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La VOCE  ANNO  XIII N°10

SETTEMBRE   2010

PAGINA  IV

commozione rilevo sopra a  tutto il grande sacrificio di vite umane compiuto dagli italiani: di  24mila soldati italiani che l'8 settembre 1943 costituivano gli  effettivi delle divisioni "Venezia" e "Taurinense" furono meno di 3500  i sopravvissuti.


Il contributo italiano, dunque, alla liberazione della Jugoslavia si  colloca tra i maggiori che le Nazioni alleate e cobelligeranti  fornirono a quelle forze partigiane e ripete un momento  particolarmente significativo per l'amicizia e la collaborazione italo- jugoslava, quale fu la grande operazione combinata italo-serba  all'inizio del 1916 che valse a preservare la forza militare serba  nella lotta contro gli Imperi centrali.


Si è così avverato il profetico messaggio contenuto nella  dichiarazione approvata a Roma nell'aprile 1918 dalla Conferenza delle  nazionalità oppresse dalla Duplice Monarchia austroungarica, alla cui  realizzazione tanta opera dette un indimenticabile e lungimirante uomo  politico italiano, Leonida Bissolati.

In quella dichiarazione i  rappresentanti italiani e jugoslavi definirono quattro punti che oggi,  a distanza di sessanta e più anni, possiamo ben definire profetici  anche alla luce delle esperienze fatte:

" 1) i rappresentanti dei due popoli riconoscono che l'unità e  l'indipendenza della nazione jugoslava sono interesse vitale  dell'Italia, come il completamento dell'unità nazionale italiana è  interesse vitale della nazione jugoslava;

2) affermano che la  liberazione e la difesa del Mare Adriatico sono un interesse vitale 
dei due popoli;

3) si impegnano a risolvere amichevolmente le singole  controversie territoriali sulla base dei principi di nazionalità e del  diritto dei popoli a decidere della propria sorte;

4) ai nuclei di un  popolo che dovessero essere inclusi nei confini dell'altro, sarà  riconosciuto e garantito il diritto al rispetto della loro lingua,  della loro cultura e dei loro interessi morali ed economici. "


L'avventura fascista aveva interrotto la fratellanza tra i due popoli  che si era instaurata non soltanto negli anni duri della prima guerra  mondiale, ma nel pieno del Risorgimento italiano, quando Giuseppe  Mazzini nel 1857 pubblicò le sue "Lettere slave" e previde con estrema  lucidità che il moto d'indipendenza degli Slavi del Sud sarebbe stato  il più importante, dopo l'italiano, per l'Europa futura.

"Il moto  slavo" egli scriveva "dura lentamente continuo. Quando un'idea di  libera patria, un'aspirazione nazionale si affaccia ad un popolo,  nessuna forza può spegnerla o contenderle il più o meno lento sviluppo  progressivo sino al trionfo.

Le nazìonalità sono invincibili come la  coscienza: potete sopirle per breve tempo,
non cancellarle".

Gli atti del Convegno promosso dall'Istituto storico provinciale  lucchese della Resistenza rendono, dunque, un grande servigio  all'amicizia tra il popolo italiano ed il popolo jugoslavo: con  l'arido linguaggio delle cifre, con l'obiettiva narrazione dei fatti,  senza nessuna indulgenza alla retorica per rispetto ai vivi, ma  soprattutto ai Morti, illuminano per la Storia una pagina che era  ancora inedita della Resistenza italiana e del contributo dell'Italia  alla Resistenza Europea contro il nazismo.


Sandro Pertini

Palazzo del Quirinale, 10 novembre 1981

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