Last name:

 La VOCE   COREA   CUBA   JUGOSLAVIA   PALESTINA   RUSSIA   SCIENZA   ARTE 

Stampa pagina

 Stampa inserto 

La VOCE 2001

  P R E C E D E N T E   

    S U C C E S S I V A  


GIÙ

SU


La VOCE ANNO XXII N°5

gennaio 2020

PAGINA G         - 39

segue da pag.38: scienza e guerra. al direttore ed alla redazione di contropiano. l’articolo di angelo baracca “scienza e guerra” pubblicato da “contropiano”, ha innescato un dibattito provocato da un mio breve commento di getto, cui angelo baracca ha risposto. vorrei rispondere con un mio ulteriore commento, necessariamente schematico (argomenti così importanti avrebbero bisogno di ben altri approfondimenti), assicurando innanzitutto baracca che siamo dalla stessa parte della barricata. penso che entrambi auspichiamo che la scienza sia “messa al servizio delle masse” (altro noto slogan sessantottino) e non al servizio delle fabbriche di armi e del profitto capitalista. ciò detto, ribadisco che – a mio parere – il ruolo della scienza e dello scienziato va visto e giudicato nel contesto politico, sociale ed economico. tanto per essere schematici, lazare carnot faceva bene a mettere le sue competenze di uomo di scienza al servizio della difesa della rivoluzione del 1789. fritz haber (giustamente citato da baracca) è da condannare per aver messo le sue indubbie competenze di chimico al servizio del sogno imperiale della germania guglielmina, producendo orribili armi di distruzione di massa vietate dalle convenzioni internazionali, quali gas asfissianti e velenosi da usare al fronte. oltre tutto – per ironia della sorte – haber era un ebreo “patriota” e le sue attività a favore delle mire di dominio del kaiser non lo salvarono in seguito dalle persecuzioni naziste. ricordo che anche altri scienziati tedeschi si impegnarono nell’opera, come il futuro premio nobel per la chimica otto hahn, lo stesso che insieme a lise meitner scoprì per primo la fissione dell’uranio 235 con neutroni lenti. le competenze chimiche di hahn e haber avrebbero potuto essere adoperate per scopi benefici e pacifici, ma non erano diverse da quelle di altri chimici che magari si saranno tenuti alla larga da utilizzi così devastanti. alla fine è sempre la politica che conta, e le scelte individuali, non la presunta presenza di una “scienza cattiva”. lo stesso penso si possa dire oggi per quegli scienziati e tecnici che producono nuove armi sofisticate, chimiche, biologiche, termonucleari, per alimentare spaventosi arsenali militari e sogni di potenza imperiali, o quelli che in passato produssero napalm o agente arancio per costringere alla resa i vietnamiti. perché lo fanno? forse alcuni pensano di stare difendendo il “mondo libero” o la “democrazia”, ma ritengo che per molti sia solo un’occasione di lavoro, come accade anche a quegli operai che lavorano in una fabbrica che produce bombe e si arrabbiano se i pacifisti ne chiedono la chiusura. la fabbrica che in sardegna produce bombe che poi gli aerei sauditi usano per massacrare la popolazione yemenita ne è un esempio. se qualche tecnico o scienziato, preso da crisi di coscienza, si rifiutasse di produrre armi per la raytheon o la lockeed e per il complesso militar-industriale che guida l’imperialismo statunitense, se ne troverebbero sicuramente degli altri disponibili. per questo motivo ritengo apprezzabile la richiesta di abolizione delle armi nucleari avanzata dai movimenti pacifisti e da una risoluzione dell’onu sottoscritta da una serie di stati, ma ovviamente risoluzioni di questo tipo resteranno lettera morta come la risoluzione 194/1948 a favore dei profughi palestinesi, e tutte le altre risoluzioni sulla palestina, fino alla recente 2334/2016 che dichiara illegali le colonie israeliane. l’imperialismo usa, la cui egemonia è minacciata dalla crescita di entità come la cina ed altri (sulla cui natura non mi pronuncio: dovremmo aprire un nuovo dibattito), non può rinunciare al ricatto militare ed alle sue alleanze militari aggressive, come la nato, che stringono in una morsa sempre più serrata e pericolosa russia, cina, e corea popolare. ben venga quindi anche il lavoro dei tecnici e degli scienziati russi, cinesi e nord-coreani che serve a ristabilire un equilibrio strategico, perché solo nel momento in cui i signori della guerra di washington si dovessero convincere di stare perdendo la superiorità militare, e che sarebbe più conveniente trattare sul disarmo, si potrebbe aprire qualche spiraglio. insomma, l’uso distorto della scienza è una conseguenza, non una causa. mi permetto quindi di prendere le distanze anche da certe affermazioni sessantottine sulla non neutralità della scienza e dal noto saggio di marcello cini “l’ape e l’architetto” recentemente anche ripubblicato (2011). non posso essere considerato un anti-manifesto storico, visto che in passato sono stato anche candidato del manifesto nella famosa lista valpreda e (per fortuna) primo non eletto a roma, quando ero tra i piccoli leader della contestazione sessantottina all’enea (ricordo che c’era anche un certo piperno, ricercatore nel centro di frascati). certo mi intristiscono le ultime posizioni prese dal giornale che ormai di comunista ha solo il nome, e l’incredibile performance della rossanda che nel 2011 parlava di brigate internazionali per andare a combattere gheddafi. qui vorrei parlare solo del fatto che – al di là di inevitabili contaminazioni da parte di ideologie correnti – la