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La VOCE 1906

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La VOCE ANNO XXI N°10

giugno 2019

PAGINA 2         - 18

segue da pag.17: lettera del presidente del consiglio italiano, signor. giuseppe conte, al signor juan guaidò. ricordo che, al momento, due membri dell'assemblea nazionale hanno chiesto e ottenuto rifugio presso la nostra ambasciata. siamo parte attiva del gruppo internazionale di contatto e, sul piano bilaterale, ho inviato a caracas, lo scorso mese di aprile, il mio consigliere diplomatico, l'ambasciatore benassi, che, assieme al nunzio apostolico, ha incontrato lei, alcuni membri dell'assemblea nazionale, nonché il ministro degli esteri dell'attuale governo, arreaza. durante tali incontri abbiamo favorito il ricorso a ogni possibile strumento di dialogo utile a comporre il conflitto in corso, provando a porre le premesse per un dialogo politico, presupposto indispensabile per la transizione democratica del paese. è stata anche una proficua occasione per incontrare una numerosa rappresentanza di nostri connazionali ai quali è stata rinnovata la vicinanza del governo italiano. non siamo stati fermi neanche sul piano degli aiuti concreti nei confronti della popolazione venezuelana, ivi compresa la comunità di origine italiana. già ai primi di febbraio abbiamo stanziato fondi per la fornitura di beni di prima necessità e, con risorse aggiuntive, abbiamo avviato un programma di fornitura di medicinali e varie forme di sostegno per i più indigenti. in raccordo con la santa sede, abbiamo appena messo a punto un programma per la distribuzione del latte in polvere a beneficio di circa 40.000 bambini venezuelani. infine, abbiamo in programma la realizzazione di altre iniziative, sempre attraverso i canali delle agenzie dell'onu e della croce rossa internazionale. nei fori internazionali, nel gruppo di contatto e nella missione bilaterale prima ricordata abbiamo con forza ribadito la nostra posizione, che si fonda sulla ferma e radicata convinzione del governo da me presieduto, per cui le crisi politiche e sociali, ovunque si manifestino, possono trovare soluzione solo attraverso il dialogo politico, mai attraverso l'opzione militare, considerato che la violenza genera sempre altra violenza. questa è la posizione del mio governo. e così sarà sempre anche in futuro. la stiamo sostenendo anche con riguardo al conflitto in atto in un paese a noi prossimo e che consideriamo strategico, la libia. è la medesima posizione che sosteniamo e sosterremo per un paese geograficamente lontano, ma tanto amato, quale il venezuela". ambasciata venezuelana a washington. braccio di ferro e scacco matto a trump. di patrick boylan* . il fatto: da un mese, venti pacifisti statunitensi sfidano trump e occupano l’ambasciata del venezuela a washington per impedirne la consegna all’opposizione venezuelana. per farli uscire, la polizia, insieme a squadristi dell’opposizione, assediano l’edificio, cercando di impedire la consegna di viveri e di medicine. ma il collettivo degli occupanti tiene duro. i retroscena: il 5 febbraio 2019, per dare maggiore credibilità alle pretese di juan guaidò, un politico quasi sconosciuto che si è autoproclamato capo di stato del venezuela il 23/1/2019, il presidente trump e il segretario di stato pompeo hanno accolto a washington, con pompa magna, un suo “sostituto ambasciatore” (chargé d’affaires). contestualmente, hanno radiato dall’albo degli ambasciatori quello nominato ufficialmente nel 2014 da nicolas maduro, eletto presidente del venezuela nel 2013 e riconfermato l’anno scorso. il “sostituto ambasciatore” si chiama carlos vecchio. partecipò al golpe fallito contro l’allora presidente venezuelano hugo chavez nel 2002 ed è poi fuggito dal venezuela negli stati uniti dopo aver partecipato ad un golpe contro maduro, fallito anch’esso, in febbraio del 2014. ma vecchio non ha potuto prendere possesso dell’ambasciata a washington perché il governo maduro, rimasto legalmente il locatario dell’edificio, ha rifiutato di consegnarne le chiavi e, in virtù della convenzione di vienna sulle relazioni diplomatiche (1961), trump non può entrare con la forza nelle ambasciate dislocate sul territorio statunitense. non solo, ma il governo maduro ha consegnato le chiavi dell’ambasciata agli attivisti di quattro note associazioni antimperialiste negli stati uniti: codepink, answer, popular resistance e black alliance for peace. il 10 aprile, una ventina di loro, d’intesa con il governo maduro, ha cominciato un “live-in” nell’ambasciata. vale a dire, gli attivisti vivono (live) nella sede diplomatica, giorno e notte. questa presenza, peraltro, non essendo stata contestata giuridicamente per un mese intero, dà agli occupanti “tenancy rights” (diritto di permanenza) secondo le leggi di washington dc. in altre parole, non possono essere rimossi dalle forze dell’ordine fin quando non verrà celebrato un processo che dimostri l’illegalità della loro occupazione. una illegalità difficile da dimostrare, dal momento che il titolare legale dell’edificio approva la loro permanenza. naturalmente, trump potrebbe chiedere ad un tribunale di riconoscere il “sostituto