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La VOCE 1810 |
P R E C E D E N T E | S U C C E S S I V A |
La VOCE ANNO XXI N°2 | ottobre 2018 | PAGINA a - 25 |
STRAGE DI ALBERI, CAMP DARBY SI POTENZIAManlio Dinucci I primi sono già stati tagliati, gli altri marchiati con la vernice: sono 937 gli alberi che vengono abbattuti nell’area naturale «protetta» del Parco Regionale di San Rossore tra Pisa e Livorno. È il primo «danno collaterale» della massiccia riorganizzazione, iniziata in questi giorni, delle infrastrutture di Camp Darby, il più grande arsenale Usa nel mondo fuori dalla madrepatria (v. il manifesto, 11 ottobre). Anche se il comando Usa promette di ripiantare più alberi di quelli tagliati, la costruzione di una ferrovia e altre infrastrutture, frammentando gli habitat naturali, sconvolgerà un vasto ecosistema. Il progetto prevede la costruzione di un nuovo tronco ferroviario che collegherà la stazione di Tombolo (sulla linea Pisa-Livorno) a un nuovo terminal di carico e scarico, attraversando il Canale dei Navicelli su un nuovo ponte metallico girevole. Il terminal di carico e scarico, alto quasi 20 metri, comprenderà quattro binari lunghi 175 metri capaci di accogliere ciascuno nove vagoni per un totale di 36. Il terminal sarà collegato all’area di stoccaggio delle munizioni (Ammunition Storage Area) con grandi autocarri. Per mezzo di carrelli movimentatori di container, le armi in arrivo verranno trasferite dai carri ferroviari agli autocarri e quelle in partenza dagli autocarri ai carri ferroviari. Il terminal permetterà il transito di due convogli ferroviari al giorno, che collegheranno la base al porto attraverso le normali linee delle Ferrovie dello Stato. Il piano di riorganizzazione delle infrastrutture, appena iniziato, è dovuto al fatto che, in seguito all’accresciuto transito di armi da Camp Darby, non basta più il collegamento via canale e via strada della base col porto di Livorno e l’aeroporto di Pisa. Nei 125 bunker di Camp Darby, continuamente riforniti dagli Stati uniti, è stoccato (secondo stime approssimative) oltre un milione di proiettili di artiglieria, bombe per aerei e missili, cui si aggiungono migliaia di carrarmati, veicoli e altri materiali militari. Dal marzo 2017, enormi navi fanno mensilmente scalo a Livorno, scaricando e caricando armi che vengono trasportate in continuazione nei porti di Aqaba in Giordania, Gedda in Arabia Saudita e altri scali mediorientali per essere usate dalle forze statunitensi e alleate nelle guerre in Siria, Iraq e Yemen. Per capire quali siano i pericoli per la popolazione toscana non occorre essere tecnici specializzati. Movimentare in continuazione migliaia di testate esplosive di enorme potenza in un territorio densamente abitato comporta evidenti rischi. Anche se i responsabili del progetto lo definiscono strategico per «la salute dell’uomo e la pubblica sicurezza», non si può escludere un incidente dalle conseguenze catastrofiche. Né si può escludere un sabotaggio o un attacco terroristico per provocare l’esplosione di un intero convoglio ferroviario carico di bombe. Lo conferma il fatto che nel piano è prevista la realizzazione di un secondo terminal che sarà adibito alle operazioni di verifica e ispezione dei «carri sospetti», ossia di quelli su cui potrebbe essere stata installata (ad esempio all’interno di un container) una bomba che, esplodendo a comando, provocherebbe una catastrofica reazione a catena. Che cosa hanno fatto le istituzioni di fronte a tutto questo? Invece di svolgere le loro funzioni a tutela dei cittadini e del territorio, la Regione Toscana, i Comuni di Pisa e Livorno e l’Ente Parco hanno non solo approvato il potenziamento di Camp Darby, ma hanno contribuito alla sua realizzazione. Le opere civili realizzate negli ultimi anni per progetti di sviluppo economico veri o presunti (ad esempio la cantieristica di lusso) – in particolare i lavori per migliorare la navigabilità del Canale dei Navicelli e i collegamenti ferroviari del porto di Livorno – sono esattamente quelli richiesti da anni dal comando di Camp Darby. Il suo massimo rappresentante, il colonnello Berdy, è stato ricevuto negli ultimi mesi con tutti gli onori dal presidente del Consiglio regionale toscano Giani (Pd), che si è impegnato a promuovere «l’integrazione tra la base militare Usa di Camp Darby e la comunità circostante», dal sindaco di Livorno Nogarin (M5S) e da quello di Pisa Conti (Lega) che hanno espresso sostanzialmente la stessa posizione. Gli alberi del Parco possono essere tagliati e le bombe di Camp Darby possono circolare sul nostro territorio, grazie al consenso multipartisan. (il manifesto, 21 ottobre 2018) 32.096 hanno firmato. Arriviamo a 100.000. Grazie a te questa petizione ha delle possibilità di vincere! Abbiamo bisogno solo di altre 67.889 firme per raggiungere il prossimo obiettivo. Puoi aiutarci?Fai crescere questa petizione |
