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La VOCE 2001

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La VOCE ANNO XXII N°5

gennaio 2020

PAGINA E        - 37

segue da pag.36: scienza e guerra. . non esiste, come vorrebbe l’ideologia dominante, una sola scienza, un unico modo in cui l’uomo si rapporta con la natura. il discorso sarebbe lungo e non si può affrontare in questa sede. ogni formazione sociale storica ha avuto un atteggiamento diverso nei confronti della natura, che rifletteva finalità sociali specifiche. la scienza sviluppata dalla società capitalistica (che peraltro si è trasformata profondamente nelle diverse fasi del capitalismo: si confronti il meccanicismo ottocentesco con l’estrema astrazione della fisica quantistica) si è distinta per la finalità di sfruttamento della natura a fini economici, la mercificazione delle conoscenze scientifiche (discuterò qualche aspetto nell’ultima parte). la scienza cinese tradizionale, per fare un esempio sintetico, privilegiava invece il mantenimento dell’equilibrio di tutti i fattori naturali naturali e dell’uomo con essi. . i riferimenti che dovrei dare sarebbero lunghi e complessi, mi limito a uno sintetico: baracca, può la scienza fare pace con la natura?, 2009, simposio nonviolenza, ripubblicato online https://luiginamarchese.wordpress..... . raccomanderei la lettura, anche scorrevole e piacevole, dell’opera teatrale di bertold brecht, vita di galileo, che è certo un’opera artistica e non scientifica né storica, ma illustra abbastanza bene questo punto di vista. . schools of mass destruction: american univerities in the u.s. nuclear weapons complex, si veda la sintesi di andrea germanos, https://www.commondreams.org.... . “hopkins must take a stand against its nuclear weapons production”, the john hopkins news-letter, 21 novembre 2019, https://www.jhunewsletter....st-its-nuclear-weapons-production. . sgr, irresponsible sience? how the fossil fuel and arms corporations finance professional engineering and science organisations, 6 ottobre 201, https://www.sgr.org.uk.... . non penso che molti abbiano voglia o pazienza di approfondire, ma rimando chi volesse farlo al mio libro del 2005 – a volte ritornano, la proliferazione nucleare ieri oggi e domani, jaca book – nel quale nel capitolo 3, paragrafo 3.8, discutevo questi legami. . propongo ancora un mio articolo che abbraccia tutti gli aspetti critici del nucleare, militare e civile: “antropocene-capitalocene-nucleocene: l’eredità dell’era nucleare è incompatibile con l’ambiente terrestre (e umano)”, effimera, 11 settembre 2018, http://effimera.org.... . i riferimenti specifici per le considerazioni che seguono sono studi di cui raccomando vivamente la lettura anche da parte dei profani: 1o) scritti e seminari di ernesto burgio, “bioterrorismo e impero biotech: armi biologiche e guerra (infinita) al pianeta”, mosaico di pace, 15 luglio 2010, https://www.peacelink.it/mosaico/a/32122.html). 2o) gli studi di susan wright, biological warfare and disarmament: new problems/new perspectives (rowman & littlefield, 2002); oltre alle referenze che seguono. . la grande “biotecnologa pentita” malese mae wan ho ha denunciato con forza questi pericoli, si veda ad esempio la ferma denuncia dei legami tra il bioterrorismo e l’epidemia di sars: “bioterrorism and sars”, institute of science in society, 16 aprile 2003, http://www.kurzweilai.net/...; inoltre, mae-wan ho, living with the fluid genome, london, uk, penang, malaysia, third world network, 2003; mae-wan ho, sam burcher, rhea gala e vejko velkovic. unraveling aids: the independent science and promising alternative therapies, ridgefield, ct: vital health pub., 2005. . susan wright, biological warfare and disarmament, cit. . ernesto burgio, “bioterrorismo e impero biotech”, cit. *intervento a incontri con studenti del corso di laurea in scienze della pace, e con studenti di scuole