scienza (che poi significa semplicemente “conoscenza”) mantiene un certo carattere obiettivo perché in ultima analisi ha sempre una derivazione empirica e sperimentale. nella grande stagione della scienza ellenistica (più di 20 secoli or sono) aristarco (citato anche da archimede) capì (1700 anni prima di copernico) che il sole doveva essere l’astro centrale di riferimento del nostro sistema astrale, perché, dalle ingegnose misure sperimentali da lui fatte per misurare la grandezza e la distanza dalla terra di sole e luna, pur avendo ottenuto risultati errati per la grossolanità dei suoi strumenti di misura, aveva comunque capito che il sole era molto più grande della terra. eratostene verificò il fatto che la terra era rotonda e ne determinò il diametro con incredibile precisione con un ingegnoso metodo sperimentale misurando la diversa lunghezza delle ombre di pali verticali posti rispettivamente ad alessandria d’egitto ed ad assuan, a 4000 km più a sud (e dove quindi l’ombra era diversa alla stessa ora a causa della rotondità del pianeta). più recentemente galilei sperimentava la caduta dei gravi facendo scorrere delle palle di legno su superfici di legno lisce inclinate, prodotte da lui ed i suoi aiutanti. newton studiava gli effetti ottici facendo ruotare dischi di cartone colorati. robert hooke, uno degli scienziati-chiave del ‘600, produceva in proprio pompe a vuoto, che permisero al suo “capo” boyle di formulare la famosa legge dei gas. hooke produsse anche microscopi perfezionati con cui scoprì la struttura cellulare dei corpi viventi (da cui il termine “cell” da lui introdotto). galilei invece perfezionò i cannocchiali prodotti da oscuri artigiani olandesi, rivendendoli alla repubblica di venezia. cannocchiali astronomici sempre più perfezionati fino ai nostri giorni, e l’analisi spettrale delle radiazioni emesse dalla materia (studiate nell’800 da kirchoff, bunsen, balmer ed altri) hanno permesso di esplorare gli spazi profondi dove si muovono miliardi di galassie e buchi neri. il primo principio della termodinamica sull’equivalenza tra lavoro e calore fu messo a punto dal birraio fisico dilettante joule con il suo famoso mulinello che girava in un recipiente pieno d’acqua e dall’inventore watt che doveva dimostrare che le sue macchine a vapore potevano fare il lavoro di centinaia di cavalli (da cui la nascita del “cavallo-vapore”). i progressi nel campo elettromagnetico sono stati compiuti in buona parte grazie al geniale lavoro sperimentale dell’umile faraday, che aveva cominciato come assistente e cameriere tutto-fare del chimico davy, spazzando il laboratorio e servendolo a tavola. senza il lavoro sperimentale di faraday (e di ampere, gauss, oersted, biot, savart, ecc.) le famose equazioni di maxwell non sarebbero state possibili. da queste equazioni, e dalla nota esperienza con l’interferometro di michelson e morley sulle onde luminose, poi è derivata anche la teoria della relatività speciale di einstein. anche il famoso modello atomico di bohr non sarebbe stato possibile senza le esperienze sulla radioattività dei coniugi curie, che lavoravano in un tugurio dove nemmeno le capre avrebbero vissuto, e senza le esperienze di un altro grande sperimentatore, il neo-zelandese rutheford, coadiuvato da geiger e marsden, che, facendo passare particelle “alfa” in una lamina d’oro, si accorse che l’atomo era quasi tutto vuoto, costituito da un nucleo piccolissimo intorno a cui si muovevano particelle ancora molto più piccole: gli elettroni. senza continuare in questa rassegna di esempi, che alla fine diventa stucchevole, ritengo che la scienza moderna – a parte ovviamente l’uso politico ed economico che se ne può fare - debba fronteggiare due tipi di pericoli: gli strascichi dell’empirio-criticismo e quelli dell’idealismo e del pragmatismo di marca statunitense. com’è noto il fisico e filosofo ernst mach sosteneva (rispolverando una tesi che era stata nel ‘700 già del vescovo-filosofo berkeley) che l’unica realtà sono le nostre sensazioni che coincidono con i fenomeni registrati dall’esperienza, e che è “anti-economico” e velleitario investigare su cosa c’è sotto. coerentemente con questa tesi, mach, spalleggiato dal chimico ostwald, dal fisico e storico della scienza duhem (grande denigratore di galilei), dal filosofo helm, ecc. , sosteneva che gli atomi non esistono perché non si vedono. vi fu una vivace polemica con i sostenitori dell’atomismo, come il grande fisico viennese boltzmann ed il grande fisico tedesco max planck (poi iniziatore della fisica quantistica). anche lenin intervenne nella polemica con l’opera “materialismo ed empirio-criticismo” (su cui recentemente è stato pubblicato un ottimo articolo su “contropiano”) in cui sosteneva (giustamente), in accordo con le tesi di planck, che esiste una realtà esterna, indipendente da noi umani, che va investigata. questa polemica portò nel 1958 ad una completa riabilitazione da parte delle autorità della germania democratica (ddr) della figura di planck (che pure era stato un liberal-conservatore). l’anniversario di planck fu celebrato congiuntamente dalle due germanie sia a berlino est in un convegno presieduto da gustav hertz, premio nobel nel 1925 e nipote di rudolf hertz che con metodi sperimentali ingegnosi aveva dimostrato definitivamente l’esistenza delle onde elettromagnetiche già ipotizzate da maxwell e faraday, sia il giorno dopo a berlino ovest. l’empirio-criticismo tuttavia ha continuato a farsi sentire nell’opera della corrente “ortodossa” e maggioritaria dei fisici quantistici guidati da bohr ed heisemberg, e che poi è continuata con pauli, dirac, max born, feynman, ecc. bohr sosteneva che, se abbiamo diverse risposte sperimentali su un certo argomento, dobbiamo limitarci a
