Last name:

 La VOCE   COREA   CUBA   JUGOSLAVIA   PALESTINA   RUSSIA   SCIENZA   SCUOLA&RICERCA 

Stampa pagina

 Stampa inserto 

La VOCE 2110

  P R E C E D E N T E   

    S U C C E S S I V A  


GIÙ

SU

La VOCE ANNO XXVI N°2

ottobre 2021

PAGINA         - 41

Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.
abbiamo raccolto alcune osservazioni critiche riguardanti il manifesto per la nuova scuola dei roars, in particolare alcuni insegnanti hanno criticato il secondo argomento del punto 6) restituire centralità all'ora di lezione: – via i test invalsi, che sottraggono settimane di tempo all'attività scolastica senza che se ne siano mai chiariti il senso, la funzione e l'utilità; ci sono pertanto insegnati che ritengono utili i test invalsi e quindi li sollecitiamo ad argomentarne i motivi, per sottoporre una prima ragione di dibattito ai nostri lettori. intanto continuiamo ad informare con approfondimenti gli argomenti di pubblico interesse, proponendoci in questa fase come cassa di risonanza di questo impegnativo progetto per tornare ad occuparci approfonditamente di scuola e ricerca. chi sono i veri conservatori della nostra scuola di manfredi alberti giuseppe benedetti -21 luglio 2021 l’articolo è apparso sul manifesto del 13.07.21. in copertina jean baptiste isabey (1767-1855), the congress of vienna. la crisi sanitaria non è stata l’occasione per un ripensamento di fondo sul funzionamento della scuola, i cui mali non risalgono sicuramente agli ultimi anni, ma derivano da una sequenza di riforme iniziate negli anni novanta, su impulso – e su questo non si è mai fatta un’adeguata riflessione – di forze politiche e gruppi intellettuali che si riconoscevano nello schieramento progressista. molti di costoro, con un artificio retorico fin troppo facile, tendono a liquidare le perplessità espresse da molti docenti sull’attuale sistema scolastico come forme di mero conservatorismo, quando invece sono proprio le attuali tendenze riformatrici a costituire un pericoloso passo verso la destrutturazione della scuola pubblica democratica. con la pandemia la scuola è ritornata al centro dell’attenzione, per la necessità di sospendere la didattica in presenza e ripiegare su forme di insegnamento a distanza. il lavoro dei docenti è stato riconosciuto come cruciale sia sotto il profilo della formazione dei giovani, sia per la società nel suo insieme. ciò nonostante, la crisi sanitaria non è stata l’occasione per un ripensamento di fondo sul funzionamento della scuola, i cui mali non risalgono sicuramente agli ultimi anni, ma derivano da una sequenza di riforme iniziate negli anni novanta, su impulso – e su questo non si è mai fatta un’adeguata riflessione – di forze politiche e gruppi intellettuali che si riconoscevano nello schieramento progressista. molti di costoro, con un artificio retorico fin troppo facile, tendono a liquidare le perplessità espresse da molti docenti sull’attuale sistema scolastico come forme di mero conservatorismo, quando invece sono proprio le attuali tendenze riformatrici a costituire un pericoloso passo verso la
destrutturazione della scuola pubblica democratica. l’autonomia scolastica si è tradotta in un malsano principio di concorrenza fra gli istituti, sempre più attenti a corrispondere a presunte esigenze dei «territori» e ad attirare gli studenti e le loro famiglie (visti come «utenza») con una miriade di attività e progetti che tendono a disperdere le energie e la concentrazione di chi vive la scuola. l’autonomia professionale e la libertà di insegnamento dei professori è stata compressa fra le tendenze burocratico-aziendaliste dei nuovi dirigenti scolastici (sempre più lontani, anche sotto il profilo dell’inquadramento giuridico e retributivo, dal sentire degli insegnanti) e le pretese di studenti e famiglie alla ricerca di facili gratificazioni in termini di valutazioni, certificazioni e percorsi scolastici semplificati. l’attività didattica risulta oggi sempre più astratta, appesantita com’è dall’adozione di forme stereotipate di progettazione e valutazione, che privano i docenti della creatività e del tempo necessario per organizzare in maniera autonoma il loro lavoro. tale formalismo non è stato minimamente intaccato da un pragmatismo fine a sé stesso, fatto passare per attenzione agli sbocchi lavorativi degli studenti, ma di fatto volto a immaginare il tempo della scuola come una sorta di formazione professionale, laddove l’istruzione obbligatoria dovrebbe innanzi tutto fornire agli studenti le conoscenze di base, a cominciare dall’alfabetizzazione, necessarie per lo sviluppo di qualunque «competenza» lavorativa della nostra scuola. il risultato è una svalutazione sistematica dell’ora di lezione in classe, quasi fosse un’attività residuale, e non, invece, il vero fulcro del rapporto educativo ed empatico fra la parola e l’emotività dell’insegnante e gli alunni. anche la parola d’ordine, ormai inflazionata, della didattica personalizzata, in assenza di una significativa riduzione del rapporto docenti/alunni si è tradotta soltanto nella proliferazione di certificazioni di bisogni educativi speciali (bes), ancora una volta gestite in chiave burocratico-formalistico. la scuola ha assorbito le sollecitazioni del mondo imprenditoriale e i miti dell’attuale sistema di mercato, come la fiducia acritica verso le nuove tecnologie digitali e la spasmodica ricerca del successo individuale, rapido e senza ostacoli. ad aggravare questa situazione si è aggiunta una politica del reclutamento del personale docente caotica, frammentaria e spesso del tutto incapace di formare e selezionare come si dovrebbe gli insegnanti. un recente documento stilato da un gruppo di docenti, intitolato manifesto per la nuova scuola, ha il merito di evidenziare queste e altre disfunzioni dell’attuale scuola italiana. lo hanno sottoscritto molti intellettuali e docenti universitari, da tempo attenti alle pericolose deformazioni subite dal sistema scolastico. chissà se l’intero mondo accademico riuscirà finalmente a fuoriuscire da quella separatezza rispetto alla scuola che lo ha contraddistinto negli ultimi decenni, acquisendo la consapevolezza che il ramo che lo sostiene poggia su quello della scuola.
Abbiamo raccolto alcune osservazioni critiche riguardanti il MANIFESTO PER LA NUOVA SCUOLA dei ROARS, in particolare alcuni insegnanti hanno criticato il secondo argomento del punto 6) Restituire centralità all'ora di lezione: – via i test INVALSI, che sottraggono settimane di tempo all'attività scolastica senza che se ne siano mai chiariti il senso, la funzione e l'utilità;