secondarie (pisa, 25 novembre 2019 – livorno, 26 novembre 2019). mi sembra che angelo baracca - con le cui opinioni non sempre sono stato d'accordo - questa volta centri il problema con il suo articolo su "contropiano". accettare la "non-violenza" come ideologia totalitaria non è accettabile (a meno che non volessimo riferirci ad un utopico futuro fatto di giustizia sociale e pace perpetua). la non-violenza, o la violenza, sono metodi che vanno sempre giudicati in un contesto. gandhi usò la non-violenza nell'ambito delle lotte per l'indipendenza dell'india (i risultati non sono stati poi tanto buoni, vista l'enorme ingiustizia sociale imperante nel paese ed il non sanato conflitto tra indù e musulmani). ma forse sono da condannare i partigiani italiani, i guerriglieri vietnamiti, cubani, algerini, angolani, che si battevano contro il nazismo, l'imperialismo ed il colonialismo con le armi in pugno? sono da condannare le manifestazioni di violenza dei diseredati e degli oppressi se non vi sono alternative? "l'odio contro l'ingiustizia stravolge la voce" diceva brecht. articolo da leggere e commentare, vincenzo brandi. riflettendo su un articolo di angelo baracca: la scienza è al servizio della guerra? caro direttore di contropiano e cara redazione, ho letto con interesse l'articolo di angelo baracca pubblicato dalla rivista cui sono abbonato. mi è sembrato però che certe posizioni in esso contenute necessitassero di un commento che vi invio in allegato. si tratta di un commento scritto di getto, e quindi certamente parziale e bisognoso di approfondimenti. tuttavia penso sia utile inviarlo per iniziare una discussione in merito, cordiali saluti, vincenzo brandi. al direttore ed alla redazione di contropiano. l’articolo di angelo baracca “scienza e guerra” pubblicato da “contropiano”, così ricco di notazioni interessanti, e quindi molto utile come base di discussione, suscita però qualche perplessità perché alcune posizioni in esso contenute fanno riaffiorare vecchi equivoci e posizioni fondamentaliste in cui in passato sono caduti alcuni settori di quella che per comodità chiamiamo genericamente cultura di “sinistra”. un primo punto, che baracca definisce “quantitativo”, sottolinea quanto siano stretti i rapporti tra scienziati e settore militare, molto di più di quanto la gente non pensi di solito. baracca fornisce anche degli esempi: archimede che costruisce macchine che distruggono le navi romane che assediano siracusa; lazare carnot che si interessa, come ministro della guerra, di fornire armi alle armate rivoluzionarie francesi. per dire il vero questi esempi non sembrano particolarmente felici. penso che archimede facesse bene a contribuire alla difesa della sua città minacciata dall’imperialismo romano, e che carnot facesse bene a dare il suo contributo alla difesa della rivoluzione, come del resto anche il suo collega il matematico rivoluzionario monge, che si interessava della produzione di polvere da sparo e munizioni per le truppe. ricordo che anche il programma di produzione della bomba atomica fu avviato da una lettera di einstein (che era un pacifista, socialista ed antinazista) al presidente roosvelt. in essa einstein si diceva preoccupato per le voci dell’inizio di un programma nucleare militare tedesco. per fortuna questo programma fu affidato ad heisenberg (grande scienziato teorico, ma pessimo sperimentatore) e non se ne fece niente. solo in seguito einstein ed altri scienziati, visto anche l’uso terroristico fatto delle bombe atomiche ad hiroshima e