ambasciatore” come il vero titolare dell’edificio e poi dichiarare sfrattati gli occupanti; ma per fare ciò ci vorrebbero due processi civili distinti che durerebbero molti mesi. nel frattempo, il collettivo degli occupanti non se ne è stato con le mani in mano: anzi, è passato all’attacco. attraverso una avvocata del “soccorso rosso” statunitense, ha diffidato la polizia e gli agenti federali da qualsiasi tentativo di sgombero di propria iniziativa, minacciando, in caso contrario, una azione legale contro i funzionari federali ai sensi della legge 42 usc 1983/bivens. trump e pompeo pensavano di poter entrare in possesso dell’ambasciata con un blitz rapido e senza testimoni. invece ora, per farlo, dovranno aspettare due sentenze oppure ordinare ai loro agenti di sfondare comunque la porta dell’ambasciata venezuelana e di trascinare fuori gli attivisti davanti alle telecamere, pronte a documentare una palese violazione delle leggi statunitensi e internazionali. che brutta figura, per un paese che pretende di dare lezioni di democrazia al venezuela! per cui, le forze dell’ordine – almeno per ora – sono ferme. scacco. la contromossa di trump e pompeo non si è fatta aspettare. il 30 aprile sono apparsi all’improvviso bande di squadristi venezuelani pro-guaidò che, da allora, tentato continuamente di sfondare le porte e di intimidire gli attivisti, anche picchiandoli, mentre la polizia guarda dall’altra parte. alcuni hanno montato delle tende sul marciapiede dove si riparano la sera per poter fare incursioni durante la notte. ma senza successo: le donne e gli uomini dentro l’ambasciata evidentemente si sono preparati bene; dieci giorni sono passati e ogni attacco continua ad essere puntualmente respinto. anzi, ora sono gli squadristi ad essere sfiancati e a diradarsi. un nuovo scacco. la successiva contromossa di trump e pompeo, quella tuttora in corso, è simile a ciò che i due fanno da tempo contro l’intera popolazione del venezuela: bloccare l’arrivo di viveri e di medicine nella speranza che la gente si arrenda per fame o per sfinimento. “chi esce dall’ambasciata per rifornimenti, non potrà più tornare dentro” ha tuonato il comandante della polizia municipale con il suo megafono. inoltre, il 9 maggio, per impedire ogni comunicazione tramite cellulare o pc, le autorità hanno tolto la corrente all’edificio. potrebbero anche interrompere l’acqua: qualcuno ha avvistato operai al lavoro nei tombini lungo la 30esima strada nw, dove ha sede l’ambasciata. il collettivo degli occupanti dice di aver previsto la mancanza di corrente e d’acqua e di avere già pronte le contromisure. per i viveri e le medicine, le codepink di riserva, rimaste fuori, insieme ai loro numerosi sostenitori, lanciano ogni giorno dal marciapiede, attraverso le finestre aperte, sacchi di provviste. in un primo tempo, esasperato, il comandante della polizia ha fatto arrestare una delle coordinatrici delle codepink, ariel gold, mentre lanciava una pagnotta attraverso una finestra aperta. l’imputazione: “lancio di missili”. (in inglese, un “missile” può essere qualsiasi oggetto aerodinamico lanciato in aria e ariel ha effettivamente lanciato delle forme di pane allungate, tipo baguette francese). l’avvocata di “soccorso rosso” ha potuto far annullare sia l’arresto che l’imputazione in giornata, tanto erano ridicoli. scacco matto. questa compilation dei video girati dagli attivisti fa vedere i diversi momenti.
che dire? i tentativi di sgombero dell’ambasciata messi in atto da trump e da pompeo si sono sgretolati, uno dopo l’altro, come i loro tentativi, in venezuela, di rovesciare il governo maduro con il cavallo di troia degli aiuti umanitari o con le manifestazioni davanti alle caserme per coinvolgere i militari: un nulla di fatto, ogni volta. anzi, le iniziali reazioni scomposte dei poliziotti intorno all’ambasciata, oltre a quel verbale con l’imputazione di “lancio di missili”, dimostrano che l’intera vicenda ha ormai assunto una piega grottesca, farsesca e (per trump e pompeo) tragica. come succede al crepuscolo di ogni impero. vi terremo aggiornati. nota: se non sapevate quasi nulla della spettacolare occupazione dell’ambasciata venezuelana a washington, in corso da un mese, forse bisogna chiedervi perché. immaginate, ad esempio, se alcuni attivisti curdi avessero occupato l’ambasciata turca a washington, per impedire l’insediamento di un ambasciatore la cui nomina viene ritenuta pretestuosa. o se alcuni gilet gialli avessero occupato l’ambasciata francese? i mass media non parlerebbero d’altro! e perché non in questo caso? quali dubbi non si vuole che vi vengano, riguardo la narrazione dominante sul venezuela? * articolo pubblicato su peacelink . 10 menzogne sul venezuela. la guerra ibrida che il venezuela sta vivendo ha avuto nella disinformazione e nella manipolazione dei media una delle sue principali armi da combattimento. leggiamo e ascoltiamo menzogne ​​che gli analisti che non sono mai stati in venezuela ripetono così tante volte da diventare una realtà per l'opinione pubblica: 1) il venezuela ha due presidenti. falso. la costituzione venezuelana (art. 233) parla di assoluta mancanza del presidente per morte, dimissioni, destituzione decretata dalla corte suprema di giustizia o l'incapacità fisica o mentale decretata da una commissione medica. guaidó non ha alcun argomento costituzionale per proclamarsi presidente, poiché non c'è "assoluta mancanza del presidente", che ha prestato giuramento come stabilito dalla costituzione nel suo articolo 231: il 10 gennaio davanti alla corte suprema di giustizia. 