descriverle, senza cercare di capire come sono collegate da una realtà sottostante (principio di complementarità). heisemberg, con il suo “principio di indeterminazione”, secondo cui è impossibile determinare con precisione contemporaneamente la posizione e la velocità di una particella sub-atomica, ha aperto la strada ad una riscossa di (cattive) filosofie anti-deterministe e contrarie al principio di “causa” - cavallo di battaglia di tutta la fisica meccanicista tradizionale - e dimentiche dell’antico detto di 2500 anni fa del filosofo atomista leucippo, maestro del grande democrito: ”nulla accade nell’universo che non abbia una causa ed una ragione”. dirac, come mach, ha esplicitamente affermato che, se abbiamo una buona espressione matematica che ci porta a risultati coincidenti con l’esperienza, è inutile investigare sul perché ciò accade, negando il fatto che lo scopo principale della scienza sia invece capire che succede nella realtà. feynman era su posizioni simili. su posizioni nettamente contrarie a questo modo di concepire la scienza, abbracciando invece posizioni “realiste”, materialiste e deterministe, sono stati max planck, einstein (“dio non gioca a dadi!”), erwin schroedinger, louis de broglie teorizzatore del binomio onda-particella, tutti fisici non certo di secondo piano. ultimamente è stato pubblicato un libro del professore di fisica teorica dell’università di lovanio, jean bricmont, “quantum - sense and non-sense” (che ho inutilmente segnalato a vari editori per una traduzione in italiano), in cui bricmont, noto anche per le sue posizioni anti-imperialiste, ha difeso la posizione di einstein (considerata “sconfitta” dal main-stream mediatico) ed ha ricordato le teorie quantistiche sull’onda-pilota, derivate da de broglie e di stampo deterministico, di un altro fisico statunitense, david bohm costretto ad emigrare dagli usa, sia perché comunista (si era in epoca maccartista) sia perché scientificamente eterodosso. anche un altro valente fisico, l’irlandese bell, purtroppo morto molto giovane, aveva aderito a questa teoria. nel mio piccolo anche io sto cercando di scrivere un libro su questi argomenti che dovrebbe riassumere il succo di una serie di articoletti schematici scritti sulla rivista “la voce” del gruppo atei materialisti dialettici (gamadi), anche se dubito che avrà molti lettori (ma si fa quel che si può). per concludere questo punto ricordo che la più accreditata teoria sulla struttura subatomica della materia è quella detta “modello standard”, che è quella che ha avuto il maggiore supporto sperimentale attraverso lo studio delle particelle con l’uso di macchine acceleratrici. la prima di queste macchine fu realizzata da due collaboratori di rutheford, walton e cockcroft, ed iniziò a funzionare nel 1932. oggi siamo giunti al gigantesco sincrotrone lhc del cern a ginevra, dove recentemente è stata verificata sotto la direzione dell’italiana fabiola giannotti l’esistenza del bosone già previsto teoricamente da higgs più di 30 anni fa, ed al cui funzionamento e studio teorico hanno contribuito altri ricercatori italiani come il premio nobel rubbia e nicola cabibbo. come già si è detto l’uso di grandi stazioni astronomiche dotate di grandi telescopi, come la stazione hubble ruotante intorno alla terra, ha permesso la verifica sperimentale di molte caratteristiche del nostro universo. non hanno trovato finora conferma sperimentale varie altre teorie come quella delle stringhe, la gravità quantistica a loop, il multiverso e la materia oscura, che rimangono quindi delle speculazioni sostenute solo da formule matematiche. per quanto concerne l’altro gruppo di pensatori, quello che attribuisce alla scienza origini idealistico-metafisiche, senza voler tornare a filosofi come platone, hegel o benedetto croce, tutti molto critici o negatori della scienza sperimentale, basterà ricordare tutta una schiera dei filosofi, soprattutto di origine statunitense o immigrati negli usa. tra questi il noto quine, che sosteneva che bisognerebbe mettere sullo stesso piano la credenza nelle onde elettromagnetiche e quella negli dei di omero (anche se lui non credeva agli dei; e meno male!). idee simili ha sostenuto anche popper, per cui gran parte delle teorie scientifiche è di origine metafisica. bisognerebbe poi studiarne per via logica le conseguenze, salvo arrivare a dimostrarne la falsità se una di queste conseguenze risulta falsa (criterio della “falsificazione”). popper, noto liberale anti-comunista, sosteneva che il marxismo non è scientifico perché non è possibile falsificarlo per la sua intrinseca dogmaticità. anche kuhn (pur se talvolta apprezzato anche a “sinistra”) sosteneva la tesi che la scienza in varie epoche storiche obbedisce a dei paradigmi essenzialmente metafisici e dovuti alla cultura socio-politica del tempo che poi crollano lasciando spazio ad altri paradigmi incomunicabili con i precedenti. l’ungherese ex-comunista lukacsiano lakatos – fuggito negli usa nel 1956 - sosteneva una tesi simile, in cui i paradigmi erano sostituiti da un coacervo di diverse teorie di cui una poteva