nagasaki (anche per intimidire preventivamente l’urss), si tirarono indietro. non si possono nemmeno criticare quegli scienziati sovietici che misero a punto le bombe atomiche e le bombe termonucleari sovietiche per ottenere una situazione di equilibrio che ha mantenuto di fatto la pace per 40 anni. dopo la caduta dell’urss si è scatenato l’inferno, con le ripetute aggressioni all’iraq, alla jugoslavia, alla libia, siria, ecc. , colpi di stato in georgia ed ucraina, oggi in bolivia, altri tentati in venezuela, ecc. la spesa militare degli usa e degli alleati della nato nel tentativo di mantenere l’egemonia sfiora i tre quarti della spesa militare globale. appare quindi anche velleitario fare appelli per il disarmo nucleare che non tengano conto del contesto in cui le conoscenze scientifiche sono utilizzate per fini militari. solo una variazione decisa del contesto politico potrebbe portare al disarmo, alla pace, ed un uso diverso della scienza. ma penso che il punto più importante trattato da baracca sia il secondo, quello da lui definito “qualitativo”. si legge di una “predisposizione della scienza (quella nostra occidentale, o del capitalismo), nel suo stesso impianto metodologico, verso l’aggressione all’uomo e alla natura. la scienza non è un’attività meramente conoscitiva che indaga la natura in sé, sempre immutabile; piuttosto l’uomo sociale si rapporta ai fenomeni naturali con modalità diverse nei diversi contesti storici e sociali, i quali pongono finalità diverse, che richiedono metodi scientifici nuovi”. la prima parte di questo discorso ricorda sostanzialmente le posizioni proto-romantiche di rousseau, notoriamente critico verso la scienza e addirittura contrario all’istruzione pubblica (ogni ragazzo avrebbe dovuto essere guidato da un istitutore privato in lunghe passeggiate istruttive). queste posizioni sono state sostanzialmente riprese dalla scuola di francoforte con il libro di horkheimer ed adorno che critica l’illuminismo e la scienza (“dialettica dell’illuminismo”) e da marcuse con “l’uomo ad una dimensione”, divenuti la bibbia della parte più fondamentalista del movimento del ’68 (cose che ricordo bene per averne fatto parte, data la mia non più tenera età). la seconda parte del discorso (certamente funzionale alla prima, ed anch’essa molto in voga nel ‘68) mette in dubbio sostanzialmente l’obiettività della scienza, ed anche indirettamente della conoscenza comune (ricordo che “scienza” viene dal verbo latino “scio” che significa semplicemente “conoscere”). direi di lasciare queste posizioni ad ambigui e discutibili filosofi statunitensi come kuhn (che sosteneva che la scienza sarebbe determinata nelle varie epoche da paradigmi culturali incomunicabili tra loro indotti dalle credenze religiose, morali, politiche dell’epoca considerata), o goodman (che sosteneva che il mondo è creato da noi, da quello che pensiamo e facciamo), o hanson (che sosteneva che è la teoria che noi scegliamo arbitrariamente a creare i fatti, e non viceversa). sorvolo su tutto l’immenso oceano delle vecchie filosofie idealiste, da platone, a berkeley, a fichte, ecc. e su tutte le filosofie irrazionaliste, da schopenauer ad husserl, bergson, heidegger, ecc. pur tenendo conto dell’influenza dei dati culturali ambientali, penso sia preferibile attenersi a quanto diceva ad esempio il grande matematico, e fisico, poincarè: alla base della conoscenza sono i fatti registrati dall’esperienza. la scienza (la cui base è sempre sperimentale, da galilei, a faraday, ad helmholtz, a marie curie, a rutheford, ecc.) è la loro interpretazione, che può essere a volte errata o parziale, ma che al fondo ha una sua obiettività perché il mondo esterno materiale è unico, ed è quello che è, ed i fenomeni sono ripetitivi, conoscibili ed interpretabili. le rivoluzioni scientifiche avvengono sostanzialmente per il verificarsi di nuove esperienze, magari con strumenti più perfezionati, che ci costringono a modificare teorie precedenti, che in genere restano valide entro certi ambiti. tipico esempio è il passaggio dalla meccanica newtoniana e galileiana alla teoria della relatività. newton era perfettamente consapevole di non aver dato una spiegazione del meccanismo di trasmissione delle forze gravitazionali da lui descritte come forze istantanee a distanza. preferiva