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E' scalfito nel cuore, il 25 Aprile! Data che ci porta a pensare, a ricordare, a riflettere. Fu un punto di arrivo di sogni, di speranze, di aneliti  realizzati. Avevamo tanto sofferto, avevano rischiato la vita. Abbiamo provato  il dolore di vedere il nostro paese come fosse un cadavere in decomposizione: fame. miseria, distruzione, negozi chiusi e abbiamo ancora  vive nell' udito le vibrazioni del fracasso causato dagli scarponi del nemico invasore. E la consapevolezza che ogni nostra parola poteva venir carpita dal fascista che con l' invasore collaborava facendo la spia e per questo praticante   di torture e  di omicidi.

Ma con la volontà nata da una convinzione profonda sulla giustezza dell' antifascismo avevamo "la certezza" che avremmo ridato forma attiva  al nostro paese, che lo avremmo rifatto vivere con le vesti dignitose di una Repubblica. La monarchia, retaggio di un passato barbarico è la negazione dell' uomo, del rispetto che ad esso si deve, ridotto invece, al ruolo di suddito obbediente e quindi di servo sciocco.

Nella donna, il regime fascista-monarchico vedeva solo un oggetto per  fare "figli per la Patria", una fantesca preposta ad accudire la casa e per servire il marito  che a partire dal capo del governo, la cornificava con prostitute di alto bordo e fuori da ogni decenza e del rispetto che il popolo stesso avrebbe meritato.

All' instaurazione della Repubblica siamo arrivati, con orgoglio e come abbiamo già detto con tante speranze e consapevoli che la lotta non sarebbe stata conclusa se non quando avessimo raggiunto un accettabile livello di giustizia sociale.  Dobbiamo dire che le premesse non erano soddisfacenti. La linea di Togliatti  avrebbe dovuto essere contestata e non lasciata solo nelle mani di qualche singolo compagno come Pietro Secchia  che con grande facilità si è messo a tacere e mandato, con calunnie di comodo, fuori gioco.
Il nostro rammarico sta dentro di noi, compagni partigiani nella Resistenza che abbiamo  permesso al connubio partito-potere di privarci del ruolo che  con le armi e con il grande rischio avevamo conquistato.
L' ANPI, associazione nazionale partigiani italiani è stata relegata al ruolo di museo e si può dire "museo delle cere"  perché nulla potevano gli eroi che ne facevano parte. Ricordiamo, ad esempio,   la Medaglia d' Oro Arrigo Boldrini e le lacrime da lui più volte versate per non condividere le scelte del Comitato Centrale  anche per una errata concezione della disciplina di partito che veniva diffusa tra tutti noi.
Al contrario,  mai, un partigiano può fare violenza alla propria dignità, mai può accettare a testa bassa scelte che non condivide, se  vuole rimanere  fedele a se stesso.
Ma noi, purtroppo abbiamo accettato tutto. E quando per disperazione abbiamo lasciato le file di quel partito revisionista deviato, il marcio si era già diffuso, la prepotenza della Democrazia Cristiana e della Chiesa cattolica era già abbondantemente in atto e operava sottobanco con i fascisti che erano la loro mano criminale contro operai e studenti che chiedevano il rispetto della Costituzione e quindi  dei propri diritti.
La degenerazione di quel partito si tocca con mano oggi, una genia di fanfaroni al servizio del potere indecoroso che è la vergogna del paese in faccia al mondo. E' tutto da rifare. Se ci sono oggi, giovani che come noi allora,  non sopportano questo disdoro nazionale, che si diano da fare, con l' aiuto e con le indicazioni  della scienza….altrimenti non si cambierà la classe al potere, non si spazzeranno via i  partiti della sinistra  lacché e nemmeno il  supporto al capitalismo-imperialismo incarnato  nella chiesa cattolica.
Quindi, resterebbe lo status...e sarebbe una inutilità dannosa e più grave che mai.

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