No alladesione alla marcia della pace Perugia-AssisiDa: Comunità Palestinese Roma Inviato: 11/09/2018 08:26 Oggetto: No alladesione alla marcia della pace Perugia-Assisi Lettera aperta allARCI e agli organizzatori della marcia della Pace, Perugia-Assisi del 7 ottobre 2018 Non volevo credere i miei occhi mentre leggevo l’articolo che ha postato il mio amico sardo Franco Uda, oggi 10/9/2018, sul mio profilo di FB, dal titolo: 7 OTTOBRE: UNA MARCIA DI TUTTI E PER TUTTI. Leggendo l’articolo, mi invadeva un fuoco di rabbia, vorrei ancora non crederci, ma purtroppo la rassegnazione alla sconfitta finale e totale del campo progressista- democratico e di quella che fu la “sinistra” in questo paese è inevitabile. Ho constatato l’amara realtà e mi convinco che questo mondo sarà sempre gestito e dominato dalle forze reazionari, e l’organizzazione e la partecipazione alla “Marcia di tutti” ne è triste prova. Pensavo di dare l’adesione delle Comunità palestinesi dItalia alla marcia, prima di leggere il testo dellarci. Poi ho letto e dico che quella marcia, impostata così, è inutile, spreco di tempo e di danaro, ai fini della pace, anzi è dannosa e al massimo può servire alla conquista di qualche poltrona nel mondo degli incarichi politici da far occupare a qualche “compagno-amico” alle prossime elezioni. Chi crede nella pace e nelle sue marce, non può e non deve cambiare rotta una volta eletto al parlamento, andando a votare i piani della Nato, "le missioni di pace” e le guerre umanitarie, come facevano i vari Bertinotti, Veltroni e compagnia.. Per noi, cari “pentiti" compagni ed amici, la Palestina rappresenta l’ago della bilancia, l’unità di misura per stabilire i criteri circa le questioni di moralità, di serietà, di sincerità e di credibilità, fra chi lavora seriamente per la pace, la giustizia e la libertà e chi sfrutta, strumentalizza la sacra parola "pace" usandola come termine utile per fini totalmente lontani e contrari alla volontà di tutti i liberi e gli onesti del mondo. La Palestina è l’unità di misura e di giudizio su chi è a favore della giustizia, della libertà, delle risoluzioni ONU e della legalità internazionale e chi crede nella legge della giungla, della forza, della prepotenza, della violazione e della negazione dei diritti umani e della pace di tutti nel mondo. Come fanno l’ARCI e gli organizzatori della marcia, a parlare di pace, senza dire una parola sulla Palestina, che è il nocciolo della questione della pace, non solo nell’incendiato Medioriente, ma nel mondo intero? Parlare di pace nel mondo e organizzare una marcia “di tutti” senza parlare né condannare i più di 70 anni di occupazione israeliana e di aggressioni alla martoriata Palestina, senza citare l’apartheid sionista contro i palestinesi che lo stesso Desmond Tutu, l’Arcivescovo Sudafricano, dichiarava peggiore dell’apartheid sudafricano è una farsa. Ma oltre a tutto ciò, come si fa a parlare di pace, andando a prendere di petto “i piccoli”, Assad, Al Sisi, Haftar…ignorando coloro che hanno inventato, creato e causato aggressioni, invasioni, occupazioni, distruzioni e morte di milioni di esseri umani in Iraq, in Afganistan, in Siria, in Libia, nello Yemen, in Africa, in Asia, nel martoriato Venezuela e l’America Latina? Non parlare del boia Trump e del sistema imperiale, di Macron, di Netanyahu, delle potenze imperialiste e colonialiste, responsabili di questa tragica situazione mondiale? Avremmo voluto vedere, leggere dichiarazioni contro la Nato, le sue guerre globali e la sua assassina globalizzazione. Avremmo voluto leggere parole di critica circa la sua esistenza e il suo dominio sul mondo. Avremmo voluto leggere qualcosa circa la Francia e il suo dominio sull’Africa, sul ruolo che ha l esercito mercenario dei suoi “legionari stranieri” nel rubare e reprimere i popoli africani per conto dell’Occidente. E’ possibile che dopo secoli di colonialismo occidentale e decenni di emergenza immigrazione, non abbiate ancora capito che finchè l’Occidente continua ad esercitare il suo dominio, il suo furto delle ricchezze dell’Africa e del terzo mondo, il fenomeno immigratorio non può che aumentare in quanto risultato naturale della situazione di bestiale e tragico squilibrio Nord-Sud del mondo! Finche il 20% della popolazione continuerà a possedere e consumare l’80% della ricchezza mondiale, mentre l80% della popolazione continua a dividersi meno del 20%, questa situazione continuerà a produrre immigrati, vittime innocenti, muri, e conflitti eterni. Per tutte queste ragioni noi non diamo per niente l’adesione della nostra Comunità, non solo, ma invitiamo tutti i nostri amici e compagni alla non partecipazione e al boicottaggio di questa marcia-farsa. Dott. Yousef Salman Presidente Comunità Palestinese di Roma e del Lazio Abbiamo bisogno di ponti e non di muri نحن بحاجة لجسور وليس لجدران Dott. Yousef Salman Presidente Comunità Palestinese di Roma e del Lazio cell.: 3479013013 Abbiamo bisogno di ponti e non di muri نحن بحاجة لجسور وليس لجدران |
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