dimostrarsi falsa mettendo in crisi l’intero sistema, salvo possibili aggiustamenti parziali. il filosofo “pragmatista” james sosteneva che in una teoria scientifica non conta la verità, ma la convenienza; e naturalmente arrivava a dire che le teorie religiose sono le più utili. elementi simili si ritrovano anche in pierce e dewey, quest’ultimo duramente contestato da bertrand russell in una vivace polemica. tutti questi filosofi sono molto critici verso il neo-positivismo del circolo di vienna che metteva al primo posto la distinzione tra giudizi dettati solo dalla logica (tipici della matematica) e giudizi empirici verificabili con l’esperienza, tipici delle scienze sperimentali. una diversa esperienza più precisa può farci cambiare una teoria o solo una parte di una teoria, per cui nella scienza c’è una certa continuità dettata dall’esperienza. sperando di non aver annoiato il lettore, e scusandomi per la necessaria schematicità, vorrei affrontare per ultimo il riferimento al pensiero di marx, citato da baracca e in precedenza da cini. penso che dobbiamo leggere marx ed engels con spirito laico e critico, senza imbalsamarli in citazioni ad hoc. presso il gruppo gamadi fu pubblicata una nuova edizione della “dialettica della natura” di engels, accompagnata da un interessante dibattito (anch’esso pubblicato) cui parteciparono anche l’amico astrofisico andrea martocchia, i professori ordinari rispettivamente di matematica a tor vergata e di biologia comparata alla sapienza, de biasi e mauro cristaldi, purtroppo entrambi scomparsi, il prof. tagliagambe già collaboratore di ludovico geymonat, ecc. la mia impressione sull’opera di engels è che contenga una serie di notazioni estremamente interessanti, come quella secondo cui l’edificio scientifico non può fare altro che crescere e modificarsi indefinitamente cambiando continuamente anche categorie di pensiero (come quelle di spazio e tempo kantiani), ma quando poi engels pretende di dettare particolareggiate regole di dialettica, evidentemente di derivazione idealistico-hegeliana, si ha l’impressione di un certo dogmatismo. anche il citato prof. bricmont esprimeva perplessità su alcune critiche alla fisica quantistica di bohr espressa da una parte dei fisici sovietici; tra i quali alcuni correttamente criticavano il principio di complementarità affermando che se due diversi strumenti ci danno risposte diverse (ad esempio una particellare ed una ondulatoria) dobbiamo investigare sui collegamenti nascosti con un’opportuna teoria unitaria verificabile; altri invece affermavano un po' troppo audacemente che le risposte diverse dimostravano la validità del materialismo “dialettico” (che per bricmont – ed anche per me - non c’entrava nulla). anche altri autori come althusser, russell e joan robinson hanno affermato che marx va visto dal suo lato “scientifico”, scartando le incrostazioni hegeliano-idealistiche. forse bisogna seguire l’indicazione di galvano della volpe, giustamente ricordato da baracca come uno dei più interessanti autori italiani del ‘900, secondo cui marx (ed engels) vanno affrontati con metodo galileiano, cioè comparando teorie e fatti e verificando con l’esperienza. roma 20 dicembre 2019, vincenzo brandi. ndr.: solo per ricordare al nostro vincenzo brandi e al suo interlocutore angelo baracca, visto che alla fine lo scontro verbale, pur essendo dalla stessa parte, ha finito per rapportarsi all'attualità scientifica, ossia alle teorie quantistiche, che anche sul nostro sito https://www.gamadilavoce.it/scienza/forum.html è aperto un dibattito, al quale partecipa anche il nostro astrofisico, andrea martocchia, cui accenna brandi, e che è aperto a chiunque voglia parteciparvi con commenti costruttivi e che ritengo interessante proporre ad entrambi (brandi e baracca) anche per il riferimento che vi si fa ad una giovane ricercatrice portoghese ana pato e al suo idealismo vs. materialismo nella fisica quantistica (cosa c'è dell'idealismo nell'interpretazione ortodossa della meccanica quantistica? la necessaria considerazione del materialismo dialettico nella scienza). ringrazio per l'attenzione e spero che anche angelo baracca voglia dare il suo contributo all'interessante dibattito su quale fisica sia buona e quale sia cattiva, per utilizzare le sue categorie di pensiero, se quella di bohr, di planck o della pura statistica. vorrei aggiungere due argomenti nel merito di una valutazione sulla bontà dello scienziato. 1. le implicazioni dello stretto rapporto di marx con la scienza del suo tempo. 2. la criticità di marx alla luce del fatto che il sapere scientifico impone di essere critici: da cui deriva che quando lo scienziato non utilizza il sua discrezionalità critica non si sta più comportando da scienziato (un po' come se un medico tradisse il suo giuramento di ippocrate), non si comporta più da scienziato, ma da semplice tecnico, dipendente appunto dallo sfruttamento scientifico, come succede a tutta la classe operaia, dall'ultimo manovale al dirigente in capo. secondo me due argomenti che aiutano a dipanare la matassa non tanto dello sfruttamento dello scienzato da parte dell'imperialismo, ma del fatto che è un ossimoro, un totale controsenso parlare di sfruttamento dello scienziato da parte di una democrazia popolare socialista e del conseguente atteggiamento che lo scienziato dovrebbe avere nei due casi, appunto opposti. roberto gessi.
Segue da Pag.38: Scienza e Guerra

