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commozione rilevo sopra a tutto il grande sacrificio di vite umane compiuto dagli italiani: di 24mila soldati italiani che l'8 settembre 1943 costituivano gli effettivi delle divisioni "Venezia" e "Taurinense" furono meno di 3500 i sopravvissuti.
Il contributo italiano, dunque, alla liberazione della Jugoslavia si colloca tra i maggiori che le Nazioni alleate e cobelligeranti fornirono a quelle forze partigiane e ripete un momento particolarmente significativo per l'amicizia e la collaborazione italo- jugoslava, quale fu la grande operazione combinata italo-serba all'inizio del 1916 che valse a preservare la forza militare serba nella lotta contro gli Imperi centrali.
Si è così avverato il profetico messaggio contenuto nella dichiarazione approvata a Roma nell'aprile 1918 dalla Conferenza delle nazionalità oppresse dalla Duplice Monarchia austroungarica, alla cui realizzazione tanta opera dette un indimenticabile e lungimirante uomo politico italiano, Leonida Bissolati.
In quella dichiarazione i rappresentanti italiani e jugoslavi definirono quattro punti che oggi, a distanza di sessanta e più anni, possiamo ben definire profetici anche alla luce delle esperienze fatte:
" 1) i rappresentanti dei due popoli riconoscono che l'unità e l'indipendenza della nazione jugoslava sono interesse vitale dell'Italia, come il completamento dell'unità nazionale italiana è interesse vitale della nazione jugoslava;
2) affermano che la liberazione e la difesa del Mare Adriatico sono un interesse vitale dei due popoli;
3) si impegnano a risolvere amichevolmente le singole controversie territoriali sulla base dei principi di nazionalità e del diritto dei popoli a decidere della propria sorte;
4) ai nuclei di un popolo che dovessero essere inclusi nei confini dell'altro, sarà riconosciuto e garantito il diritto al rispetto della loro lingua, della loro cultura e dei loro interessi morali ed economici. "
L'avventura fascista aveva interrotto la fratellanza tra i due popoli che si era instaurata non soltanto negli anni duri della prima guerra mondiale, ma nel pieno del Risorgimento italiano, quando Giuseppe Mazzini nel 1857 pubblicò le sue "Lettere slave" e previde con estrema lucidità che il moto d'indipendenza degli Slavi del Sud sarebbe stato il più importante, dopo l'italiano, per l'Europa futura.
"Il moto slavo" egli scriveva "dura lentamente continuo. Quando un'idea di libera patria, un'aspirazione nazionale si affaccia ad un popolo, nessuna forza può spegnerla o contenderle il più o meno lento sviluppo progressivo sino al trionfo.
Le nazìonalità sono invincibili come la coscienza: potete sopirle per breve tempo, non cancellarle".
Gli atti del Convegno promosso dall'Istituto storico provinciale lucchese della Resistenza rendono, dunque, un grande servigio all'amicizia tra il popolo italiano ed il popolo jugoslavo: con l'arido linguaggio delle cifre, con l'obiettiva narrazione dei fatti, senza nessuna indulgenza alla retorica per rispetto ai vivi, ma soprattutto ai Morti, illuminano per la Storia una pagina che era ancora inedita della Resistenza italiana e del contributo dell'Italia alla Resistenza Europea contro il nazismo.
Sandro Pertini
Palazzo del Quirinale, 10 novembre 1981
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