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Breve storia dell'antifascismo sul Litorale sloveno (Venezia Giulia)
(riproduzione dell'opuscolo della sezione ANPI-VZPI del Coro  Partigiano Triestino intitolata ai quattro caduti antifascisti: BIDOVEC - MARUSIC - MILOS - VALENCIC Trieste, 24 aprile 1988)


TERZA ED ULTIMA PARTE


(...) Nel 1934 il Partito comunista italiano, quello austriaco e quello jugoslavo votarono un documento comune in merito alla soluzione  del problema nazionale sloveno, si dichiararono contrari alla  divisione coatta del popolo sloveno e si impegnarono a sostenere il  suo diritto alla autodeterminazione. Si era verificato cosi' un  importante passo qualitativo nei confronti della politica nazionale,  per i comunisti sloveni dei tre paesi la dichiarazione segno' l'inizio  di una nuova era che porto' successivamente alla lotta di liberazione nazionale, con il fine di costituire una Slovenia unita ed  indipendente. La dichiarazione dei tre partiti comunisti venne assunta  in circostanze molto delicate ed ha un rilevante valore storico,  significo' anche la volonta' della ricerca di un collegamento tra  tutte le forze democratiche, al fine di arrivare alla costituzione di  un fronte unitario antifascista.


Come logica conseguenza della ricerca di una azione unitaria fu  concordato nel 1936 un patto di collaborazione tra i comunisti ed i  nazional-rivoluzionari TIGR. Le due parti si impegnarono a dar vita ad  un fronte popolare sloveno e croato e di collegarlo con quello  italiano. Il Partito comunista italiano siglo' cosi' per la prima  volta un accordo con un movimento non operaio.

L'unita' operativa raggiunta tra il Partito comunista italiano ed il  movimento nazional-rivoluzionario non era altro che il riflesso  dell'atteggiamento assunto in tal senso dalle masse. L'antifascismo  era tra gli sloveni ormai generalizzato; dopo lo scioglimento coatto  delle associazioni economiche, sportive, assistenziali, creditizie, in  genere di tutte le attivita' delle minoranze nazionali, l'attivita'  delle stesse continuo' nella clandestinita', si svolse nelle case,  durante le escursioni e le gite, si trasferi' nelle chiese ecc. (...)


Il sistema adotto' contro gli sloveni dei metodi di repressione molto  duri: dall'ammonimento, al domicilio coatto, al confino, alle condanne  del Tribunale speciale fascista per la difesa dello Stato. Tra il 1927  ed il 1943 si svolsero 131 procedimenti processuali contro 544  imputati sloveni e croati. Il rapporto tra le condanne emesse contro  gli antifascisti italiani e quelli sloveni o croati era di uno contro  dieci; delle 42 condanne a morte, ben 33 riguardavano imputati sloveni  e croati. Dieci esecuzioni capitali vennero richieste dal Tribunale  speciale nel periodo che precedette l'inizio della lotta di  liberazione nazionale.


Con l'avvicinarsi del nuovo conflitto mondiale l'attivita'  antifascista si intensifico' in tutti i settori. In tali circostanze  si offriva ai comunisti sloveni un'occasione favorevole per  l'organizzazione di un fronte antifascista. In particolare Pinko  Tomazic percepi' le condizioni, allora particolarmente favorevoli, e  stese dopo il 1937 un nuovo programma che rivendicava la costituzione  di una repubblica autonoma slovena di tipo sovietico, che doveva  nascere dall'unione di tutte le forze progressiste slovene in un unico  fronte antifascista, collegato con il movimento progressista italiano. 
Pinko Tomazic ed i suoi compagni riuscirono a far conoscere questo  loro programma con l'attivita' clandestina dei circoli culturali, in  modo particolare tra la gioventu' triestina e goriziana. Negli anni  1939-40 si puo' gia' parlare dell'esistenza nella Venezia Giulia di un  fronte antifascista sloveno, secondo le

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