Al Direttore ed alla Redazione di Contropiano

L’articolo di Angelo Baracca “Scienza e Guerra” pubblicato da “Contropiano”, ha innescato un dibattito provocato da un mio breve commento di getto, cui Angelo Baracca ha risposto. Vorrei rispondere con un mio ulteriore commento, necessariamente schematico (argomenti così importanti avrebbero bisogno di ben altri approfondimenti), assicurando innanzitutto Baracca che siamo dalla stessa parte della barricata. Penso che entrambi auspichiamo che la Scienza sia “messa al servizio delle masse” (altro noto slogan sessantottino) e non al servizio delle fabbriche di armi e del profitto capitalista. Ciò detto, ribadisco che – a mio parere – il ruolo della scienza e dello scienziato va visto e giudicato nel contesto politico, sociale ed economico. Tanto per essere schematici, Lazare Carnot faceva bene a mettere le sue competenze di uomo di scienza al servizio della difesa della Rivoluzione del 1789. Fritz Haber (giustamente citato da Baracca) è da condannare per aver messo le sue indubbie competenze di chimico al servizio del sogno imperiale della Germania guglielmina, producendo orribili armi di distruzione di massa vietate dalle convenzioni internazionali, quali gas asfissianti e velenosi da usare al fronte. Oltre tutto – per ironia della sorte – Haber era un ebreo “patriota” e le sue attività a favore delle mire di dominio del Kaiser non lo salvarono in seguito dalle persecuzioni naziste. Ricordo che anche altri scienziati tedeschi si impegnarono nell’opera, come il futuro premio Nobel per la Chimica Otto Hahn, lo stesso che insieme a Lise Meitner scoprì per primo la fissione dell’Uranio 235 con neutroni lenti. Le competenze chimiche di Hahn e Haber avrebbero potuto essere adoperate per scopi benefici e pacifici, ma non erano diverse da quelle di altri chimici che magari si saranno tenuti alla larga da utilizzi così devastanti. Alla fine è sempre la politica che conta, e le scelte individuali, non la presunta presenza di una “Scienza cattiva”.

Lo stesso penso si possa dire oggi per quegli scienziati e tecnici che producono nuove armi sofisticate, chimiche, biologiche, termonucleari, per alimentare spaventosi arsenali militari e sogni di potenza imperiali, o quelli che in passato produssero Napalm o Agente Arancio per costringere alla resa i Vietnamiti. Perché lo fanno? Forse alcuni pensano di stare difendendo il “mondo libero” o la “democrazia”, ma ritengo che per molti sia solo un’occasione di lavoro, come accade anche a quegli operai che lavorano in una fabbrica che produce bombe e si arrabbiano se i pacifisti ne chiedono la chiusura. La fabbrica che in Sardegna produce bombe che poi gli aerei sauditi usano per massacrare la popolazione Yemenita ne è un esempio. Se qualche tecnico o scienziato, preso da crisi di coscienza, si rifiutasse di produrre armi per la Raytheon o la Lockeed e per il complesso militar-industriale che guida l’imperialismo statunitense, se ne troverebbero sicuramente degli altri disponibili. Per questo motivo ritengo apprezzabile la richiesta di abolizione delle armi nucleari avanzata dai movimenti pacifisti e da una risoluzione dell’ONU sottoscritta da una serie di Stati, ma ovviamente risoluzioni di questo tipo resteranno lettera morta come la risoluzione 194/1948 a favore dei profughi palestinesi, e tutte le altre risoluzioni sulla Palestina, fino alla recente 2334/2016 che dichiara illegali le colonie israeliane. L’imperialismo USA, la cui egemonia è minacciata dalla crescita di entità come la Cina ed altri (sulla cui natura non mi pronuncio: dovremmo aprire un nuovo dibattito), non può rinunciare al ricatto militare ed alle sue alleanze militari aggressive, come la NATO, che stringono in una morsa sempre più serrata e pericolosa Russia, Cina, e Corea Popolare. Ben venga quindi anche il lavoro dei tecnici e degli scienziati russi, cinesi e Nord-Coreani che serve a ristabilire un equilibrio strategico, perché solo nel momento in cui i signori della guerra di Washington si dovessero convincere di stare perdendo la superiorità militare, e che sarebbe più conveniente trattare sul disarmo, si potrebbe aprire qualche spiraglio. Insomma, l’uso distorto della Scienza è una conseguenza, non una causa.