Ci sono pertanto insegnati che ritengono utili i test INVALSI e quindi li sollecitiamo ad argomentarne i motivi, per sottoporre una prima ragione di dibattito ai nostri lettori.

Intanto continuiamo ad informare con approfondimenti gli argomenti di pubblico interesse, proponendoci in questa fase come cassa di risonanza di questo impegnativo progetto per TORNARE AD OCCUPARCI APPROFONDITAMENTE DI SCUOLA E RICERCA.

Chi sono i veri conservatori
della nostra scuola

Di Manfredi Alberti Giuseppe Benedetti -21 Luglio 2021
L’articolo è apparso sul Manifesto del 13.07.21

In copertina Jean Baptiste Isabey (1767-1855), The Congress of Vienna.

La crisi sanitaria non è stata l’occasione per un ripensamento di fondo sul funzionamento della scuola, i cui mali non risalgono sicuramente agli ultimi anni, ma derivano da una sequenza di riforme iniziate negli anni Novanta, su impulso – e su questo non si è mai fatta un’adeguata riflessione – di forze politiche e gruppi intellettuali che si riconoscevano nello schieramento progressista. Molti di costoro, con un artificio retorico fin troppo facile, tendono a liquidare le perplessità espresse da molti docenti sull’attuale sistema scolastico come forme di mero conservatorismo, quando invece sono proprio le attuali tendenze riformatrici a costituire un pericoloso passo verso la destrutturazione della scuola pubblica democratica.

Con la pandemia la scuola è ritornata al centro dell’attenzione, per la necessità di sospendere la didattica in presenza e ripiegare su forme di insegnamento a distanza.

Il lavoro dei docenti è stato riconosciuto come cruciale sia sotto il profilo della formazione dei giovani, sia per la società nel suo insieme.