2) guaidó ha il sostegno della comunità internazionale. falso . al di là dell'ipocrisia di chiamare comunità internazionale quella occidentale, il 10 gennaio all'inaugurazione di maduro erano presenti i rappresentanti diplomatici di oltre 80 paesi, dalla russia alla cina, passando per il vaticano, la lega araba e l'unione africana. questi paesi continuano a mantenere relazioni diplomatiche con il governo guidato da nicolás maduro. guaidó ha il riconoscimento degli stessi paesi che dal 10 gennaio non riconoscono maduro, cioè gli stati uniti e il sedicente gruppo di lima (eccetto il messico). solo georgia (a causa della disputa territoriale con la russia), australia e israele si sono uniti a loro. 3) guaidó non è come l'opposizione violenta. falso. guaidó è deputato di volontà popolare, partito politico che ha disconosciuto le elezioni presidenziali del 2013 e il cui leader leopoldo lopez, è stato condannato per essere l'ideologo de la salida che ha portato alle guarimbas del 2014, con un bilancio di 43 morti e centinaia di persone ferite. 4) l'assemblea nazionale è l'unico organo legittimo. falso . l'articolo 348 della costituzione venezuelana autorizza il presidente a convocare un'assemblea costituente e l'articolo 349 stabilisce che i poteri costituiti (assemblea nazionale) non possono in alcun modo impedire le decisioni dell'assemblea costituente. la decisione di convocare l'assemblea costituente fu un atto astuto di chavez per superare il blocco dell'assemblea nazionale e, che piaccia o no, è stato realizzato in stretta osservanza della costituzione. 5) maduro è stato rieletto in modo fraudolento, in elezioni senza opposizione. falso. le elezioni del 20 maggio 2018 furono convocate dallo stesso cne con cui guaidó divenne deputato. c'erano tre candidati dell'opposizione che hanno preso insieme il 33% dei voti e hanno seguito le regole concordate nel tavolo di dialogo tenuto nella repubblica dominicana tra il governo venezuelano e l'opposizione, con l'ex presidente spagnolo zapatero come mediatore. 6) in venezuela non c'è democrazia. falso. dal 1998 ci sono state cinque elezioni presidenziali, quattro elezioni parlamentari, sei elezioni regionali, quattro elezioni comunali, quattro referendum costituzionali e una consultazione nazionale. 23 elezioni in 20 anni. tutto con lo stesso sistema elettorale, considerato il più sicuro al mondo dall'ex presidente degli stati uniti jimmy carter. l'opposizione governa diversi enti amministrativi. 7) in venezuela c'è una crisi umanitaria. senza alcun dubbio in venezuela c'è ora una crisi economica dopo la decisione di obama e poi di trump di dichiarare il venezuela un pericolo per la sicurezza nazionale usa, con sanzioni che hanno impedito l'acquisto di cibo e medicine. questa crisi ha portato a una migrazione economica spacciata per esilio politico, cosa che i dati negano (tra gennaio e agosto 2018 la commissione messicana per l'assistenza ai rifugiati ha ricevuto 3.500 richieste di asilo politico dal venezuela, contro ad esempio il doppio delle domande di asilo politico dall'honduras per un totale di 6.523). 8) in venezuela, i diritti umani sono violati. analizziamo i numeri delle guarimbas del 2017: 131 persone uccise, di cui: 13 dalle forze di sicurezza (per cui 40 di loro sono stati arrestati e processati), 9 dalle diverse forze di polizia e dalla guardia nazionale bolivariana, 5 persone bruciate vive o linciate dall'opposizione. i restanti sono morti mentre maneggiavano esplosivi o tentavano di bypassare le barricate dell'opposizione. 9) in venezuela non c'è libertà di espressione. basterebbe l'immagine di questi giorni di guaidó che rilascia dichiarazioni circondato dai microfoni dei media nazionali e internazionali per smentire tale affermazione. 10) la comunità internazionale è preoccupata per lo stato della democrazia in venezuela. la comunità internazionale, che è quella occidentale rappresentata dagli stati uniti e dal sedicente gruppo di lima, non è preoccupata per i prigionieri torturati a guantanamo; non è preoccupata della morte dei difensori dei diritti umani che vengono uccisi ogni giorno in colombia; non è preoccupata delle carovane di migranti in fuga dall'honduras a seguito dello shock neoliberilista sull'economia del paese; non è preoccupata dei rapporti dei figli di bolsonaro con le milizie paramilitari che hanno assassinato marielle franco. no, nessuno di loro è preoccupato delle gravi violazioni dei diritti umani nei paesi del gruppo di lima e dei suoi alleati negli stati uniti. quello che si nasconde dietro a questa 'preoccupazione' non si chiama democrazia. si chiama petrolio, si chiama oro, si chiama coltan. katu arkonada - politólogo expecialista en américa latina .
Segue da Pag.17: Lettera del Presidente del Consiglio italiano, Signor. Giuseppe Conte, al Signor Juan Guaidò