Mi permetto quindi di prendere le distanze anche da certe affermazioni sessantottine sulla non neutralità della Scienza e dal noto saggio di Marcello Cini “L’Ape e l’Architetto” recentemente anche ripubblicato (2011). Non posso essere considerato un anti-Manifesto storico, visto che in passato sono stato anche candidato del Manifesto nella famosa Lista Valpreda e (per fortuna) primo non eletto a Roma, quando ero tra i piccoli leader della contestazione sessantottina all’ENEA (ricordo che c’era anche un certo Piperno, ricercatore nel Centro di Frascati). Certo mi intristiscono le ultime posizioni prese dal giornale che ormai di comunista ha solo il nome, e l’incredibile performance della Rossanda che nel 2011 parlava di brigate internazionali per andare a combattere Gheddafi. Qui vorrei parlare solo del fatto che – al di là di inevitabili contaminazioni da parte di ideologie correnti – la Scienza (che poi significa semplicemente “conoscenza”) mantiene un certo carattere obiettivo perché in ultima analisi ha sempre una derivazione empirica e sperimentale. Nella grande stagione della Scienza Ellenistica (più di 20 secoli or sono) Aristarco (citato anche da Archimede) capì (1700 anni prima di Copernico) che il Sole doveva essere l’astro centrale di riferimento del nostro sistema astrale, perché, dalle ingegnose misure sperimentali da lui fatte per misurare la grandezza e la distanza dalla Terra di Sole e Luna, pur avendo ottenuto risultati errati per la grossolanità dei suoi strumenti di misura, aveva comunque capito che il Sole era molto più grande della Terra. Eratostene verificò il fatto che la Terra era rotonda e ne determinò il diametro con incredibile precisione con un ingegnoso metodo sperimentale misurando la diversa lunghezza delle ombre di pali verticali posti rispettivamente ad Alessandria d’Egitto ed ad Assuan, a 4000 Km più a sud (e dove quindi l’ombra era diversa alla stessa ora a causa della rotondità del pianeta). Più recentemente Galilei sperimentava la caduta dei gravi facendo scorrere delle palle di legno su superfici di legno lisce inclinate, prodotte da lui ed i suoi aiutanti. Newton studiava gli effetti ottici facendo ruotare dischi di cartone colorati. Robert Hooke, uno degli scienziati-chiave del ‘600, produceva in proprio pompe a vuoto, che permisero al suo “capo” Boyle di formulare la famosa legge dei gas. Hooke produsse anche microscopi perfezionati con cui scoprì la struttura cellulare dei corpi viventi (da cui il termine “Cell” da lui introdotto). Galilei invece perfezionò i cannocchiali prodotti da oscuri artigiani olandesi, rivendendoli alla Repubblica di Venezia. Cannocchiali astronomici sempre più perfezionati fino ai nostri giorni, e l’analisi spettrale delle radiazioni emesse dalla materia (studiate nell’800 da Kirchoff, Bunsen, Balmer ed altri) hanno permesso di esplorare gli spazi profondi dove si muovono miliardi di galassie e buchi neri. Il primo principio della termodinamica sull’equivalenza tra lavoro e calore fu messo a punto dal birraio fisico dilettante Joule con il suo famoso mulinello che girava in un recipiente pieno d’acqua e dall’inventore Watt che doveva dimostrare che le sue macchine a vapore potevano fare il lavoro di centinaia di cavalli (da cui la nascita del “cavallo-vapore”). I progressi nel campo elettromagnetico sono stati compiuti in buona parte grazie al geniale lavoro sperimentale dell’umile Faraday, che aveva cominciato come assistente e cameriere tutto-fare del chimico Davy, spazzando il laboratorio e servendolo a tavola. Senza il lavoro sperimentale di Faraday (e di Ampere, Gauss, Oersted, Biot, Savart, ecc.) le famose equazioni di Maxwell non sarebbero state possibili. Da queste equazioni, e dalla nota esperienza con l’interferometro di Michelson e Morley sulle onde luminose, poi è derivata anche la teoria della relatività speciale di Einstein. Anche il famoso modello atomico di Bohr non sarebbe stato possibile senza le esperienze sulla radioattività dei coniugi Curie, che lavoravano in un tugurio dove nemmeno le capre avrebbero vissuto, e senza le esperienze di un altro grande sperimentatore, il neo-zelandese Rutheford, coadiuvato da Geiger e Marsden, che, facendo passare particelle “alfa” in una lamina d’oro, si accorse che l’atomo era quasi tutto vuoto, costituito da un nucleo piccolissimo intorno a cui si muovevano particelle ancora molto più piccole: gli Elettroni.

Senza continuare in questa rassegna di esempi, che alla fine diventa stucchevole, ritengo che la Scienza moderna – a parte ovviamente l’uso politico ed economico che se ne può fare - debba fronteggiare due tipi di pericoli: gli strascichi dell’empirio-criticismo e quelli dell’idealismo e del pragmatismo di marca statunitense. Com’è noto il fisico e filosofo Ernst Mach sosteneva (rispolverando una tesi che era stata nel ‘700 già del vescovo-filosofo Berkeley) che l’unica realtà sono le nostre sensazioni che coincidono con i fenomeni registrati dall’esperienza, e che è “anti-economico” e velleitario investigare su cosa c’è sotto. Coerentemente con questa tesi, Mach, spalleggiato dal chimico Ostwald, dal fisico e storico della Scienza Duhem (grande denigratore di Galilei), dal filosofo Helm, ecc. , sosteneva che gli atomi non esistono perché non si vedono. Vi fu una vivace polemica con i sostenitori dell’atomismo, come il grande fisico viennese Boltzmann ed il grande fisico tedesco Max Planck (poi iniziatore della Fisica Quantistica). Anche Lenin intervenne nella polemica con l’opera “Materialismo ed Empirio-Criticismo” (su cui recentemente è stato pubblicato un ottimo articolo su “Contropiano”) in cui sosteneva (giustamente), in accordo con le tesi di Planck, che esiste una realtà esterna, indipendente da noi umani, che va investigata. Questa polemica portò nel 1958 ad una completa riabilitazione da parte delle autorità della Germania Democratica (DDR) della figura di Planck (che pure era stato un liberal-conservatore). L’anniversario di Planck fu celebrato congiuntamente dalle due Germanie sia a Berlino Est in un convegno presieduto da Gustav Hertz, premio Nobel nel 1925 e nipote di Rudolf Hertz che con metodi sperimentali ingegnosi aveva dimostrato definitivamente l’esistenza delle onde elettromagnetiche già ipotizzate da Maxwell e Faraday, sia il giorno dopo a Berlino Ovest. L’empirio-criticismo tuttavia ha continuato a farsi sentire nell’opera

