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La VOCE ANNO XIX N°50

giugno 2018

PAGINA F         - 38

Ingenuità sull’elezione di Trump? No! Solo attenzione a quello che succede di nuovo ed al suo significato

Essendo stato molto impegnato negli ultimi giorni, rispondo solo oggi alla critica di Stefania (vedi sotto) che accusa di "ingenuità" tutti coloro che non avevano subito gridato allo scandalo quando il "pazzo" Trump ha vinto le elezioni ed ha cercato di capire che cosa stava succedendo.

Nessuno pensa ed ha mai pensato che Trump sia un grande rivoluzionario o il nuovo salvatore del mondo. La sua elezione significa, però, che l’establishment tradizionale USA, fatto di finti democratici, guerrafondai e filo-sionisti, tipo Clinton e la moglie Hilary, Madeleine Albright, il premio Nobel per la pace Obama, ecc. , è entrato in crisi e non riesce più a controllare la situazione. Ne segue uno scontro accanito al vertice fatto di pugnalate alle spalle, minacce di impeachment e fake news, come quella che Trump è stato eletto dai Russi, lo stesso tipo di fake news che un altro "democratico", l’ex-vice-presidente di Obama, Biden, usa contro l’Italia per ricattare i partiti italiani ed intervenire pesantemente nelle prossime elezioni.

Il fatto del "riconoscimento di Gerusalemme come capitale indivisa di Israele" è emblematico. Questo riconoscimento in realtà era stato già fatto dal Congresso USA nel 1995 (!), in piena presidenza Clinton, ed era stato ipocritamente tenuto in sordina ed in frigorifero per poter far continuare le finte trattative israelo-palestinesi in cui tutti (compresa gran parte della dirigenza palestinese) fingevano di credere che sarebbe sorto uno stato palestinese (comprendente forse Gerusalemme Est? Comprendente la zona C della West Bank? Comprendente le colonie israeliane? No! Nessuno lo diceva!). Ora il "pazzo", in difficoltà, confuso, ed attaccato da tutte le parti, incapace di ipocrisia e diplomazia, fa la cazzata, dice la verità e scatena il casino. Il Re è nudo! I Palestinesi, che dormivano da tempo sonni tranquilli ed al massimo si mobilitavano contro la Siria, scendono di nuovo in piazza contro Israele. Persino l’Arabia Saudita, ed il suo strumento, la Lega Araba, sono costrette a protestare e congelano l’alleanza di fatto con Israele in funzione anti-iraniana. Beirut è percorsa da manifestazioni. Il resto del mondo arabo è in subbuglio. Persino Macron, temendo il casino, protesta con Netanyau. E non siamo contenti?

Forse dovremmo preferire i Clinton, gli Obama, quelli che fanno, o continuano le guerre, e distruggono i paesi come la Jugoslavia, l’Afghanistan, la Libia, la Siria, ecc. , ma poi fingono democrazia, rispetto di diritti umani, moderazione, diplomazia. Fanno le peggiori cose e poi nascondono la mano. Non è meglio quando il bubbone scoppia? Non è meglio quando salta il coperchio del pentolone in pressione, e i cattivi (cioè i poteri forti USA), divisi sulle strategie da seguire, si attaccano e si dilaniano tra loro? Trump rappresenta una nuova fase (indubbiamente pericolosa) di debolezza ed incertezza della politica USA. Dobbiamo allora preferire un presunto "meno peggio"? V. Brandi

Il 8 dicembre 2017 alle 13.57 ’stefania russo’ via nowaroma <nowaroma@googlegroups.com> ha scritto:

Il disgusto rabbioso per l’aberrante individuo della casa bianca è ai massimi livelli per quanto mi riguarda.queste mie poche parole rudimentali sono rivolte a tutti coloro che all’indomani delle elezioni yenki si mostravano possibilisti ,per non dire ottimisti, sui nuovi equilibri geopolitici che si sarebbero creati con il soggettone parruccone a guida degli usa.esperti e pensatori contro tendenza che leggevano tra le righe solo perché la stampa Main stream andava addosso a questo analfabeta.magari cominciare a farsi qualche domanda?