Ricordo che, al momento, due membri dell'Assemblea nazionale hanno chiesto e ottenuto rifugio presso la nostra ambasciata. Siamo parte attiva del Gruppo Internazionale di Contatto e, sul piano bilaterale, ho inviato a Caracas, lo scorso mese di aprile, il mio Consigliere diplomatico, l'ambasciatore Benassi, che, assieme al Nunzio apostolico, ha incontrato lei, alcuni membri dell'Assemblea nazionale, nonché il ministro degli Esteri dell'attuale governo, Arreaza. Durante tali incontri abbiamo favorito il ricorso a ogni possibile strumento di dialogo utile a comporre il conflitto in corso, provando a porre le premesse per un dialogo politico, presupposto indispensabile per la transizione democratica del Paese. È stata anche una proficua occasione per incontrare una numerosa rappresentanza di nostri connazionali ai quali è stata rinnovata la vicinanza del Governo italiano. Non siamo stati fermi neanche sul piano degli aiuti concreti nei confronti della popolazione venezuelana, ivi compresa la comunità di origine italiana. Già ai primi di febbraio abbiamo stanziato fondi per la fornitura di beni di prima necessità e, con risorse aggiuntive, abbiamo avviato un programma di fornitura di medicinali e varie forme di sostegno per i più indigenti. In raccordo con la Santa Sede, abbiamo appena messo a punto un programma per la distribuzione del latte in polvere a beneficio di circa 40.000 bambini venezuelani. Infine, abbiamo in programma la realizzazione di altre iniziative, sempre attraverso i canali delle agenzie dell'Onu e della Croce Rossa Internazionale.

