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La VOCE ANNO XX N°5

gennaio 2018

PAGINA 2

IN QUESTO NUMERO:

AUGURIAMOCI UN NUOVO ANNO DI CONQUISTE E DI VITTORIE!


Roberto Gessi

Inizialmente volevo titolare i miei auguri "Eppur si muove", nel senso che di recente s’è visto muovere qualcosa a sinistra, ma poi ho pensato che era più giusto "Se son rose fioriranno", nel senso che tutto sommato sono state deluse talmente tante aspettative in questi nuovi "agglomerati", che ogni giudizio preventivo non potrebbe che peccare di pregiudizio o di ingenuità. Per questo ho preferito stare nell’augurio generico e fra un anno forse avremo le idee più chiare.
Nel frattempo siamo ad un giro elettorale imminente e, brevemente, prima di passare ad argomenti più sostanziosi, vorrei, pur aspettandomi la riprovazione di più di una persona, anche fra i compagni più stretti, esprimere una mia opinione in merito.
Premetto, per evitare un giudizio troppo tranciante che preferirei un anno di anarchia, piuttosto che scegliere una delle opzioni con maggiori probabilità, ma questa è un’utopia irrealizzabile, come quelle di tanti cari e bravi compagni dei centri sociali e come quella di far passare una legge elettorale che prevedesse l’anarchia in caso che almeno il 50% degli aventi diritto non andasse a votare (anzi, se fosse per me, alzerei il quorum per rendere valide le votazioni almeno all’80% degli aventi diritto).
Se escludiamo un voto a destra e un voto al partito di Renzi, ormai da considerare a pieno titolo di centro destra, non rimane che una alternativa, che abbia una qualche possibilità di governare e forse la dovremmo provare prima di farci cogliere da giudizi preventivi.
Con il metodo dialettico engelsiano si potrebbe avvallare questo tipo di ragionamento?
Mi si potrà dire che i 5 stelle non sono di sinistra, per loro stessa definizione, ma se quelli che si dichiarano tali, mentono, forse non resta che giudicare dai fatti, ossia almeno da una tornata elettorale (abbiamo avuto 20’anni di Berlusconi, cosa dobbiamo temere di più? Che Miriam ci assista! Per fortuna sappiamo che lo farà.).
Aggiungo solo che tra queste neo-formazioni, sempre solo a mio parere, una menzione particolare merita il movimento Potere al popolo, che ha riassorbito esponenti usciti dal flop del Brancaccio, dal coordinamento DEM costituzionale e dalla sinistra dei centri sociali dell’Ex Opg di Napoli. Questo giovane, Salvatore Prinzi, dalla felpa con la scritta "Je so pazzo", merita fiducia. Mi è parso molto valido il metodo scientifico di studio delle situazioni reali contingenti dei dieci giovani che hanno già realizzato quasi cento assemblee in tutta Italia per sondare le realtà locali. Ho qualche dubbio che le loro forze attuali abbiano un numero sufficiente di intellettuali per portare a termine un lavoro sull’intero Paese, ma sembra che a Napoli ci stiano riuscendo ed in ogni caso per il loro metodo di analisi credo che dovrebbero essere tenuti sotto attenta osservazione e propongo che il G.A.MA.DI. li contatti per la particolare affinità del loro metodo di studio con i nostri ideali.
Ho cambiato un paio di cose su La VOCE di Gennaio.
La pagina 12, diventa una pagina dedicata al teatro, che ho colpevolmente trascurato per troppo tempo e non avrei invece mai dovuto farlo, perché anche gli spettacoli e le iniziative di Monica sono un vanto per il G.A.MA.DI.
Potete immaginare quanta stima io possa provare per Miriam, che mai, neppure con un accenno, neppure ora, nonostante il mio evidente errore, mai mi ha detto nulla?
Il retro di copertina che c’era prima a pagina docici viene compendiato con il retro di copertina di pagina quaranta.
Inoltre ci sono delle battaglie, che a mio parere andrebbero mantenute fisse su La VOCE, come quella NO GUERRA #NO NATO, per la dichiarazione di neutralità dell’Italia, per l’applicazione della Costituzione, per la firma europea alla rinuncia ad avere ordigni nucleari sul nostro territorio e poche altre, per le quali stabilirò man mano la localizzazione più idonea (forse pagina 8) per una serie di banner fissi e mobili.

Quali sono infatti le battaglie che meriterebbero il nostro impegno?
1. Abolizione del Concordato.
2. Tassazione di tutte le propietà della Chiesa o delle Chiese, compresi i luoghi di culto.
3. Tassazione di tutte le proprietà immobiliari, comprese le prime case.
4. Tassazione almeno al 20% delle attività on-line in Italia delle grosse aziende di servizi.
5. Eliminazione delle tasse e dei ticket ai redditi inferiori a 10000 euro l’anno
6. Liberazione dei territori italiani dalle Basi Nato.
7. Eliminazione dei contributi statali alle scuole private.
8. Uscita dalla NATO.
9. Uscita dei nostri militari da tutti i territori stranieri.
10. Politica di vera lotta all’evasione totale.
... il decalogo potrebbe continuare con le vostre iniziative, ma credo che almeno queste le approvereste.
Queste sole iniziative porterebbero un tale gettito alle casse dello Stato e un così forte incentivo alle classi a rischio di povertà che non solo si potrebbe eliminare dal nostro Paese l’ignomignosa piaga della povertà assoluta e di quella relativa, ma in pochi anni si potrebbe ripianare il debito pubblico e diventare il Paese trainante in Europa.