non fare ipotesi (“hypotheses non fingo”) e lasciare (esplicitamente) il compito ai posteri. il passaggio si è avuto quando alcune esperienze sui fenomeni elettromagnetici, l’esperienza di fizeau sui raggi luminosi nell’acqua corrente, le esperienze di michelson e morley con l’interferometro, hanno fatto capire a lorentz, poincarè, ed infine ad einstein, che bisognava tener conto della velocità delle onde elettromagnetiche e gravitazionali. anche nella rivoluzione copernicana in realtà il grande matematico e astronomo egiziano claudio tolomeo e copernico (e poi galilei) parlavano la stessa lingua. tolomeo calcolava ingegnosamente la posizione di sole e pianeti partendo da un sistema di riferimento terrestre; copernico adottava un riferimento solare. solo oltre un secolo dopo copernico, i filosofi italiani della natura (bernardino telesio, bruno, campanella) hanno scatenato la polemica contro i residui aristotelici della chiesa, provocandone la reazione. possiamo in definitiva valutare l’uso più o meno distorto che si fa della scienza, o criticare quegli scienziati che si mettono al servizio di governi aggressivi che producono terribili armi biologiche, o delle multinazionali che producono dannose ogm. ma la scienza e la conoscenza sono sempre quelle perché la realtà materiale è unica (e lo dico anche da ex-ricercatore in pensione). sono la politica e la società che dovrebbero incrementare l’uso di tecnologie benefiche e valutare (da un punto di vista scientifico, e non emozionale) i pericoli insiti in certe ricerche ed in certe tecnologie, ma senza ricadere in impossibili sogni neo-romantici. scienza e guerra. prosegue la discussione. di angelo baracca. una risposta alle osservazioni di vincenzo brandi. «la questione se al pensiero umano appartenga la verità oggettiva non è una questione teorica ma pratica. è nell’attività pratica che l’uomo deve dimostrare la verità, cioè la realtà e il potere, il carattere terreno del suo pensiero. la disputa sulla realtà o non realtà di un pensiero che si isoli dalla pratica è una questione puramente scolastica». [karl marx, seconda tesi su feuerbach]. le osservazioni critiche di vincenzo brandi al mio articolo “scienza e guerra” sono certo utili per sviluppare un dibattito che appare necessario, anche se sembra dimostrare che 50 anni di critica, costruttiva e attiva, fondata sul materialismo storico di marx non abbia lasciato una traccia duratura. le mie risposte purtroppo non possono essere sintetiche perché è necessario entrare nel merito di varie questioni. una prima annotazione, che non ha una rilevanza centrale ma rientra nelle incomprensioni. io per brevità mi sono limitato a citare archimede e lazare carnot (che brandi definisce esempi “poco felici”, avrei potuto citare molti altri) da un lato per dare l’idea che il problema è molto antico riferendomi a un personaggio storicamente famoso, e dall’altro approfittando per citare una figura, lazare (del quale mi sono occupato molto in passato), che è poco conosciuta ma estremamente rilevante sul piano sia scientifico che politico e militare. non avevo minimamente intenzione di dare giudizi di valore o morali. avrei potuto citare il nobel per la chimica fritz haber (del quale pure mi sono occupato) il quale convinse lo stato maggiore ad impiegare gas tossici, vietati dalla convenzione dell’aja, di cui la germania era firmataria: sotto la sua direzione fu creata nel 1915 prima unità di gastruppe, haber supervisionò personalmente i preparativi per l’attacco di gas tossico vicino alla città belga di ypres, 22 aprile 1915; alla fine della guerra erano circa 1.000 i chimici impiegati nelle armi chimiche (per la cronaca collaborò occasionalmente anche il nobel per la fisica walther nernst), un precedente di 20 anni, poco noto, della big science del progetto manhattan. forse haber era semplicemente un “patriota”!? ..segue ./.
Segue da Pag.36: Scienza e Guerra