Nei fori internazionali, nel Gruppo di Contatto e nella missione bilaterale prima ricordata abbiamo con forza ribadito la nostra posizione, che si fonda sulla ferma e radicata convinzione del Governo da me presieduto, per cui le crisi politiche e sociali, ovunque si manifestino, possono trovare soluzione solo attraverso il dialogo politico, mai attraverso l'opzione militare, considerato che la violenza genera sempre altra violenza.

Questa è la posizione del mio Governo. E così sarà sempre anche in futuro. La stiamo sostenendo anche con riguardo al conflitto in atto in un Paese a noi prossimo e che consideriamo strategico, la Libia. È la medesima posizione che sosteniamo e sosterremo per un Paese geograficamente lontano, ma tanto amato, quale il Venezuela".


Ambasciata venezuelana a Washington. Braccio di ferro e scacco matto a Trump



di Patrick Boylan*

Il fatto: da un mese, venti pacifisti statunitensi sfidano Trump e occupano l’Ambasciata del Venezuela a Washington per impedirne la consegna all’opposizione venezuelana. Per farli uscire, la polizia, insieme a squadristi dell’opposizione, assediano l’edificio, cercando di impedire la consegna di viveri e di medicine. Ma il Collettivo degli occupanti tiene duro.

I retroscena: il 5 febbraio 2019, per dare maggiore credibilità alle pretese di Juan Guaidò, un politico quasi sconosciuto che si è autoproclamato capo di stato del Venezuela il 23/1/2019, il presidente Trump e il Segretario di Stato Pompeo hanno accolto a Washington, con pompa magna, un suo “sostituto ambasciatore” (chargé d’affaires). Contestualmente, hanno radiato dall’albo degli ambasciatori quello nominato ufficialmente nel 2014 da Nicolas Maduro, eletto presidente del Venezuela nel 2013 e riconfermato l’anno scorso.

Il “sostituto ambasciatore” si chiama Carlos Vecchio. Partecipò al golpe fallito contro l’allora presidente venezuelano Hugo Chavez nel 2002 ed è poi fuggito dal Venezuela negli Stati Uniti dopo aver partecipato ad un golpe contro Maduro, fallito anch’esso, in febbraio del 2014.

Ma Vecchio non ha potuto prendere possesso dell’ambasciata a Washington perché il governo Maduro, rimasto legalmente il locatario dell’edificio, ha rifiutato di consegnarne le chiavi e, in virtù della Convenzione di Vienna sulle relazioni diplomatiche (1961), Trump non può entrare con la forza nelle ambasciate dislocate sul territorio statunitense.

