LA
POLEMICA TRA GIORGIO BIANCHI ED IL “FATTO” E LA LIBERTA’
DI STAMPA
Ha
destato scalpore – almeno negli ambienti più attenti a
queste tematiche – la polemica scatenata contro il “Fatto
Quotidiano” da Giorgio Bianchi, giovane giornalista ed ottimo
fotografo, che ci ha fornito impressionanti testimonianze
fotografiche ed un ottimo documentario sul colpo di stato nazista di
Piazza Maidan in Ucraina. Nei servizi di Bianchi dall’Ucraina,
e nello scioccante documentario, si vedevano all’opera a Piazza
Maidan, a Kiev, gruppi paramilitari in divisa nera e maschere
antigas, che si fregiavano di orribili simboli nazisti. Bianchi, in
qualità di testimone diretto, ha raccontato le imprese
guerresche di questi figuri, mercenari della NATO perfettamente
organizzati ed armati, il cui compito era quello di sparare sia sulla
folla che sulle forze dell’ordine per creare il clima adatto al
colpo di stato, diretto da USA e NATO, contro il governo legittimo
del Presidente Yanucovich, eletto in regolari elezioni. Bianchi ha
anche fotografato e testimoniato sulle sofferenze della popolazione
del Donbass che, per la sua resistenza ai golpisti, è
sottoposta a continui bombardamenti ed un blocco spietato.
Il
giovane giornalista ha scritto una lettera al Direttore ed alla
Redazione del “Fatto” in cui denunciava il comportamento
del giornale e del suo prestigioso Direttore Marco Travaglio, in
quanto, pur comportandosi dignitosamente nelle questioni di politica
interna, con denunce di corruzione e brogli, in politica estera
sposava completamente le narrazioni USA/NATO, in cui gli stati che
difendono la loro indipendenza dalle mire imperialiste e
neo-colonialiste (Jugoslavia, Libia, Siria, Iran, Russia, Corea
Democratica, Venezuela, ecc.) diventano “canaglie”, ed i
loro Presidenti (Milosevic, Gheddafi, Assad, Putin, Kim Jong Un,
Maduro, ecc.) feroci dittatori. Travaglio ha passato sotto silenzio
una prima lettera, ma Bianchi ha inviato altre due lettere in cui
ribadiva la denuncia di “malafede della linea di politica
estera del Fatto”e “la demonizzazione dei paesi non
allineati”. Ribadiva che questo atteggiamento impedisce
all’Italia di avere una politica indipendente e ci fa essere
“una provincia
male amministrata dell’Impero”.
Ricordava che il giornale di Travaglio “è sempre in
prima linea …. nel denigrare la reputazione dei paesi non
allineati e
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soprassiede immancabilmente sulle malefatte di quelli
occidentali”. Accusava Travaglio di malafede o ignoranza.e lo
invitava a chiedere scusa ai lettori per “il modo sciatto e ….
manipolatorio di gestire” le notizie estere.
Finalmente
Travaglio rispondeva, spalleggiato poi dal suo vice, il trozkista
Cannavò, rivendicando il suo diritto ad esprimere le sue
“opinioni” in un giornale “libero”, ma
contestato da Bianchi che gli ricordava che dovere di chi informa è
innanzitutto quello di fornire notizie e poi di giustificare con i
fatti le proprie “opinioni”, che altrimenti diventano
pregiudizi. Gli ricordava che l’odiato Putin era stato eletto
con oltre il 70% dei voti e stigmatizzava le bugie sulla Siria che
trasformano le vittime in carnefici e si pongono al servizio della
propaganda di guerra USA. Infine polemizzava sul concetto di giornale
“libero”, e contro la pretesa del “Fatto” di
ergersi a “paladino del giornalismo libero”, ricordando
che tutta la stampa italiana – a partire da Repubblica e
Corriere, finanziati da De Benedetti, FIAT, Mediobanca, Pirelli, ed
altri grandi gruppi – è in realtà fortemente
condizionata e manipola l’opinione pubblica, specie in politica
estera dove vi sono i giochi che contano realmente.
Chi
scrive – nell’esprimere piena solidarietà a
Bianchi, sulle cui analisi non c’è nulla da aggiungere –
vuole solo ricordare che persino giornali ex-comunisti, come il
“Manifesto”, si sono uniti alla campagna di
disinformazione. L’amico Jure di Trieste ricordava come il
“Manifesto” avesse definito il colpo di stato contro il
Presidente Milosevic - poi rapito da scherani al servizio di USA/NATO
e trascinato a morire davanti al fasullo Tribunale dell’Aja –
una nuova “Rivoluzione d’Ottobre”! Personalmente
ricordo quando, durante una conferenza sul Medio Oriente
all’università, l’allora vice-Direttore di quel
foglio ex-comunista, Tommaso De Francesco, mi lasciò
esterefatto lodando i Fratelli Musulmani (noti tagliagole che hanno
attaccato e minacciano tuttora, con rivolte armate, terrorismo,
forzature confessionali, i governi arabi laici come quelli di Siria,
Egitto, o dell’ex-governo di Gheddafi in Libia), definendoli
“Islam Moderato”. Da allora ho chiuso definitivamente col
“Manifesto”, così come ho fatto con il quotidiano
di Travaglio e Cannavò.
28.12.2018 Vincenzo
Brandi
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