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La VOCE  ANNO XII N° 2

  OTTOBRE  2009

PAGINA  4

  La VOCE
Degli esteri 
ing. Domenico Anastasia


UNA ECCEZIONALE RIFLESSIONE DI FIDEL CASTRO

MAGARI SBAGLIASSE!


Ho letto con stupore le note d'agenzia di fine settimana sulla politica interna degli Stati Uniti, dove è evidente un'usura sistematica dell'influenza del Presidente Barack Obama. Il suo sorprendente trionfo elettorale non sarebbe stato possibile senza la profonda crisi politica ed economica di quel Paese. I soldati nordamericani morti o feriti in Iraq, lo scandalo delle torture e le prigioni segrete, le perdite d'abitazione ed impieghi, avevano scosso la società nordamericana. La crisi economica si estendeva per il mondo incrementando la povertà e la fame nei Paesi del Terzo Mondo.

Tali circostanze hanno reso possibile la candidatura e successiva elezione d'Obama in una società tradizionalmente razzista. Non meno del 90 percento della popolazione negra, discriminata e povera, la maggioranza degli elettori d'origine latinoamericana ed un'ampia minoranza bianca di classe media ed operaia, specialmente i giovani, ha votato per lui.

Era logico che tra i nordamericani che l'hanno appoggiato si svegliassero molte speranze. Trascorsi otto anni d'avventure, demagogia e bugie nei quali sono morti migliaia di soldati nordamericani e circa un milione di iracheni in una guerra di conquista per il petrolio di quel Paese musulmano che non aveva niente a che fare con l'atroce attacco alle Torri Gemelle, il popolo degli Stati Uniti era disgustato ed mortificato.
Non poche persone dell'Africa ed altre parti del mondo si sono entusiaste con l'idea che ci sarebbero cambiamenti nella politica estera degli Stati Uniti.
Bastava, tuttavia, un'elementare conoscenza della realtà per non cadere in illusioni rispetto ad un eventuale cambiamento politico negli Stati Uniti a partire dall'elezione dal nuovo presidente.

Certamente Obama si era opposto alla guerra di Bush in Iraq prima di molti altri nel Congresso degli Stati Uniti. Dall'adolescenza conosceva le umiliazioni della discriminazione razziale, e così come molti nordamericani ammirava il gran lottatore per i diritti civili, Martín Luther King.

Obama nacque, si formò, fece politica e trionfò all'interno del sistema capitalistico imperiale degli Stati Uniti. Non desiderava né poteva cambiare il sistema. Ciononostante, l'estrema destra l'odia per essere afroamericano e combatte quello che il Presidente fa per migliorare l'immagine deteriorata di quel Paese.

È stato capace di capire che gli Stati Uniti, con appena il 4 percento della popolazione mondiale, consumano 25 percento circa dell'energia fossile ed è il maggiore emittente di gas inquinanti del mondo.
Bush, nei suoi deliri, non ha sottoscritto nemmeno il Protocollo di Kyoto.

Obama si propone, a sua volta, applicare norme più rigide nei confronti dell'evasione fiscale. Si fa conoscere, per esempio, che dei 52 mila conti finanziari dei cittadini degli Stati Uniti presso le banche della Svizzera, queste forniranno i dati di approssimativamente 4.500 sospetti d'evasione fiscale.
In Europa, alcune settimane fa, Obama si è impegnato davanti ai paesi del G-8, specialmente Francia e Germania, a mettere fine all'uso dei paradisi fiscali da parte del suo Paese, per iniettare enormi quantità di dollari nordamericani nell'economia mondiale.
A circa 50 milioni di cittadini che non avevano assicurazione medica gli ha offerto servizi sanitari.
Al popolo degli Stati Uniti ha promesso lubrificare l'apparato produttivo, frenare la crescente disoccupazione e ritornare alla crescita.
Ai 12 milioni di immigranti  illegali ispanici gli ha offerto mettere fine alle crudeli retate ed il trattamento inumano che

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