Non solo, ma il governo Maduro ha consegnato le chiavi dell’ambasciata agli attivisti di quattro note associazioni antimperialiste negli Stati Uniti: CodePink, Answer, Popular Resistance e Black Alliance for Peace.

Il 10 aprile, una ventina di loro, d’intesa con il governo Maduro, ha cominciato un “live-in” nell’ambasciata. Vale a dire, gli attivisti vivono (live) nella sede diplomatica, giorno e notte. Questa presenza, peraltro, non essendo stata contestata giuridicamente per un mese intero, dà agli occupanti “tenancy rights” (diritto di permanenza) secondo le leggi di Washington DC. In altre parole, non possono essere rimossi dalle forze dell’ordine fin quando non verrà celebrato un processo che dimostri l’illegalità della loro occupazione. Una illegalità difficile da dimostrare, dal momento che il titolare legale dell’edificio approva la loro permanenza.

Naturalmente, Trump potrebbe chiedere ad un tribunale di riconoscere il “sostituto ambasciatore” come il vero titolare dell’edificio e poi dichiarare sfrattati gli occupanti; ma per fare ciò ci vorrebbero due processi civili distinti che durerebbero molti mesi. Nel frattempo, il Collettivo degli occupanti non se ne è stato con le mani in mano: anzi, è passato all’attacco. Attraverso una avvocata del “Soccorso Rosso” statunitense, ha diffidato la polizia e gli agenti federali da qualsiasi tentativo di sgombero di propria iniziativa, minacciando, in caso contrario, una azione legale contro i funzionari federali ai sensi della legge 42 USC 1983/Bivens.

Trump e Pompeo pensavano di poter entrare in possesso dell’ambasciata con un blitz rapido e senza testimoni. Invece ora, per farlo, dovranno aspettare due sentenze oppure ordinare ai loro agenti di sfondare comunque la porta dell’ambasciata venezuelana e di trascinare fuori gli attivisti davanti alle telecamere, pronte a documentare una palese violazione delle leggi statunitensi e internazionali. Che brutta figura, per un paese che pretende di dare lezioni di democrazia al Venezuela!

Per cui, le forze dell’ordine – almeno per ora – sono ferme.

Scacco.
La contromossa di Trump e Pompeo non si è fatta aspettare. Il 30 aprile sono apparsi all’improvviso bande di squadristi venezuelani pro-Guaidò che, da allora, tentato continuamente di sfondare le porte e di intimidire gli attivisti, anche picchiandoli, mentre la polizia guarda dall’altra parte. Alcuni hanno montato delle tende sul marciapiede dove si riparano la sera per poter fare incursioni durante la notte. Ma senza successo: le donne e gli uomini dentro l’Ambasciata evidentemente si sono preparati bene; dieci giorni sono passati e ogni attacco continua ad essere puntualmente respinto. Anzi, ora sono gli squadristi ad essere sfiancati e a diradarsi.

Un nuovo scacco.
La successiva contromossa di Trump e Pompeo, quella tuttora in corso, è simile a ciò che i due fanno da tempo contro l’intera popolazione del Venezuela: bloccare l’arrivo di viveri e di medicine nella speranza che la gente si arrenda per fame o per sfinimento. “Chi esce dall’ambasciata per rifornimenti, non potrà più tornare dentro” ha tuonato il comandante della polizia municipale con il suo megafono. Inoltre, il 9 maggio, per impedire ogni comunicazione tramite cellulare o pc, le autorità hanno tolto la corrente all’edificio. Potrebbero anche interrompere l’acqua: qualcuno ha avvistato operai al lavoro nei tombini lungo la 30esima strada NW, dove ha sede l’ambasciata.