Non esiste, come vorrebbe l’ideologia dominante, una sola Scienza, un unico modo in cui l’Uomo si rapporta con la Natura. Il discorso sarebbe lungo e non si può affrontare in questa sede. Ogni formazione sociale storica ha avuto un atteggiamento diverso nei confronti della natura, che rifletteva finalità sociali specifiche. La scienza sviluppata dalla società capitalistica (che peraltro si è trasformata profondamente nelle diverse fasi del capitalismo: si confronti il meccanicismo ottocentesco con l’estrema astrazione della fisica quantistica) si è distinta per la finalità di sfruttamento della natura a fini economici, la mercificazione delle conoscenze scientifiche (discuterò qualche aspetto nell’ultima parte). La scienza cinese tradizionale, per fare un esempio sintetico, privilegiava invece il mantenimento dell’equilibrio di tutti i fattori naturali naturali e dell’uomo con essi.

. I riferimenti che dovrei dare sarebbero lunghi e complessi, mi limito a uno sintetico: Baracca, Può la Scienza fare Pace con la Natura?, 2009, Simposio Nonviolenza, ripubblicato online https://luiginamarchese.wordpress.....

. Raccomanderei la lettura, anche scorrevole e piacevole, dell’opera teatrale di Bertold Brecht, Vita di Galileo, che è certo un’opera artistica e non scientifica né storica, ma illustra abbastanza bene questo punto di vista.

Schools of Mass Destruction: American Univerities in the U.S. Nuclear Weapons Complex, si veda la sintesi di Andrea Germanos, https://www.commondreams.org....

. “Hopkins must take a stand against its nuclear weapons production”, The John Hopkins News-Letter, 21 novembre 2019, https://www.jhunewsletter....st-its-nuclear-weapons-production.

. SGR, Irresponsible Sience? How the fossil fuel and arms corporations finance professional engineering and science organisations, 6 ottobre 201, https://www.sgr.org.uk....

Non penso che molti abbiano voglia o pazienza di approfondire, ma rimando chi volesse farlo al mio libro del 2005 – A Volte Ritornano, La Proliferazione Nucleare Ieri Oggi e Domani, Jaca Book – nel quale nel capitolo 3, paragrafo 3.8, discutevo questi legami.

. Propongo ancora un mio articolo che abbraccia tutti gli aspetti critici del nucleare, militare e civile: “Antropocene-Capitalocene-Nucleocene: l’eredità dell’Era Nucleare è incompatibile con l’ambiente terrestre (e umano)Effimera, 11 settembre 2018, http://effimera.org....

I riferimenti specifici per le considerazioni che seguono sono studi di cui raccomando vivamente la lettura anche da parte dei profani: 1o) scritti e seminari di Ernesto Burgio, “Bioterrorismo e Impero Biotech: armi biologiche e guerra (infinita) al Pianeta”, Mosaico di Pace, 15 luglio 2010, https://www.peacelink.it/mosaico/a/32122.html). 2o) Gli studi di Susan Wright, Biological Warfare and Disarmament: New Problems/New Perspectives (Rowman & Littlefield, 2002); oltre alle referenze che seguono.

La grande “biotecnologa pentita” malese Mae Wan Ho ha denunciato con forza questi pericoli, si veda ad esempio la ferma denuncia dei legami tra il bioterrorismo e l’epidemia di SARS: “Bioterrorism and SARS”, Institute of Science in Society, 16 aprile 2003, http://www.kurzweilai.net/...; inoltre, Mae-Wan Ho, Living with the fluid genome, London, UK, Penang, Malaysia, Third World Network, 2003; Mae-Wan Ho, Sam Burcher, Rhea Gala e Vejko Velkovic. Unraveling AIDS: the independent science and promising alternative therapies, Ridgefield, CT: Vital Health Pub., 2005.

Susan Wright, Biological Warfare and Disarmament, cit.

Ernesto Burgio, “Bioterrorismo e Impero Biotech”, cit.