della corrente “ortodossa” e maggioritaria dei fisici quantistici guidati da Bohr ed Heisemberg, e che poi è continuata con Pauli, Dirac, Max Born, Feynman, ecc. Bohr sosteneva che, se abbiamo diverse risposte sperimentali su un certo argomento, dobbiamo limitarci a descriverle, senza cercare di capire come sono collegate da una realtà sottostante (Principio di Complementarità). Heisemberg, con il suo “Principio di Indeterminazione”, secondo cui è impossibile determinare con precisione contemporaneamente la posizione e la velocità di una particella sub-atomica, ha aperto la strada ad una riscossa di (cattive) filosofie anti-deterministe e contrarie al principio di “causa” - cavallo di battaglia di tutta la fisica meccanicista tradizionale - e dimentiche dell’antico detto di 2500 anni fa del filosofo atomista Leucippo, maestro del grande Democrito: ”nulla accade nell’Universo che non abbia una causa ed una ragione”. Dirac, come Mach, ha esplicitamente affermato che, se abbiamo una buona espressione matematica che ci porta a risultati coincidenti con l’esperienza, è inutile investigare sul perché ciò accade, negando il fatto che lo scopo principale della Scienza sia invece capire che succede nella realtà. Feynman era su posizioni simili. Su posizioni nettamente contrarie a questo modo di concepire la Scienza, abbracciando invece posizioni “realiste”, materialiste e deterministe, sono stati Max Planck, Einstein (“Dio non gioca a dadi!”), Erwin Schroedinger, Louis De Broglie teorizzatore del binomio onda-particella, tutti fisici non certo di secondo piano. Ultimamente è stato pubblicato un libro del professore di Fisica Teorica dell’Università di Lovanio, Jean Bricmont, “Quantum - Sense and Non-Sense” (che ho inutilmente segnalato a vari editori per una traduzione in italiano), in cui Bricmont, noto anche per le sue posizioni anti-imperialiste, ha difeso la posizione di Einstein (considerata “sconfitta” dal main-stream mediatico) ed ha ricordato le teorie quantistiche sull’onda-pilota, derivate da De Broglie e di stampo deterministico, di un altro fisico statunitense, David Bohm costretto ad emigrare dagli USA, sia perché comunista (si era in epoca maccartista) sia perché scientificamente eterodosso. Anche un altro valente fisico, l’irlandese Bell, purtroppo morto molto giovane, aveva aderito a questa teoria. Nel mio piccolo anche io sto cercando di scrivere un libro su questi argomenti che dovrebbe riassumere il succo di una serie di articoletti schematici scritti sulla rivista “La Voce” del Gruppo Atei Materialisti Dialettici (GAMADI), anche se dubito che avrà molti lettori (ma si fa quel che si può). Per concludere questo punto ricordo che la più accreditata teoria sulla struttura subatomica della materia è quella detta “Modello Standard”, che è quella che ha avuto il maggiore supporto sperimentale attraverso lo studio delle particelle con l’uso di macchine acceleratrici. La prima di queste macchine fu realizzata da due collaboratori di Rutheford, Walton e Cockcroft, ed iniziò a funzionare nel 1932. Oggi siamo giunti al gigantesco sincrotrone LHC del CERN a Ginevra, dove recentemente è stata verificata sotto la direzione dell’italiana Fabiola Giannotti l’esistenza del Bosone già previsto teoricamente da Higgs più di 30 anni fa, ed al cui funzionamento e studio teorico hanno contribuito altri ricercatori italiani come il premio Nobel Rubbia e Nicola Cabibbo. Come già si è detto l’uso di grandi stazioni astronomiche dotate di grandi telescopi, come la stazione Hubble ruotante intorno alla Terra, ha permesso la verifica sperimentale di molte caratteristiche del nostro Universo. Non hanno trovato finora conferma sperimentale varie altre teorie come quella delle stringhe, la gravità quantistica a loop, il multiverso e la materia oscura, che rimangono quindi delle speculazioni sostenute solo da formule matematiche.

Per quanto concerne l’altro gruppo di pensatori, quello che attribuisce alla Scienza origini idealistico-metafisiche, senza voler tornare a filosofi come Platone, Hegel o Benedetto Croce, tutti molto critici o negatori della Scienza sperimentale, basterà ricordare tutta una schiera dei filosofi, soprattutto di origine statunitense o immigrati negli USA. Tra questi il noto Quine, che sosteneva che bisognerebbe mettere sullo stesso piano la credenza nelle onde elettromagnetiche e quella negli dei di Omero (anche se lui non credeva agli dei; e meno male!). Idee simili ha sostenuto anche Popper, per cui gran parte delle teorie scientifiche è di origine metafisica. Bisognerebbe poi studiarne per via logica le conseguenze, salvo arrivare a dimostrarne la falsità se una di queste conseguenze risulta falsa (criterio della “falsificazione”). Popper, noto liberale anti-comunista, sosteneva che il Marxismo non è scientifico perché non è possibile falsificarlo per la sua intrinseca dogmaticità. Anche Kuhn (pur se talvolta apprezzato anche a “sinistra”) sosteneva la tesi che la Scienza in varie epoche storiche obbedisce a dei paradigmi essenzialmente metafisici e dovuti alla cultura socio-politica del tempo che poi crollano lasciando spazio ad altri paradigmi incomunicabili con i precedenti. L’ungherese ex-comunista lukacsiano Lakatos – fuggito negli USA nel 1956 - sosteneva una tesi simile, in cui i paradigmi erano sostituiti da un coacervo di diverse teorie di cui una poteva dimostrarsi falsa mettendo in crisi l’intero sistema, salvo possibili aggiustamenti parziali. Il filosofo “pragmatista” James sosteneva che in una teoria scientifica non conta la verità, ma la convenienza; e naturalmente arrivava a dire che le teorie religiose sono le più utili. Elementi simili si ritrovano anche in Pierce e Dewey, quest’ultimo duramente contestato da Bertrand Russell in una vivace polemica. Tutti questi filosofi sono molto critici verso il neo-positivismo del Circolo di Vienna che metteva al primo posto la distinzione tra giudizi dettati solo dalla logica (tipici della matematica) e giudizi empirici verificabili con l’esperienza, tipici delle Scienze sperimentali. Una diversa esperienza più precisa può farci cambiare una teoria o solo una parte di una teoria, per cui nella Scienza c’è una certa continuità dettata dall’esperienza.