Il Collettivo degli occupanti dice di aver previsto la mancanza di corrente e d’acqua e di avere già pronte le contromisure. Per i viveri e le medicine, le CodePink di riserva, rimaste fuori, insieme ai loro numerosi sostenitori, lanciano ogni giorno dal marciapiede, attraverso le finestre aperte, sacchi di provviste. In un primo tempo, esasperato, il comandante della polizia ha fatto arrestare una delle coordinatrici delle CodePink, Ariel Gold, mentre lanciava una pagnotta attraverso una finestra aperta. L’imputazione: “lancio di missili”. (In inglese, un “missile” può essere qualsiasi oggetto aerodinamico lanciato in aria e Ariel ha effettivamente lanciato delle forme di pane allungate, tipo baguette francese). L’avvocata di “Soccorso Rosso” ha potuto far annullare sia l’arresto che l’imputazione in giornata, tanto erano ridicoli.

Scacco matto.
Questa compilation dei video girati dagli attivisti fa vedere i diversi momenti.






Che dire? I tentativi di sgombero dell’ambasciata messi in atto da Trump e da Pompeo si sono sgretolati, uno dopo l’altro, come i loro tentativi, in Venezuela, di rovesciare il governo Maduro con il cavallo di Troia degli aiuti umanitari o con le manifestazioni davanti alle caserme per coinvolgere i militari: un nulla di fatto, ogni volta. Anzi, le iniziali reazioni scomposte dei poliziotti intorno all’ambasciata, oltre a quel verbale con l’imputazione di “lancio di missili”, dimostrano che l’intera vicenda ha ormai assunto una piega grottesca, farsesca e (per Trump e Pompeo) tragica.

Come succede al crepuscolo di ogni impero.
Vi terremo aggiornati.
Nota: Se non sapevate quasi nulla della spettacolare occupazione dell’ambasciata venezuelana a Washington, in corso da un mese, forse bisogna chiedervi perché. Immaginate, ad esempio, se alcuni attivisti curdi avessero occupato l’ambasciata turca a Washington, per impedire l’insediamento di un ambasciatore la cui nomina viene ritenuta pretestuosa. O se alcuni gilet gialli avessero occupato l’ambasciata francese? I mass media non parlerebbero d’altro! E perché non in questo caso? Quali dubbi non si vuole che vi vengano, riguardo la narrazione dominante sul Venezuela? * articolo pubblicato su Peacelink

10 MENZOGNE SUL VENEZUELA



La guerra ibrida che il Venezuela sta vivendo ha avuto nella disinformazione e nella manipolazione dei media una delle sue principali armi da combattimento. Leggiamo e ascoltiamo menzogne ​​che gli analisti che non sono mai stati in Venezuela ripetono così tante volte da diventare una realtà per l'opinione pubblica:

1) Il Venezuela ha due presidenti. FALSO
La Costituzione venezuelana (Art. 233) parla di assoluta mancanza del Presidente per morte, dimissioni, destituzione decretata dalla Corte Suprema di Giustizia o l'incapacità fisica o mentale decretata da una commissione medica. Guaidó non ha alcun argomento costituzionale per proclamarsi presidente, poiché non c'è "assoluta mancanza del presidente", che ha prestato giuramento come stabilito dalla Costituzione nel suo articolo 231: il 10 gennaio davanti alla Corte suprema di giustizia.

2) Guaidó ha il sostegno della comunità internazionale. FALSO
Al di là dell'ipocrisia di chiamare comunità internazionale quella occidentale, il 10 gennaio all'inaugurazione di Maduro erano presenti i rappresentanti diplomatici di oltre 80 paesi, dalla Russia alla Cina, passando per il Vaticano, la Lega araba e l'Unione africana. Questi paesi continuano a mantenere relazioni diplomatiche con il governo guidato da Nicolás Maduro. Guaidó ha il riconoscimento degli stessi paesi che dal 10 gennaio non riconoscono Maduro, cioè gli Stati Uniti e il sedicente Gruppo di Lima (eccetto il Messico). Solo Georgia (a causa della disputa territoriale con la Russia), Australia e Israele si sono uniti a loro.

3) Guaidó non è come l'opposizione violenta. FALSO
Guaidó è deputato di Volontà Popolare, partito politico che ha disconosciuto le elezioni presidenziali del 2013 e il cui leader Leopoldo Lopez, è stato condannato per essere l'ideologo de La Salida che ha portato alle guarimbas del 2014, con un bilancio di 43 morti e centinaia di persone ferite.