*Intervento a incontri con studenti del Corso di laurea in Scienze della Pace, e con studenti di scuole secondarie (PISA, 25 Novembre 2019 – LIVORNO, 26 Novembre 2019)



Mi sembra che Angelo Baracca - con le cui opinioni non sempre sono stato d'accordo - questa volta centri il problema con il suo articolo su "Contropiano". Accettare la "Non-violenza" come ideologia totalitaria non è accettabile (a meno che non volessimo riferirci ad un utopico futuro fatto di giustizia sociale e pace perpetua). La Non-violenza, o la violenza, sono metodi che vanno sempre giudicati in un contesto. Gandhi usò la Non-violenza nell'ambito delle lotte per l'indipendenza dell'India (i risultati non sono stati poi tanto buoni, vista l'enorme ingiustizia sociale imperante nel paese ed il non sanato conflitto tra Indù e Musulmani). Ma forse sono da condannare i partigiani italiani, i guerriglieri vietnamiti, cubani, algerini, angolani, che si battevano contro il Nazismo, l'imperialismo ed il colonialismo con le armi in pugno? Sono da condannare le manifestazioni di violenza dei diseredati e degli oppressi se non vi sono alternative? "L'odio contro l'ingiustizia stravolge la voce" diceva Brecht. Articolo da leggere e commentare, Vincenzo Brandi.

Riflettendo su un articolo di Angelo Baracca: la scienza è al servizio della guerra?

Caro Direttore di Contropiano e cara Redazione,
ho letto con interesse l'articolo di Angelo Baracca pubblicato dalla rivista cui sono abbonato. Mi è sembrato però che certe posizioni in esso contenute necessitassero di un commento che vi invio in allegato. Si tratta di un commento scritto di getto, e quindi certamente parziale e bisognoso di approfondimenti. Tuttavia penso sia utile inviarlo per iniziare una discussione in merito, cordiali saluti, Vincenzo Brandi.

Al Direttore ed alla Redazione di Contropiano

L’articolo di Angelo Baracca “Scienza e Guerra” pubblicato da “Contropiano”, così ricco di notazioni interessanti, e quindi molto utile come base di discussione, suscita però qualche perplessità perché alcune posizioni in esso contenute fanno riaffiorare vecchi equivoci e posizioni fondamentaliste in cui in passato sono caduti alcuni settori di quella che per comodità chiamiamo genericamente cultura di “sinistra”.

Un primo punto, che Baracca definisce “quantitativo”, sottolinea quanto siano stretti i rapporti tra scienziati e settore militare, molto di più di quanto la gente non pensi di solito. Baracca fornisce anche degli esempi: Archimede che costruisce macchine che distruggono le navi romane che assediano Siracusa; Lazare Carnot che si interessa, come Ministro della Guerra, di fornire armi alle armate rivoluzionarie francesi. Per dire il vero questi esempi non sembrano particolarmente felici. Penso che Archimede facesse bene a contribuire alla difesa della sua città minacciata dall’imperialismo romano, e che Carnot facesse bene a dare il suo contributo alla difesa della Rivoluzione, come del resto anche il suo collega il matematico rivoluzionario Monge, che si interessava della produzione di polvere da sparo e munizioni per le truppe. Ricordo che anche il programma di produzione della bomba atomica fu avviato da una lettera di Einstein (che era un pacifista, socialista ed antinazista) al Presidente Roosvelt. In essa Einstein si diceva preoccupato per le voci dell’inizio di un programma nucleare militare tedesco. Per fortuna questo programma fu affidato ad Heisenberg (grande scienziato teorico, ma pessimo sperimentatore) e non se ne fece niente. Solo in seguito Einstein ed altri scienziati, visto anche l’uso terroristico fatto delle bombe atomiche ad Hiroshima e

Nagasaki (anche per intimidire preventivamente l’URSS), si tirarono indietro. Non si possono nemmeno criticare quegli scienziati sovietici che misero a punto le bombe atomiche e le bombe termonucleari sovietiche per ottenere una situazione di equilibrio che ha mantenuto di fatto la pace per 40 anni. Dopo la caduta dell’URSS si è scatenato l’inferno, con le ripetute aggressioni all’Iraq, alla Jugoslavia, alla Libia, Siria, ecc. , colpi di stato in Georgia ed Ucraina, oggi in Bolivia, altri tentati in Venezuela, ecc. La spesa militare degli USA e degli alleati della NATO nel tentativo di mantenere l’egemonia sfiora i tre quarti della spesa militare globale. Appare quindi anche velleitario fare appelli per il disarmo nucleare che non tengano conto del contesto in cui le conoscenze scientifiche sono utilizzate per fini militari. Solo una variazione decisa del contesto politico potrebbe portare al disarmo, alla pace, ed un uso diverso della scienza.