Sperando di non aver annoiato il lettore, e scusandomi per la necessaria schematicità, vorrei affrontare per ultimo il riferimento al pensiero di Marx, citato da Baracca e in precedenza da Cini. Penso che dobbiamo leggere Marx ed Engels con spirito laico e critico, senza imbalsamarli in citazioni ad hoc. Presso il gruppo GAMADI fu pubblicata una nuova edizione della “Dialettica della Natura” di Engels, accompagnata da un interessante dibattito (anch’esso pubblicato) cui parteciparono anche l’amico astrofisico Andrea Martocchia, i Professori Ordinari rispettivamente di Matematica a Tor Vergata e di Biologia Comparata alla Sapienza, De Biasi e Mauro Cristaldi, purtroppo entrambi scomparsi, il Prof. Tagliagambe già collaboratore di Ludovico Geymonat, ecc. La mia impressione sull’opera di Engels è che contenga una serie di notazioni estremamente interessanti, come quella secondo cui l’edificio scientifico non può fare altro che crescere e modificarsi indefinitamente cambiando continuamente anche categorie di pensiero (come quelle di spazio e tempo kantiani), ma quando poi Engels pretende di dettare particolareggiate regole di dialettica, evidentemente di derivazione idealistico-hegeliana, si ha l’impressione di un certo dogmatismo. Anche il citato Prof. Bricmont esprimeva perplessità su alcune critiche alla fisica quantistica di Bohr espressa da una parte dei fisici sovietici; tra i quali alcuni correttamente criticavano il principio di complementarità affermando che se due diversi strumenti ci danno risposte diverse (ad esempio una particellare ed una ondulatoria) dobbiamo investigare sui collegamenti nascosti con un’opportuna teoria unitaria verificabile; altri invece affermavano un po' troppo audacemente che le risposte diverse dimostravano la validità del materialismo “dialettico” (che per Bricmont – ed anche per me - non c’entrava nulla). Anche altri autori come Althusser, Russell e Joan Robinson hanno affermato che Marx va visto dal suo lato “scientifico”, scartando le incrostazioni hegeliano-idealistiche. Forse bisogna seguire l’indicazione di Galvano della Volpe, giustamente ricordato da Baracca come uno dei più interessanti autori italiani del ‘900, secondo cui Marx (ed Engels) vanno affrontati con metodo galileiano, cioè comparando teorie e fatti e verificando con l’esperienza.

Roma 20 dicembre 2019, Vincenzo Brandi.

Ndr.: solo per ricordare al nostro Vincenzo Brandi e al suo interlocutore Angelo Baracca, visto che alla fine lo scontro verbale, pur essendo dalla stessa parte, ha finito per rapportarsi all'attualità scientifica, ossia alle teorie quantistiche, che anche sul nostro sito https://www.gamadilavoce.it/scienza/forum.html è aperto un dibattito, al quale partecipa anche il nostro astrofisico, Andrea Martocchia, cui accenna Brandi, e che è aperto a chiunque voglia parteciparvi con commenti costruttivi e che ritengo interessante proporre ad entrambi (Brandi e Baracca) anche per il riferimento che vi si fa ad una giovane ricercatrice portoghese Ana Pato e al suo Idealismo vs. materialismo nella fisica quantistica (cosa c'è dell'idealismo nell'interpretazione ortodossa della meccanica quantistica? La necessaria considerazione del materialismo dialettico nella scienza).
Ringrazio per l'attenzione e spero che anche Angelo Baracca voglia dare il suo contributo all'interessante dibattito su quale fisica sia buona e quale sia cattiva, per utilizzare le sue categorie di pensiero, se quella di Bohr, di Planck o della pura statistica.

Vorrei aggiungere due argomenti nel merito di una valutazione sulla bontà dello scienziato.
1. Le implicazioni dello stretto rapporto di Marx con la scienza del suo tempo.
2. La criticità di Marx alla luce del fatto che il sapere scientifico impone di essere critici: da cui deriva che quando lo scienziato non utilizza il sua discrezionalità critica non si sta più comportando da scienziato (un po' come se un medico tradisse il suo giuramento di Ippocrate), non si comporta più da scienziato, ma da semplice tecnico, dipendente appunto dallo sfruttamento scientifico, come succede a tutta la classe operaia, dall'ultimo manovale al dirigente in capo.
Secondo me due argomenti che aiutano a dipanare la matassa non tanto dello sfruttamento dello scienzato da parte dell'imperialismo, ma del fatto che è un ossimoro, un totale controsenso parlare di sfruttamento dello scienziato da parte di una democrazia popolare socialista e del conseguente atteggiamento che lo scienziato dovrebbe avere nei due casi, appunto opposti.

Roberto Gessi

  P R E C E D E N T E   

    S U C C E S S I V A  

Stampa pagina

 Stampa inserto 

La VOCE 2001

 La VOCE   COREA   CUBA   JUGOSLAVIA   PALESTINA   RUSSIA   SCIENZA   ARTE 
.

Visite complessive:
Copyright - Tutti gli articoli possono essere liberamente riprodotti con obbligo di citazione della fonte.