi a corto raggio. Potrebbe avere invece qualche rilevanza se ci fosse un attacco alla Crimea con missili a lunga gittata da paesi Nato, perché un danno del genere limita la precocità di rilevamento del sistema difensivo russo nell’area meridionale della federazione (quella in cui, per inciso, sono stazionati i sommergibili nucleari americani).
Ora, ciò che a mio avviso merita qualche riflessione è la Logica dell’Escalation.

È chiaro, ed è stato pubblicamente esplicitato dall’ex capo dell’Agenzia spaziale russa Roscosmos, che un attacco del genere può essere stato effettuato soltanto con i più avanzati sistemi di puntamento e missilistici della Nato.

La vera domanda ora è: qual è il significato di un simile attacco?

Temo che la risposta sia tanto semplice quanto preoccupante. La dirigenza Nato sa ovviamente di aver superato una linea rossa esplicitamente definita come potenziale causa di una risposta nucleare. Sa anche che, nonostante la pubblicistica sulla pazzia di Putin, il presidente russo è estremamente equilibrato e razionale, e che non vuole affatto avviare un conflitto nucleare da cui tutti – Russia inclusa - uscirebbero gravemente danneggiati, se non estinti.

Il calcolo Nato è perciò probabilmente esprimibile nei seguenti termini:
“Noi superiamo una linea rossa e mostriamo di sapere che l’avversario non risponderà in forma nucleare; così facendo dimostriamo l’illusorietà delle sue minacce di deterrenza nucleare e ne miniamo la credibilità. Inoltre lo spingiamo a qualche ‘fallo di reazione’ sull’Ucraina, che può screditarlo ulteriormente.”

Questo calcolo potrebbe essere corretto.

Tuttavia qui siamo di fronte ad un gioco sottile e pericolosissimo di aspettative reciproche.

La ragione per cui un attacco al sistema di rilevazione delle minacce nucleari strategiche è equiparato, nella rosa delle risposte possibili, ad un attacco nucleare è che una volta accecato il sistema radar in un’area, questa diviene vulnerabile ad attacchi nucleari incapacitanti (la dottrina del "Preemptive Strike” è studiata dagli anni ’70), cioè attacchi che paralizzano la capacità di risposta nucleare del paese colpito.

Ora, di fronte ad un punto cieco, ad una riduzione significativa della capacità di rilevare minacce missilistiche a lungo raggio e la loro natura, l’eventualità che un attacco convenzionale venga interpretato come un “Preemptive Strike” crescono esponenzialmente. Il nemico forte può dosare con precisione le sue risposte, il nemico indebolito può perdere questa capacità e predisporsi ad una risposta allo scenario peggiore.

A tutto ciò si deve aggiungere un’altra ambiguità creata dalle definizioni correnti intorno alla natura delle armi utilizzabili. Le cosiddette “armi nucleari tattiche” sono considerate parte dell’arsenale ordinario e dunque, formalmente, un loro utilizzo non significherebbe l’avvio di una “guerra nucleare”. Ma di fatto non è possibile valutare precisamente, tantomeno nei tempi rapidi di decisione che si affaccerebbero, se un’arma nucleare sia da considerare tattica o strategica, se il suo potenziale è da considerarsi “limitato” o meno. Questa situazione crea un pericolosissimo “scivolo” che può condurre dal timore per un attacco strategico ad una risposta nucleare tattica a titolo di deterrenza, innescando in breve un conflitto illimitato, anche se nessuno lo vuole.

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