La VOCE   COREA   CUBA   JUGOSLAVIA   PALESTINA   RUSSIA   SCIENZA   ARTE 

Stampa pagina

 Stampa inserto 

La VOCE 1901

  P R E C E D E N T E   

    S U C C E S S I V A  


GIÙ

SU


La VOCE ANNO XXI N°5

gennaio 2019

PAGINA 5

LA MINISTRA TRENTA IN MIMETICA PER LA «PACE» IN AFGHANISTAN

Comitato promotore della campagna #NO GUERRA #NO NATO
Italia
Manlio Dinucci - (il manifesto, 18 dicembre 2018)

La ministra della Difesa Elisabetta Trenta (M5S), ai microfoni di una radio musicale, ha intonato «C’era un ragazzo che come me amava i Beatles e i Rolling Stones», dicendo «Questa canzone mi fa venire in mente il valore della pace, un valore inestimabile che dobbiamo preservare sempre».

Una decina di giorni dopo, in divisa mimetica in Afghanistan, la ministra esaltava «la nostra presenza in armi fuori dai confini dell'Italia, guidata dai valori della nostra Costituzione, in una missione fondamentale per la pace».

La missione è la Resolute Support (Appoggio Risoluto), iniziata dalla Nato in Afghanistan nel 2015 in prosecuzione dell’Isaf, missione Onu di cui la Nato aveva preso il comando con un colpo di mano nel 2003.

Prosegue così la guerra Usa/Nato in Afghanistan, entrata nel 18° anno. Fu lanciata dagli Usa il 7 ottobre 2001 con la motivazione ufficiale di dare la caccia a Osama bin Laden, accusato degli attacchi dell’11 settembre, nascosto in una caverna afghana sotto protezione dei talebani.

Quali fossero i reali obiettivi lo rivelava il Pentagono in un rapporto diffuso una settimana prima dell'inizio della guerra: «Esiste la possibilità che emerga in Asia un rivale militare con una formidabile base di risorse. Le nostre forze armate devono mantenere la capacità di imporre la volontà degli Stati uniti a qualsiasi avversario, così da cambiare il regime di uno Stato avversario od occupare un territorio straniero finché gli obiettivi strategici statunitensi non siano realizzati».

Nel periodo precedente l’11 settembre 2001, vi erano stati in Asia forti segnali di riavvicinamento tra Cina e Russia, che si concretizzavano quando, il 17 luglio 2001, veniva firmato il «Trattato di buon vicinato e amichevole cooperazione» tra i due paesi.

Washington considerava il riavvicinamento tra Cina e Russia una sfida agli interessi statunitensi, nel momento critico in cui gli Usa cercavano di occupare il vuoto che la digregazione dell’Urss aveva lasciato in Asia centrale, area di primaria importanza sia per la sua posizione geostrategica rispetto a Russia e Cina, sia per le limitrofe riserve di petrolio e gas naturale del Caspio. Posizione chiave per il controllo di quest’area è quella afghana.

Ciò spiega il forte impegno per una guerra costata solo agli Usa già oltre 1000 miliardi di dollari.

Quella in corso viene presentata dalla Nato come «missione non di combattimento». Ma, in base agli stessi dati ufficiali, l’Aeronautica Usa ha sganciato sull’Afghanistan, nei primi dieci mesi del 2018, circa 6 mila bombe e missili.

Oltre a caccia e droni armati, vengono usati i bombardieri pesanti B-52, dotati di lanciatori rotanti che accrescono di due terzi il già enorme carico bellico dell’aereo, permettendogli di sganciare in una singola missione fino a 30 potenti bombe a guida di precisione.

Oltre a quella visibile c’è la guerra nascosta, condotta dalle forze speciali Usa e alleate con il compito di assassinare capi talebani, o presunti tali, ed altri ritenuti pericolosi.

Il risultato è disastroso per la Nato: mentre aumentano le vittime civili, i talebani guadagnano terreno.