Ma penso che il punto più importante trattato da Baracca sia il secondo, quello da lui definito “qualitativo”. Si legge di una “predisposizione della scienza (quella nostra Occidentale, o del capitalismo), nel suo stesso impianto metodologico, verso l’aggressione all’Uomo e alla Natura. La scienza non è un’attività meramente conoscitiva che indaga la Natura in sé, sempre immutabile; piuttosto l’Uomo sociale si rapporta ai fenomeni naturali con modalità diverse nei diversi contesti storici e sociali, i quali pongono finalità diverse, che richiedono metodi scientifici nuovi”. La prima parte di questo discorso ricorda sostanzialmente le posizioni proto-romantiche di Rousseau, notoriamente critico verso la scienza e addirittura contrario all’istruzione pubblica (ogni ragazzo avrebbe dovuto essere guidato da un istitutore privato in lunghe passeggiate istruttive). Queste posizioni sono state sostanzialmente riprese dalla Scuola di Francoforte con il libro di Horkheimer ed Adorno che critica l’Illuminismo e la scienza (“Dialettica dell’Illuminismo”) e da Marcuse con “L’Uomo ad una dimensione”, divenuti la bibbia della parte più fondamentalista del movimento del ’68 (cose che ricordo bene per averne fatto parte, data la mia non più tenera età). La seconda parte del discorso (certamente funzionale alla prima, ed anch’essa molto in voga nel ‘68) mette in dubbio sostanzialmente l’obiettività della scienza, ed anche indirettamente della conoscenza comune (ricordo che “scienza” viene dal verbo latino “scio” che significa semplicemente “conoscere”). Direi di lasciare queste posizioni ad ambigui e discutibili filosofi statunitensi come Kuhn (che sosteneva che la scienza sarebbe determinata nelle varie epoche da paradigmi culturali incomunicabili tra loro indotti dalle credenze religiose, morali, politiche dell’epoca considerata), o Goodman (che sosteneva che il mondo è creato da noi, da quello che pensiamo e facciamo), o Hanson (che sosteneva che è la teoria che noi scegliamo arbitrariamente a creare i fatti, e non viceversa). Sorvolo su tutto l’immenso oceano delle vecchie filosofie idealiste, da Platone, a Berkeley, a Fichte, ecc. e su tutte le filosofie irrazionaliste, da Schopenauer ad Husserl, Bergson, Heidegger, ecc. Pur tenendo conto dell’influenza dei dati culturali ambientali, penso sia preferibile attenersi a quanto diceva ad esempio il grande matematico, e fisico, Poincarè: alla base della conoscenza sono i fatti registrati dall’esperienza. La scienza (la cui base è sempre sperimentale, da Galilei, a Faraday, ad Helmholtz, a Marie Curie, a Rutheford, ecc.) è la loro interpretazione, che può essere a volte errata o parziale, ma che al fondo ha una sua obiettività perché il mondo esterno materiale è unico, ed è quello che è, ed i fenomeni sono ripetitivi, conoscibili ed interpretabili. Le rivoluzioni scientifiche avvengono sostanzialmente per il verificarsi di nuove esperienze, magari con strumenti più perfezionati, che ci costringono a modificare teorie precedenti, che in genere restano valide entro certi ambiti. Tipico esempio è il passaggio dalla meccanica newtoniana e galileiana alla teoria della relatività. Newton era perfettamente consapevole di non aver dato una spiegazione del meccanismo di trasmissione delle forze gravitazionali da lui descritte come forze istantanee a distanza. Preferiva non fare ipotesi (“Hypotheses non fingo”) e lasciare (esplicitamente) il compito ai posteri. Il passaggio si è avuto quando alcune esperienze sui fenomeni elettromagnetici, l’esperienza di Fizeau sui raggi luminosi nell’acqua corrente, le esperienze di Michelson e Morley con l’interferometro, hanno fatto capire a Lorentz, Poincarè, ed infine ad Einstein, che bisognava tener conto della velocità delle onde elettromagnetiche e gravitazionali. Anche nella Rivoluzione copernicana in realtà il grande matematico e astronomo egiziano Claudio Tolomeo e Copernico (e poi Galilei) parlavano la stessa lingua. Tolomeo calcolava ingegnosamente la posizione di Sole e pianeti partendo da un sistema di riferimento terrestre; Copernico adottava un riferimento solare. Solo oltre un secolo dopo Copernico, i filosofi italiani della natura (Bernardino Telesio, Bruno, Campanella) hanno scatenato la polemica contro i residui aristotelici della Chiesa, provocandone la reazione.

