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Voglio raccontare una storia a tutti quei giovani attori che faticano a trovare un senso al loro lavoro. Nel lontano 1960 un gruppo di attori di prosa (si, allora esistevano gli attori di prosa), decisero di svincolarsi dalle strettoie culturali dei teatri stabili e dei grandi impresari, che strangolavano il mercato culturale con scelte che guardavano quasi sempre solo alla cassetta, selezionando per lo più testi di teatro borghese, o classici di sicuro successo affidati a grandi mattatori.  Decisero quindi di formare una delle prime cooperative di teatro in Italia, mettendo in comune oneri e onori. Si chiamavano "Attori Associati" e nacquero con l'intento di fare del teatro di impegno sociale, sganciato dalle logiche di mercato. Quella cooperativa fu fondata da Giancarlo Sbragia, Enrico Maria Salerno, Ivo Garrani, Gian Maria Volontè, e molti altri.  Il carattere particolarmente rivoluzionario di quella associazione consisteva, oltre che nella uguaglianza delle paghe e nella rotazione dei ruoli, soprattutto nel fatto che i testi venivano scritti ad hoc, scegliendo storie e temi decisi in base all'interesse sociale e culturale. Il primo testo originale che misero in scena raccontava la storia di due sconosciuti (allora) emigrati Italiani, giustiziati negli Stati Uniti per un delitto mai commesso. I due protagonisti erano interpretati da Ivo Garrani e G.Maria Volontè. Il testo, che ebbe un trionfale successo al Parioli di Roma ( sì, allora al Parioli si faceva del buon teatro), si chiamava "Sacco e Vanzetti". Il secondo testo originale fu "Quarta Era", il racconto dei drammi di coscienza del gruppo di scienziati che, durante la seconda guerra mondiale, chiusi in un laboratorio americano, preparavano la prima bomba atomica. Poi venne "Il fattaccio del giugno", il racconto di come Mussolini riuscì a prendere definitivamente il potere in quella delicata fase storica che gravitò attorno al delitto Matteotti.
Io allora avevo nove anni, e ancora ho negli occhi le emozioni che quei testi mi diedero, emozioni che mi fecero capire della vita molto di più di qualunque lezione di storia. E mi fecero capire l'importanza sociale del comunicare, e il compito che grava sulle spalle e sul cervello di chi abbia il privilegio di potersi fare ascoltare da una platea. Nel giro di alcuni anni la cooperativa, dopo lo scioglimento e la rinascita sotto il nome di "Gli Associati", divenne la più grande ed importante cooperativa teatrale italiana, protagonista per decenni della storia culturale di questo paese. Ricordo tra tutti un testo intitolato "Il vizio assurdo", dedicato a Cesare Pavese, una straordinaria rievocazione della vita, delle ansie culturali, dei dubbi politici, e delle angosce esistenziali dello scrittore, che infine lo portarono al suicidio. Quello era grandissimo teatro.
Nota redazionale: ricordiamo con commozione la bravura e l' entusiasmo di quelli che a buon diritto vogliamo definire Grandi Attori

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