Alla guerra in Afghanistan partecipa sotto comando Usa l’Italia da oltre 15 anni, violando l’Articolo 11 della Costituzione. Il suo contingente è al terzo posto, su 39 partecipanti, dopo quelli statunitense e tedesco. Ufficiali italiani sono dislocati a Tampa presso il Comando Usa e in Bahrein quale personale di collegamento con le forze Usa.

E mentre la guerra continua a mietere vittime, all’Orfanotrofio di Herat – comunica il nostro ministero della Difesa – militari italiani hanno consegnato circa duecento completini invernali ai «piccoli meno fortunati».

Aiutaci a dare voce e forza a tutti i cittadini!

Gilet gialli - bandiere rosse

Kemal Okuyan* | news.sol.org.tr - 05/12/2018
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

Le proteste sono iniziate il 17 novembre per opporsi all'aumento delle tasse sul carburante. Sia la leader fascista Marine Le Pen, che il leader di "sinistra" Jean-Luc Melenchon, hanno sostenuto le richieste dei manifestanti.

La Francia è stata inondata da gilet gialli; Macron è in stato di shock.

Bisogna aspettarsi questo tipo di focolai: sicuramente ne vedremo nuovi esempi. Il capitalismo non offre più nulla all'umanità; miliardi di persone oggi sono insoddisfatte e non guardano con ottimismo al loro futuro. Le società in generale pensano che "non è così che dovrebbero andare le cose", ma non c'è chiarezza verso dove andranno queste società, né dove dovrebbero andare.

Per questo motivo sia l'ala destra che quella sinistra possono essere incorporate nel movimento dei giubbotti gialli. Per questo motivo, tali movimenti possono ottenere simpatia o persino sostegno da parte di fazioni rivali all'interno dell'ordine borghese, nonostante le loro rivendicazioni radicali o il loro carattere “anti-sistema”.

Il mondo è infelice, ma non vuole progredire. Almeno per il momento…

In un mondo infelice, la "destra" si erge contro il progresso, protegge l'ordine esistente e persegue anche la vendetta contro qualsiasi passo in avanti. Nessuno deve ingannarsi sulla tendenza della destra, sia essa religiosa o basata sul razzismo o in salsa populista, ad espandersi ancora una volta su un'ampia area, dall'America Latina all'Europa.

Nel passato, l'"estrema destra" fu chiamata a difendere il sistema contro la rivoluzione. La conquista del fascismo negli anni '20, prima in Italia e dopo in Germania, fu il prodotto della rivoluzione colpita dall'interno dalla socialdemocrazia. Il successo dell'uno negava il suo contrario; il non trionfo della rivoluzione, significò il successo per il fascismo.

Poi venne una tesi che distorceva la verità, la tesi che la violenza rivoluzionaria invitava l'ascesa del fascismo fu lanciata e una parte della sinistra vi credette. Il futuro della sinistra dipenderebbe dal saper fare concessioni e non volere tutto!

Al momento, il capitalismo sta rovesciando questa tesi. Così come l'argomentazione secondo cui le guerre sarebbero terminate con il collasso dell'Unione Sovietica è diventata una sporca barzelletta dopo questi anni, anche l'arroganza di dire che se la rivoluzione arretra il capitalismo si può gestire è diventata una follia.

Perché il capitalismo ha raggiunto i suoi limiti. Non ha niente da offrire all'umanità. Nel momento in cui l'economia funziona male le persone cominciano a ricordare che non hanno futuro e da lì ogni società reagisce secondo il proprio “codice genetico".”

Ricordiamoci che nel 19° secolo, quando il capitalismo poteva ancora agire progressivamnete, sia i lavoratori che gli intellettuali onesti del mondo cominciarono a lottare per rovesciarlo e sostituirlo con un sistema sociale più progressista; dopo un po', Marx trovò una forte base teorica e una prospettiva per questa lotta. Pertanto, ogni volta che il capitalismo entrava in crisi, la "rivoluzione" veniva percepita come un rimedio nella società; è divenuta un'opzione per risolvere complicati problemi. Parigi si ribellò con questo spirito nel 1871, la Russia entrò nella via del comunismo nel 1917.