Ciò nonostante, la crisi sanitaria non è stata l’occasione per un ripensamento di fondo sul funzionamento della scuola, i cui mali non risalgono sicuramente agli ultimi anni, ma derivano da una sequenza di riforme iniziate negli anni Novanta, su impulso – e su questo non si è mai fatta un’adeguata riflessione – di forze politiche e gruppi intellettuali che si riconoscevano nello schieramento progressista.

Molti di costoro, con un artificio retorico fin troppo facile, tendono a liquidare le perplessità espresse da molti docenti sull’attuale sistema scolastico come forme di mero conservatorismo, quando invece sono proprio le attuali tendenze riformatrici a costituire un pericoloso passo verso la
destrutturazione della scuola pubblica democratica.

L’autonomia scolastica si è tradotta in un malsano principio di concorrenza fra gli istituti, sempre più attenti a corrispondere a presunte esigenze dei «territori» e ad attirare gli studenti e le loro famiglie (visti come «utenza») con una miriade di attività e progetti che tendono a disperdere le energie e la concentrazione di chi vive la scuola.

L’autonomia professionale e la libertà di insegnamento dei professori è stata compressa fra le tendenze burocratico-aziendaliste dei nuovi dirigenti scolastici (sempre più lontani, anche sotto il profilo dell’inquadramento giuridico e retributivo, dal sentire degli insegnanti) e le pretese di studenti e famiglie alla ricerca di facili gratificazioni in termini di valutazioni, certificazioni e percorsi scolastici semplificati.

L’attività didattica risulta oggi sempre più astratta, appesantita com’è dall’adozione di forme stereotipate di progettazione e valutazione, che privano i docenti della creatività e del tempo necessario per organizzare in maniera autonoma il loro lavoro.

Tale formalismo non è stato minimamente intaccato da un pragmatismo fine a sé stesso, fatto passare per attenzione agli sbocchi lavorativi degli studenti, ma di fatto volto a immaginare il tempo della scuola come una sorta di formazione professionale, laddove l’istruzione obbligatoria dovrebbe innanzi tutto fornire agli studenti le conoscenze di base, a cominciare dall’alfabetizzazione, necessarie per lo sviluppo di qualunque «competenza» lavorativa della nostra scuola.

Il risultato è una svalutazione sistematica dell’ora di lezione in classe, quasi fosse un’attività residuale, e non, invece, il vero fulcro del rapporto educativo ed empatico fra la parola e l’emotività dell’insegnante e gli alunni. Anche la parola d’ordine, ormai inflazionata, della didattica personalizzata, in assenza di una significativa riduzione del rapporto docenti/alunni si è tradotta soltanto nella proliferazione di certificazioni di Bisogni educativi speciali (Bes), ancora una volta gestite in chiave burocratico-formalistico.

La scuola ha assorbito le sollecitazioni del mondo imprenditoriale e i miti dell’attuale sistema di mercato, come la fiducia acritica verso le nuove tecnologie digitali e la spasmodica ricerca del successo individuale, rapido e senza ostacoli. Ad aggravare questa situazione si è aggiunta una politica del reclutamento del personale docente caotica, frammentaria e spesso del tutto incapace di formare e selezionare come si dovrebbe gli insegnanti.

Un recente documento stilato da un gruppo di docenti, intitolato Manifesto per la nuova Scuola, ha il merito di evidenziare queste e altre disfunzioni dell’attuale scuola italiana. Lo hanno sottoscritto molti intellettuali e docenti universitari, da tempo attenti alle pericolose deformazioni subite dal sistema scolastico.

Chissà se l’intero mondo accademico riuscirà finalmente a fuoriuscire da quella separatezza rispetto alla scuola che lo ha contraddistinto negli ultimi decenni, acquisendo la consapevolezza che il ramo che lo sostiene poggia su quello della scuola.

LASCIA UN COMMENTO
Entra per lasciare un commento

Oppure scrivi al direttore mettendo nell'oggetto il titolo dell'articolo.

  P R E C E D E N T E   

    S U C C E S S I V A  

Stampa pagina

 Stampa inserto 

La VOCE 2110

 La VOCE  COREA  CUBA  JUGOSLAVIA  PALESTINA   RUSSIA   SCIENZA   SCUOLA&RICERCA 
.

Visite complessive:
Copyright - Tutti gli articoli possono essere liberamente riprodotti con obbligo di citazione della fonte.