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Il Mondo Arabo in Rivolta e l'Italia


L'Italia, ed in genere tutta l'Europa, assistono con un misto di preoccupazione ed incomprensione alle scosse che percorrono il mondo arabo. Regimi di nuova borghesia araba, asserviti ad interessi occidentali, come quello tunisino ed egiziano, sono entrati in crisi sotto la spinta di rivolte operaie e studentesche innescate dalla mancanza di prospettive di lavoro, dai bassi salari e da condizioni di vita impossibili per gran parte della popolazione che vive ai margini dello sviluppo economico.

In Tunisia forze di sinistra, comunisti inclusi, hanno formato il raggruppamento "14 gennaio" e guidato le proteste, cui hanno partecipato anche movimenti islamici a larga base popolare il cui ruolo non può essere ignorato o sottovalutato. In Egitto le proteste hanno visto tra i protagonisti il movimento laico studentesco di sinistra "6 aprile", che già si era messo in contatto con i manifestanti internazionali della "Gaza Freedom March" che un anno fa  aveva cercato di spezzare l'assedio di Gaza partendo dall'Egitto. Anche un altro raggruppamento di sinistra, "Kefaya", ha partecipato alla mobilitazione, cui si sono uniti in un secondo tempo anche i "Fratelli Musulmani", forte e diffusa organizzazione islamica. Gli Stati Uniti, preoccupati della ricaduta degli avvenimenti sull'alleanza reazionaria tra Egitto, USA e sionisti d'Israele, hanno abilmente manovrato per pilotare una caduta morbida del "Rais" Mubarak, ormai impresentabile, per sostituirlo con militari meno impopolari.
La partita, quindi, è tutta aperta e dagli esiti incerti, così come è incerta la situazione in altri paesi come lo Yemen, dove le proteste sono condotte sia da islamici sciiti, sia dagli ex-comunisti dello Yemen meridionale, dove fino alla caduta dell'URSS era stato instaurato un governo marxista-leninista. Anche nel Barehin la monarchia è minacciata dalle proteste della maggioranza sciita oppressa. L'unico regime ad aver subito finora una svolta tanto sostanziale quanto pacifica è stato però quello del Libano, dove il regime filooccidentale che aveva tentato di mettere fuori gioco il movimento sciita di resistenza antisionista Hezbollah accusandolo dell'omicidio dell'ex primo ministro Hariri, con l'aiuto del solito "tribunale internazionale" istituito "ad hoc", è stato sostituito da una coalizione tra Hezbollah e partiti sia sunniti che cristiani "patriottici".

Un caso a parte è quello della Libia, dove si è scatenata una rivolta armata contro il regime dell'ex rivoluzionario Gheddafi, che dopo aver subito vari tentativi di omicidio ed essere stato accusato di terrorismo (bombardamento americano del 1986, agguato di Ustica finito tragicamente, attentato all'aereo precipitato a Lockerbie attribuito senza prove alla Libia, ecc.) ha pensato bene di concludere una serie di accordi con l'occidente come quello vergognoso per il blocco dell'immigrazione verso l'Italia. La svolta sempre più autoritaria dell'ex colonnello lo rende indifendibile, ma non possono essere ignorati anche qui i segnali che indicano come nelle proteste popolari (dove viene issata la bandiera della monarchia precedente la rivoluzione di Gheddafi) si sia inserita probabilmente anche una regia americana per chiudere definitivamente i conti con il demagogo di Tripoli. Anche Fidel Castro ed il ministro degli esteri venezuelano ne sembrano convinti.
In Italia non vi è alcuna seria analisi sugli avvenimenti: mentre Frattini mostra imbarazzo per gli accordi stipulati tra Berlusconi e Gheddafi, l'opposizione attacca il governo solo strumentalmente ad uso interno senza minimamente tentare di abbozzare una politica verso il mondo arabo, allineandosi completamente ai voleri di Washington.

Per fortuna qualche segno di risveglio in Italia è venuto qualche giorno fa dalle manifestazioni delle donne che hanno saputo portare in piazza una serie di rivendicazioni e richieste di diritti che andavano ben al di là delle squallide parole d'ordine delle burocrate dei partiti (dalla Bongiorno amica di Fini, alla Finocchiaro) appiattite sul pettegolezzo incessante sugli scandali sessuali del premier.

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