Possiamo in definitiva valutare l’uso più o meno distorto che si fa della scienza, o criticare quegli scienziati che si mettono al servizio di governi aggressivi che producono terribili armi biologiche, o delle multinazionali che producono dannose OGM. Ma la scienza e la conoscenza sono sempre quelle perché la realtà materiale è unica (e lo dico anche da ex-ricercatore in pensione). Sono la politica e la società che dovrebbero incrementare l’uso di tecnologie benefiche e valutare (da un punto di vista scientifico, e non emozionale) i pericoli insiti in certe ricerche ed in certe tecnologie, ma senza ricadere in impossibili sogni neo-romantici.

Scienza e guerra. Prosegue la discussione

di Angelo Baracca



Una risposta alle osservazioni di Vincenzo Brandi.

«La questione se al pensiero umano appartenga la verità oggettiva non è una questione teorica ma pratica. È nell’attività pratica che l’uomo deve dimostrare la verità, cioè la realtà e il potere, il carattere terreno del suo pensiero. La disputa sulla realtà o non realtà di un pensiero che si isoli dalla pratica è una questione puramente scolastica»

[Karl Marx, seconda tesi su Feuerbach]

Le osservazioni critiche di Vincenzo Brandi al mio articolo Scienza e Guerra” sono certo utili per sviluppare un dibattito che appare necessario, anche se sembra dimostrare che 50 anni di critica, costruttiva e attiva, fondata sul materialismo storico di Marx non abbia lasciato una traccia duratura. Le mie risposte purtroppo non possono essere sintetiche perché è necessario entrare nel merito di varie questioni.

Una prima annotazione, che non ha una rilevanza centrale ma rientra nelle incomprensioni. Io per brevità mi sono limitato a citare Archimede e Lazare Carnot (che Brandi definisce esempi “poco felici”, avrei potuto citare molti altri) da un lato per dare l’idea che il problema è molto antico riferendomi a un personaggio storicamente famoso, e dall’altro approfittando per citare una figura, Lazare (del quale mi sono occupato molto in passato), che è poco conosciuta ma estremamente rilevante sul piano sia scientifico che politico e militare.

Non avevo minimamente intenzione di dare giudizi di valore o morali. Avrei potuto citare il Nobel per la chimica Fritz Haber (del quale pure mi sono occupato) il quale convinse lo Stato Maggiore ad impiegare gas tossici, vietati dalla Convenzione dell’Aja, di cui la Germania era firmataria: sotto la sua direzione fu creata nel 1915 prima unità di Gastruppe, Haber supervisionò personalmente i preparativi per l’attacco di gas tossico vicino alla città belga di Ypres, 22 aprile 1915; alla fine della guerra erano circa 1.000 i chimici impiegati nelle armi chimiche (per la cronaca collaborò occasionalmente anche il Nobel per la fisica Walther Nernst), un precedente di 20 anni, poco noto, della Big Science del Progetto Manhattan. Forse Haber era semplicemente un “patriota”!?

..segue ./.

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