4) L'Assemblea Nazionale è l'unico organo legittimo. FALSO
L'articolo 348 della Costituzione venezuelana autorizza il Presidente a convocare un'Assemblea Costituente e l'articolo 349 stabilisce che i poteri costituiti (Assemblea Nazionale) non possono in alcun modo impedire le decisioni dell'Assemblea Costituente. La decisione di convocare l'Assemblea Costituente fu un atto astuto di Chavez per superare il blocco dell'Assemblea Nazionale e, che piaccia o no, è stato realizzato in stretta osservanza della Costituzione.

5) Maduro è stato rieletto in modo fraudolento, in elezioni senza opposizione. FALSO
Le elezioni del 20 maggio 2018 furono convocate dallo stesso CNE con cui Guaidó divenne deputato. C'erano tre candidati dell'opposizione che hanno preso insieme il 33% dei voti e hanno seguito le regole concordate nel tavolo di dialogo tenuto nella Repubblica Dominicana tra il governo venezuelano e l'opposizione, con l'ex presidente spagnolo Zapatero come mediatore.

6) In Venezuela non c'è democrazia. FALSO
Dal 1998 ci sono state cinque elezioni presidenziali, quattro elezioni parlamentari, sei elezioni regionali, quattro elezioni comunali, quattro referendum costituzionali e una consultazione nazionale. 23 elezioni in 20 anni. Tutto con lo stesso sistema elettorale, considerato il più sicuro al mondo dall'ex presidente degli Stati Uniti Jimmy Carter. L'opposizione governa diversi enti amministrativi.

7) In Venezuela c'è una crisi umanitaria.
Senza alcun dubbio in Venezuela c'è ora una crisi economica dopo la decisione di Obama e poi di Trump di dichiarare il Venezuela un pericolo per la sicurezza nazionale USA, con sanzioni che hanno impedito l'acquisto di cibo e medicine. Questa crisi ha portato a una migrazione economica spacciata per esilio politico, cosa che i dati negano (tra gennaio e agosto 2018 la Commissione messicana per l'assistenza ai rifugiati ha ricevuto 3.500 richieste di asilo politico dal Venezuela, contro ad esempio il doppio delle domande di asilo politico dall'Honduras per un totale di 6.523).

8) In Venezuela, i diritti umani sono violati.
Analizziamo i numeri delle guarimbas del 2017: 131 persone uccise, di cui: 13 dalle forze di sicurezza (per cui 40 di loro sono stati arrestati e processati), 9 dalle diverse forze di polizia e dalla guardia nazionale bolivariana, 5 persone bruciate vive o linciate dall'opposizione. I restanti sono morti mentre maneggiavano esplosivi o tentavano di bypassare le barricate dell'opposizione.

9) In Venezuela non c'è libertà di espressione.
Basterebbe l'immagine di questi giorni di Guaidó che rilascia dichiarazioni circondato dai microfoni dei media nazionali e internazionali per smentire tale affermazione.

10) La comunità internazionale è preoccupata per lo stato della democrazia in Venezuela. La comunità internazionale, che è quella occidentale rappresentata dagli Stati Uniti e dal sedicente Gruppo di Lima, non è preoccupata per i prigionieri torturati a Guantanamo; non è preoccupata della morte dei difensori dei diritti umani che vengono uccisi ogni giorno in Colombia; non è preoccupata delle carovane di migranti in fuga dall'Honduras a seguito dello shock neoliberilista sull'economia del Paese; non è preoccupata dei rapporti dei figli di Bolsonaro con le milizie paramilitari che hanno assassinato Marielle Franco. No, nessuno di loro è preoccupato delle gravi violazioni dei diritti umani nei paesi del Gruppo di Lima e dei suoi alleati negli Stati Uniti. Quello che si nasconde dietro a questa 'preoccupazione' non si chiama democrazia. Si chiama petrolio, si chiama oro, si chiama coltan.

Katu Arkonada - Politólogo expecialista en América Latina

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