A conferma dell’acuta analisi di Brandi, la votazione -contestuale al riconoscimento presidenziale di Gerusalemme- alla Camera dei rappresentanti USA, che nega la messa in stato di accusa del Presidente, con una più che confortevole maggioranza. E’ il primo, non troppo alto, prezzo che ha dovuto pagare alla Loggia pansionista.

Fra non molto, ne dovrà pagare il secondo, molto più alto: il riconoscimento delle colonie israeliane in Cisgiordania.

Il terzo ? La guerra all’Iran. Quando? Probabilmente se e nel momento in cui vorrà esser rieletto.

Questo calendario è conosciuto da tempo, in particolare dalla Russia, che sta già preparando un strategia di risposta.

“2017”, la nostra “rossa” vetrina

L’anno “horribilis” della crisi del lavoro e dell’economia, delle morti in mare dei migranti, delle violenze di genere, nello storico de la Città futura.
di Alba Vastano 30/12/2017
Eccoci qui, a contare le ore finali di un anno colmo, stracolmo di avvenimenti che abbiamo riportato su la Città futura, cercando di adoperarci al meglio per avvicinarci il più possibile, tramite le fonti, all’essenziale verità dei fatti. Ma altro ancora abbiamo compiuto nello scrivere le pagine del giornale. Abbiamo denunciato la corruzione che aleggia e si radica nei palazzi del potere, la violenza di genere, la tossicità del capitalismo, la crisi dell’economia e del lavoro, la tragedia dei migranti e le leggi che ne impediscono una degna accoglienza. Abbiamo ricordato i nostri maggiori riferimenti, uomini d’intelletto che hanno saputo
rivoluzionare il pensiero liberista e fornirci le linee teoriche per ribaltare il capitalismo e le sue classi dominanti.

Uomini di cui fedelmente seguiamo gli insegnamenti e costantemente ne studiamo il pensiero. Così non può mancare nelle nostre pagine il pensiero gramsciano, come quello marxista. Fiumi d’inchiostro per Che Guevara, che abbiamo ricordato nel cinquantenario dalla morte. E tante pagine del nostro giornale hanno ricordato quest’anno la rivoluzione bolscevica, la madre di tutte le rivoluzioni, nella ricorrenza del Centenario.

Noi facciamo controinformazione e la facciamo guardando ai principi costitutivi del comunismo e del pensiero marxista leninista. Ne andiamo fieri e continueremo a farlo, perché questo fa un giornale comunista, adottando il principio della coerenza. Non abbandoniamo mai la via maestra, e non abbiamo dubbi e incertezze. Ciò che scriviamo lo pratichiamo nella nostra vita, nella quotidianità, nelle relazioni sociali. Non vuole essere autocelebrazione, ma una realtà di comportamenti e azioni coerenti che ne seguono. Se così per noi non fosse probabilmente, nel fare settimanalmente il giornale, ci saremmo già persi nei canali dell’informazione borghese. Lo faremmo per convenienza, per accedere ai media mainstream, ma non è il nostro stile di vita e tantomeno potremmo rinnegare di essere militanti comunisti.

In realtà ci teniamo a mantenere le nette distanze, considerando l’onda dei media al pari della più ingannevole disinformazione e del più becero populismo, fumo negli occhi per chi, sprovvisto di strumenti per decriptare le fake news,o le ingiunzioni della stampa imbavagliata, ne resta catturato al punto tale da ritenerla veritiera. E i nostri lettori questo non lo meritano, avendo il diritto di essere informati in modo veritiero. Noi di questo ne sentiamo tutto il dovere, per questo fine che attiene alla trasparenza e alla verità, difficilmente riusciranno a metterci il bavaglio. Non ci riusciranno.

Per questo è utile e coerente con quanto affermato, salutare questo vecchione pieno di problemi che si sta ritirando sotto il peso di un enorme fardello di responsabilità che gli sono piovute addosso in 365 giorni, rivisitando insieme ai nostri lettori i momenti più salienti delle lotte al potere fermati nello storico del nuovo sito del giornale. Momenti tradotti in articoli corredati anche da video che i nostri operatori, in tempo reale, hanno filmato per offrire ai visitatori delle nostre pagine una visione realistica delle fonti a cui noi attingiamo, quando ci uniamo alle persone in lotta per i diritti, i nostri compagni. Perché noi siamo loro. Si lotta insieme ogni giorno per cambiarla questa società, questo Paese. Tentando anche di riesumare dalle ceneri quello che è stato il Partito comunista italiano, quello cofondato nel ‘21 da Antonio Gramsci.