Scrivetemi !!!
Frattanto chiedo ai lettori la massima partecipazione alla legge di iniziativa popolare che segue.

Art. 81: al via una legge di iniziativa popolare per togliere le politiche di austerità dalla Costituzione e riaffermare i diritti fondamentali delle persone

By | dicembre 12th, 2017

Art. 81: Una legge di iniziativa popolare per togliere le politiche di austerità dalla Costituzione e riaffermare i diritti fondamentali delle persone, un’azione forte per impedire che il “Fiscal compact” entri stabilmente nella legislazione dell’Unione Europea

12/12/2017

Nell’aprile del 2012, introducendo la regola dell’equilibrio di bilancio, noto come pareggio di bilancio, il Parlamento italiano ha modificato l’art. 81 della Costituzione.  Il cd Fiscal compact e le politiche di austerità che ne sono conseguite hanno fatto così il loro ingresso nella nostra Costituzione, escludendo con questa scelta ogni altra opzione di politica economica, per esempio quella Keynesiana. Così una teoria economica conservatrice e liberista è stata trasformata in ideologia di stato. Il 1° gennaio 2018 scadono – per i 25 paesi che lo hanno accettato o subito – i cinque anni previsti dall’art. 16 per valutare l’efficacia delle regole del Fiscal compact e se includerle nei trattati europei o nella legislazione comunitaria. Un’inclusione che purtroppo è già avvenuta per il nostro Paese visto che quelle norme sono entrate nella nostra Costituzione con la modifica dell’art 81.

Il “pareggio” di bilancio non è un principio astratto né una scelta tecnica ma incide direttamente sulla vita di tutti i cittadini, mettendo in discussione i diritti fondamentali delle persone. Le scelte nonostante si cerchi ripetutamente di farle passare come tecniche sono e restano politiche, perché non esiste nulla che sia solo tecnico in politica e in economia. Dietro qualunque politica e strumento per attuarla ci sono sempre scelte politiche ed economiche. Il Fiscal compact non è quindi una scelta tecnica, tanto meno ineluttabile, ma il risultato di precise scelte politiche fondate sull’austerità e neo liberiste, escludendo ogni altra opzione possibile.

Le politiche di austerità che hanno ispirato il Fiscal compact si fondano sulla tesi, per fare solo un esempio, che vede solo nell’alto debito la principale causa dei problemi italiani. Da queste tesi traggono origine le politiche che hanno puntato ai tagli di spesa, in particolare dello stato sociale, alla compressione dei salari e più in generale alla svalutazione del lavoro, con gravi conseguenze sull’occupazione, in particolare dei giovani. Queste politiche hanno progressivamente contribuito allo smantellamento di welfare e diritti sociali. Politiche che hanno prodotto a livello europeo una profonda spaccatura tra Nord e Sud Europa, creando in alcuni casi, come in Grecia, addirittura un ritorno alla povertà di massa, o come ci ha ricordato l’ISTAT portando un italiano su tre a rischio povertà. Un’austerità che, con tutta evidenza, non ha portato benefici ma al contrario forza lavoro e capacità produttiva inutilizzate a causa della mancanza di domanda effettiva, anzi ha causato raddoppio della povertà e cancellazione dei diritti delle persone. Inoltre si è mostrata, come sottolineato perfino dal capo economista del F. M. I., addirittura dannosa, visto che l’austerità – tendendo a deprimere la crescita economica – ha ridotto le entrate degli Stati non consentendogli di ridurre il debito pubblico. Un ridimensionamento nei servizi pubblici essenziali che mina alle sue fondamenta il cosiddetto modello europeo con conseguenze negative sulla coesione sociale e sulla ripresa economica. 

Con l’approvazione delle modifiche all’art. 81 e l’inserimento di fatto del cd Fiscal compact nella nostra Costituzione il Parlamento Italiano ha optato per una politica di austerità ad ogni costo, contro gli stessi diritti fondamentali da essa previsti, e ha precluso la via a qualsiasi altra possibile opzione di politica di bilancio. Abrogare l’attuale art. 81 è il primo passo per riportare al centro scelte politiche di sviluppo, di occupazione, di coesione sociale, a partire dai diritti delle persone.

Per togliere il cd Fiscal Compact dalla nostra Costituzione (art 81 attuale) abbiamo depositato una proposta di legge costituzionale di iniziativa popolare su cui avvieremo a fine gennaio la raccolta delle firme.

..segue ./.

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