Il problema oggi è che la rivoluzione non è percepita come opzione, perché è abbandonata su larga scala. Le società che temono il corso attuale, quando non possono andare avanti, cercano la soluzione nel tornare indietro.

La destra sta aumentando, non a causa della minaccia della rivoluzione, ma a causa di questa disperazione e i padroni del sistema sono soddisfatti di cavarsela con poco danno.

Ma realmente se la sono scampata?

Ci sono stati periodi in cui le società sono tornate temporaneamente indietro a causa dell'incapacità di andare avanti. Questa volta, però, è grave perché l'umanità è sul punto di sbarazzarsi definitivamente delle società di classe. "Questa è la nostra ultima battaglia" ed è per questo che è così dolorosa. Sicuramente sentiranno la rivoluzione soffiargli sul collo in un futuro non troppo lontano, perché non possono superare le contraddizioni del capitalismo voltandosi a destra ed essendo reazionari.

Devlet Bahçeli [leader del partito fascista MHP] dice "anch'io sono conservatore"; è bravo a catturare lo spirito del capitalismo. A coloro che hanno paura del presente possono mancare gli Ottomani; un po' di religione, un po' di nazionalismo, è sufficiente per questa deriva. Ma non possono risolvere nulla.

In realtà, l'ascesa della destra può dare energia al fronte rivoluzionario in tutto il mondo. Perché sarà chiaro che non si torna indietro ad un certo punto.

Il caso dei gilet gialli dovrebbe esser analizzato da questa prospettiva. La Francia è infelice, ma non è in grado di andare avanti, ma nemmeno è disposta a tornare indietro e quindi è intrappolata! E' una situazione di indecisione che contiene sia la possibilità di avanzare che di tornare indietro.

I gilet gialli sono geniali, ma nel linguaggio della politica il giallo non dice molto. Dicono che la Francia stia assistendo a un malessere sociale senza ideologia. La rabbia è reale e anche l'affermazione di "un altro mondo" lo è. Ma questa affermazione è offuscata e quando si confonde le masse diventano il contorno sul tavolo delle tensioni dell'ordine borghese.

E' questa la Francia, un paese che da anni è stata pioniere nel fornire le basi per l'idea del socialismo ed è stata testimone dei più tremendi focolai della classe operaia. E ogni volta che avviene diciamo, "se solo ci fosse un Partito che sappia cosa fare". Il partito della rivoluzione, il partito rivoluzionario…

C'è qualcuno che dice, "il gilet giallo include tutti, è meglio della bandiera rossa": includere tutti è il tallone d'Achille della ribellione; coloro che non definiscono il loro nemico sono condannati ad esser sconfitti. Il gilet giallo può essere visto qui come una garanzia che il nemico non appare come l'ordine capitalista.

Ma queste sono garanzie inaffidabili perché il capitalismo è molto più indebolito e danneggiato di quanto si creda.

Oggi, possono essere i gilet gialli quello che le persone indossano; ma non sono lontani i giorni che si ricorderanno delle bandiere rosse che hanno riposto negli armadi.

*) Segretario Generale del Partito Comunista di Turchia (TKP)

Solo il populismo (di sinistra) ci salverà



..segue ./.

  P R E C E D E N T E   

    S U C C E S S I V A  

Stampa pagina

 Stampa inserto 

La VOCE 1809

 La VOCE   COREA   CUBA   JUGOSLAVIA   PALESTINA   RUSSIA   SCIENZA   ARTE 

Visite complessive:
Copyright - Tutti gli articoli possono essere liberamente riprodotti con obbligo di citazione della fonte.