Gettando l’occhio nello storico del giornale, per rispolverare la memoria degli avvenimenti che abbiamo trattato, appaiono gli innumerevoli articoli suddivisi in varie sezioni, da interni a cultura, da esteri a economia e lavoro, dalla scuola ai dibattiti. E nella visita noto che il neonato 2017, a gennaio, superata la fase neonatale , si trasforma in un giovincello baldanzoso e combattivo per affiancare le proteste dei licenziati Almaviva. Le nostre penne scrivono fiumi di parole per descrivere le lotte dei 1666 buttati fuori dal mondo del lavoro in una notte per non aver accettato il ricatto dell’azienda.

Un’azienda, l’Almaviva contact, che chiude i cancelli a tanti lavoratori, ma li apre in Brasile con i fondi europei e delocalizza in Romania. Le proteste dei licenziati non verranno ascoltate da Calenda, né dai sindacati confederati. Si aprono vertenze, anche perché la strage dei lavoratori prosegue, in pieno stile Jobs Act, e toccherà la stessa sorte a molte altre aziende come Alitalia, Sky,Trony e Tim-telecomunicazioni. Il mobbing sui lavoratori non si ferma, diventa inarrestabile, anche a causa del famigerato controllo a distanza.

Così scrive Carmine Tomeo in un suo pezzo: “Qualche tempo fa, l’azienda pugliese Oerlikon Graziano di 420 dipendenti, con una lettera fece sapere che "le pause fisiologiche individuali effettuate dai lavoratori addetti direttamente o indirettamente alla produzione diventano collettive”. Detta altrimenti, la pipì può essere fatta solo nelle pause collettive, di nove minuti, durante le quali i lavoratori devono scegliere se andare al bagno, fumare, riposarsi dalla fatica del ciclo produttivo o urinare. Alla Sevel di Atessa, la limitazione di questa libertà è costata a un operaio l’umiliazione di urinarsi addosso. Dopo insistenti richieste di andare in bagno, sistematicamente negate dal capo dell’area produttiva, quell’operaio addetto al montaggio non è più riuscito a trattenersi”.

Così come scrive Eliana Como , denunciando la sottrazione dei diritti dei lavoratori alla Fincantieri: “Come nel film di Charlie Chaplin la pausa pranzo è vietata in Fincantieri. E i lavoratori scioperano”. Mentre Ascanio Bernardeschi denuncia le disuguaglianze prodotte dal liberismo sfrenato “Una ricerca dell’OECD mostra l’accentuazione delle disparità in Europa, prodotte dalle politiche liberiste. L’Italia detiene alcuni poco invidiabili record di iniquità.”

E il lavoro che manca in questo paese, laddove per lavoro s’intende soprattutto dignità del lavoratore. Un aspetto fondamentale che riconduce all’articolo 1 della Costituzione “L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo…”. Ma anche all’articolo 36 totalmente soppresso dalle politiche liberiste degli ultimi governi “«Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa. La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge. Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi».

Ebbene, salutando il 2017 che va e accogliendo con tenerezza il nuovo anno che dovrà sobbarcarsi di questa eredità di piombo, è bene fare alcune considerazioni. &#1024; assodato che il 4 dicembre non ha cambiato nulla, ma è riuscito solo a mantenere intatto il testo della Costituzione (ndr, pur traviata dall’orrore della modifica dell’articolo 81). &#1024; accertato che il presidente Mattarella, da poche ore, ha sciolto le Camere e il 4 Marzo il Popolo andrà in cabina elettorale, Cosa possiamo fare per opporci al disastro in atto in questo paese? Non ci resta che augurarci tutti che in quelle cabine il Popolo voterà per un cambiamento radicale a favore di se stesso. #PoterealPopolo

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